Gli israeliti italiani nella guerra 1915-1918

GLI lSRlìELITI ITlìLilìNI nella guerra 1915-1918 \ . f. SERVI - Editore TORI NO Casella Postale 283 1921

.. PREFAZIONE (1 ) « Ouel est, de tous les États cles cleux mondes- « celuioù la nationalisation du juif est la plus com. << plète? A' tout prendre c'est peut-etre bien l ' Italien) - ANATOLE LE Rov BEAULIEU, l srael chez les natio11s . - Pag. 383. Paris, 1893 . <<In nessun paese, come in Italia, oli I~raeliti « si sono anche spiritualmente fusi nella nazione, 1< de11a quale, come cittadini pari, hanno sofferto i <,dolori nella guerra, della quale, come cittadini pari, «hanno partecipato alle esultanze della vittoria. 1< Sangue ebreo generoso ha bagnato largan1ente le (,( rocce nel Trentina e del CadorP, le pietre del Carso, « le rive del Piave in tm sacritH.:lo senza confini, per « la libertà d'Italia, per la libertà del mondo». - On. FRANCESCO ARCA'. - Il risorgimento nazionalf. d'lsraele in Palrstina. - Pag. 3· Roma, 1919. L'Italia, se non in ordine di tempo, certo in ordine di importanza, fu la prima tra le nazioni civili che largì agli israeliti l'emancipazione non solo, ma l'eguaglianza assoluta nei diritti civili e politici, per modo che essi poterono fin dai primordii assurgere alle più alte cariche di Stato. Questo fatto rese più ardente l'affetto per il suolo nativo in questi nuovi cittadini~· e fece sì che si venisse formando sullo strato antico della p siche israelitica, anche se talvolta inavvertita e persino contro la volontà (i) Dobbi.amo al chiarissimo pro f . avv. F elice Tedeschi, che volle gentilmente aderire alla nostra richiesta, la presente bella prefazione, che di questa pubblicazione spiega i motivi. Glien e rendiamo sentite grazie . (Nota del compilatore).

dell'individuo, staccatosi dal ceppo avito, la psiche nuova italiana con risultanze degne di essere rilevate con senso di compiacimento ed amm~raz~one. Imperocchè il fenomeno, unico nella storia del mondo, della dispersione del popolo d'Israele, venuto dall'Oriente, culla della eiviltà e della scienza, va segnalato con l'altro non meno caratteristico, che questo popolo conservò nelle sue trasmigrazioni e non ostante le persecuzioni, cui fu fatto segno, la sua fisonomia particolare, esplicantesi nelle più alte manifestazioni dello spirito. Afferma giustamente l'insigne statista senatore Francesco Ruffini, che «se i greci hanno dato al mondo l'arte e la filosofia più s~tblimi ch'esso <c abbia conoscittto rttai, e i Romani un concetto del diritto e una configura- « zione dello Stato che non furono più superatt·, il popolo d'Israele ha « dato al mondo il monoteismo, la B ibbia e Gesù Cristo > ( r) . Ma, pur conservando tale fisonomia, l'israelita nato in Italia si sentì così in~imamente avvinto alla patria, da dare nelle opere di pace come in quelle di guerra tutta la parte migliore di sè. Questo fatto trova la sua spiegazione nella storia. « L'Italia - scrive ttn illustre e venerato maestro in I sraele - fu <(la prima sede dei padri nostri in E~tropa. Molti di essi espulsi dalle « diroccate mttra di Solima o dalle vaghe rive del Gi ordano non trovarono «contrada, che potesse loro ricordare 1: bei clivi di Sionne e l'ubertoso « suolo della G1:udea, quanto il delizioso paese dove l' ar1'a soffia #epida «dal limpidissimo cielo, dove se non giganteggiano i cedri del L ibano ed « i palmizi di Gerico, cresce il mirto, il lauro ed 1.l melarancio e dove f ra « i boschi di rose e le selve d'ulivi è bello tutto - e perfino le sofferenze «trovano nello stupendo spettacolo di un'incantevole natura, sorgenti di «tenerezza.... . Fu l'Italia che fondava le prime tipografie ebraiche, fu « l'Italia che ospitò cortesemente nel suo seno i più illustri scienziati « israeliti di tutte le parti, i quali incoraggiati di tanta benignità imprende- « vano colossali lavori .. ... «L'Italia, nel medio evo, come altrice di civiltà, sede lieta e superba " di cultura, d'industria e d'ogni bell'arte, aveva serbato men rozzo e f eroce (1) It risorgimento nazionale d'Israele, già cit., pag. 54·

5 «il costume; - quindi pur considerando gl'is~aeliti come stranieri, « aveva bensi promulgate contro di loro leggi particolari ed esclusive, e «tolto loro ogni diritto di città~· ma non si era però macchiata come gli «altri popoli delle più nefande sevizie contro di loro, nè le pagine dei « suoi annali sono funestate coi racconti di esilii, di proscrizioni, di <<violenze , di stragi, che si seguono in ogni età senza interruzione » (r). Già dalla prima aurora del nostro Risorgimentoun poeta israelita, animato dei sensi più patriottici, che visse nei tempi più f ortunosi cospirando con Mazzini, inneggiava a questo f orte e felice connubio dell'anima ebraica con l'anima italiana, e l'esprimeva in questi magnifici versi : Sionne l Italia l-O gloriose , o p rime L uci, che. in notte lunga e sen za stelle, A i popoli sorgeste, qu al sublime Faro , alle glorie ed al ma1'iir sorelle l Voi col pensier, con l'apre l'ardue cime Del Ver toccaste e delle co.c·e belle, Con 'l'Oi leva'ndo ·in splendida rapin:l L'umanità, che si r1jè divina. S ionne ! Italia ! - O primo, estre1no, ardente, A1nor dell'alma, fi amma all'intelletto ; Sionne l Italia ! - - A. voi bramo:.amentc Le braccia io stendo, e gemo, e invoco, e aspetto : Verlova, sola, it·risa da la gente Vagh i, o Rachel, nè schermo trovi o tetto, Ancella delle genti, in cepp i avvolta, Tu p iangi, Italia, o frenzi, ignava o stolta (2). Perciò i l raccogliere e consacrare in un volume come questo la memoria di quegli israeliti italiani, che nella grande guerra di redenzi one, svoltasi dal 1915 al rgr8, si distinsero con atti di valore e col sacrificio della vita, non è vana jattanza, non è ostentazione, ispirata da malsano orgoglio, quasicchè si voglia additare con una segnalazione speciale questo contributo dato da cittadini, che non avrebbero ragione di distinguersi da tutti gli altri, perchè non sarebbe sufficiente quella di professare i l culto ebraico o di appartenere a famiglia israelitica. (1) MARco TEDESCHI. -Due discorsi in morte del Pro{. S. D. L uzzatto. - · Trieste, Tip. Coen, 1866, pag. 7-1 o. (2) DAVID LEVI. - Il Prof eta, o la passione di un popolo. - · Parte ra: L'Oriente. - Pag. 109 . Torino, Un. Tip. Ed. Tor. Edizione 2a. 1884. l

