N. Lenin - L'imperialismo come più recente fase del capitalismo

BIBLIOTECA DELL'INTERNAZIONALE COMUNISTA •IV• N. LENIN L' IMPERIALISMO COME PIÙ RECENTE FASE DEL CAPITALISMO ROMA- LIBRERIAEDITRICE DEL PARTITOCOMUNISTAD'ITALIA

BIBLIOTECA DELL'INTERNAZIONALE COMUNISTA •IV• N. LENIN L' IMPERIALISMO COME PIÙ RECENTE FASE DEL CAPITALISMO ROMA LIBRERIAEDITR.DEL PARTITOCOMUNISTAD'ITALIA 1921 Bil31iotecaGino B anca

----------·· .. ·······················--"'-~ ,, ........ , ,_ .. , ...... --.,•····-········ .. .. - ······· Napoli - Stab. Tipografico S1Lv10 MottANO, S. Sebastlano, 48. B bhoteca Gino B anco

4 PREFAZIONE Lu seri/lo che qui si' presenta al lellore ebbe origine a Zurigo nella primavera del 'f 91.5. JJale le co11di:ioni di lavoro di quella cillà, 11ali1ralmenle io ebbi a soffi·ire una cerla deficienza di libri francesi ed inglesi, e sopralullo rnssi, ma lullavia palei adoperare la fondame/1/ale opera inglese sul- /' imperialismo, quella di .J. A. Ho b son , con l' allenzivne che essa a mio giudizio meri/a. Lo scrillo fu composto tenendo conio della censura zarislica. Per tal motivo io mi vidi coslrello non sollanio ad allenermi slrellamenle ali' analisi leorelica, sopralullo economica, ma anche a formulare i pochi accenni politici cun la piLi grande prudenza, alla sfuggila, in cerio modo per allegoria - que/1' allegoria; cui lo zarismo condannava lulli i rivoluzionari che prendessero la penna per scriver qualche cosa di " legale •. Quale penosa impressione si ha ora, nei giomi della liberlà, rileggendo quei passi dell'opuscolo, che per riguardo alla censura zarislica sono con/orli, compressi, serrali tra le mane/le! Solo con la " lingua dello schiavo " io po/evo scrivere che l'imperialismo è l'introduzione alla rivoluzione socialista, che il socialna;;ionalismo (socialismo a parole, nazionalismo nei fatti) equivale ad un completo tradimento del socialismo, che questa scissione in seno al movimento operaio si connette con le condizioni oggellive del/' imperialismo ecc.; e quindi debbo rinuiare quelli Ira i lettori, che s'interessano di tali questioni, ai miei articoli comparsi ali' estero negli anni- 1911,.-11)17. Mi sia lecito qui rileuare 1111 passo speciale alla fine del Y capitolo. Per dimostrare al le/Iure in forma compatibile con la censura con quanta spudoratezza meniano B blioteca Gmo B anca

-4nella quesliune delle annessioni i capilalisli e i sucialnazionalisli passali alla luroparie (contro i quali combal/e cun /anta inconseguenza Carlo I{ a u I s k y }, con quanta spudoratezza essi coprano le annessioni dei loro capitalisti, io fui coslrello 11 scegliere come esempio... il Giappone! Il lei/ore allento 111el- /erà, al posto del Giappone, la Russia, e al posto della Corea, la Finlandia, la Polonia, la C11rla11dial,'Ucraina, la Cina, Jl11chara,l'Estonia e yli allri /erri/ori abilali da non /fossi. Voglio sperare che il mio 1.tworocontribuirà a chiarire il /'onda111enlalperoblema economico, senza l'esame ciel quale /111/0rimane co11/i1suquando si traila di dare t!n giudizio circa l' al/11aleguerra e l' all11alesituazione politica: vale a dire il problema della natura economica del/' imperialis1110. l'ietroyrndo, :!6 aprile 1917. L'AuTORe B bliotPca Gino B anço

IL CAPITALISMOMODERNO Negli ultimi dieci o quindici anni, e specialménte dopo la guerra ispano-americana (1898) e quella dei Boeri (18991902), nella let_teratura tanto economica quanto politica ricorre sempre più cli frequente il termine di "imperialismo ,; per qualificare l'età, in cui noi viviamo. Nel Hl02 · fu pubblicata a Londra e New York l'opera cieli' economista inglese J. A. Ho b son, intitolata appunto: " Imperialismo "· In essa l'autore, che rappresenta il punto di vista del socialismo riformista e del pacifismo - vale a dire _una concezione sostanzialmente identica a quella attuale di Carlo K aut s k y - dà un'ottima ed ampia descrizione dei fondamentali contrassegni economici e politici dell' imperialismo. Nel 1910 comparve a Vienna l'opera del marxista austriaco Rodolfo H i Ife r cl in g, intitolata " Il capila le finanziario "· Quesl' opera, nonostante l'erroneità dei concelti dell'autore nella teoria del denaro e nonostante una certa tendenza a conciliare il marxismo con l'opportunismo, offre un prezioso • Studio teorico sulla recentissima evoluzione del capitalismo" - come dice il sottotitolo del libro di H i Ife r di n g. -Tullo ciò che intorno ali' imperialismo è stato dello in questi ultimi anni - parl.colarmcnte nell'infinita congerie di articoli cli riviste e di giornali trattanti questo tema, come pure rielle risoluzioni dei Congressi tenutisi a Chemnitz e Basilea nell'autunno del HH2 - non esce in realtà dalla cerchia delle idee trovate, o più esattamente seguite, eia quei due autori. Nelle pagine seguenti noi vogliamo fare il tentati\•o di rappresentare, con la massima brevità e in forma quanto più si possa accessibile a tutti, la connessione e i rapporti 8 blioteca GmoB 3nco

- (i -- reciproci tra i fondamentali attributi economici dell' imperialismo. Non avremo occasione di occuparci dei lati non economici del problema. Le notizie sulla lellerntura del1' argomento e altre annotazioni, che potrebbero interessare non tu lii i lettori, si trovano alla line dell'esposizione. B bltotéca Gino B anco

I. Concentrazione della produzione e monopolio Una delle più evidenti caratteristiche del capitalismo è costituita dal!' immenso incremento dell'industria e dal rapidissimo processo di concentrazione della produzione in tutte le granili intraprese. La statistica del!' industria moderna ci offre completi ed esatti ragguagli su tale processo. Per esempio, in Germania su ogni ftlil le intraprese industriali si avevano grandi aziende, vale a dire con più di 50 lavoratori salariati, in numero di 3 nel 1882, di 6 nel 1895, di 9 nel 1907. Su ogni 100 operai ne spellavano alle grandi aziende rispettivamente 22, 30 e 37. Ma il lavoro nelle grandi aziende essendo molto più produttivo, la produzione si concentra molto più intensivamente che non la mano d'opera, come è dimostrato dai dati che si hanno su Ile macchine a vapore e motori elettrici. Se si tien conto di tulto ciò che in Germania si designa come industria nel più ampio senso, vale a dire includendovi il commercio, i mezzi ai comunicazione ecc., si ottiene lo specchio seguente: Funzione deJle grandi aziende neJla Germania: Il Forza Milioni vapore Elellrii Numero di lll cità in milioni operai di kilownt I cavalli --- -- I Intraprese in generale. 3,265,623 1'1,4 8,8 1,5 ' --- -- Di cui, grandi aziende. 30,588 5,7 6,6 1,2 --- --- Percentuale . .• 0,9 39,7 .75 80 B1blntnça Gino B1at1co

