Francesco Domenico Guerrazzi - La torre di Nonza

LA rfORRE DI NONZA RH:CO~ 'l'O STORI{:O IH lf. D. GUERRAZZ I CIIi· se la voce l n.t sal'.l mobla .'l:el (ll' imo gusto, Vll,t l <IUll' imculo La~ccl' :l (IOi quanti() sari1 <ligc>la. thNl'E, Paradiso, xvu. TO IU ~O 50CIET~\ l :OI'rtii CE li'AL IA:'I:.\ 01 \1 . f.l i!!. O'il 1R:i7

Proprietà letteraria di M. Guigoni . ?tl ilano , Stabi limento 'l' ip. del Dott. Pietro Doniotti.

• LA 'fOlHUç DI NONZA. Chl· se la voce t ua sarù. mule:,ia :\PI pri mo gusto, \' ila! nutrimcuto Lascerà poi quando sarà digesla. DA~TE , l'llrarliso, xm . = lo non mt rtmovo dalle mie pawle, conti nuava a dil'e Eleuterio a Severo, c' fu propl'io la Provvidenza, la quale volle mcttct·e la Francia gius ta nell'umbcllico della Europa, affinchè cotesto suo agitarsi perpetuo ed inquieto , ed il fare continuo c il disfare formassero materia di salute a mo' dci venti, i quali scombuiando l'aria la mantengono sana. Talvolta sembra, ch' ella t·icntt·i in $è stessa : Come facc le corna la lumaccia ( l ) quast volesse toa·na t·sene addietro , c vet·amcnte come pare è , ma questo storno accade pcrchè ella possa prendere l'abbrivo per ·ispingersi più impetuosa d'il'l·esistibile gagliardia avanti. No, Severo, no, io ti dico la Ji'rancia essere la vite di Archimede in Europa: senza lei non avanzerebbe la barca. = E Severo, che a capo basso pel grande rovello che lo rodeva dentt·o scel'pava un cesto di salvia, appena dal suono della voce gl! fu dato aq;omentarc, che il i

l) U TUtllm lH SU.'\Z.\ discorso dello amico volgeva al fìuc, t·tspose commosso: = O Signore; perdonatelo voi l Invece io Yo' che tu sappi, Eleuterio, come la mot·te sentendosi vecchia, c ti·ovato il compito grave alle ossute sue dita, abbia <letto alla Francia: = Orsù, di vidiamo la fatica; quanto a me continuerò a uccidere i cot·pi, tu prenditi il car ico di ammazzar·c le anime. Or·a appunta gli oc~h i , c · guarda: sopra la ft·ontc ella mostt·a scritto : Errore, dopo le spalle: Di~trn:::ione: il suo passaggio è <fUCilo dell 'arpia, impei'Ciocchè all 'occhio c all'odontto la pal<'si la loi'Clma : E molta feccia il ventre sno d i ~pcnsa, Tal che gli è fot·za d' attnrarc i nasi Che non si può ~cnUt· la puzza immensa C!J. Qual è la fede , che ai suoi pestiferi liati non iutisichisca? CfJC inai di santo o di sacro rimane intatto al locco pcdìdissimo di Ici? L'anima dell'uomo, orgauo ' 'cramente divino , desidera le dita amorose di santa Cecilia pet· tramandare ai cieli gl'inni che sono delizia agli Angioli stessi; eostei vi si abbandona giù cou le gomita, e lo strumento singhiozzando gemiti di angoscia va in pezzi. l custodi eletti della morale, come dell' onor·c Jei popoli colà depravati sopra gli altri; imperciocchè o ia la natma lor·o vinta dal t'eo costume , o la cupi.dità domini le menti , ecco raccolto quanto di fanghiglia deturpi le pubbliche vie, i hat'Ouali castelli, i tuguri del popolo, e il nnovo o piuttosto 1·inuuovato antro di Caco, essi ne scombiccherano le carte donde si sparge pat·i al mal sente dcll'oidio a eontristm·c il mondo. N è tanto hasta; gli scribi del!(' abbon·itc lot·o d l'cmericli (incr·edibilc a dirsi, c uon pet·-

LA TOHH~ DI NO~ZA 'i tanto vero} slwacciansi a n\aledire qualunque nel meùesimo hrago non s' imbrodoli. Ecll'artc da apprendersi cotesta in fè di Dio! Egregio ufficio di scrittori alunni delle Gmzic c delle 1\lus.e ! In Italia , eh' eglino tanto ignorando vilipendono, o sapendo calunniano; in Italia , l'uomo mcmore della dignità sua innanzi t!'atlo s'ingegna affaticarsi in benefizio della Pat1·ia con le opere mili~ tari, o nelle hisogne di Stato ; dove questo gli venga conteso, con la penna , la quale soltanto ha virtù se cospil'i a prov\·ederc alla massima delle necessit à pa· t1·ie, la quale per noi figliuoli degenerati del senno e del valore antichi consiste nel bene adoperm·e la li - bei·tù dentro , e di fu01·i le armi . I..a i·cgola migliore dell'arte è quella.appunto che manca1 c non poteYa trorarsi nella poetica eli Orazio cortigiano d'Augusto, la magnanimità dci sensi, dei detti e dei gesti, per· la quale eosa, tutta estetica di yal01·oso scrittore ital iano adesso eonsista in questo: acccndet·e i petti all'abboi'rimcnto di qualunque vilezza , ai gaudii della contenzione cont ro l' errore, alla voluttà di spirare l' anima in un g1·ido di vittoria. Comprendo ancoéa io, che cesseranno un giomo questi acerbi bisogni, anzi lo desidei·o , cd allm·a i nosld scritti saranno buttai i fuori della finestra comr le medicine guarito il male. Oh! Dio volesse che l'andasse così, e fosse anco subito non mi parrebbe tosto abbastanza. E chi siamo noi pe1· adontarci dell' oblio? Eene altri di noi più degni serissero col dito tinto del p1·oprio sangue sul campo di battaglia un testamento di odio c eli amore del pari immortali, c la morte gli abbandonava interi all'oblio, anime, corpi, c nomi, c memorie, e t'utto. Però la ' 'Ìrt.ù dei singo li ereditaya un ente, che non mum·e mai, nn ent e che ultimo inquilino di qnr~to mondo ne consrg-nrril le chi:l\ i i11

1..\ TOI\RE n1 i'iONZA mnno della Etcrnitù, c si chiama Popolo, c le azioni degl'individui nola tale, che di uno sguardo ricinge intol'no intorno l'universo, che intende acl una ad una di-· stinte le infini te voci componenti il fiotto dci secoli, il quale rompcndoli muore su i gt·adini dr l suo trono, che non dimentica mai, che nulla lascia senza premio, come senza pena nulla, c si chiama Dio. Lo sct·ittore italiano nell'atto di pigliaT'e la penna solleva con gli occhi la mente al cielo, e pt·cga : adsit Deus l c invoca, prima di sortire la grazia di fare opera buona in pro della Pat ria infelice, poi bella. Ecco in che l'arte nostra differisce dalla francese: di vero, scopo unico della più pm·tc degli scrittori di Ft·<mcia blandire il vizio, e sotto co· l ore ùi virtù eccita l'C passioni facili ad. ardere, ad attutarsi impossibi li , la tetm noia degli ozii affaticati dilettare ; donde le lcltcrc si fanno giullarè o ruffìane, c si onorano del cullo di parrucchiel'i, c di crestaie, c non sono dci peggio, che i furfanti gallonati , le nobili baldracche, e i borsaioli (3> si passano. Io per me so, che le madri dabbene, e di queste Yi ha copia, non lo contl'asto, nella Ft·anria , non però nella cloaca massima , la quale va distinta sopra le carte geografiche c'o! nome di Parigi, allo apparire di uno di cotesti libri, ll'iadi d' infamia e di dclilti s' ingegnano agguantarlo con le molle come si costuma agli scorpioni, c gittanlo sul fuoco. Almanco azzannata l'anima umana sentissero cotesti perduti il pudore c la paura del lupo , della volpe, e di altra maniera bestie le quali t·annicchiate si appartano nei giacigli a •·osicchiarc la preda ! ~Ja no; questo non consente la invct·cconda indole lot·o; essi Ùlostt·ano i denti a guisa di scimmie maligne; c qnasi fosse por o n cni senza