. . 6 .. Si aggz:unga a ciò la considerazione che, per il fatto d'appartenere nella massima parte gli israeliti al ceto medio della borghesia, essi hanno fornito all'esercito ufficiali di varie armi e di varii gradi (oltre ai non pochi di carriera) i quali hanno perciò dovuto nelle operazioni di guerra portare un concorsofattivo e specialmente importante , coronato così bene dal successo edalla vittoria. Questa non è un'affermazione gratuita e temeraria;- la prova sta nelle pagine di questo libro, che ricorda in brevi quadretti le ·gesta dei valorosi nostri correligionari,· e la sua spiegazione sta nelle ragioni storiche sopra ricordate. C osì se le attestazioni di f onte non sospetta, perchè provenienti da persone illustri non israelite, che furono richiamate in epigrafe a questo scritto, avrebbero reso superfluo il dimostrare che gl'israeliti d'Italia hanno compiuto intero il loro dovere di buoni patrioti, le testimonianze raccolte in questo volume varranno a farne r~fulgere l'eccez1:onale entità . E poichè con la guerra di redenzione testè combattuta e vinta, si può dire veramente compiuta l'Italia, assisa nei suoi giusti confini verso l'Alpe, baluardo sicuro, e non lontana dal raggiungerli verso il mare, queste pagine dovrebbero costituire il capitolo finale di un libro, che è ancora da scrivere e che sarebbe desiderabile fosse scr~tto, il quale facesse la storia della cooperazione data dai cittadini israeliti alla mirabile epopea del nostro Risorgimento. P oeti di caldi amor patrio, come il già ricordato piemontese David Levi, e il triestino Giuseppe Revere, rabbini incitatori di sentimenti d'italianità negli albori delle prime lotte p er la conquista dell'indipendenza, come il mantovano M arco Mortara, il piemontese M arco Tedeschi, il veneziano Salomone Olper, che fece parte di quell'assemblea di forti, che nel r848 deliberò, con Daniele M anin, la resistenza di Venezia all'austriaco ad ogni costo (r),· diplomatici come l'astigiano I sacco Artom, segretario intimo e prediletto di Camillo Cavour, collaboratore di Nigra e di Visconti Venosta, cospiratori e martiri come Giuseppe Finzi di M antova, pubblicisti intenti a formare la sana e coraggiosa pubblica opinione per l'opera rigeneratrice dell'Italia, come il torinese Giacomo Dina, scrittori e filo sofi pieni di f ervore patriottico come il lombardo Tullo M assarani · (r) Il Leroy-Beaulieu, nel cit. libro I srael chez les Natwns, afferma (a pag. 281) che ill\1anin era ili origine israelita.

7 e il toscano Alessandro D'Ancona (r), il vercellese Giuseppe Levi, furono i precursori; ad essi seguì quella plejade di uomini d'altissimo intelletto e di grande carattere, che al Governo, nella Camera e nel Senato, nelle milizie, nella finanza, nelle scienze, nelle lettere, nel foro e nella magistratura, nei commerci, nelle industrie, posero le virtù innate della raz.za a servizio della grande causa. Così si è avverato in Italia più di quanto pure è successo negli altri paesi moderni, che, numericamente pochissimi, gli israeliti in tutte le carriere, ma sopratutto in quelle che richiedono specialmente intelligenza e lavoro, in meno di un secolo si sono elevati ai più alti posti J. ciò che in altri paesi ma non presso di noi, per le ragioni già dette, fu il principale fattore dell'antisemitismo . Siamo persuasi che questo libro sarà letto e meditato con mesto raccoglimento da quanti, israeliti e non israeliti, sentiranno riaccendersi al culto dell'amor di patria, i sentimenti più elevati dell'anima umana. Torino, aprile 1920 . Avv. Prof. FELICE TEDESCHI. ' (I) Fratello di Sansone, che fu eletto deputato in Toscana nel I85o, direttore per il dicastero delle finanze e dei lavori pubblici durante la luogotenenza in Toscana del principe di Carignano (ERMANNo L<:EVINSON, Camillo Cavour e gli I sraeliti, « Nuova antologia », agosto, I 9Io).

l PllRTE l I ClìDUTI '

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El\1ILIO ALBINO ANCONA Questo eroe, che avrebbe potuto rimanersene lontano dagli orrori della guerra e volle invece consacrarsi per la grandezza della Patria, merita una singolare considerazione. . Allo scoppio della guerra europea, e quando l'Italia era ancora neutrale, e nessuno prevedeva con quale gruppo di Potenze si sarebbe schierata nella possibilità del suo it1tervento, l'Ancona era addetto al Consolato Italiano di Odessa. Senza perder t empo, partì immediatamente per l 'Italia e quindi per la Francia, ove, arruolatosi nella Legione garibaldina, combattè con magnifico coraggio nei dirupi delle Ardenne meritandosi encomi e alte onorifiche distinzioni. Egli sapeva che colà si preparava la nostra entrata in guerra; sapeva, intuiva, che l 'intervento dell'Italia non poteva essere se non verso quella parte di Potenze dove si maturavano i destini della civiltà del mondo. Nelle sue vene scorreva sangue italiano ed egli non doveva smentirlo. Eroe in Francia, non fu meno in Italia, snl nostro fronte, nella nostra prima linea, poichè appena scoppiarono le ostilità fra noi e l'Austria, sentì potente la voce della Patria, e, lasciate le Ardenne, corse su le nostre Alpi, su le nostre frontiere alla difesa del proprio Paese. E qui diede tutto alla causa della nostra grandezza, al nostro prestigio morale e civile sopra tutte le potenze del mondo, cadendo da valoroso in un aspro combattimento. Era sottotenente di fanteria, aveva solo 30 anni di età ed era nato a Padova.

.. . IZ DoT1'. ANGELO ASTROLOGO Spuntava appena l'alba del gran giorno nel quale si dovevano maturare e compiere i destini della Patria, e ogni animo nobile, ogni cuore che sentiva quale sarebbe, alla chiusura di quel giorno, la grandezza patria, accorreva festante per portare il ~uo contributo d'eroismo al consegu]mento d] quella grandezza. Non si pensò a sacrifici, per duri che fossero, pur di segnare la via luminosa, la quale, per aspra che fosse, doveva condurre alla vittoria. E, del resto, quali sacrifici, quali patimenti possono commovere l'animo di chi si vota alla morte ? E farsi volontario di guerra, non è votarsi alla morte? Lassù, su le Alpi, vigilano costanti i Fati tutelanti l'Italia, e da quelle vette incontaminate chiamavano i petti della gioventù italiana a compiere la sua unità. Angelo Astrol ogo sentì quella voce, e vi accorse. Si arruolò volontario come tenente di complemento, ma presto fu promosso al grado di capitano per merito di guerra. Incurante delle fatiche e dei pericoli, non perdeva occasione per impiegare il suo coraggio e il suo eroismo al bene della Patria. Comandante di una compagnia di fanteria, ebbe ordine di avanzare all'occupazione di una trincea nemica distante oltre 400 metri dalla propria. L'artiglieria lo precedeva nell'azione. La compagnia si avanza fra un nutrito e terribile fuoco nemico: molti della sua compagnia, tutti valorosi, i più volontari, cadono nel tragitto per non più rialzarsi; ma l'Astrologo è lì, alla testa di essi, e non si sgomenta; anima, incoraggia, incita con la parola e con l'esempio, finchè raggiunta la trincea nemica, l'occupa, dopo un'asprissima lotta, facendo 400 prigionieri nemici. La lotta s'inasprisce di più per mantenere la trincea occupata e metterla in stato di difesa, e i compagni, gli eroi, gli cadono sempre d'intorno, mentre egli imperturbato continua la pugn.a tra il sibilo delle palle nen1iche, che sembra vogliano rispettare un tanto eroe, dando ordini e preparando la difesa. In mezzo al sangue e ai cadaveri dei compagni, egli si erge impavido, ma proprio in quel momento di sicurezza di se stesso, una palla nemica penetra il petto dell'eroe, e cade e non si rialza più. Ciò avveniva verso la fine di ottobre del 1915.