-8Sicché·, meno di una centesima parie delle aziende dispongono di tre quarti della quantità totale della forza-vapore e dell'energia elelll'ica. Alle 2;197,000 piccole aziende (con non più di cinque operai), che costituiscono il 91 °lo del numero totale delle aziende, spetta in tutto il 7 °io della forzavapore e dell'energia elettrica I Alcune decine di migliaia di grandi aziende son tutto; milioni di piccole aziende, niente. Nel 1907 v'erano in Germania 586 aziende con più di cen_to operai: ed esse disponevano di quasi un decimo (1,38 milioni) del numero complessivo dei lavoratori, e di quasi un terzo (32 ¼) del totale di forza-vapÒre e di energia elettrica (1). ~me vedre!Ilo, il capitale finanziario e le banche ren· dono ancora più opprimente, nel senso letterale della pa• rola, questa prepogderanza di un piccolo gruppo di grandi aziende. Infatti, milioni di piccole, medie e perfino grandi intraprese si 11:ovanointeramente alle dipendenze delle po• che centinaia di milionari dell' atia finanza. Ancora più rapido è il processo di concentrazione della produzione in un altro dei paesi avanzali del moderno capita• lismo, cioè negli Stati Uniti d'America. Qui la statistica distingue l'industria in senso stretto, ed ordina le aziende secondo il valore della produzione annua. Annoverando tra le grandi aziende tutte le intraprese aventi una produzione annua di oltre un milione di dollari, si ha il seguente prospetto (2). Funzione delle grandi aziende negli Stati Uniti : Milioni di Produzione nn• Numero lavoratori nuu in miliardi di dollari )I"" p "" ia ''" "" 1, 2!6,180. 5,5 14,8 1904 di cui grandi aziende 1,900 1,4 5,6 Percentuale . . . . 0,9 25,6 3,8 / \ Intraprese in generale 268,491 6,61 20,7 1909( di cui grandi aziende 3,060 2,0 - 9,0 I Percentuale . . •.. 1,1 30,5 43,8 B blroteca Gino B anco

-9Quasi la metà dell' intiera produzione di tutte le imprese del paese è nelle mani di una centesima parle del numero complessivo delle aziende! E queste tremila aziende gigantesche abbracciano 258 rami industriali. Da ciò risulta che la concentrazione a un certo punto dell'evoluzione porta per cosi dire atitomaticamente al monopolio. Infatti riesce facile a poche dozzine di intraprese di concludere reciproci accordi, mentre d'altro lato appunto le dimensioni gigantesche delle rispettive aziende rendono difficile la concorrenza e suscitano la tendenza al monopolio. Questa metamor(osi della concorrenza in monopolio rappresenta uno dei fenomeni più importanti - forse anzi il più importante - nel!' economia del moderno capitalismo, e noi non pos_siamo fare a meno di esaminarla -ampiamente. Ma anzitutto dobbiamo eliminare un possibile equivoco. La statistica americana parla di 3000 intraprese gigantesche in 250 rami industriali, sicchè a ciascun ramo spetterebbero 12 intrapresé in grande. Ma così non è in realtà. Non in tutti i rami industriali esistono grandi aziende, e inoltre una delle più importanti proprietà del capitalismo giun,o al suo massimo grado di sviluppo è costituita .dalla cosidetta combinazione, cioè dall'unione in un'unica intrapresa di diversi rami industriali, sia che si tratti di fasi successive della lavorazione della materia p1·ima (p. e. estrazione della ghisa dal minerale ferruginoso, trasformazione della ghisa in acciaio ed eventualmente preparazione di questo o quel prodotto in acciaio), sia che si tratti di nimi industriali ausiliari l'uno rispetto .ali' altro (p. e. la lavorazione cii cascami e sottoprodotti, la fabbricazione di articoli d'imballaggio ecc.). Scrive H i I f e r di n g (3): - " La combinazione livella le differenze di congiuntura e procura quindi ali' impresa combinata una maggiore -stabilità delle quota di profitto. In seçondo luogo essa elimina gl' intermediari, in terzo luogo offre la possibilità di progressi tecnici, e quindi di ex.traprofitti in confronto con l'intrapresa pura; in quarto luogo rafforza la posizione dell'impresa combinata di fronte B bliou~ca G1110 é a11"u

-------------~-················~ ..... -- ................... _. - 10 - a quella pura nella lotta di concorrenza nei periodi di forte depressione, quando l'abbassamento dei prezzi della materia prima non procede di pari passo con quello dei proclolli fabbricati "· L'economista borghese tedesco H e y man n, nel suo libro sulle imprese " miste ", cioè combinate nella grande industria siderurgica tedesca, scrive: - "Le imprese pure sono schiacciate .Ira l'allo prezzo dei materiali e il basso prezzo dei prodotti fabbricati. .. "· Si produce la segueute figurazione: - " Sono rimaste superstiti <laun lato le grandi società carboniere con una produzione ascendente a milioni di tonnellate, saldamente organizzate nel loro Sindacato ciel carbone e strettamente unite alle loro grandi fabbriche d'acciaio e al loro Sindacato cieli' acciaio. Queste gigantesche inti=àprese, con la loro produzione annua di 400 mila tonnellate cl' acciaio, trovano riscontro nella ampiezza delle fabbriche produllrici di carbone, di minerale di ferro, degli alti forni, come pure delle fabbric!1e di° articoli d'uso con i loro 10 mila operai accasermati in colonie di lavoro, in parte già provviste di proprie ferrovie e porti: esse sono oggi .il vero lipo dell'industria siderurgica tedesca. L:,isingola azienda s'ingrandisce incessantemente; e sempre più numerose sono le aziende di ugual tipo o di tipo diverso, che si fo11dono insieme in in1raprese gigantesche, aventi il loro sostegno e la loro direzione in una mezza dozzina di grandi banche di Berlino. Per quanto concerne l'industria minernrin si i· climostratn esatta la teorin di Carlo Marx sulla concentrazione, almeno 11ei paesi , come il nostro, protetti da dogane é da tari Ife di nolo. L'industria mineraria tedesca è maturn per l'espropriazione " (4). A un simile risultato pertanto dovette giungere un coscienz.ioso economista· borghese. Occorre· notare che egli assegna alla Germania una certa posizione speciale a m'otivo delle alte dogane che proteggono l'industria tedesca. i\Ia questa circostanza tutt'al pii1 ha potuto accelerare la concentrazione e la formazione di consorzì monopolistici come cartelli, sindacati ecc. l~ di somma importanza il B1bloteca Gtno Bianco