1..\ TOilllE IJ I .XO;-iZ.\ !1 guar·dal'li passa, maleuicono, quale non g)' imita ft•ascinano, contro quelli che li disprezzano; rabbiosi si aYventano. Che fate voi altri Italiani co' vostri defunti in Santa Ct·oce? Certo giorno llfonsietw Lamar·tinr chiamò la patria vostra term di morti~· adesso poi si è ravvisato, c non ha da essere più, anzi la non è stata mai, terra <lei m01·ti. Una Yolta avcle a sapere Alfonso Lamartinc amò le l\luse, c non lo ci·ivellavano i debiti; allora pago di fama soltanto, dicono ( quelli a cui paiono poesia le rime fr·ancesi) che le ingenue vergini gl i sorridessero: quindi gli fu diletta la Grecia , ed anco la Italia se non la moderna almeno l'antica , adesso inabbissato dalle ipoteche ha fatto suo Apollo il gmn Turco di Stamboul ; mutata la lira in jatagano pe1· ventimila franchi di pensione all'anno si mostra con le manich~ a rovescio fino sopra al gomito smanioso di scannargli la Grecia come Agamennone in Anlide Ifigenia ; pari m nequizia entrambi, pure il Greco men vituperoso assai del Francese, che lui mosse cupiditù u' impero non tmpe bisogno di elemosina ; e il Gr·eco per avere schiuse, mentre il Francese stende, la mano. Jl papa di Costantinopoli; il quale a quanto assicurano per turco è fatto bene, cd ha in uggia ogni maniera di diti t·ambi, segnatamentc quell i della viltà, si trova costretto spcdirgli per via di telegrafo una ramazzina concepita così : " U JJ/onsieur Alfonso Lamartine cri- '' stiano del cristianissimo fra tutti i reami ct·istiani, io " ti ho fatto la cm·ità perchè ti sapeva povero, non per- " chè tu ùiventassi maledico. Egli è ben vero, che alla >J mia porta venncl'o manco le imposte, e cascm·ono gli " stipiti; non per questo però ella si trova a tale di " aYcrc mestieri del sostegno delle tue parole. Le ci~ " cnlr godo 1 no dr l diritto d' infnstidire, non quello di

IO L.\ T I)I\RE }) l :\11\Z.\ ,. ('flluuuiat·c. Chetali c mangia. Ventimila ft ·anchi , <'he ,. ti do, bastano a quattro famiglie di gente semplice, ,, p tu sci solo, o Faht'izio fl'ancesc, fondatore di re- )) pubblica! " <4J = Ot'a poichè, in gt'azia di questo dispaccio telegt'afìco , che pal'la chiaro rimase sfidato su la borsa del Sultano ammazzando la Grecia , il Lamartine va uccellando nuove .pensioni da qualche altro potente cui torni il conto di ammazzare la ltalirt ; ma siccomr. il Lamartinc, a suo credere, di già !.'ammazzò viva, adesso si esercita ml ammazzarla morta. L'astio della gente galla contro la lat ina giammai si dimostrò quanto in questi ultimi tcil tpi palese: dapprima ella eresse al eiclo i mot' ti in olt raggio dci vivi, poi quando i vivi ehiarirono, che le tombe italiane erano pi ù adatte a mantcnct'C sana e vivace la Libcrtil, che not. le cuiiP fl'anccsi, ecco la gente maligna con la destra a{Tcnalo il npstro Popolo prt· la gola lo" tiene confitto dentro i sepolcri, c con la manca, profana gli nvelli dei suoi maggiori. Sgombt·a dal sepolcro usurpato Vittorio Alfieri , c sperdi le tue ceneri c il nome sotlo la condanna d' imbecillità contro te pronunziata da !Jfonsiew· Giulio .Jannin. E qual ò ()UCSto Monsieur .Jannin ? domanda il. Popolo sghignazzando: egli è una maniera d' intagliatore di ninnoli critici assai rassomiglicvoli ai noccioli di pesca. c di ciliegia stm'iati , inezie di scoltura femminile, che l"copoldo Cicognara uclla sua Storia rammenta (fil ; una sot'ta di chiment bambinante nel vuoto , la quale in ctù pt'Ovetta ci fa sapere le oper1~ della sua gioYcntù cssct·c cianciaft·uscole, c ciò nnicalll('nte Jlet' dat'Si ad inlcndet·c di aYer me so giudizio a srssanta anni ; improvvido ci non s::~ come insegni i j)t'O\whio italiano a noi: chi di venti no11 11(' ha, di

L.\ TOHHE Ili :'ìù i'iZA 11 IJ·eula 11011 ue aspetti. Giù dell' arca , dte ti eresse il cavaliere Himbotti, Niccolò !Uacchiavello, svegliati dal secolare tuo sonno c p[·esenlali al tribunale di lllonsiwt Lamartinc con la coeda al collo e la croce in mano; confessati colpevole del non averti egli saputo leggere; renditi in fallo pet·chè quando anche costui avesse saputo leggerti, non possedeva cet·- vello capace a comprenderti : misfatti entrambi picn'3menle tuoi , e dalla spietata vanità francese non perdonabi.li mai; se vuoi che le tue ossa dormano in pace senza pauea, che nessuno venga a tuebarlele mai sino al giomo del giudizio, e dopo il giorno del giudizio anco meno, fa che ti sieno sepolte nel medesimo camposanto dove giacciono la fama e le opere di iJionsieuT Lamartine. Aggrondatlue non valgono ombra sdegnosa di Dante Alighieri , affrettati via a ~on)parire d·avanti al nuovo l\linos Larnarline, il quale .per non parere diverso dall'antico, giudica a volla sua con la coda; t'assegnali a sentirti dire, che male milioni di generazioni morte appellaronti, e milioni di generazioni viventi li appellano padre, o se pure ti ostini nella paternità lua contentati sentirti salutare genitore della Gazzetta di Firenze~· antenato dèl Pedani defunto, dello abate Casali vivo, e nulla più. Così è; pf'imo gazzeltiere di Fit·enzc, A1onsieur Lamm·line lrovò essere stato Dante, anzi cet·cando meglio trovò Afonsicur Lamal'line, che per sessanta versi circa andò salvo dall'oblio il poema sacro della Divina Commedia. Seco-- li, che passando dinanzi alla sacra tomba dell 'Alighieri inclinaste il vostro vessillo, come fa l'alfiere al cospetto del capitano, guai a voi se non vi foste a questa ora riparati nel grembo della etcmitù, imperciocchè se JJ!on- .~ieur J_,;ullartinc giunge,·a iu tempo per Ulc!ten i le mani