13 L 'avv. Angelo Astrologo aveva occupato, fino dal giorno del suo arruolament o, una infinità di cariche di fiducia, perciò era conosciutissimo, stimato e amato da tutti, onde la sua morte destò lungo un senso di dolore e di compianto fra tutti i conoscenti e specie fra i superstiti del suo reparto. E questo compianto e il fine conseguito dalla Patria siano conforto ai mani di lui. BRUNO BAUER Di questo giovanetto ventenne, che pure lascia di sè tanta orma eroica, si potrebbe dire con l'Alighieri: « J?iondo era, bello, e di gentile aspetto >> . I ntelligenza preclara, era già al secondo anno dell'Universit à Bocconi e nello stesso t empo inscritto a l secondo anno di Legge della Università di Ferrara. A t anta attività intellettuale, univa 11n cuore affettuosissimo, specialmente verso la madre di cui era un'adorazione, e i suoi compagni di studio lo amavano con la t enerezza di un fratello. La sera del primo giorno in cui si trovò al fuoco, interrogato che gli fosse sembrato, rispose che gli era parso un gioco, che i soldati erano stati meravigliosi, e, cessata l 'azione, durante la quale sl era straordipariamente comportato, come eroe, i subordinati lo ammirarono t anto che lo portarono in trionfo acclamandolo. Ma tanto eroismo, accompagnato da tanta audacia, doveva essergli fatale . E ra stato da poco promosso sottotenente. La mattina del 22 ottobre rgrs , le artiglierie nostre bersagliavano senza ~nterruzione iL fronte nemico. Bruno Bauer, ansioso di combattere e di veder tutto e disporre ogni cosa per il conseguente assalto, spinto da quel fuoco sacro che sa infiammare le faci più eroiche, sfidando ogni pericolo, disdegnando ogni indecisione, recandosi arditamente dove più micidiale poteva essere La strage pur di comandare e guidar meglio all'uopo le sue truppe, cadeva colpito e reso istantaneamente cadavere. E cadeva fra quelle meravigliose guglie gigantesche, con gli occhi luminosamente indagando, quasi il fantasma della vittoria gli stesse d'innanzi ad affascinarlo traendo al suo an1plesso e al suo bacio. Bruno Bauer era nativo di Firenze.

:: I4 MARIO CAMERINO Il sottotenente Mario Ca1nerino nativo di Firenze, facente parte di un reggimento di fanteria, aveva ventitre anni ed era studente alla Università Bocconi. Fin dai primi giorni della nostra entrata in guerra fu destinato al fronte e in prima linea, dove dimostrò sagacia e accorgimento non comuni in tutti gl'incarichi, ·che da parte dei .superiori, che avevano di lui un ottitno concetto, gli vennero affidati. Alla prudenza, con cui agiva fuori della lotta sanguinosa, univa una grande energia di spirito, una potente volontà di vittoria, che insieme con l'entusiasmo con cui si slanciava nel combattimento, anche quando il pericolo, imminente sempre, minacciava inevitabihnente la morte, facevano di lui un compiuto eroe. La noncuranza, il disinteresse della propria vita, che egli pareva volesse senza restrizioni sacrificare su l'altare della Patria, gli dovevano certamente tornare e gli tornarono fatali, poichè essendosi troppo esposto, come se volesse individuare singolarmente i nemici, in un acerrimo combattimento, in cui si sentiva d'intorno il sibilo della raffica del piombo nemico, cadde, per non più rialzarsi, colpito da una palla nel novembre del 1915. I superiori, i colleghi e i subordinati, provarono un profondo dolore per la sua perdita essendosi saputo cattivare la stima e l'affetto di tutti, specialmente per quella baldanza spontanea con la quale prodigava la sua vita all'avvenire e alla grandezza della gran n1adre, l 'Italia, la quale ben a ragione inciderà nella sua storia il nome di lui. ELIO CASSUTO Elio Cassuto era nativo di Livorno, ed aveva, poco tempo prima,. perduto in un sanguinoso combattimento, il fratello Piero già sotto- , tenente. Elio era ancora soldato, ma poichè il valore, l 'audacia, l'ardire, il coraggio non sono speciali prerogatiYe di chi riveste un grado, tanto più in una guerra, nella quale si mette a repentaglio la propria vita, dobbiamo riconoscere in questo soldato tutti i caratteri dell'eroe. D'innanzi a qualsiasi pericolo, non solo non si ritrasse, n1a si espose con la massima calma e con la massima franchezza. Tr.a i compagni godeva ..

15 del più grande affetto, come quegli che con parole di dolce cameratismo sapeva incoraggiarli, partecipando, trasmettendo in essi una parte del suo spirito; mentre i superiori, da parte loro, lo guardavano con compiacenza, sia per le sue qualità eroiche che per la bontà dell'animo. Chiunque, imbracciato un fucile per la difesa della Patria, compie il suo dovere di cittadino e di soldato; e, non di meno, quanta differenza tra dovere e dovere! Elio Cassuto sentiva il suo nobile cuore palpitare tut.to per la patria e ad essa lo aveva votato. Come su l'ara degli Dei, si sacrificava su l'ara della Patria: a quelli si profondono incensi, a questa si dà il proprio sangue, e da quel sangue, che si evapora e si , innalza nell'infinito come nuvola sacra, si libera il Dio della vittoria, che conduce al conseguimento dei più alti fini politici e sociali, e al concretamente dei più grandi destini per una Patria. E con questa visione nel suo spirito, fisso lo sguardo nell'avvenire d'Italia, Elio Cassuto, giovanissimo, arriso dalle più belle speranze, in un aspro combattimento, sul nivale altare, versò tutto il suo sangue, diede tutta la sua vita, al bene del ben paese, cadendo fulminato da una palla austriaca nel novembre del 1915. Egli diede la vita alla Patria, il suo nome alla storia quale incitamento alle generazioni future. PIERO CASSUTO Piero Cassuto è tma singolare figura eli eroe. Se bene giovanissimo) aveva dato n1olto alla Patria. Quando è scoppiata la guerra fra l'Italia e l'Austria, egli copriva il grado di sottotenente di fanteria. Era già stato in I(ibia, e in quella campagna dimostrò grande coraggio e ardimento, s1 che meritò di essere tenuto nella massima considerazione da parte dei superiori; ma dove sopra tutto si distinse nella campagna libica fu nelle operazioni di Bu Kamec, dove spiegò un eroismo che sorprese tutti coloro che nel combattimento si trovavano presso di 1 ui. Passato dalla Libia al fronte italiano, ne veniva di conseguenza che egli moltiplicasse in sè l'ardore della lotta, la volontà di vincere; poichè se la Libia era una conquista, ove occorreva tenere alto il prestigio delle armi italiane, l'Italia era la madre che lo ~veva veduto nascere, lo aveva allevato, nutrito, educato, ed ora bisognava difenl