- - --- ----------------,---------···· .. ··.... -- ... -............ __ . 11 - fatto che anche nel paese classico della libertà di commercio, in Inghilterra, la concentrazione conduce al monopolio, sehbcnr un pò piit lardi e !'orse in forma moclilicala. Il prof. Ilcnnann Le\' y, nella sua opera speciale sui • i\Ionopoli, càrtelli e lrusls ", scrive quanto segue intorno al!' evoluzione economica della Gran Brettagr,a: - - • In Granbrettagna è la grandezza del!' intrapresa e la sua capacità produttiva, quella che racchiude in sè la tendenza monopolistica. E. ciò in primo luogo perchè la vastità di· eapitali che debbono i1westirsi in ogni singola intrapresa, non appena si è iniziato il movimento di concentrazione, richiede nelle imprese di nuova formazione sempre maggiori capitali, e quindi ne ostacola il sorgere. Inoltre (e questo sembra a noi il punto pili importante) ogni nuova intrapresa, che vogl'ia procedere cli pari passo con le già esistenti intraprese gigantesche formatesi sulla base del processo concentrativo, rappresenta tale aumento cli prodotti offerti, che essa deve o contare su un enorme aumento cli domanda per smerciarli con profitto, o abbassare imme• cliatamènte i prezzi ad un livello non redditizio nè per sè nè- per i consorzi monopolistici "· A differema da altri paesi, " in Granbrettagna lo sfruttamento di ,•antaggi monopolistici mediante cartelli e lrusts " può verificarsi, in linea generale, soltanto quando le imprese concorrenti sono in piçcolo numero, di regola non più di un paio di dozrine rii singole ditte. " Qui I' innuenza del moto di concrntraziohe sull'organizzazione monopolistica della grandr indu.stria si mostra con purezza cristallina su un intiero territorio industriale " (5). Allorchè Marx, mezzo secolo fa, scriveva il suo " Capitale", i più tra gli economisti nazionali. consideravano la libertà di commercio come• legge naturalè "· La scienza ufficiale tentò di seppellire col silenzio l'opera di Marx, che mediante l'analisi teoretica e storica del capitalismo dimostrava come la libera concorrenza determini la concentrazione della produzione, e questa a sua volta a un cerio grado del suo S\'iluppo conduca al monopolio. Il mo9 bl,ote Gino Bianco •

- 12 - nopolio ora è diventato realtà. Gli economisti nazionali scrivono monh1gne di libri per descrivere i singoli fenomeni del monopolio, e nondimeno a una \'OCe assicurano il marxismo essere " superalo "· Ma " i falli sono ostinai.i», dicono gli Inglesi, e con essi volere o no si debbono fare i conti. I fatti provano che le differenze tra i singoli paesi capitalistici, p. e. in rapporto al commercio protetto o libero, determinano soltanto modificazioni non essenziali nella forma de! monopolio o nel tempo della sua comparsa, ma il sorgere dei monopoli per effetto de.I processo di con,: centraziooe forma in linea generale l'universale e fondamentale legge dell'odierno stadio evolutivo del capitalismo. Per l'Europa si può stabilire con una certa esattezza _il tempo della definitiva sostituzione del capitalismo moderno all'antico, vale a dire l'inizio del 20.0 srcolo. In un recente lavoro di sintesi sulla storia della formazione dei monopoli si legge; - • Si possono recare esempi isolati di monopoli capitalistici già nel periodo anteriore ·al 1860, e in essi si può riconoscere la prima idea delle forme, che oggi ci son diventate così abituali ;'ma tutto ciò non è altro che preistoria. Il vero inizio dei moderni monopoli risale al massimo al nono decennio. Il primo loro grande periodo di sviluppo è connesso al.la grande depressione internazio11ale cieli' ottavo decennio, e giunge fino ali' inizio . del decimo ... Corisiderando soltanto l'Europa, la libera concorrenza Jocca il suo apogeo nel settimo e oliavo decennio. In questo periodo l'Inghilterra terminò di organizzare il suo cap,italismo di vecchio stile. In Germania tale organizzazione si f:1cern strada impetuosamente in lotta con l'artigianato e con l'industria domestica e cominciava a crearsi le proprie forme d'esistenza ... Il grande· rivolgimento ebbe infzio col crac/i del 1873 o più esattamente con la depressione che gli tenne dietro, la quale, tranne una appena sensibile interruzione all'inizio del nono decimo e un " boom ,, (slancio) poderosissimo ma di breve durata verso il 1889, per circa 22 anni costituisce la storia dell'economia europea ... Nel breve periodo di rialzo del 1889-90 fu B l •< 1 r

- 13 - largamente adoperata l'organizzazione dei cartelli per sfruttare la congiuntura. Con politica poco oculata si spinsero i' prezzi più rapidamente e più in alto di quanto altrimenti forse sarebbe avvenuto, e quasi tutti qursti raggruppamenti andarono a finire più tardi nella " tomba del crach "· Seguì un altro lustro di scarsa attività d'affari e di bassi prezzi, ma ormai nell'industria le ·opinioni erano mutate. Non si considerava più la depressione, come qu.ilche cosa di naturale e di inevitabile, ma bensì come un periodo di riposo precedente ad una nuova favorevele congiuntura. E così il movimento dei cartelli entrò nel suo secondo periodo. _Invece di costituire fenomeno transitorio, i cartelli formano uno degli elementi fondamentali dell' intiera vita economica. Essi conquistano un territorio dopo raltro, e anzitutto l'industria delle materie prime. Già ali' inizio del decimo decennio il Sindacato del coke, sul modello del quale fu più tardi costituito quello del carbon fossile, offriva una tecnica consorziale, dalla quale non si è usciti posteriormente. Il grande slancio degli affari verso la lìne. del secolo e la crisi del 1900-1903si risolsero, almeno nelle fodustrie minerarie ed estrattive, sotto la bandiera dei cartelli. E se ciò allora era tuttavia considerato come una novità,, nel frattempo è diventato naturale nella coscienza di tutti il fatto, che grandi porzioni della vita economica sono state regolarmente sottratte alla libera concorrenza " (6). Pertanto le fasi fondamentali della storia dei monopoli si succedono come segue : - 1. 1860-70, apogeo dello sviluppo della libera concorrenza; appena sensibile sorgere dei monopoli. 2. Dopo la crisi del 1873, ampio sviluppo dei cartelli, ma essi formano ancora l'eccezione, non la regola. Essi sono ancora fenomeno di transizione. 3. Slancio d' affari alla fine del sec. 19.0 e crisi del 1900-1903: i cartelli diventano fondamento dell' inliera vita economica. Il capitalismo si è trasformato in imperialismo. I cartelli unificano le condizioni di vendita, i termini di pagamento ecc. Essi si ripartiscono i mercati. Essi staB blioteca Gmo 8 anco