1 ~ LA TOBHE DI l'Wì\Z.\ addosso vi avrebbe cacciato in prigiol1e otto con cmquc (G). O concilio di gente, che tl'emaodo per ogni vena ti accostavi al venet·ato avello, gitta via la cieca superstizione , c scassinati i marmi convet·tili in mortai c 11uivi dentro strizza l' idolo bugiat·do. Alla croce di Dio; quando un popolo viv~ nel mondo cui possano dirsi queste sacl'ileghe insanie senza ch'egli se ne vergogni, o punto se ne commova; quando un ossesso siffatto può aggirarsi f1·a codesto popolo senza pericolo di essere preso, c messo in hucato dentro una potte d'inchiostt·o, tu puoi bandire risolutamente : il finimondo si avvicina; io t'iconosco i segni. = Severo col petto ansante, e su le labbra la spuma, lasciò cascarsi giù sopra un banco di piet.t·a, ma Eleutcl'io, poichè vide t1·asc01'so spazio convenevole di tempo, con voce pacata soggiunse : = Se io pet· così fatte miserie potessi sentirmi commosso, vorrei grandemente sdegnarmi teco, Severo , colpevole agli occhi miei per avere dubitato che Dante Alighieri potesse ricevere oltraggio da Alfonso Lamartine. Che Dio ti aiuti ! dimmi; se mentre passa il sanlissimo Sacramento per la via una bestia, mettiamo un asino, calcando con la zampa gt·ave la terra ne facesse schizzare una zacchera, che andasse pet· lo appunto a impillaccherare il Santo dei Santi, riputeresti dicevole e giusto porre addosso allo sciagurato asino l'accusa di sacrilegio ? Talora avrai visto i ragnateli tmmare l'odiosa tela su gli angoli della tavola rappresentante la immagine di Colei, che assunta in cielo dagli .\ngioli, ebbe vit·tù di ricondurre in terra il pennello del Sanzio; or tu mi conta che cosa facesti ? Per_avventUJ·a pt·ovocasti a singolare certame il ragnatelo? Non lo penso, bensì strofinando con la spazzola la lordm·a, più

1..1 TOllll t: IJI :\U.\"7..1 che nui iunamo1·alo, venm·asti la scmbi t.\!lZa <livina. Così, se ti talenterù adopp;·m·c il consueto tuo senno , costurnm·ai con Aifonso Lamartine : anzi se considerel'ai tranquillo le cause che lo mosse1·o, ed il fine che si sbraccia a conseguire, io di leggiet·i mi pcrsqado, che gentile, come sci, depofl'ai l' ira, e subentt·erà inYece nel - l'animo tuo un senso Ji pietà inlìnita, per cotesto uomo ve1·amenie miserabile, dacchè tu raYYiserai in lui a quali angustie tristissime può trovm·si condoiU>un cnore pusiHo cui non fu amica la morte. Alfonso Lamartin<' invasato dal demonio della yanità nei suoi Colloq,ui letterari bandisce al mondo: il censo avito c la pccunia acquistata avere ridotto in cenere sul focone (che di l'C alt are mi pan·ebbc fallo) del SUO orgoglio, C SOpra i poderi domestici imposto ipoteche superiori al p1·egio: corrc1·gl i l'obbligo pertanto di travagliaesi ad accumulare con ogni mezzo danaro , peimieramente perchè .quelli , che in lui posero fede non rimangano traditi , c poi pcrchè non gli par1·cbbe di mOI'ÌI'e contento, se spt'Oj}l"iato del baronale castello, non potesse di ora in poi scaldm·si i piedi agli alari dd suoi padri. Non ti pare egli rept1bblicano nuovo di zecca costui? - Però, egli 5oggiunge, a quello che scrirc non badino, che a\Tcbbcro to1·to, piuttosto nvvel'tano che a lettere da scat ola ei si è dipinto addosso : rispetto,· non lo ecnsnrino, gli usino misericordia, come quello che la necessità condanna a sct·ivere fogli a mo' che il mauovale spacca le pietre sopra le pubbliche strade < 7>•••• Hai ln inteso? Il Lamarlinc scri\ e come il manovale spacca le pielre: dunque qua ndo gli passi da canto accosta . la mano alla tempia , c affretla il cammino. Ccrlo io non lo voglio tacere, molle e severe cose poti·ieno nolal'si intol'llO a queste dcplol'ahili coufessioni , ~

L.\ TOIIH~ IJI NONZA come a mo' di esempio sarebbero: .ehe male pt·esmue reggere le sorti di un Popolo colui, che non seppe governare le faccende. di casa, non essere, secondo che pensava Catone il . vecchio·,· da uomo bensì da donna vedova peggiorare la propria sostanza : ancora , che · il somministratore della pecunia difficilmente noi possiamo.credergli amico, se assicurò il credito con la ipoteca sopra · i suoi beni, imperciocchè non ci occorresse mai leggere in Cicerone, nè in altri moralisti antichi, che fra i legati co' vincoli di veracè amicizia si piglino sicurezze o si pretendano malleverie, bensì c.~ome si posero in comune le anime , recansi in uno i beni, ragion volendo, che questi di loro natma vili ed accessori seguitino quelle che nobilissime sono c principali: per ultimo io vorrei avvertire lo incauto t1matot·e: bada, che se tu aflermasti la tua sostanza bastevole a sodat·e il debito, e non lo fu poi o per manco di valore della cosa , o per altm taciuta ipoteca; di ciò ti corre l'obbligo non mica di faccia all 'uomo, bensì di faccia alla legge , la quale chiarisce siffatte azioni criminose, e come stellionati le perseguita. Pon mente: ordinari concetti sono eglino questi nei cervelli dei bindoli ; straordinari nei probi, ma ·dentro Convm·sazioni lettemrie, alla ricisa stupendi. Ora, Severo mio, tu così nella tua ardenza generoso vorresti o sapresti imporre al tuo nemico umiliazione maggiore di quella alla quale da per sè stesso, in cospetto al mondo questo sciagurato si condanna? L'imperatore del Brasile di là dai mari gitta un osso di centomila franchi al repubblicano ft·ancese, ed ei se lo becca, che buon pro gli facda (8>. Io poi non atTivo a concepire come il collegio augusto degli imper·atori cismarini non abbia imitato lo esempio dello impcr·iale lorò fratello oltremarino: in ve-

LA TORRE DI NONZA rità ogni dì più Jisimpat·ano l'm·te. Il fondatore Jella t·cpubblica di Ft·ancia accovacciato sotto le mense dei despoti a t•odei'e i rilievi della tirannide era spettacolo da far ct·epare di risa anche il diavolo. Tieni fermo pertanto , come quello che venne confessato spontaneamente da lui , che il Lamartine scrive non già per fama , bensì per fame; e poichè la spuma di cervogia dal suo ceJ'vello è svani ta, c il cuore gli diventò pietm pomice, non potendo più dire cose belle, ne vomita delle matte. ~la in tutto questo com'entra di gt·azia il popolo di Francia? Mal ti apponi se credi che quel popolo aboncntc da qualunque vilezza non gema sopra il vituperio di questi uo1~ini, i quali per essere i più famosi non sono poi i migliot·i di lui ; e fin di qua ci vedo milioni di Sem c d' Jafet accostarsi a ritroso chi con lenzuolo, chi con tappeto a LamarJ tinc per copri1·e cotesta pat'le vm·gognosa della Francia, e poi stendere verso di noi le mani, come chi prega, esclamando: pa1·ce cb1·ioso. = Intanto .Eleuterio aveva smarrito la lena , sicc!1è essendo col J'i poso tornati gli spiriti a Severo fumando dalle narici come il barbero che ha corso il palio, prrse a combattere gli at·gomenti di quello= · = Maledetta la virtù codarda la quale reputa trova to di civile sapienza i pm·titi .mezzani che non fini - scono mai nulla ; per lo còntt·ario ct·escono le gozzaie fra JÌopolo e popolo. Segno espresso di decadenza inevitabile nella società umana egli è questo, t}nando lo stesso linguaggio sbigottisce gum·dare <wditamente in faccia il vizio e il delitto ; e fattosi tl'isto piaggiatore di quelli incomincia a rendel'li sopportabili agli OI'ccchi, af· finchè poi li compatisca il cuot·e. Di qui il perturbamento delle nozioni mot·ali , la indiffet·enza pei fatti più