:: r6 derla con ogni sua possa, bisognava allontanare, debellare il nemico e porre in mano alla Patria La bandiera della vittoria. E pugnò davvero col sentin1ento del massimo affetto verso la gran madre. Con questa nel cuore, col vessillo tricolore alla mano, fiso lo sguardo alla grandezza d 'I talia, il suo eroisrno si era trasformato nel più baldo entusiasmo per la vittoria, la sua audacia era divenuta una temerarietà. Ma tanto eroismo, tanto slancio, t anto sorridere del pericolo, gli valse la vita, essendo stato, nel fervore della inischia, colpito mortalmente da una palla nemica. UGO CASTELFRANCO Il 13 agosto rgrs , nell'ospedale t erritoriale della Croce Rossa in Modena, è morto il capitano di fanteria, Ugo Castelfranco. La sua morte fu conseguenza di gravi e molteplici ferite riportate in combattimento, nel quale dimostrò tanto valore e tanto eroismo da impressionare tutti coloro, che poterono assistervi ed ammira rlo. Forte e bello nella sua divisa grigio-verde, cinto dalle armi splen· dide di valore, in mezzo al suo riparto, che animava con le parole, col gesto e con l' azione, sembrava che mai palla nemica avrebbe dovuto vulnerare quell'organismo, che rappresentava la perfezione della stirpe italica, nel quale scorreva il più bel sangue latinamente e romanatnente eroico. Le sue gesta di combattente, passando di bocca in bocca fra i soldati e da questi ai superiori, giunsero fino a S. M. il Re, il quale volle conoscere personalmente un tanto eroe. E di fatto, il Re, nello stesso giorno nel quale il Castelfranco era stato ferito, si recò nell 'ospedaletto da campo, ove egli giaceva degente, e da lui volle narrati tutti i particolari di quell'azione, provando una specie di entusiasmo sia per it modo con cui egli narrava, sia per i prodigi da lui compiuti in tanto grave momento di battaglia. Era un fascino che egli inspirava e in chi gli era superiore nel comando e in coloro che gli ubbidivano. Quali fossero i meriti di lui, quale fosse la stima e il prestigio che egli godesse fra i superiori, gli eguali e i subordinati, sono chiara e vera testimonianza gli splendidi funerali celebrati in suo onore, ai ·.quali presero tutti parte con gereuale compianto e profondo cordoglio.

.. . .. Mort~ in un povero ospedaletto da campo, gettata la famiglia in incon·· 5olabile dolore, U go Castelfranco rimane sempre vivo nella mente e 11el cuore di quanti mirano con lo spirito ai grandi destini della Patria. AUGUSTO COLOMBO, RACIONIER r! Col Ragioniere Augusto Colombo, sottotenente in un· reggimento di fanteria, si apre la serie dei caduti per la indipendenza e per la gloria d' I talia. Egli è il primo caduto al fronte col nome della Patria nel cuore e col vessillo della gloria in mano. Aveva giurato di sacrificarsi fino all'ultimo palpito del cuore, fino all 'ultimo pensiero dell'anima sua, fino all'ultin1a st illa di sangue al bene della Patria, conscio che tutto ciò che si sacrifica per essa è un apostolato sacro alla sua civiltà e al uo progresso, sacro alla Italia che sorge all'altezza delle grandi ist ituzioni politiche, sacro alla rigenerazione e al risorgimento del suo popolo. E quale sacrificio può essere maggiore e più santo? Chi non si sente commuovere l'anima alla narrazione delle gest a compiute sui campi di battaglia per la gloria del proprio Paese ? Augusto Colombo, primo a entrare, e con baldo entusiasmo, nel -cimento; combattente in prima linea, in un fatto d'arme per liberare i suoi uomini da una difficile posizione e prendere d'assalto un'altra ben minata e tenuta dagli austriaci, veniva colpito in fronte da una palla netnica e lasciava in quel combattimento la sua o-iovane vita, cui arridevano le più belle speranze dell'avvenir e. Cadeva nel combattimento nei primi giorni di giugno del rgrs. Giovane, valente professionista, dotato di eccellenti qualità di mente e di cuore, tratto dalle più belle lusinghe della vita, Augusto Colombo non serbò nulla per sè, ma volle dare, e diede tutto, alla Patria, la quale stava a sommo di tutti i suoi ideali. GUALTIERO DEL VECCHIO La sua trincea era 1l su le Alpi, tra le nevi, tra i ghiacci ; a piedi di quelle Alpi scorreva l'Isonzo, che per così lunghi anni irrigò terre italiane calpestate dal piede infame dello straniero; più in là Gorizia

I8 • • • • ~ . . . spingeva in alto, tra l'azzurro.' irrad~ata dal s<?le, la cuspide del caJnpanile della sua cattedrale. Gualtiero Del Vec~hio, capitano di fant eria, rotuano, ·guardando la città, che spesso additava ai suoi soldati, di continuo ·si domandava: « Quando? ». E anelava di raggiunger]a presto, ed era una in1pazienza infrenabile, un fren1ito della sua anin1a di troyarsi a Gorizia e far sventolare su quel pinnacolo irrorato di l uce~ la b andiera tricolore, J l vessillo glorioso d'Italia . Nei con1batti1nenti offriva con disinteresse la propria Yita, sapendo di offrir]a per la Patria. Coraggio. o, forte, valoroso, pieno di energia e di entusiasn1o per la causa per la quale con1batte\·a; con. cio della legittitnità e della fatale necessità della guerra, intendendone le cause tnorali e politiche e valutandone le conseguenze, arri\·ava fino all 'esaltazione degli ideal i n1orali, infiatnn1ato il cuore fino al divino sacrificio della v ita. Tutto alla Patria. E con1batte\·a con1e leone, eccitando i suoi dipendenti, infondendo coraggio e resistendo in mezzo al sangue e alle morti con fennezza meray·igliosa, con tenacità irremovibile . Le ferite rip0rtate in successi,·i ed a pri co1nbattin1enti gli davano l'in1pre sione ùi lievi :calfitture; 1na nna graye ferita lo abbattè a terra: i suoi dipendenti non udirono più la voce affettuosa 111a piena d' in1pero; non lo Yidcro slanciarsi con in1peto gaglia rdo nella 111ischia, ri1nasero perp1é-'-Ji un istante... Lo cercarono con l' occhio e lo scorsero disteso cadavere . ul terren0 insanguinato, in prossimità di Gorizia , presso la città 11ell a quc1le a\·e\·a tanto anelato di giungere, nel dicetnhre del I<JIS. La glorin 1o t...('.:-olse nel suo abbraccio e lo . antificò col . uo hacio. .. Non enza sentire un fremito nell'animo nostro scnvtatno del capitano Leone Diena. Talnni uo111ini ricevono fin dalla culla l'in1pronta dell'eroisn1o, che identificano al sacrificio. Uorno di alte qualità intellettuali, dotato di una intelligenza, chf'.: si RV\'"icinava a ciò che nel vero senso de1la parola chian1ian1o «genio )>~