- 14 - biliscono la quantità delle merci da produrre. Essi ripartiscono i profitti tt:a le singole intraprese ecc. In Germania il numero dei carte I li ascendeva a ciroa 250 nel 1896, a 385 nel 1905, e vi partecipavano 12 mila opifici (7). Ma è generalmente ammesso che queste cifre restino al disollo del vero. Dai dati surriferiti della statistica industriale tedesca per il 1907 risulta èhe 12 mila del le maggiori aziende dispongono certamente di ollre la metà del!' intìera .forza-vapore ed elettrica. Negli Stati Uniti d'America il numero dei trusts ammontava nel 1900 a 185, nel 1907 a 250. La statistica americana suddivide tutte le intraprese industriali secondocchè esse appartengono a singoli individui, a ditte, o a corporazioni. A queste ultime apparteneva nel 1907 il 23,6 °lo nel 1909 il 25,9 °/0 , vale a dire più di un quarto del numero totale delle intraprese. Queste aziende occupavano nel 1904. il 70,6 ¼, nel 1909 il 75,6 °lo, del numero totale degli operai, e la loro produzione ascendeva rispettivamente a ,10,9 e 16,3 miliardi di dollari, vale_ a dire al 73,7 e 79 °lo della somma totale. Nelle mani dei cartelli e dei trusts si concentrarono talora perfino i sette od otto .decimi dell' intiera produzione del rispettivo ramo industriale. Il Sindacato carboniero renano - vestfalico già nel 1893, anno della sua j'ondazione, forniva l' 86,7 °lo, e nel 1910 già il 95,4 °lo dell' intiera produzione di carboni. Il monopolio in tal guisa creatosi assicura profitti gi- • ganteschi -e ('.onduce alla formazione di unità tec_niche di . produzione di enormi dimensioni. Il famoso trust del petrolio degli Stati Uniti (Standard Oil Company) fu fondato nel 1900. " Il suo capitale autorizzato ammonta a 150 milioni di sterline, ma sono state emessi 100 milioni di sterline di azioni common (semplici) e 106 milioni di sterline di azioni pre/'ered (di preferenza), e a queste s0110 stati pagati tra il 1900 e il 1907, seguenti dividendi: 48, 48, 4.5,44, 36, 40, 40 °10 , in tutto .367 milioni di sterline. Tra il 1882 e la fine del 1906, sugli 889 milioni di sterline di utile netto

. ' 15 conseguiti vennero ripartiti 606 milioni di dividendi, e il resto assegnato alle riserve • (8). " Nel 1907 nel complesso degli opifkii della Uniteci Slaales Slee/ Corporalion erano occupate non ineno' di 210,180 persone. La massima intrapresa mineraria tedesca, la Società mineraria di Gelsenkirchen, nel 1908 impiegava 46,048 persone " (9). Già nel 1902 il trust dell'acciaio produceva 9 milioni di tonnellate di acciaio (10). La su~ produzione ascendeva nel 1901 rii 66,3 "lo nel 1908 a 56,1 °lo dell' intiera produzione· d'acciaio degli Stati Uniti (11), ed esso negli stessi anni estraeva il 43,3 e 46,3 °lo del minerale di ferro. Il rapporto della Commissione governativa americana sui trusts dice: - " La superiorità dei trusls in confronto ai loro concorrenti si fonda sulla grandezza dei loro impianti e sul loro eccellènte arredamento tecnico. Fin dalla sua fondazione il trust è stato guid-ato dal proposito di sostituire !)er quanto era possibile le macchine al lavoro manuale. A tal fine esso ha ·acquistato, spendendo enormi somme, tutte le patenti, che in- qualche maniera aveYano rapporto con la confezione del tabacco. Molte di tali patenti originariamente non erano pratiche, e divennero tali solo dopo essere state perfezionate dagli ingegneri del trust. Alla fine del· 1906 fnron create due società filiali col solo 'compito di acquistar patenti. Allo stesso fine il ti:ust ha mpiiantato proprie fonderie e officine per la costmzione e riparazione di macchine. Una di queste officine, quella di Brooklyn, impiega in media 300 operai: quì vengono provate e ali' occorrenza perfezionate le invenzioni per fabbricar sigarette, piccoli· sigari, tabacco da fiuto, involucri di.stagnola, rivestimenti di sigarette ... Anche altri trusls, oltre ai predetti, impiegano i così detti developing engineers (ingegneri perfezionatori), che hanno l'incarico di studiare nuovi procedimenti di lavorazione e di sperimentare invenzioni tecniche. Il trust dell'acciaio paga forti premi agli ingegneri ed operai autori d' invenzioni alle ad elevare la bontà tecnica di un'azienda o a ridurre i costi di produzione • (12). B blioteca Gino Banco

- 16 - In maniera analoga è organizzata la materia dei perfezionamenti tecnici nell'industria tedesca, per esempio nell'industria chimica (14), che negli ultimi decenni si è così poderosamente sviluppata. In questa industria già fin dal 1908 il processo di concentrazione della produzione ha dato origine a due gruppi, che in maniera -loro speciale si son avvicinati al monopolio. Dapprima questi grnppi erano " consorzi a due ", di due pàia di caziende tra le più cospicue, con un capitale di 20 a 21 milioni di marchi per ciascuna; da un lato il gruppo costituito dalle fabbriche di colori Hochster, già Meister, Lucius & Briining, e Leopoldo Kassella & Co. a Francoforte sul Meno;·dall' altro il gruppo delle fabbriche cli anilina e di soda di Ludwigshafen sul Reno e la ditta già Friedrich Bayer & Co. di Elberfeld. Posteriormente, il primo gruppo nei 1905 e l'altro nel 1908, si unirono ciascuno con un'altra grnnde azienda, e così sorsero due " consorzi a tre ", con capitale ciascuno di 40 a 50 milioni di marchi, e tra questi due consorzi si sono già iniziati "contratti ", "accordi " circa i prezzi ecc. (Nel giugno 1916 i giornali tedeschi davano notizia di un nuovo gigantesco trust nel l'industria chimica tedesca). La conconenza si trasforma in monopolio. Ne risulta un immenso processo di socializzazione della produzione. Particolarmente resta socializzato anche il processo dei miglioramenti tecnici. . Ciò è già qualche cosa di ben diverso dall'antica libera concorrenza tra intraprenditori sparpagliati e inconscii l'uno del l'altro, che producevano per lo smercio in mercati ignoti. La concentrazione ha fatto tali progressi, che ormai si possono controllare quasi tutte le sorgenti di materia prima (p. e. i minerali di ferro) di un dato paese, anzi, come vedremo, perfino di tutto il mondo. E n(,)n solo è costituito un tale controllo, ma inoltre queste sorgenti sono esclusivamente nelle n:iani dei colossali consorzi monopolistici. Si calcola preventivamente l' entità approssimativa dello smercio e lo si ripartisce tra i consorzi a tenore degli accordi, si monopolizzano le forze di lavoro qualificate, si B blloteca Gino ts anco