J() L\ TlJ11 HE Il i :\O'i Z.\ turpi, !"apatia d< •l ben<', il dubbio della yiJ•tù, i santi sdeo·ni ridicoli; solo col ui che impantan:mdosi per ogni " . mcliua m·t·iva u procacciat·si roba , bravo; c come nelle private, c.osì c forse maggiormente ncHe pubbliche. A mo' di esempio nessuno arf1irù c.hiamare la donna che procede sfacc.ia l.~ coll'ndt!l let·io su la fronte c.ome se ci . pot·Lassc cot·ona: va via bagascia! bensì la diranno femmina galante o leggera. La gent e henc alleYala si gu.:ml ct·ù di vituperare col nome di ladro c~h i ruppe il banco c ridusse alla miseria le famiglie degli affidali in lui , itwecc blandiranno la cosa con le paI'Olc di poca delicatezza o di af!a.1'i n on del tutto lodc1•oli. Gli stcssj ufficiali preposti dalle leggi alla persecuzione dei delitti ho inleso io, c.onsenlcndo allo nniYcrsale allagamento, mostt·arsi in eloquio c.ortcsi verso · c.olol'O che pmc s' ingegnavano pt·ccipitarç in galera, sostituendo Ia gentile pat·ola involare, alla pt'imitiva e rozza 1·uba1·e. - Più che non pensi, Eleuterio, ho visto la Prudenza a c.cna in casa del Malc.onsiglio , c quivi briaca di un Yino che si \'<' ndemmia nelle vi-· gne della Pt·estmzionc. Quando la ingiuria mett e nelle mani a dnc Popoli la spada , c al'l·h-ano a nwzzo ferro , lasc.inli fare che tanfo non si ammazzeranno per questo ; anzi dopo dat a c ricevuta una solenne batosta impareranno .ad avet'si riguardo., si s1 imeranno , c forse si ameranno. Se ciò acc.adc nei duelli fra i singoli , tanto più è da c.t·cdcrsi che sia per succedere fm i Popoli appo i qua ii i rancori estendonsi molto ma dnl'ano poco, se cansa permanente non gli aizzi o rinfocoli. Ora cotesta tua distinzione di uomo singolo dal Popolo, come l'altra eli govei·no dai goYCJ'- nali suona art ificiale c bugiardn , epperò speditament r io la t·igclt o_ Di w ro, ronf<'sso 0<'<' 01't'<'t'e mnnif<'slaz!oni,

L\ TOR H ~~ DI !'\ONZ.\ -1 7 ('hc non possono muove1·e eccetto dai govcl'lli , cd al - lr·e, le quali non ponno essere fatte lrannc da indiridui, c non pertanto sì le une che le altre paleseranno con esattezza pat'Ì i concetti dello nniYersale. Corre lunga .stagione dacchè la massima ptu·te degli scrittori di Francia, così prosatori come poeti, ha preso il Yczzo di profondere a piene mani il vituperio sopra la nostra Italia: a sentirli, emblema unico dci costumi nostri lo stiletto, c' pare, a giudicarne dalle costoro par·ole, che non si assassini in Francia , c i lnpi rimangano nelle stalle costù a guardare gli agnelli mentre le pccore vanno al mercato a vendere il latte, con le altre cose solite ad andare ·e stare in compagnia del secolo di oro; invero per usci1·ne n un pnnto persuasi cd edificati, basta gettare l'occhio sopra gli specchi annui delle sentenze criminali che pubblica costà il Ministro di grazia c giustizia. Cosi è, i Francesi Io hanno detto :· il tradimento fu generato in Lombardia, la frode in Toscana, i veleni stillnno dai sette colli di Roma , la vi ltà, la bassezza c il servaggio pullulano in compagnia delle cicute stii campi della Sicilia c eli Puglia. Giudizi sempre ignoranti, il più delle volt e temerari, e spesso maligni tu leggi attorno agli uomin i ed ai ncgozii nostri: da per tutto ti mettono a d dosso il rihrezzo c lo ~gomento, l'assoluto difetto di coscienza, la fatua vanità, l'animalesca petulanza c l'orgoglio oltt·e misura matto. Se nel cervello dei Francesi capisse • • dramma d' intelletto considerando sottilmente le nostre storie essi troverebbero .come l' ira del Signore m·dinò tornassero funesti a noi altri Italiani lo ingegno c la amore smodato della LiheJ·tà , i quali impedendo che una forte mano ci riunisse, ci mantennero debol i : poilo rDn trnrio, sai 1 n che mni ftÌOYaYa ai Feance~ i? l..o ·

Hl istinto immm·tale per la sei'Vilù e le groppe ùocil'i a cm·vat·si. Luigi Xl c gli altri re o minisl.t·i che gli suè- ·~essero nel governo della F1·ancia, sperimentando la matcl'Ìa ft·ancese ad obbedire ed a pagare tenerissima, maneggiandola la iwpastar-ono in un corpo cresciuto oggi a trentasei milioni di uomini, i quali non p~nsano nè sentono·, o se pure sentono e pensano , ciò non gl' impedisce punto di pagare c combattere come il padrone comanda. Ora ·tt·entasci milioni di uomini but.- tati sopra la bilancia della Libertà possiedono l'empia virtù di prccipitarla in fondo dello inferno. Presso noi la vita del municipio così si d1mostt·ò tenace , tanto gettava le sue radici prof{mde, che i cupidi di domi - nio ne sperperm·ono le fot·ze nelle contenzioni domestiche : per la quale cosa quando essi spinsero gli occhi fuori di casa per allargare lo stato e mctterlo alla stregua di quelli che andavano f(wmandosi in Franeia e in Lamagna trovarono cquilibt·ate le forze , e pet· somma sventut·a nostt·a anco gl'ingegni dei rettori. lo per· me giudico, che se tu pesavi i cervelli dei 1\fedici di Firenze, degli Art·agonesi di Napoli , clei Dogi di Venezia, degli Sforza di Milano potevi far conto, che tu non aYrcsli trovato che di un solo gt·ano la sgarassero fra loro; quello dei papi qualche volta appm·iva scenw , ma la revet·enza flella t•eligione dissimulava il calo. Serpenti tutti per divo- ~·are, uccelli per essere divorai i nessuno, onde l' au~ l picio che precedeva allo assedio di Ti·oia tacque per noi (9l, e la Italia durò, c tuttavia dura in pezzi , <1 mo' di vaso min·ino cascato dalle mani del sacet·- dot e nell'atto che propiziava a Giove. lo non vo' t'ecare in campo pat·ticolari, chè sm·ebbet·o tl'oppi e sa- . 1.ieyo\mentr dolot·osi, ma in fede di onor·ato uomo li

