Francesco Domenico Guerrazzi - La torre di Nonza

LA TORRE DI NONZA l4o aperta; doveva non leggerla, doveva bruciarla al lucignolo della lucerna tuttavia rimasto acceso, ma no sign01·e, al cont1·ario la se1·bai, la lessi e J·ilessi, e presi a meditarci sop1·a. Dopo rnolto pensat·e, mentre levava la fronte sbaldanzita dal palmo della mano, sentii dietro le spalle il ft·ullo di colombo che lascia il nido : voltai spaventato la faccia , e non vidi alcuno; sta bene, nè lo t·ivedt·ò più mai , impet·ciocchè egli mi abbia abbandonato ... = Chi abbandonato ? inte1·rogò il Gene1·ale, a cui balenò il pensiero, che capitano Giacomo avesse dato la volta alle girelle; ed egli rispose sempre più dolente: - Il mio Angelo custode, che mi lasciava in mano della prudenza come agnello al tosatore. Allora, bello mi parve salvare il cannone, e le quat·anta cantara di polvere, bello, condurre il nemico alla capitolazione. che ho fatto, e forse senza eh' io me ne sia accorto, la viltà. insinuandosi di contrabbando, tra la calca dei pensieri , che nas~ono a mo' di funghi , sotto i piedi della prudenza , mi fece parere bello, salvare questo sciagurato m·came . . . « E cosi dicendo. forte si dava della mano chiusa sul petto. = E come ti pa1·ve, cugino , veramente la capitolazione fu bella, ed alle cose nostre profittevole. = Non lo dite, Pasquale, imperciocchè, o·voi favellate senza porre mente alle vostJ·e parole, o discorrete diverso da quello che sentite : nè un cannone, nè pochi moschetti, nè qum·anta cantara di polvere avranno virtù di salvare la Co1·sica, mentre un esempio magnanimo eli amore disperato per la patria, avrebbe acceso nell'anima dei Còrsi il fuoco divino, che si avventa agli affetti domestici , alla cupidità degli avet·i , allo

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