- 17 - accaparrano i migliori tecnici, si mette la mano sui mezzi di ,~omunicazione e di trasporlo - le ferrovie in America, le società di navigazione in America e in Europa. Il callitalismo nel suo stadio imperialista conduce nettamente alla più universale socializzazione della produzione, esso per cosi dire lancia i capitalisti, senza che essi lo vogliano o ne abbiano coscienza, in un ordinamento sociale, che forma transizione dalla completa libertà di conconenza alla completa socializzazione. È socializzata la produzione, ma l'appropriazione dei prodotti resta privata, i mezzi sociali di produzione restano proprietà privata di un piccolo numero di persone. Rimane intatto·il quadro generale della libera concorrenza formalmente riconosciuta, e la pressione dei monopoli sul resto della popolazione vien resa cento volte peggiore, più sensibile, più insopportabile. Il dr. Fritz K est ne r (15) ha istituito una • Ricerca sulla lotta Ira i cartelli e gli autonomi", cioè gli intraprenditori non cartellati. Egli intitola la sua opera: • La costrizione dell'organizzazione », mentre invece si dovrebbe parlare di una • -Costrizione alla sottomissione verso i consorzi monopolistici"· È sommamente istruttivo uno sguardo anche fuggevole ai mezzi dell'odierna, moderna e civile " lolla per t'organizzazione " a cui ricorrono i monc;>poli: - 1. Rifiuto di materiale (... uno dei pit'.1 impor~anti metodi coercitivi dei_ cartelli) - 2. Rifiuto di forze di lavoro mediante • alleanze" (cioè accordi tra organizzazioni di capitalisti e d'operai per cui questi ultimi si obbligano a lavorare soltanto per intraprese cartellate) - 3. Rifiuto dei trasporti - 4. Rifiuto di smercio - 's. Accaparramento dei clienti mediante· clausole di esclusione - 5. Metodico abbassamento dei prezzi allo scopo di rovinare gli autonomi; si gettano via dei milioni vendendo per qualche tempo al disotto del prezzo di costo (nell'industria della benzina si dettero casi di abbassamento da 40 a 22 e 20 marchi) - 7. Rifiuto del credito - 8. Sistematico discreditamento. Qui non s' ha più da fare con la loHa di concorrenza tra aziende piccole e grandi, tra aziende arretrate e progredite, ma bensì 2 B bhotc.::aGino ts anco

- 18 dello jugulamento, per opera dei monopoli, di chiunque lenii di sottrarsi al monopolio, alla sua oppressione, al suo arbitrio. Come si rispecchia questo processo nella coscienza dello si udi oso borghese? - " Anche in seno all'attività puramente economica si verifica lo spostamento dall'attività mercanlile nel senso antico all'attività organizzatrice e speculatrice. Non è più il commerciante, che sulla base della sua esperienza tecnica e commerciale conosce più esattamente i bisogni della clientela, quello che riesce meglio, ma bensì il geni.o (?!) speculatore, che è capace di calcolare in precedenza o anche soltanto di presentire lo sviluppo organizzativo, la possibilità di rapporti delle singole intraprese tra loro e con le Banche " (16j. Tul.to ciò, tradotto in linguaggio umano,signifìca press'a poco questo: l'evoluzione del capitalismo è giunta a un punto cbe, sebbene la produzione di merci continui come prima a " dominare " e a formare la base di tutta l'ecomia;- essa in realtà ha già subito uno strappo, e i maggiori profitti spettano al " genio " delle operazioni finanziarie. A base di tali operazioni e trucchi sta la socializzazione della produzione, ma l'immenso progresso compiuto dal!' u'manità, affaticatasi.fino a giungere a tale socializzazione, torna a vantaggio degli speculatori. Vedremo in seguito come, prendendo argomento da ciò, la critica piccolo-borghese e reazionaria dell'imperialismo sogni un ritorno incjietro alla ".libera " " pacifica " • onesta" conconenza. Kestner dice:...:" Sinora un durevole elevamento di prezzi come effetto dei cartelli si può constatare solo per i più importanti mezzi di produzione, come carbone,.ferro, calce, non mai invece, almeno durevolmente, per i .prodotti ultimi. Anche l'elevamento della reddifrvità, connesso ai cartelli, è rimasto similmente circoscritto alla industria dei mezzi di produzione. Questa osservazione può estendersi nel senso, che per effetto della formazione dei cartelli, quale essa si è finora verificata, l'industria delle materie prime non solo ha conseguito vantaggi di introiti e di redditività a danno della industria di ulteriore· lavorazione, B blLoteca Gino B.anco

- 19 - ma ha acquista.lo su quest'ultima una padronauza ignota al tempo della libera concorrenza "(17). li passo qui riportalo chiarisce la natura della cosa, che gli economisti borghesi ammettono così di rado e mal- .volentieri, e che gli odierni clifensori dell'opportunismo, con Carlo Kautsky alla lesta, passano con grande zelo sollo silenzio. li rapporto di padronanza e la violenza ad esso collegata: ecco ciò che costituisce il carattere della recentissima evoluzione del capitalismo, ciò che doveva inevitabilmente scaturire, ed è infatti scaturito, dallaJ'ormazione degli onnipotenti monopoli economici. Vogliamo ancora recare un esempio dell'economia cartellislica. Là dove si posson mettere le mani su tulle o sulle principali sorgenti di materie prime, i monopoli nascono e si formano con particolare speditezza. Tuttavia sarebbe erroneo credere che, dove sia impossibile tale accentramento delle sorgenti di materie 'prime, non possano sorgere monopoli anche in altri rami industriali. L'industria dei cementi trova le sue materie prime dappertutto: e nondimeno essa in Germania è fortemente cartellata. Gli opifici sono riuniti in sindacati regionali,. come quelli della Germania meridionale, quello renano-vestfa_lico ecc.; e sono stabiliti prezzi monopolistici di 230 a 280 marchi a vagone, mentre il costo di produzione è di appena 180 marchi I Le intraprese gettano dividendi dal 12 al 16 ¼; e non bisogna inoltre dimenticare che il .. genio " della moderna speculazione sa far scomparire nelle proprie tasche grosse somi:ne al!' infuori della ripartizione dei dividendi. Per eliminare la concorrenza, i monopolisti non esitano a ricorrere a trucchi. Si diffondono voci menzognere sulla cattiva situazione dell'industria, sui giornali compaiono avvisi anonimi di questo tenore: - « Capitai isli ! Àltenzione ! Non investile capitali nel-l'industria cementizia!"· Inlìne si comprano opifici rii industriali autonpmi pagando foro come buona uscita somme cli 60, 88,150 mila marchi (18). li monopolio si fa strada dappertutto e con lutti i mezzi, a c6minciare da queste " modeste" somme di buona uscita e B ulÌOlt:Ca·1.;;1111l.. B '-'"""