L:\ TOIIR!è 01 NO~Z .\ giur·o, che .da molti anni non mi viene lallo di legB·ere libro li·ancese, il quale favellando d'Italia o vilmente non la calunnii , o ignoqmtissimamenle non la condanni. Quanto poi agli a.tti di governi noi sì che possiamo lavarcene le mani; i Francesi no, imperciocehè le anime nqstre· freniono costrette dentro la fom1a , che c'impose1·o pm·ecchi dei nostri rettori, come l'anima· del povero Jjcaone nel corpo del lupo in cui lo aveva tramutata l'ira di Apollo: non essi così : sul finire del seeolo dècimottavo. ecco eglino scendono giù dalle Alpi dmppellando vessillo repubblic_ano, ed il cuore della Libertà · di punta mortalissima feriscono, avvegnadio la gente sbigottita contemplasse in nome di lei compirsi immanità tali, che o non e~·ano mai venute in mente alla tirannide, o se l'era dimenticala. - Cessa Eleuterio ; allorchè potrai dimostrarmi , che il miglior thodo onde il ,·ilJano lavori la terra sia quello di attaccarlo alle vele del molino a vento quando tira "libeccio, io verrò nella tua sentenza; che seguitando lo esempio di Francia assetteremo l'umano consorzio. N è credere già ch'io così favellando sia mosso da sdegno d' ingiuria p~tita, ~he mi faresti torto, e ad allontanarne perfino il sospetto concedi di esaminure così di scorcio i fatti che maggiormente immaginiamo ad imitarsi giovevoli. La 1·eligione fu reputata sempre ottimo fondamento della civile società, anzi superiore in vil'tù allo affetto di Patria, di famiglia e della stessa Libertà, e di que-: sto ci chiarisce Niccolò ~Iacchiavello nel libro primo dei Discorsi sopra le Deche di Tito Livio quando racconta come la repubblica sa1·ebbe stata spacciata s~ Scipione non si avvisava costringere dopo la rotta di C<1nne le legioni in procinto di gi1·sene in Sicilia a giurare di tene1·c il lermo in Italia, ~rcrimcntando giove-

L .\ runn~; DI 'ìU'ì7..\ voli i r incoli del la religioue là dove. lut.ti gli ulll'i si mostr·a \'ano COI' li od infcr·mi ( to). Ora considera quale ab· biano faUo governo della religione i Francesi: nel secolo decorso gl' ingegni più pt·cclari muoYono perseguito m·- dentissimo alla fede di Cr·isto; n è io ct·cdo, che 1anti ùi- ~es'sc vitupet·ii al figliuolo ·mansueto di l\lal'ia la plebaglia di Get·usalcmme aizzata dai Farisei, quanti ne vomitarono i cHlamat•i del Voltaire e degli amici suoi: mim gli Enciclopedisti i~ aperta congiura legati per sovvcrtiee la r·eligionc cr·istiana : leggi frequente nello epistolario 1lel Vol tai t·c le lettct·e dove stanno scritte le pat·olc : ecraso11s l'infame! Ora sai tu qual fosse la infame che si doveva schiaccim·e ? La religione cristiana. Indi a breve (guarda procclla di cavallo sft·enato! ) quasi spegnet·e Dio fosse agevole come estinguere , soffiando , il lucignolo della candela quando andava a letto , i Ft·ancesi fanno prova · di acciecare il firmamento rlello Ete1·no ; c del tristo gt·cgge che di Dio fa bottega , furono visti non pochi rinnegarlo c YOItarsi al culto della . Dca Ragione , la quale ip cotesto quarto di ora faceva le spese. Non c)'a prete colui, che davanti .la Con.vcnzione di Francia tale arringava: " Non Las la avere sovvcrtilo il tiranno de- >> gli uomini, egli è mcstiCI·i roYcsciarc anche il tiranno n delle anime » c poi ruppe un Ct·isto c ne calpestò i ft·antumi? Certo c' fu p1·etc c si chiamò Chal'liet· (11>. Più t:u·di quando pct' beneplacito di ~Iassimi liàno H.obespierrc concedevasi a Dio tornarscne a casa , gli tenne diet1·o la turba dci preti, c <lninùi in breve ecco santi e pr·od igi. Restmu·ati i Borboni nel trono avilo ecco l'arcangelo GalH'icle vestito con le falde lunghe eolore di ar·:..mcio cd un cappellone alto compurirc al villano ~1a t·l i n; ed cl'a propl'io lui, pcl'chè alzatigli i

L.\ TOH R~; lJl :'\OXZ.\ 21 lembi del sopt·abito gli viLle sotto r·aggt , in~cgna della sua awmgiolesca dignità.. Le fortune del pontificato in Francia incredibiltuentc diverse : co' Carlovingi liete, cò' Capeti t01·bidc. Un Luigi manda da Aragona a Homa papa Bonifacio pesto di schiaffi nel viso a mol'it·e arrabbiato come un cane; un altro Luigi ( e bada che in Francia lo chiamarono gt·ande ) con la potenza sua si rovescia su papa Alessandro VII, c trova glorioso umiliare un pt·ete imbelle costringendolo a licenziare le sue guardie da Homa; n è basta;, quasi fosse impresa cotesta da itHtridit·c gli allol'i su i capi di Alessandro e 'di Cesm·e, impone gli si alzi una colonna a Roma in etema testimonianza ( come diceva la iscrizione che adesso non ci è più ) del fatto : e tutto questo parendogli poco, Lebnm per comando 1·egio dipinse il 1p.agnanimo gesto dentro certo m.edaglione nella gran ga1leria di Versaglia: colà se te ne piglia vaghezza tu potrai ammit·are la Francia, che con aggrondatura burbanzosa ordina alla povera Roma papalina la erezione della colonna commemorativa a no1·ma del disegno ch'ella le paga, e la povera Roma papalina col st-io bravo scudo segnato S. P. Q. R. riceve il disegno umile nel sembiante c negli atti , e pat· che dica : fiat voluntas tua. Quaudo Giulio Cesare entt·ò nelJa Gallia, io non penso già che ci trovasse, nè che combattesse papi, .c saria stata gloria disobbedire allora ai Romani, non comandarli diciotto secoli dopo. Dovevi provm·ti o gran l'e con Camillo, non col papa Alessanch-o YJI, è se vincevi allora sì potevi farti dipingere Illeritamente. Giaconw Boswell , da cui ho cavato questa storia, os~erva cosa la (1ualc parandomisi giusto adesso alla mente, mi pare che non ìa da pt·etct•it·c: o( Dio volc~sc, egli :J