H) fort~ di una in :idiabile cultura letteraria, oltre la propria lingua, che egli parhonef!~Ìa\~a. e rende\·a duttile a tutte le espre sioni del suo pensiero, conosceYa profondan1ente rriolte ljngue straniere. e a queste bel]~ qua lità dell'intellett o, n quest a educazione superiore aggiungian:1o lo spirito n1ilitare e la coscienza che egli aveva del dovere e dell 'atnore verso la Patria , ci è facile con1pren(lere con1e tante virtù fu e in ietue. forn1avano di teone Diena una per:ona distintissinul e co1ne cittadino e come soldat o. Fu in Libia e in Cirenaica, dove din1ostrò eccellenti qualità e per co... nizioni tattiche e per strategia sì che a colpo cl' occhio ne e plorava il te:-:-eno e il n1odo di sfruttare la posizione, per cui nei singoli combattinlénti riportò sempre 1a vittoria anche colà clo, ·e questa fosse insperata. , ' intende che i superiori avevano in lni un braccio vigoroso d' adoperare e un occhio vigile scrutatore, di cui . ervirsi, ì che lo aulaYano eli vero an1orE.- e in n1olte circostanze gli affidarono n1i sioni clifficilLsin1e e delicatissi1ue, che assolse con la tneclesi1na puntualità con la qu3.le <lssoh'eva la sua n1issione eli soldato. I n dne anni t ra corsi t r a la 1 .ibia e la Ciren aica aveva clato t ante prove di Yalore, che pareYa rampollasse dal fondo deJla sua coscienza u n fato guidatore e p:rotétt ore di que. t ' non1o, che passaYa inYulnerato d' innanzi al pericolo, anzi sorride\·a di con1piacenza q uasi nella vita non aves e altro scopo che quello eli fldare i pericoli e son nont are ostacoli. Non di n1eno non volle lascia re le sue ossa in quelle nrene deser te cotne presago che la sua gran n1actre- l 'Italia--- lo chia Jna'3se ad altri e ben più ardui cirr1enti. Per la qual cosa, allo scoppio della nostra guerra con l 'Austria, Leone Diena :fin dai primi n1oment i fn in prin1a linea. Con1battè sen1pre da valoroso, fisso lo sguardo alla vittoria e stret ta nel pugno la bandiera - il simbolo sacro della nostra Patria - e dopo tanti e pericolosi cimenti, dai quali era uscito sen1pre vittorioso e quasi se1npre incolume, cadeva, come cadono gli eroi, alla testa del suo riparto, in u n atta('CO che egl i tes. o aveva ideato su l'Isonzo, clo\'e ntaggiormente si accentravano le forze austriache, nell' agosto del rg r5. I n quei giorni attendeva la promozione a maggiore. Aveva d 'inn2.nzi a è, sia perchè giovanis~in1o, sia per la \"asta cultura intellettuale, uno splendido aYvenire, che I-{eone TJiena sacrificò i nvece all'avvenire della Patria. \ .....

20 ALFSSANDRO DI VEROLI Se gli uomini e la storia sogliono n1ettere in rilievo la indifferenza con cni vecchi ufficiali affrontano il pericolo senza preoccuparsi della vita, che cosa si deve dir~ di un giovinet t o, che s 'inizia appena alle armi e che non di meno fa stupir~ di sè? Di nn giovinet to che s'immola spontaneament e sn l'altare della Patria ? Ah! quant o deve t'Italia ai suoi giovinetti, che non ora solament e, ma in ogni secolo diedero prova di aver sorbito il latte leonino dalle mammelle pat rie ! Alessandro Di Veroli, romano, appartenente a ricca famiglia di commercianti, era semplice allievo ufficiale allo scoppio della ('fuerra. Chiese di essere mandato al fronte, e l'ot tenne col grado di sottot enente. Egli si era anche diplomato in ragioneria, il che dimostra una intelligenza non comune se in cosl giovane età si possano già avere complet ati i propri studi professionali. Ma professione, agiatezza di famiglia, miraggi splendidi dell 'avvenire, giovinezza, che cosa sono di front e al sacro ideale della Patria? Giù le vanità del monùo, giù i beni materiali della vita. Trasformiamoci in spirito e cerchian1o di vivere più belli e più puri nella memoria delle generazioni successive. E il Di Veroli affretta, affretta con impazienza che sia mandato in prima linea, di fronte a gli austriaci, i nemici dei nostri padri è nostri. Ed è al fronte, e nella purezza del sentimento e nella elevatezza del suo coraggio, al di sopra di tutto, vede le n1ontagne nevose, le guardiane altiere, superbe e immacolate della grandezza d'It alia, della eterna bellezza della Patria, e dice : « Quello è l'altare del mio sacrificio >,. E allora, raccogliendo in sè tutto il suo entusiasmo, spingendosi innanzi con tutto il suo coraggio, mettendo in att o tutta la sua proùezza, si spinge eroicamente all'assalt~. 1\Ia la morte insidiava questa bella esistenza, questo bel fiore italico. e il giorno 21 agosto 1915 , in un combattimento in cui il suo entusiasmo lo spinse troppo innanzi, lo espose troppo ai tiri avversari, il suo giovane stelo veniva inesorabilmente infranto dal piombo nemico. Fu tutto un coro di elogi per lui. GUIDO DONA'l''I, AVVOCATO Il sottotenente d'artiglieria, Guido Donati, in una delle più sanguinose battaglie della nostra guerra, moriva colpito da una palla nemica, sotto i reticolati nemici in novembre 1915.

21 Era giovane e pieno di . per .r:.ze per l'aV\..,.enire, poicbè era a capo di parecchie amministrazioni pubbliche e priYate e faceva parte della Giu,nta provinciale arnmin istràtivn di :\lilano. P ieno òi coraggio, e, quasi anelante al pericolo e al cimento, alla sua farrrio-lia, per tranquillità, -faceva intendere di trovarsi in una posizione sicura. Sentimento nobile e sublime, perchè egli, invtce, era giornalmente, se~pre, esposto ai tiri nemici, era in continuo con1battimento, e quando non combatteva trovava qualche azione audace da compiere. La storia registrerà con venerazione il nome di questo ardimentoso eroe. Egli è caduto sotto i reticolati nemici. Si era spinto in una ardita ricognizione, col fa,yore delle tenebre, a notte alfa, verso le trincee austriache, per individuare bene i reticolati, col desiderio di facilitare il compito agli artiglieri del suo riparto, che dovevano di~truggerli col tiro. Ufficiale intélligentissimo, buono di cuore, di va ta cultura, purezza e nobiltà di vita lo face\yano amare da tutti, dai . uperiori e dai dipendenti, che ne piansero la perdita come di un amico e di un frat ello. Il Donati ne aveva superate altre e b-en difficili di queste prove e vi era ben riuscito, onde l' audaci a, naturale nel suo animo, s' ingrandiva, si moltiplicava, e il t entare queste azioni era una specie di anelito febbrile, uno spasimo, come delirio ran1pol1ante dal fondo dell'esser suo al conseguimento di un fine stitnato impossibile. D'altronde, egli era milanese: l'eredità conservative non sono ipot esi, ed egli sentiva nelle sue yene scorrere il . angue eroico dei . uoi antenati contro gl' i1nperatori tnedioe\'ali furibondi di distruggere le libertà dei graudi CorXluni italici. RICCARDO FINZI F.ra tenente di cavalleri a e comanda va nella guerra una . ezione di mitragliatrici. Di padre ferrarese, che da molto t empo si era stabilito a GenoYa, Riccardo Finzi, per quella eredità che riproduce eli padre in fÌO'lio i caratteri fisici e mor~li, entiva scorrere ne11e ne Yene tutta l'energia del sangue ron1agnoJo, al quale, per legge ùi a(lattan1ento aveva innest ato quello ligure. E da questa fn ~ ione di ·angue, dalla energia dell'unn e dall'audacia dell 'altro, ne era venute, uno t an1po d' uomo affatto c:ingolare per vigori a ed itnpeto di carattere, per . pirito di lotta ~ di baldo entnsiastno nei per icoli.