- 20finendo coll'adoperare all'americana la dinamite contro i concorrenti. Che i cartelli eliminino crisi, è una leggenda degli economisti borghesi, desiderosi di giustificare ad ogni costo il capitalismo. Al contrario, il sistema monopolistico, sorto in alcuni rami d'industria, accresce ed intensifica il caos, che è proprio del I' intiera produzione capitalistica nella sua totalità. Si accresce a~cor più la spropo~zione tra lo sviluppo dell'agricoltura e quello dell'industria, che è caratteristica generale del capitalismo. La situazione privilegiata in cui viene a trovarsi quell'industria, che è più• ampiamente cartellata, cioè la éosidella industria pesante, specialmente quella del carbone e del ferro, determina nelle altre branche industriali un "aumento di mancanza di piano .., come si esprime J e id e I s (19), autore di uno dei miglioi:i lavori sui " Rapporti delle grandi banche tedesche con l'industria"· · Li e f m a n n , uomo affatto devoto al capitalismo, scrive: - "Quanto più è sviluppala l'economia d'un paese, tanto piì1 essa si volge a intraprese rischiose o straniere, che abbiano bisogno di lungo periodo di sviluppo, o· finalmente che sicno d'importanza soltanto locale "· , L'aumento del rischio in ·ultima analisi è collegato a un enorme incremento del capitale che ti·abocca, emigra ali' estero ecc. E allo stesso tempo l'accresciuta rapidità dei progressi tecnici crea sempre più m1merosi elementi di sproporzione tra le diverse parli del)' economia di un paese, più caos e piì1 crisi. Lo stesso Liefmann è costretto ad ammettere quanto segue: - • Verosimilmente l'umanità si trova nuovamente alla vigilia di gra~di rivolgimenti nella tecnica, che eserciteranno inlluenza anche sull'organizzazione dell'economia ... "· Egli allude all'eÌettricità ed alla navigazione aerea. " In "tali periodi di radicali trasformazioni economiche suole di regola svilupparsi anche una forte speculazione "· · Ma alla loro volta le crisi di ogni specie, e principalmente quelle di natura econoQ"lica - sehhene non queste

- 21 - sole - rafforzano grandemente la tendenza alla concenlra- :done e al monopolio. Si leggano a lai riguardo le mollo istruttive considerazioni di Jeidels intorno a quella crisi del 1900, che notoriamente è stata il punto decisivo nella storia dei moderni monopoli. • La crisi del 1900trovò, accanto alle gigantesche aziende delle industrie fondamentali, nnche molle aziende di organizzazione secondo i criteri odierni • antiquata ",le• aziende pure ", che furono anch'esse spinte in alto dall'ondata della buoria congiuntura. La caduta dei· prezzi e la contrazione d·ella dÒmanda gettò queste intraprese• pure" in uno stato di dissesto, che le gigantesche imprese combinate in parte non risentirono affatto, in parte solo per breve tempo. Pertanto la crisi del 1900 condusse alla concenti,azione industriale in ben altra misura di quanto avessero fatto le crisi precedenti, per esempio quella del 1873, che diede origine bensì ·ad una selezione, ma, date le condizioni della tecnica d' a 1lora, non tale da creare il monopolio delle intraprese rim.aste vittoriose. Invece un consimile monopolio è oggi posseduto in larga misura dalle gigantesche aziende della granfie industria siderurgica ed elettrica, in minor grado dalle branche della fabbricazione di macchine e da alcune aziende metallurgiche, di comunicazioni ecc. e ciò in virtù della loro complessa tecnica, dell'organizzazione in grande stile e cieli' entità dei capitali • (21). I monopoli sono l'ultima parola della recentissima fase evolutiva del capitalismo. Ma la nostra esposizione della forza reale e dell'importanza dei moderni monopoli sarebbe assai incompleta, se noi non tenessimo conio della funzione delle Banche. B blioteca Gino B anco

II. Le. banche e la loro nuova funzione La fondamentale e originaria operazione delle Banche consiste nel servire da inter_mediarie nei pagamenti; e· quindi le banche trasformano il capitale - denaro inattivo in capitale attivo, cioè produttore di profitto, raccogliendo tutte le entrnte in denaro e mettendole a disposizione dei capitalisti. • Ma a mano a mano che le banche si sviluppano e si concentrano in poche islituz;oni, si trasformano da modeste mediatrici in potenti detentrici di monopolio, .che dispongono di quasi tutto il capitale - denaro di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima· parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti di rr,aterie prime di un dato paese e di tntta una serie di paesi. Questa metamorfosi di numerosi piccoli i_ntermediari in un gruppetto di monopolisti costituisce uno dei processi fondamentali della trasfomazione del capitalismo in imperialismo capitalista, e quindi dobbiamo anzitutto rivolgere il nostro esame alla concentrazione delle banche. Negli anni 1907-8 i depositi di tutte le società azionarie di Germania, disponenti di un capitale superiore ad un milione di marchi, ammontavano a 7 miliardi. di marchi,· dal 1912 al 1913 la somma era già arrivata· a 9,8 miliardi con un aumento del 40 °lo in cinque anni. Inoltre, di questi 2, 8 miliardi di aumento, 2,75 spettavano alle 507 banche, le quali disponevano di oltre 10 milionj di marchi di capitale. I depositi erano ripartiti tra le grandi e le piccole banche come segue (23): B bhoteca Gino B anco