22 1...\. TOIIHI:: DI J'\0!\Z.\ >> dice, che la Fr·anda non ~\v~sse cagionato alla Cor~ica ~> peggior male di queiJo di privarla dell'onore di sorn- » ministrare le guardie al papa » <12 ). E santamente dice. Se i repubblicani francesi il nome di cristianissimi rifiutando aborrirono .essere figliuoli primogeniti clelia Chiesa, dall'altra parte mostraronsi di memoria felicissima nel rammentare le faccende della Mitologia; segnat-amente il tt·atto che fece Apollo a Marsia quando lo trasse Dalla vagina delle membra sue (13), allot·chè dopo avere scorticato Pio VI lo gittarono a morire nella Certosa di Vienna nel Delfinato, come la carogna nella Sardigna. Più tardi i Francesi am manettati e .infrenellati da Napoleone I esultano con-- ducendo in trionfo Pio VII. Servi della gleba , obbedendo al padrone, prima levano in alto il papa per attingere l'acqua e dargliela a bere ,' subito dopo rituffano il mazzacavallo sacerdotale nel pozzo. Savona ~asselo, che vide il pt•ete imbelle e vecchio con modi si.ffattamente disonesti bistrattare, che qualunque sbirro il quale non fosse stato francese ne sarebbe motto di vergogna: chè se taluno osservasse èome trattanùos~ ùi sbirri non ci entra vergogna, dirò di rimorso , ù 1 ·ribt·ezzo , insomma di quella qualche cosa , che giù, giù in fondo dell'anima rimane nell' uomo , tuttochè sbirro. - Quando meno te Io aspetti volta faccia. la Francia, e muta metro; ecco le tornano le tenerezze pel papa di Roma, lo ·protegge, lo culla insieme al papa di Costantinopoli, ad ambedue pot·ge con le proprie mammelle il lHttc: chi mit·a il gwppo ridendo e abbrividendo ricorda Romolo e Remo allattati dalla lupa. Reclcnnt Satttrnia rcgu~t! Parlo di cose t\ tutti

r..\ TOHI1E DI NONZ.\ nol e c riùetf<'; ma ciò che monta ? La genie è obliosa , e conosco pct· prova come il chiodo pet· battere e ribat - let·e, c fa verità pet·· dire e t·id'it·c ficcansi quello nel legno e questa nella memot·ia. Ciò quanto a religione; rispetto a f-orme di reggimento politico non fanno moiH secoli adesso, che tanto mosiravansi' i Francesi sviscerati ai monarchi detranfica razza da sostenere con mirabile gravità uscire tutti ·alla luce col giglio impresso nel cuore, e cadendo iu battaglia, o· sprofondandO' nei mari non sapevano lasciar andare l' aAima pei falli suoi senza prima agguantarla pel collo e· costringerla ad acconsentire al gddo di ·devozione: viva it Re! Dio veniva dopo, o non veniva affatto. Tanto in vita c in morte i Ft·<meesi temevano ed ad01-avano i loro padroni! A quanto sembra l' umore maligno d'ella set~vitù1 a lungo andare contamina H sangue accendendovi Ili> pleuritide della licenza: se così non è, da•vvero noi flOn· sapremmo restare capaci· come i Francesi di punto in hianeo dal diutumo affetto pel servaggio trapassassero all'odio irreft·enàto del dispotismo. Ot·a Iè regali teste cascano pari a frutti battuti dalla gragnuola : quanti possono agguantare tanti senza misericordia tagliano ; danno estremo et·a questo , e non pertanto lo st.1·azio anco peggiore del danno : mcrcè gl' immani · Yitupe1·ii e codardi i Francesi seppero indlare ct·eature da niente, cd anco contennende o Yili : accanto al· ùelit·io del delitto , le colpe ordinarie parvero vit·t.t~t·. Così quando app.osero· a Maria Antonietta la turpe accusa di aYet·c depravato il co1·po puerile del figlio , ~Ila tutta commossa ne appellò alle madvi , · e tant a- ~coppic'' vit·tù da quel g1·ido da 1·endere vivido il san- ~ue tH eh(' i ~no i r:wnelìri· pMtavano impiastrocciato H

LA TùniU: DI ì'\ùXZ.\ muso; in altt·a guisa a quei tempi non sapeva 111 Ft·ancia palesarsi il rossore! Or be'; non passa intero un quartQ di secolo costà l che un re l anzi lo stesso fratello del decapitalo Luigi ebbe a sudare acqua c sangue per difenae1·e dalle mani dci Francesi spasimanti pel set·vaggio lo straccio di Libertà, ch'egli git-· tava loro pet· crepunda chiamato Cm·ta. Un re dunque, e questo merita ribadircelo bene nella mente , sentì vergogna per la causa liberale di Frftncia. Un t'C provvide al pudore della Francia, onde non avesse il mondo a pensare, ch'ella fosse durata ·dieci anni nhbriaca, superando ( come costuma sempre nel male ) gli antichi A.bderitani, che ci rimasero tt·c giorni. Un re si prese cm·a di nascondere alle genti, che i Francesi nel sovvertimento degli ordini reltgiosi, ci\·ili c politici, nel diluvio del sangue sparso furono mossi da ghit·ibizzo ~guale a quello, che innuzzolisce i monelli ad appiccat·e il fuoco ai pagliai per godersi il falò . - Luigi XVIII dicono morisse disperato, che la Jjbertà durasse in Ft·ancia dopo di lui ; affermano, che si facesse lavorare abbastanza larga la bnra , affìnchè t'C· stringendosi alquanto, ella potesse dormigli al fianco ; e cet·to è poi, ch'egli morendo sospirasse: « Poichè ti gat·ba, o Francia, stm·c in gabbia, e tu slacci ». E ci stava da sè senza pcnsat·e .n è volere uscirnc: qumid'ecco il malcauto Carlo X, che le intende chiudere il cancello, e tenercela pet· forza ; allora la ripiglia il capriccio della Libct·là, e fmcassati i cancelli del serraglio salta fuori vagando c ruggendo pct· le vie di Parigi. In capo a tt·e giorni il popolo francese simile al lione della Signoria di Firenze per lunga prigionia diYcntato manso, punto dal desidet·io d('IJa profenda c del prcsrpio consueti rilot·na spontaneo alla ralcna.

1. .\ TUHKE 01 :'\O~Z~ 25 Dopo diciotto anni gli si t·iaccendc Ja libidine dei sat nmali della Licenza , c ne 'domanda il penncsso al l'C; non COI1Scnlil i, si Ul'ruffa, C t'itrovatc le maschere nnlichc (in Ft·ancia si conserva tutto, imperciocchè tutlo può tornare in opera da capo) t'innova il cm·nevale della t·epubblica. Jfonsiem· Lamartine infila la gonnella della moglie, nel mantellino di lei s' inviluppa, c si fa al balcone in atto di Giunio n·ruto, proprio quello, che fece ammazzare i figliuoli pet' la Libertà (14>. Compiti quat~ lt'o anni la repubblica muore del male dello sbadiglio. La Francia sentendosi colla repubblica a snpplicio mille volte peggiore di IJUcllo che patiscono le gentildonne chinesi co' pied i stretti dC'ntro scm·pe di ferro, per non buttarsi disperata nella Senna, un bel giorno, alla royescia di Diogene, il quale tratto a vcndm·si sul mercato urlava :·chi vuoi compnn·e un padrone, ella spontanea s'incammina alla piazza, e da sè si mette in vendita gridando rla spiritata: chi vuole una schiava per nulla! . Giove , il quale secondochè Esopo riporta , annniva propizio alle t'anocchie, inviando loro un travicelio dall'alto, non Yolle parere più crudo con gli abitatot·i di Lutezia che usi ab antiquo a starsi· sepolti nella città del fango, potevano vantare parentela, anCO' in gmdo proibito co' ranocchi; se non che correndoadesso tempi difficili, c lassù nell'olimpo come su la terra le improvvide spese o l'a,·arizia pet·suadendo economia, invece di felicita l'li con un travicello, ·che possiede quaUt'o angoli , pet· questa volta butti giù un cavallo di Frisa, il quale, come sai, ha tre angoli soli,. e fui'Ono l'angolo della supe1·stizione, c questo lavorarono i pt·cti ; l'angolo della paura, e questo condussrt·o gli shit'l'i ; fìnnlmrnfl' l'angolo drlln c11pidità , r lo-

