Francesco Domenico Guerrazzi - La torre di Nonza

LA TORRK DI NONZA Hl fratello dì latte, una vera cima di fm·ca se altt·a fu mai. Forca in quanto, ve'! spieghiamoci chiaro. Fedelino Fabrizi amava di sviscerato amore la patria , i genitori obbediva, Dio temeva, se non che ad ogni fuscellino di paglia gli si avvolgesse tra i piedi , tirava giù bestemmie ch' egli era un finimondo; allora bere un uovo ed ammazzare un uomo gli pareva tutta una; però importa dire, che fin lì non aveva tombato persona; sì, a qualcheduno l'occhio Io aveva guasto, a qualche altro i denti totti; le pesche non si contano, ma non più oltre; e poi anch'egli aveva tocco le sue, chè nelle risse si va con due tasche, una per darne, l'altra per riceverne. « Ancora; di quanti erano lì veruno pareva meno atto a ritrarre Gesù Cristo di Fedelino a cagione della sua corporatura; voi sapete la differenza, anzi la opposizione ostentata dai Gr·eci e dai Latini ad effigiar·e la immagine del Redentore? I Latini lo rapportarono sul confino della giovanezza e della virilità; di misura giusta, ben fatto a maraviglia e bello: mansueto nel sembiante; bionde di oro la barba scarsa e la chioma copiosa : ai Greci piacque rappresentar]o orribile, impolminato, rifinito, e con le' costole fuora, ond' è, che in Toscana udii talora il dettato: tu se' più brutto di lin Cristo di Cimabue; perciò che questo maestro , per quanto me ne dissero, ritenne assai della maniera dei Greci; ora Fedelino noQ. quadrava al fare dei Latini, molto meno a quello dei Greci; egli era un Cristo nuovo di zecca, alto tre braccia e mezza o giù di lì, ·con polsi ' e spalle da mandare di per sè solo una galera, di colore nero; in parte riarso dal sole, sicchè ti olferiva immagine espressa del tizzo di carbone mezzo spento, e mezzo acceso: gli ombrava il capo nnn macchia di

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==