- 23 - Percentuale di tutti i depositi : Presso le Presso le altre Presso le 115 ere"• ,, ''" I ~ grandi 43 Banche con Banche con cole Banche Banche oltre 10 1-10 con meno di 1 cli milioni di milioni di milione di Berlino capitale capitale capitale % °/. ·,. °I. 1907-8 47 32,5 16,5 .J Il I 1912:13 49 36 12 3 Il Le piccole banche sono compresse dalle grandi, nove delle quali concentrano quasi la metà di tutti i depositi, E inoltre questa statistica trascura molte circostanze, per esempio il fatto che tutta una serie di piccole banche si sono trasformate in effettive filiali delle grandi banche: ma di ciò riparleremo in seguito. Alla fine ciel 1913 lo S c h u I z e - G a e ve r n i L z c:ilcolava i depositi delle grandi banche cli Berlino a 5, 1 miliardi di marchi con un totale di circa 10 miliardi di marchi di capitale. Lo stesso autore, tenendo conio non dei soli depositi, ma del complessivo capitale bancario, scrive: " Le nove grandi banche di Berlino con le istituzioni ad esse annesse amministravano alla fine del 1909 marchi 11.27(; miliardi (contro 10.587 miliardi di marchi alla fine del 1908) vale a dire in cifra tondo I' 83 °lo dell'intiero capitale bancario tedesco. La Deutsche Ba11/-: (Banca germanica) che con le sue banche consorziale amministra circa 3 miliardi, è, accanto all'amministrazione fiscale delle fenovie prussiane, la massima raccolta di capitali - e la più decentralizzata - del mondo antico " (2a). · Abbiamo rilevato in modo speciale l'accenno alle banche consorziale perchè esso si riferisce a una delle più importanti caratteristiche de-lla moderna concentrazione del capitale. Le grandi aziende, e specialmente le banche, non si limitano ad avviluppare le piccole banche, ma se le aggregano, le assoggettano, le includono nel " loro ,, gruppo, nel loro " consorzio " (l(onzem è l'espressione tecnica teB1bloteca Gino B1ar>co

- 24desca) partecipando ai loro capitali, comprando o scambia-ndo azioni, creando un sistema di rapporti di debiti ecc .. Il prof. Liefmann ha dedicato un gigantesco studio di circa mezzo migliaio di pagine a descrivere le moderne " Società di compartecipazione e finanziamento", nel quale però egli disgraziatamente ha accompagnato la materia grézza con éonsiderazioni teoriche di scarso valore. A quale risultato, nel senso della concentrazione, conduca questo sistema di partecipazioni, è dimostrato meglio che altrove nell'opera dello specialista bancario Rie s se r sulle grandi· banche germaniche. Ma prima di passare ai suoi dati, vogliamo recare un esetnpio concreto del' sistema della " parteci'- pazione " (24). Il " gruppo ", che prendiamo a considerare, è Ira i più grandi gruppi bancari, se non addirittura il più grande fra tutti quelli di Germania. Per considerare i fili che giungono a tutte le banche di questo grnppo, occorre distinguere una partecipazione di primo, secondo e terzo ·grado, o ciò che è lo stesso, una dipendenza di primo, secondo e terzo grado delle piccole banche dalla • Deutsche Bank "· Si ottiene il seguente specchietto: ,fl•, Oipendenza di 1° grado Dipen<lenza di · 2" grado Dipendenza di ~ 0 grado --... pèrmaoente- ·~ "5 mente. a 17 banche da 9 a 34 da 4 a 7 = .X: :;;; .... per un tempo ... sconosciuto » 5 • • - • - • - • - -;; . ~ con iRteresse ... : reciproco 8 ... • • • .... !) • 14 • 2 • 2 Alle 8 banche di primo grado di dipendenza, appartengono tre banche straniere: una austriaca, la • Wiener Bankverein • (Unione bancaria di Vienna) e due russe (Banca commerciale di Siberia e Banca russa per .il comB bhoteca Gino B,anco

- 25 - mercio estero). In complesso appartengono al consorzio della • Deutsche Bank " direttamente o indirettamente, totalmente o parzialmente, ben 87 banche, ed essa dispone così di un capitale complessivo di due a tre miliardi di marchi. Evidentemente una banca che si trova alla testa di un simile consorzio e conclude accordi con mezza dozzina d'altre banche più piccole a scopo di operazioni finanziarie particòlarmente ragguardevoli e vantaggiose, quali' p. e. prestiti sta-tali, ha già smesso la funzione di intermediaria e si è trasformata· in una lega di un gruppetto di monopolisti. Con quale rapidità si sia compiuta in Germa'nia, precisamente tra la fme del sec. 19.0 e gl'inizi del 20.0 , la concentrazione bancaria, si può rilevare dai seguenti dati di Riesser, che quì si espongono abbreviatamente: 6 grandi Banche di Berlino avevano : Filiali Casse di depo- Partecipazione Somma li Anno in sito e permanente cli camere <li a società azio• tutte Germania cambio narie tedesche le istituzioni 1895 16 I~ I · 42 1900 21 40 8 80 I 1911 104 276 63 450 Si vede con quanta rapidità si formi una fitta rete di canali,' che abbracciano tutto il paese, centralizzano tutti i capitali ed entrate in denaro e trasformano migliaia di sparpagliate aziende economiche in un'unica azienda capitalistica estesa a tutta la nazione, più tardi in un'unica azienda capitalistica internazionale. Quel decentramento, di cui nel su riferito passo parla Schulze-Gaevenitz a ~ome dell'economia politica borghese, in realtà non è altro che la sottomissione ad un unico centro di un numero sempre maggiore di unità economiche prima relativamente "indipendenti " o, meglio, chiuse localmente. Pertanto in realtà B·ulìot~ca G1t1uo ,mcu

- 26 - esso rappresenta centralizzazione, elevamento della funzione, dell'importanza, della potenza dei mostri monopolistici. Questa rete bancaria è ancor più fitta nei paesi di più antico capitalismo. In Inghilterra (e Irlanda) nel HJlO il numero delle banche liliali ascendeva a 7151. Le quattro massime banche avevano ciascuna oltre 400 filiali (dà 447 a 689) e oltracciò v'erano altre quattro banche con più di 200 filiali e 11 con più di 100. · In Francia lo sviluppo delle tre maggiori banche, Crédit Lyonuais, Comptoir National d'Escompte e Société Générale, procedette nelia seguente guisa (25): STABILIMENTI E CASSE Dl DEPOSITO MILIO:-11DI FRANCHI --- in a Parigi Mezzi d'esercizio Oen:uo Jlro,·io- e Totale 1>roprio estraneo I- CÌ:l dintorni -- I 1870 47 17 64 200 (per il 1872) 427 1890 192 I 66 258 265 1245 i 1909 1033 196 I 1229 887 4363 Per caratterizzare le relazioni che ha una grande banca modorna, Riesser produce delle cifre sul numero delle lettere in q_rrivo e in partenza presso la " Diskonto-Gesellschaft ", una della maggiori banche di Germania e di tutto il mondo (con un capita le che nel 1914 raggiungeva 300 milioni ùi marchi). 1852 1870 1900 Lèltere in arrivo 6 135 85 800 533 102 Lettere in partenza 6 292 57'5]3 626 043 Nella grand~ banca parigina, il Crédit Lyonnais, il nu• mero dei conti da 28535 ch'·era nel 1875 salì nel 1912 a 633.539 (26\ Queste semplici cifre sono sufficienti più di qualsiasi considerazione a mostrare come con la concentrazione del B 011otecaumo Bianco