<lcuir·ono ; !Jo.1·saioli. Così foggiato il dispoti-srHo in Fnmcia offr'e cagioni e sicurezze di durata, conciossiadJè ùa qualunque parte tu voll.oli il caval1o di Frisa la civiltà fr'ancese si tr'ovtwà sopra due fondamenti più che bastevoli a tenere in cer\"ello i tuoi amici di Fr'ancia. Quanto a lettere sarebbe meglio tacm·e, tultavolt~ non posso astenermi da,l metterei qualche parola. l FJ'ancesi davano nl Rousseau sepoltura in chiesa; dirimpetto a lui Voltah·e e parve celia; così è, i Francesi rla una pnrte nel culto di questi scrittori confermandoli e dall'altra volendo riprendere le avite devozioni cattoliche fecero un guazzabuglio·dj Voltail'e, di Roussean eon sa~to Ignazio eli l .. oiola e san Luigi Gonzaga : un po' più tardi, si accorsero anch' e~si che Voltaire eon santo Ignazio, e 1\.ousseau con san Luigi stridevano, (' allor'a (ammira portentoso ~.rovato) in quella guisa che gli scul.toJ'Ì ricuoprono con foglia di ,·ite o vuoi di fico le statue ignude colà dov~ tu sai, eglino non ri - mossero mica i sepolcri di chiesa, no · davvero ; bensì per via di assito gli sottrassero provvisoriamente agli occhi inol'l'iditi dèi fedeli: e questo per la ragione toccata prima, che ·anche l'onore è faccenda p1·ovvisoria in Francia, e coloro che abbol'rono oggi il Voltaire e il Rousseau, possono benissimo sentiJ'si presi di sviscerata adol'azione per quelli domanr: cotesta.ectlissi del buon S't'.nso in Fl'ancia non durerà : giova sperarlo ; intanto così sovente queste ecclissi succedonsi, così vi si sp•·olungano dur-evoli, che oggimai temo stato normèlle di cotesto miserabile paese, le tenebre. · = Parebbe votato e ·scosso il sacco dei car·ichi contro !a Fr·ancia: tu flenseJ'ai che h{ n1alignilà sbi•·- ciando eol lumicino in mano non possa ll'OV<11'e altro

L<\ TOIIHE l.Jl NO:'\B '21 neo da appuntarle; oh! va p m là, che in questa guisa pensando tu avresti dato nel segno. .Tastiamo. un po' adesso· i suoi ordinamenti civili: pesta la nobiltà antica come velt·o d~ntro ·il mottaro, ecco cotesti atomi convertirsi in isciarrii di sbiiTi, di spie , di gab~llotti cavalieri : la croce assucffatta, giusta l'epigramma notissimo di Get·ardo Rossi, a vedersi sopt·a di sè confitti i ladri , adesso fa le stimate di vedersi appesa sul petto dei ladri: certo questa ini'amia non è pt·opria di Francia: ma più in Fr~ncia che altrove tanto si fece strazio di simile distinzione, che il nastro rosso venne a buon diritto definito costà tm pezzo eli ve?·gogna confinato tra occltiello e occhiello nel soprabito di ttn furfante. I lat·ghi territori perpetuati nelle famiglie presero in uggia e spezzarono; ciò va <l' inc.anto, ma valeva il pregio sovvertire la potenza degli antichi signot·i pm· fabbl'icarc co' rottami di ttuclla la borsa c i borsaioli ? Il magnatc, sia supet·bia, ozio o protligalità qualche cosa donava , e qualche cosa più lasciava prendersi ; mentre l'usuraio bm:saiuolo non dà mai nulla e prende tutto. Il patriziato simile ad immane boa strisciava in mezzo al paese, tu ne sentivi (la lontano lo zufolio, e allora ti era concessa facoltà ·di chiudet·ti in. casa c startene sicuro ; anzi una volta passato il boa, siccome egli mangiava · gt·o~ o ed in fretta, pct· la sua via raccattavi, se te ne pigliava talento, areami e Jaccrti in buon dat~. Gli usurai, nugolo tli mignatle, ti si avventano addosso fn piazza, in chiesa, al tribuualc, in bottega, al mct·cato ; nelle soffitte si an·ampicano, nelle cantine di cendono, sotto i lenzuoli , quando dormi s' insinuano, c ti succhiano l'ultima, ultimissim.a gocciola di sangue (15l. L'usura dagli occhi senza palpebre non donne rnHi , c filu notte c gtorno sopra la

L.\ T011111~ DI ~Oi'iZ:\ l'occa ~:! tale il tuo ouorc, la tua vita, il pianto della famiglia, la rovitl<Ì dci popoli, la servitù della Patria. l gen tiluomini antichi respinsero sovente i nemici dalle ft·onticre della Fr~ncia , e quando non ci riuscirono, cascarono morti sul canipo di battaglia ; all'opposto i 1Jorsaioli ce li condussero due volte , c basta che ci trovassero l' interesse del dieci per cento ce gli condurrebbero la tCI·za : Perchè no? In qual parte del mondo giace la patt·ia del Milione? Rotschild, Pereyra, ~fires giudei sono; la patt·ia lor·o non dobbiamo tenere la Palestina? Il beduino quando nota dagli armenti pasci uta l'erba dell'Qasi ripiega le tende, c gli spinge ad altri pascoli; ot·a il bo~saiolo è il beduino delle . nostre città, sua pastura il sangue dei popoli; esaurito ch' ei l'abbia chiude il suo portafogli, e tt·asloca in altr·a parte la sele del sangue e gli arnesi per cavarlo. La plebe francese atTapinata di trovarsi dopo tanti anni di ravvolgimenti in condizione peggiore di pr·ima, mulina mosteuosi ?isegni; c come quella che dalle rovine in fuori ignora qualsivoglia altro partito che valga, adesso intende capovolgere da cima in fondo gli an1ichi ordini sociali: la famiglia ·vuole ·soppt·essa; are, nozze, sepolcri aboliti; comune la tet·ra e la donna: insomma affinchè lo stato dell'uomo si migliori non sa trovare ,altro rimedio, da quello in fuori di degradarlo c di melterlo a pat·i del!c bestie. Nè aneo .per ombra passa ncllà mente dei Francesi, che la t·adice dei mali sta dentro di noi ~ e che le passioni cupide o maligne, venti procellosi della vita serena, non isbuffano con meno émpito, nè seminano meno la morte sopm i piani uniti del deserto, che per· le forTe dirotle delle . Alpi. Dentro a sè _per·tanlo i Francesi non guardano mai, o se pure guardano, balusanLi insanabili, non ve-