22 .. .. Pin dai prin1i giorni della guerra (..gli tni~e a servtzto della Patria qt1este sue c1ualità di spirito nto!)~O dal sentitnento elLe tutte le forze dell'uon1o sono inutili quando esse non s'im1Jie3ano al benè del no---t ro paese, per il quale nessun sacrificio è n1ai sufficiente. E cotnbattè con inaudito Yalore: il ci1nento era per lui uon un rischio clellél vita, tna Un giocO dal q nale 11011 SÌ poteYa lt eire che O vincitore O SCOnfitto. E quest a sua audacia, la nessuna preoccupazione di sè, l' e porsi con noncuranza alle n1i1e del netnico, doveva' ben costargli la ,-ita, poichè in un con1battiluento, uno dei più aspri, nel q naie egli si spin e innanzi, qnasi a contatto con la linea nen1ica, cadeva fuhninato a morte. ri:ra giovanissin10, piena la vita delle più belle speranze, amato teneran1ente dai genitori, per cui era il tnaggior conforto; tna al di sopra dei genitori, più s u del sorri ·o delle speranze, più in alto della sua giovinezza, vi era l'Italia, vi era la Patria, -\-erso le.. quale aveva ii più grande dovere, ed egli si consacrò tutto a t l essa. IZICCARDC) GJIIROI~ Aveva venti anni, e frequentava già il terzo corso di lYh:dicina, dopo essere stato il prin1o tra i gioYalli, che frequentavano con lui il .Liceo nel quale era amato caran1ente dai suoi professori per la volontà disciplinata e assidua nello studio, per l'ingegno vivo, per la grande bontà di cuore. Con1e studente in n1edicina avrebbe potuto, e i superiori glielo proponevano, arruolarsi nella Sanità e rimanere fuori - del pericolo; w a Riccardo Ghiron rispose: <t Voglio andare al front e a combattere coi più per la n1ia Patria >l . La guerra, fin da principio, era divenuta per lui una frenesia, e nessun pensiero, nessuna considerazione valse ad attenuare, anche in n1inin1a parte, il sacro entusiasta a1nore di patria. 1•: abbandonò gli st e si genitori, per i quali era un'adorazione e che vivevano solo per lni, e corse a morire su la linea del] 'Isonzo, in un assalto, alla t esta dei sol<.1ati, che, con1e nffici.ale, guidava da pochi giorni e dai quali era amato qua i con un sentitnento d'idolatria. La storia registra _anche questo giovine eroe, la storia, che non 1nentc, e dà a ciascuno il suo, lo accoglie tra le belle figure dei giovani devoti alla Patria .

2.3 .. .. Riccardo Ghiron anelava alla grandezza d'Italia, e 9ggi il suo spirito si allieta di vedere dall 'alto attuato l'ideale, che tanto. aveva v agheggiato, e a cui diede tutti i palpiti del suo bel cuore, tutti i sogni della sua giovinezza. - E ra nativo di Casale; morì sn l'I~or~zo nel dicen1bre del 1915. Ul\tiBER'l'O J AFFE Se bene nativo di Kizza :\Ionferrato, Umberto J affe, soldato di fanteria, da molti anni risiedeva a Parigi . Ma la lontananza non valse a spegnere nell'animo suo il sentin1ento d' italiano, chè anzi lo syiluppò 1naagiorn1ente, specialn1ente, conte avviene in tutti gli emigrat i, nei tno1nenti in cui si è assaliti dalla nostalgia del proprio paese, del cielo sotto cui da fanciulli si respirò l'atmosfera della vita. Per la qual cosa, allo scoppio della guerra, pieno di entusias1no e di fede, corse a ri pondere, con i milioni d'italiani che rispondevano, all'appello della Patria; e fin dai primi momenti fu n1andato in pri1na linea a combattere su l'I onzo. Si con1portò sen1pre da \~aloroso, ani1nato dal pensiero che eo1i co1nbatte\~a per una causa santa, per gl'ideali, per la grandezza della Patria, e non si preoccupava dei pericoli che invece sfidava, e sopporta\Ta con animo liet o e sereno i disagi e le fatiche della guerra ed era orgoglioso di co1npiere il suo dovere d'italiano. In uno dei più difficili con1battimenti sull 'Isonzo riportò, dopo a\~ere din1ostrato quanto eroisn1o albergasse nel suo petto, 1nultiple e ~ra\~i ferite. Fu trasportato in un ospedaletto da ca1npo, 1na non va lsero cure a salYarlo alla Patria e nell'agosto del 1915 trasformava in i ~pirito la sua bella esi tenza, lasciando scolpito il suo no1ne nel libro d 'oro della Patria. ANGEI/ ) LEVI Questa splendida figura di prode capita,~.1o , riproduce il sentinle:nto generale dell'italiano E' q nello \-i\-ace, genero o e impubivo della r~gione, essendo il capitano Angelo Levi nato a Reggio Emilia. Prima della nostra guerra con l'Austria aveva fatto la campagna libica e in quella catnpagna aveva dato le piì1 splendide prove di