- 27 - capitale e con l'aumentato giro d'aJTari delle banche si sia modificala essenzialmente. l'importanza di esse. In luogo dei capilalisli separali sorge un unico capitalista. La banca tenendo il conto corrente di certi capitalisti, compie una funzione puramente tecnica, esclusivamente ausiliare .. Ma non appena· quest'operazione ha assunto dimensioni gigantesche, ne risulta che un paio di monopolizzatori si assoggettano le operazioni industriali e commerciali dell'intiera società, giacchè mediante i loro rapporti bancari, conti correnti e altre operazioni, conseguono la po&sibililà anzitutto di essere esallamenle informali sull' andamento degli affari dei singoli capitalisti, quindi di controllarli, di influire su loro allargando o restringendo il credito, faciUtandolo ed estendendolo od ostacolandolo, e infine di de, ciderne completamente la sorte, di fissare la loro redditività, di sottrarre loro il capitale o di dar loro la possibilità di aumentarlo e così via. Abbiamo testè menzionato il capitale di 300 milioni di marchi della " Diskonto-Gesellschaft di Berlino: Quest' aumento di capitale costituì un parlicolare episodio della lotta per la direzione suprema svoltasi tra_le due maggiori banche di Berlino: la Deutsche Bank e la Diskonto Gesellschaft. Nel 1870 la Deu_lsche Bank era ancora nell'infanzia, e poàsedeva in tutto un capitale di 15 milioni di marchi, mentre la Diskonto Gesellschaft ne aveva 30. Nel 1900 la prima aveva un capitale di 200 milioni, la seconda di 170. Nel 1914 la Deutsch~ Bank accrebbe il proprio capitale a 250 milioni di marchi, la Diskonto GeseUschaft ,.fondendosi con un'altra grande banca di- prim'ordine, lo" Schaffhausener Bankverein ", si lanciò a 300 milioni. E naturalmente questa. lotta per la egemonia procede di conserva con "accordi " sempre pii1 frequenti e stretti tra le due banche. A quali conclusioni sono tratti da questo processo evolutivo gli specialisti bancari, che considei·ano le questioni economiche da un punto di 'vista non oltrepassante i quadri di un riformismo b~rghese legalitario ed ordina,to? A proposito appunto dell'elevamento del capitale della B blioteca Gmo B anco

28 - Diskonlo Gesellschall a 300 milioni di marchi, scriveva La n s b u r g h nella sua" ~ank »: «Altre banche ~eguiranno la stessa via, e delle 300 persone, che oggi governano economicamente la Germania, col tempo non rimarranno che cinquanta, venticinque o anche meno. Ne è da credere che il nuovissimo movimento di concen,trazione sia per arrestarsi alle banche. Naturalmente gli stretti rapporti esistenti tra le singole banche portano anche ad un avvi- -cinamento tra i consorzi industriali trovantisi sotto il loro patronato ... e un bel giorno ci si risveglierà soffregandoci gli occhi: intorno a noi nient' altro che monopoli ed avanti a noi la necessità di sostituire ai monopoli privati il monopolio dello Stato. E tuttavia in sostanza non avremo altro a rimproverarci che di aver lasciato allo sviluppo delle cose libero corso, soltanto un pò accelerato dal sistema delle azioni,• (27). Abbiamo quì un esempio tipico dell'inettitudine della letteratura borghese corrente, dalla quale la scienza borghese si differenzia solo per minore schiettezza e per il tentativo di celare l'essenza delle cose per modo che uno, trovandosi prop1:io davanti agli alberi, non veda la foresta. Infatti lo stupirsi degli effetti della concentrazione, il muo• ver rimproveri al Governo della capitalis!ica Germania o in generale all'ordinamenio capitalista, il mostrarsi spaventati dell'acceleramento del processo concentrativo per effetto dell'introduzione delle azioni, o, come fa uno specialista in materia di cartelli, il Cierscky, il mostrare orrore verso i trusts americani ~ preferire i cartelli tedeschi, per l'idea che questi ultimi accelerino il progresso tecnico meno dei trusts - tutto ciò non è inettitudine? Ma i fatti rimangono fatti. In Germania npu vi sono trusts, bensì solo cartelli ('), ma questi son nelle mani di (•) Con nome di cartelli si designano, secondo il Dr. Gunzel, e Ueber Kar.. telle (sui cartelli)•, Lipsia 1902, le Unioni create mediante liberi accordi tra :i.ntraprenditori indipendenti, con pari comunità d'interessi, allo scopo di re• golare io comune la produzione e lo smercio. Invece nei truats è eliminata l'indipendenza ~ei singoli intraprenditori. N. d. trad~ ted, B1bl101eca1,:;ino B anco

- 29 - 300 gran signori il cui numero si reslri nge sempre più. In tutti i paesi capitalistici, qualunque sia la loro legislazione bancaria, in ogni caso si rafforza e si a-ccelera per opera delle banche il processo di concentrazione del capitale, di costituzione dei monopoli. Mezzo secolo fa scriveva Marx (Das Kapilal III 2) che le banche offrono su scala sociale la forma, ma precisamente soltanto la forma, della contabilità sociale e della ripartizione generale dei mezzì di produzione. I dati da noi riferiti intorno ali' incremento del!' azienda bancaria, all'aumento del numero delle filiali e agenzie delle maggiori banche, del numero delle lettere di credilo ecc., ci mostrano in modo concreto questa • contabilità sociale " dell' inliera classe dei capitaliS'li , e anzi non di essi soli, perchè _lebanche raccolgono in sè - sia pure transitoriamente-tutte le possibili entrate in denaro, così dei piccoli intraprenditori come pure dei funzionari e di un piccolo strato elevato della classe lavoratrice. Si accresce la generale ripartizione dei mezzi di produzione, se la si considera sollo l'aspetto formale risultante. dal fatto che le grandi banche mi4teme; in numero di 3 a 6 in Francia e di 6 a 8 in Germania, dispongono di miliardi e miliardi; ma se si• considera la sostanza, questa ripartizione dei mezzi di produzione non è " sociale " bensì privata, cioè mod~llata sugli interessi del grande capitale monopolizzato, e agisce in condizioni tali da affamare la maggioranza della popolazione, da ritardare senza speranza lo sviluppo d~ll' agricoltura in confronto con quello del!' industria, e nell'industria stessa da render tulle le branche tributarie dell'industria pesante. Nella socializzazione dell'economia capitalistica le casse di risparmio e le casse- postali cominciano adesso a far concorrenza alle banche, perchè sono più • decentrate •, vale a dire penetrano in maggior numero di località, specialmente nelle località remote e nei larghi strati popolari. Ecco alcuni dati raccolti dalla Commissione americana B·blioteca G1no-B,anco

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