LA TOflflK DI NONZA 29 dono, di fuori mi.rano scmpr·e, c se per conscguir·c la distr·uzionc degli effetti estrinseci c remoti , la quale non giova, lasciando sussistere le cause interne c prossime, che unicamente nuocciono, ci abbisogna un diInvio di sangue, poco rileva, anzi piace, le cateratte dci cicli spalanchinsi, e questa volta piova sangue! Gli è tempo perso, Eleuterio: c se su t{uesto unico tràtto io mi trovo d'accordo con un tedesco, non mc lo appuntm·c a peccato: chi egli sia non ricordo adesso, sto incerto tt·a Hcinc c Gòerre , ma con quello insomma che definì i Francesi: « Popolo dj far·fallc insanguinate. )) · = O Severo l o Sevcr·o! i.nterruppe un uomo di scmbianzc argute, il quale fino a quel punto tuttocbè :wcsse pòr·to diligentissimo ascolto al colloquio, crasi dilettato a giocare ai birilli nell'andana dell'orto, tu sci mentita viva alla Mitologia, la quale predica vcr·gini le .l\fuse, impcrciocehè se non ti partorì propl'io 1\felpomene, protettrice ed avvocata della Tragedia, io per me non vcggo qnale altra donna possa averti messo nel mondo, e subito nato la balia ti battezzò coll 'acqua dei supel'lativi. S' intende acqua ma non tempesta ! e se nel tuo termometro abbasserai venti gr·adi almeno l'argento vivo della passione, può darsi che noi c' intendiamo. l Francesi , io penso , che non si possano dcfinit·c, bensì dimostrare, .e questo è ciò che da mezza ora faccio io scnzjl ·che voi mi poniate mente. Guar · datemi adesso. E di questo modo favellando, fattosi in capo al pratello vi drizzò i bii·illi, quindi tornato al posto ruzzolò la boccia, e gli abbattè tutti, salvo uno. = Ecco , con molto riso egli soggiunse allora, i Fr·ancesi sono come mc himbi attempati , che ·da pa- '1

30 LA TOHRK DI NONZ ~ recchi secoli pigliano spasso a giocare da sè soli ai birilfi. = Anche q~esto può stare, riprese Severo , ma a ·mc garberebbe assaissimo il sentire in questa nostra disputa il parere di Orazio , il quale sprofondato nel libro che tiene in mano , mi ha garbo di non avere udito sillaba dei nostri ragionamenti. = . · E tuttavia favellando si accostavà ad Orazio, c forte lo squassava per · le spalle. Orazio, come se giusto in qnel punto si svegliasse, stii·ò le braccia, sbadigliò , c gittato da sè lontano il libro, disse : = Gran mercè, Severo, tu mi hai riscatllito dalle n~ ani dèl ·dcn1onio dell'ira, però che ti giuro in verità, ·. che ·niai stizza ·maggioJ'e mi abbia acceso ir sangùc come in questo punto in cui io ti parlo. = Io non mc · n'era accorto; d'altl'ondc placido io credo ha da bolli1·ti.nelle vene il sangue però che mi ·sembrasse tu non potessi tenere aperti . gli occhi. · · T' inganni, io ·ruminava in silenzio il tesoro della mia ira , perchè alla ct·oce di Dio, se leggendo di questa maniera libl'i francesi in capo ad una settimana non si dà un tutTo nello scimunito gli è mirac.olo . ·. . · · = Ah ! che te ne pare Eleuterio? Anco 01·azio è dei nostri .... = Ah! riprese Eleuterio rivolto a Orazio, contacene a tua posta qualcheduna delle tue .... = Io non conto , bensì mi lagno , e se a torto, tU· giudica. - Fin qui novellatore innamorato dell 'arte mia ; erami parso superare .di un palmo e mezzo qualsivoglia · scrittore . dramrnatico o vuoi di commedia, o vuoi di tragedia ; però, comprendimi bene , non mica per valore d'ingegno, bensì per · virtù dell'art e. Ecco, io diceva, Hl pòeta dr·ammatico fa di bisogno un

l.A 'l'Unf\E DI C'ìONZ .~ pillOJ'e, il quale gli dipingà ora un palazzo , Ol'a una J'eggia , un paese, un castello , c simili. Oimè! Chiudi gli occhi ed immagina il diluvio delle tribolazioni, che si rovesciano addosso al mal capitato poeta pe1· via del pittore; le co.lonnc di cotesta reggia non .istanno ritte, paiono cugine di quelle che Sansonc rovesciò addosso ai Filistei , tanto mip.acciano rovi.narc sul capo agli strioni, fortuna che le sono di foglio! E coteste acque non rasso~nigliano al mar Hosso impietrito pm· ot·dinc CSJH'csso . 'di Mosè? Decisamente il pitt01·c appat·tienc ·alla società biblica di Lond1·a. Mira quel colle come :wieggia ad un piatto enorme di spinaci? Quei carciofoni fitti su pali, in buona fede si può a·cconsenlirc a battezzarli cipressi? In nome dei tuoi santi', mi sni ln dil'e ·a quale generazione spellino gli ·albcl'i di cotesto bosco? Quanto a mc, lo confesso alla ricisa, paionmi caYoli cappucci c spm·agi di Lcgnaia. Giuoco la China contro Pcrctola, che il pillore era un ortolm1o h'aYestilo , o piuttosto un cuoco; mollo me lo fanno dubir t<H'C cotesto tei11pio usu rpato1·e ·dell'archil.ettura di nn pasticcio di macche1·oni , e quelle piramidi tinte in colol'e di tioccolata. O Signo1·e, contempla lo strazio mio! Cotesti obelischi avevano a rappresentare g1·ani to ·rosso orientale, c il pittore. assassino me gli ha fatti di marzapane! E la luna! Oh! la luna, sembra un uoyo sodo tagliato pet' lo mezzo. lo .non ho pelo che non g1·ondi la sua gocciola di sudore. E(cocle dunque ammazze1·à Polinice denti'O un pasticcio di maccheroni ? Semimmide anchà a finiJ'C fra le piramidi di cioccolata, c gli obelischi di mai'Zapane? fifcdca calpesterà )'infame suolo di G1·ccia P6l m raggi di un uovo. sodo tagliato. pc1· mezzo? = A sentire siffatte lamcntazioni parrebbe che questo poeta toccasse il· fon(lo 1l01la misc1·ia umana ,

32 LA TOHHE IJI NONZ,\ eppure non· ·è così; egli si può quasi dit·e, che giace sur un letto di rose a fronte del suo confmtello caduto in manò dello impresario scannato : questi per la recita del suo .Edipo non può somministrargli altra scena da una pagoda chinese in fuori: quanto al suo Giunio Bmto non possiede altro che la veduta del canale grande di Venezia. Allora il poeta stizzito esclama: ma signore impresario, le pare giusto, che il mio Edipo, e il mio Bruto si rappresentino nella China c a Venezi;1 ?. lo non dico altl'O, me ne t·ichiamo alla di lei coscienza. - E l' impt'esario impertm·bato: La China c Venezia io pol'to meco nel baule; Teb~ c Roma bisognerebbe farle dipingcl'c, c pct· questo .ci vorriano quattrini ; ne li a ella signor poeta dei quattrini ? - lo? ri- ~pondc il poeta con faccia d'istrice, c non ebbe la mia tragedia? Signot·e ! quante mai cose vuole ella çhe le dia? - E se la sua tragedia venisse fischiata? Non affermo che succederà così , ma noi a nostt·e spese sappiamo quanti di questi parti muoiapo di lattime, c i comparatici ci rovinano più dei funerali. Se la tra~ gedia va a rotoli io non t·icatto i lumi, oh la si figm·i poi se la fattura di una Tebe c di una Roma! Insomma di due cose l'una, o Edipo in China, o Edipo in cantcra. ....:... N è qui. hanno fine le tribolazioni ; il primo attore per sostenere le par-ti di Edipo non pos · siede ~!tra veste che quella ·di un tu r·co. Il poeta gitta gli argini c trabocca : miscrieor·dia! Edipo abbigliato da turco! Da tmco Edipo! O re di Tebc a quale angu- ·stic ridotto ! - Là non. si scaldi, lo conforta il primo .attore, il tm·banle lascet·emo da parte : allo iatagano sostituiremo la daga , dono di una guardia nazionale toseana buona anima sua; quanto a hmchc la sono la ~r·ima veste che usasse al mondo , c se ne può chia-

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