:: 24 ~roismo, è.i cora~"'gio e di entu iasmo per la vittoria, sì che i superiori gli avevano piena fiducia ,per tutte le operazioni che agli avrebbe dovuto eseguire. R si guadagnò lodi e ferite, ammirazione e rispetto, anche' da ...parte dei subordinati. Nella guerra contro l'Austria, essendo capitano di fanteria, si trovò quasi sempre nelle posizioni più esposte ai tiri del nemico. I~a linea di battaglia, di cui faceva parte il riparto da lui comandato, era quella del basso Isonzo, dove ha sostenuto i più aspri cimenti e le più accanite, pcrigliose e sanguinose battaglie colà con1battute. E in tante prove di con1battimento, in tante sofferenze della trincea, il suo organismo aveva resistito con maravigliosa fermezza, con una tempra ferrea; e quanto più le fatiche, i patimenti c i pericoli aumentavano, altrettanto dimostrava maggior vigoria di animo e di corpo e moltiplicava il suo coraggio: - forse lo spirito dell'Italia e della vittoria gli aleggiava intorno - certo lo animava il miraggio (;'plendido della conseguente grandezza politica e tnorale della Patria nostra. E pur troppo l'esporsi senza preoccupazione alcuna ai pericoli, la sicurezza con cui egli affrontava i cimenti, gli furono letali, e ,·erso la fine di luglio del 19 1;) , in una dèlle battaglie più sanguinose combattute su l'Isonzo, cadeYa n1ortaln1ente colpito da nna granata nentica. 'fenuto nella massima e timazione clai superiori e da dipendenti per tante proYe di coraggio e d'intelligenza datè fino a quel momento, era affettuosamente atnato anche per le qualità eccellenti dell'anitn o suo. E ra addirittura segno di adorazione per tutti e specie per i sottoposti. '<Noi subalterni - dice un ufficiale suo dipendente - lo adoravamo. J1:gli aveva per noi dei tratti da fratello e non da superiore )\ . I l comj;Ìanto fu generale; e se questo eroe, che aveva fama d'invn] nerabile, che così temerariamente si esponeva, che era sempre in pie 1i "'orridente davanti al fuoco, che bastava che i soldati lo vedessero per ·entir i destare nn coraggio da leone, non potè vedere con1piuta la vittoria. Nato a Napoli, Carlo di Leon Levi, con la bellezza del clima e della città natia, sentiva e identificava nel suo spirito la bellezza di tutta l'Italia, della Patria comune. Giovane di eccellente cultura, viveva

.. con la mente ~ei te1npi pa.... aLi, quando l'Italia ... i erigeva regina nel tnondo ·e da Roma dettava alle genti ~ le leggi -della civiltà e della libertà. Nei tempi presenti pen_ava che la Patria potrebbe realizzare il vaticinio- d.ei nostri padri, conquistando nella storia, nel progresso e nella civiltà, quel posto <'h~ le assegnarono i fati nel mondo. Per la Ier1izzazione di questo _ogno, si compi~cqne di pottre indossare la divisa del soldato e portare il suo contributo di forza e di eroismo? lassù, su le Alpi, alla grand~zza d 'Italia. La guerra, essendo ancora all'inizio tra noi e l'Austri a, erano continue le lotte, e quac;i sempre sanhuinose, poichè si tratta\' a di rompere o di mantenere i confini, di redenzione de11e nostre terre da parte nostra, di riinanere saldi in esse da parte dei nen1ici. F.gli era .. ottotenente di fanteria, e ver l'anna stes a a cui apparteneva, si poteYa considerare sempre in i1ntninente pericolo, che egli disprezzava; dotato di forte coraggio e di grande entu iasmo,· dominato dalle idee più nobili di ascensione verso i più grandi ideali. della Patria, egli ._fidava tutto, pnr di consegtùre il suo fine, e nelle mischie più sanguinose si slanciava con t anto ardore che spesso raggiungeva la temerità . E pur troppo in uno dei più trnci corn- - battirr1enti, ·essendo~i spinto assai innanzi per osser\-are le lJo::;izioui avversarie, era èùlpito a 1norte da una pal1a nemica nel novemhredel 1915. EDOARDO LEVI Nei vari combattin1enti nei quali il sottotenente di fanteria Edoardo Levi aveva preso parte, si dimo trò, per quanto gio\ ane. un vero eroe. Qualità che gli valse la stima e l'affett o di tutti , per ccii la sua morte, avvenuta nel novembre del 1915 destò un generale e sincero compianto in quanti, superiori o dipendenti, lo avevano conosciuto. ~i espone\'a nei cimenti, anche quando questi fossero più sanguino. i e micidiali , con1e se la sua vita non aYesse alcun prezzo. E di fatto, qual prezzo può avere, o qual conto può far.-i di essa quando la si deYe impiegare a beneficio della Patria, quando la grandezza di questa, la sua vita avvenire, la sua salvezza dipendono dal n1odo con cui noi ci s~crifichiamo per essa? l~ . i sacrifica spontaneamente, e dà tutto a11a Patria, colui che ha piena e profonda coscie1~ za del Yalore

del su·o sacrificio. ~~e Alpi dal bianco nitore riflettenti · la luce del sole e l 'azzurro dei cieli, davano a ll 'occhio del Levi la parvenza di un tenpio itnmacolato e infinito nel qua le abitassero i superi in pericolo di e sere violato e contatninato dal piede dell' orda barbarica, che ne tentava la invasione. Da quell 'altezza, da quel tempio parlavano i secoli di civiltà diffusa dall 'Italia nel n1ondo. Bisognava difenderlo, e il giovane ottotenente Edoardo J..,ey·i per quella difesa sacrificò la Yita. · La lotta era terribile, tnicidiale; i soldati del suo reparto cadevano intrisi nel proprio sangue col notne "(l'Italia su le labbra e nel cuore ; ma quel sangue e quei caduti, invece di diminuire, · aumentavano, moltiplicavano in lui ' l'ardore e le forze, e durò fino a che una palla non lo percosse a morte. Cadde, è vero ; ma lo sguardo esprimeva tuttavia, come se fosse ancor vivo, la minaccia contro la barbarie nemtca. GIORGIO LEVI Kon par \ 'ero che i11 giovanet ti appena sui \rcnti anni, quale Giorgio Levi, albergassero tanto spirito eroico, tanta bontà di sacrificio. Sembra che in quelle n1embra tanto giovani si siano connaturati, con Yero sentimento di sitnpatia, i numi indigeti della Patria, e que ti numi, consci della loro immortalità, additassero le cin1e delle Alpi ne,~ate, su le quali si complet a la immortale gloria d ' Italia, chiamata dai fati, fin dai tempi più remoti, a presiedere e dirigere le leggi e la ciYiltà del mondo. - · La voce dei numi tutelari della Patria riecheggiava possente nell 'anima del soldato giovinetto, il quale rispondeva con pieno entusiasmo a quella voce fatidica, e su gli alpestri confini, d 'onde il nen1ico t entava irrompere nel suolo sacro d ' Italia , egli porse a difesa il proprio petto. Nativo di Roma, studioso delle gest a dei nostri padri, se bene seguisse nell 'Università la Facoltà di Chimica, chi sa quante volte, da vero ron1ano, abbia pensato alle legioni dell'Urbe imperante, diretti verso il Nord a portare la ciYiltà, in quei tempi ai barbari figli di Odi11o! Nel reggitnento di fanteria, del quale faceva parte, essendo sottotenente, occupay·a l'ufficio di Aiutante n1aggiore nel 2° battaglione. l\;Iostrò apertamente il suo coraggio, il suo eroismo e il suo disprezzo della Htorte nei cotnbattin1enti più sanguino~j svoltisi -

fi no . a qnel -t etn.po.. A.ll a sua .giovinezza, alle sue .sper an7,e, veranten t e ro ee, al no a \~venire, indiscutibihnente splendido, non vi pen ò tnai, Egli a\·e,·a u~1a sola ,~i ione, nn solo ideale : la Patria era tutto, e la grandezza e la libertà di essa dovevano formare il solo sent in1ento., che dominasse ogni italiano, la :fiamn1a che investisse ogni cuore. E pinto da questo sentitnento e ay\·olto in q uest a :fiamtna, nel noven1bre c1el 1915, dopo i1credibili e in auditi slanci di coraggio e di ardir~, cade\·a nell ' a:;pro e sanguinoso con1ba ttin1ent o colpito tnortaln1ente d :ll ]JÌOntbo nenlico. Avv. GI USEPPE LEVI l 2na nte speranze svanite ! che splendido avvenire distrntto se pur non .- i Yoglia t ener conto della posizione invidiabile che occupava prin1a della· guerra! L ' Avv _ Giuseppe Levi, capitano di complemento, e ra nativo di Casale . Se bene valente p rofessionist a , egli aveva preferito una carriera nelle atnministrazioni dello Stato erl era segret ario a lla I nt enden7,a di Finanza di Porton1aurizio, godendo le più vive sin1pat ie da parte degli itnpiegati della Intendenza st essa per la urbanità (lei modi , ·erso i dipendenti , l'affetto agli eguali , la deferenz,a ·verso i superiori ; 1na egli era così buono che lo trat tavano tutt i da eguale. Copriva molte cariche n elle Con1nnità I sraelitiche, clin1 ostraudo le sue granò. i a ttitudini, la sua onestà e l'e attezza negl' incarichi che erano a lui affidat i. Le splendide qualità , specialtnente l'animo in:finitan1ente buono, nella Yita ci,~ ile, non si scon1p agnarono da lui quando per difendere il sacro nolo dell a Patria, dovette indossare la divisa del soldato ; anzi <-1 nest e qualit à si n1olt iplicarono in lui fino a sembrare impo sib ile che da nn animo così buono e mite sgorgasse t anta energia eroica , poichè fu un eroe nel vero senso della 1 aro~a . Egli però comprendeva che nella lotta sanguinosa si difendeva sì il suolo patrio, 1na da quella lotta e da quel sangue doveva emergere l 'Italia nuova, grande quale la vollero i suoi uomini di Stato, la pensarono i suoi filosofi , la sogna- ~ono i poeti negli slanci divini della loro fantasia . Combattè vigorosan1ent e e coraggiosamente, e come se non avesse coscienza del pericolo, come se non sapesse che da un momento a ll 'altro avrebbe potuto cadere fulminat o da una palla nemica, era il primo a

èntra.re e l'ultimo a ritrarsi dal cimento, e, disgraziatamente, in un feroce combattimento per ]a conquista di una posizione, la palla micidiale lo raggiunse, lo colpì in pieno ed egli compì il suo sacrificio verso la Patria nel novembre del 1915. SERGJ() LEVI Nativo di Firenze, Sergio Levi, sottotenent e di fanteria, ave\'·a nell'animo suo t utta ]a sqùisitezza· che si possa immaginare in chi :tl,jSce e viene educato su la sponda cite A rno saluta -in suo ca1nmtino. Si direbbe che un uomo che abbia un'anima delicata e gentile non · possa avere quel coraggio, quella fortezza, quell'eroismo, che sono caratteristiche del soldato in genere e del combattente in specie; e pure non t> così: le belle qualità si unificano e si condensano fra di loro quando vogliono creare un patriotta eccellente. Sergio Levi era giovane di una bontà squisita e grande e, tuttavia, era un eroe. I combattimenti sul S. Michele erano v-eramente micidiali: la fucileria e le mitragliatrici mietevano senza fine le vite un1ane, e la morte scorreva dominatrice da un campo all'altro aizzando la strage. Il Levi era alla test a del suo riparto con l'incarico della conquista di una Quota. Avanza tra una raffica di pion1bo che viene continua, senza interruzione da parte dei nemici, i quali occupano la Quota da conquistare e sono anche ben situati su altre posizioni. Il Levi avanza .a sbalzi, si arrampica su per il pendio erto, ntentre i suoi soldati, colpiti dal piombo austriaco precipitano, insanguinando il pendio, nel fondo del burrone, restano sospesi tra i crepacci delle rocce, impigliati nelle sporgenze pietrose in guisa da scoraggiare anche l'uomo che a'\~esse co1nbattuto cento battaglie; ma egli procecle, quasi invulnerabile fra tante morti , animando, incitando con la parola e con l'ese1npio finchè perviene al sommo della Quota, dove la lotta si fa più accanita, corpo a corpo fìnchè gli austriaci sbaragliati da questo tnanipolo, eedono, fuggono, si scompigliano. lVIa proprio nel n1omento .della Yittoria, proprio quando si sente padrone della posizione, una palla nemica 1o colpisce in pieno e cade divenendo in1n1ediatamente cadavere, nel dicembre del 1915. Egli non potè vedere compiuti i destini d'Italia, ma il suo spirito esulta dal regno delle on1bre 1n agnanitne, mentre la storia ne incide nell'eternità delle sue pagine il nome.

29 PIERO LUZZATTO La fiamma del sentimento che investiva questo giovinetto per la liberazione della sua città natia, non aveva confini. Egli era italiano, puro sangue italiano, e, non di meno, viveva straniero alla sua patria, alla Gran Madre Italia, perseguitato dagli oppressori, ·che da secoli tenevano e angariavano quella bella città, che dall 'altra sponda del- ]'Adriatico tendeva le braccia amorosamente alle altre città, che si potevano ricambiare liberamente ogni espressione d 'affetto. Piero Luzzatto era nato a Trieste, la bella città dal bellissimo golfo, dai panorami meravigliosi di luce e di azzurro; ma l'Austria, incapace anche a comprendere e ammirare il bello della natura, la torn1entava ron ogni vessazione, impedendo di esprimere il suo sentimento d'italianità, vigile a far strozzare dai suoi sgherri ogni parola, ogni atto di amore per l'I talia. Nell'animo di Piero Luzzatto aveva preso possesso, e lo dominava,· lo spirito di Oberdan, che dalle membra penzolanti dalla forca infame, era passato a vivere nel cuore dei cittadini più puri. Da fanciullo, Piero Luzzatto meditò sempre alla redenzione della sua cara e bella Trieste, e quando coppiò la guerra t ra l'Italia e quell'Austria, che egli così cordialmente odiava, benchè appena ventenne, corse ad arruolarsi nelle file del nostro esercito, speranzoso di vedere concretato il suo sogno, di diventare veramente italiano, se bene poteva già considerarsi tale per la residenza della sua famiglia a Milano. Furiere in un reggimento di granatieri, questo giovinetto, che aveva sempre coltivato il sentimento patrio, combattè valorosamente, con coraggio da leone nei cimenti più sanguinosi, e si confortava nel sorriso della speranza di giungere presto con le armi vittoriose nella sua bella e a1nata città dalla quale viveva straniero; ma in seguito a una grave ferita riportata sul Carso, decedeva, compianto da tutti nel dicembre del 1915. Come deve gioire, da l'alto, la sua anima per l'avvenuta redenzione della sua città! GUGLIELMO MINERBI Bello di forme fisiche, che ancor più risaltavano sotto la divisa di ufficiale, il sottotenente di fanteria, Guglielmo Minerbi, era anche bello di mente e di cuore. Alla bontà dell'animo univa un coraggio straordi-

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