T. Mamiani, G. Prati - All'arrivo delle ceneri di re Carlo Alberto

ALL' ARRIVO DHLLE CE~ERI DI RE CARLO ALBERTO ELOGIO FUNEBRE DETTO N E LL A M E TROP O L IT AN A l!'f GE N" OV.&. I L D I' IV OTTO BR E 'IIOCCC"I:.tl. TRE~ODJA AUGURALE l LUGANO STABILIMENTO DELLA SVI ZZERA ITALIA:I"A 1850.

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ELOGIO FUNEBRE DETTO DA TERENZIO MAMIANI.

l. Dei veramente grandi c buoni è l' orazion funerale ilettata prima d'ogni altro dal popolo; e dove questo si tace , non vale facondia e abilità d'oratore. A niun tristo principe, morente sicuro in suo letto, è accaduto mai di non avere accanto al suo feretro un gonfio panegirista, il quale osi di adulare e mentire eziandio tra le pareti del tempio, alla presenza più viva e più mani.festa di Dio. Se non che in quel . caso, l'ostinato silenzio del popolo accusa e sbugiarda l' encomiatore. Per lo contrario, dove l'amore e l'ammirazione delle genti accompagna la morte d' un giusto re, nessuna eloquenza pareggia forse il buon sentimento di quelle, come alla vista del feretro suo, nessuna forza, nessuna astuzia, nessun pericolo potrla ne' petti stagnar le lacrime, e il lutto e il rammarico seppellirvi. Quando le ceneri di Germanico per mare venute toccaron terra, ila ogni loco eziandio non vicino pioveau le turbe accorate con ansia di vederle e onorarie , c desiderose assai di mostrare e provare al mondo che lui sfortunato e tradito avean caro sopra tutti i potenti e felici, e volevanlo glorificato al par t.l' un Iddio. Ora, quell'accoramento medesimo, quell'affoll arsi da tutte bande, quel gemere luttuoso ed universale s'è pure udito e veduto in questo porto di Genova, appena vi salìa la nave che riconduce a noi dall 'esilio quel che rimane d' un re sventurato ma grande, e il quale accoglievano affiilti e in gramaglia Senatori e Rappresentanti a cui lasciava egli in perpetuo retaggio la libertà ; c circondavanlo le milizie di que' segni stessi e di quelle bandiere (ahi dimesse oggi e abbrunate) ch' egli volle sopra tutte le torri della penisola inalberare, e farle in ogni terra e sopra ogni mare franche, temute e trionfatrici.

-G- ~Ia quanto è maggiorn la perdita , più sentito il dolore , il lribol& • pitì generale e sincero, nltrcttanto l' anima del dicitore se ne sgom~nta; perclt' egli non può fare come il pittore Timante che fl~ura ~tnde nascondentesi ùenlro le palme il viso; ma sl è costretto ds ragsonare mentre non vorrebbe che piangere, e mentre in cambio di parole, ~illar vorrebbe muti sospiri e fl c!Jili suoni inlcrro1ti. Or c.he dirò della powra mia loquela, o Signori, innanzi a sì alto subbiello, e in faccia a sì grande , sì vero c non csprimibil dolore di tutta questa città, che nell ' ardore de' nobili affelli a niun popolo cede, a moltissimi entra innanzi ? ~la d' altra parte , io vo pensando che qui non si tratta di sole funeree lamentazioni e di solo sfogo al comune e soverchiante cordoglio; e nemmanco si tratta di esimia palestra oratoria, e di spiegare innanzi alla vostra curiosi tà sfoggiate bellezze d'arte e di stile. Ben altra l'Osa domandano la santità e solennità del luogo e del rito. l' anima nugusta per cui prcghinmo, l' llalin infelice che a questa terra rimira, ultimo asilo e sostegno della sua libertà e dell e sue sperall7.e; ahi già ' tanto superbe! Lasciamo alle prcfì che e alle femminelle l'abbondanza del pianto e te inconsolabili nenie. Nessuna cosa è pitì degna d' un popolo grande raccolto d' intorno alla spoglia mortale di strenuo principe, che il chiudersi in grave meslizia e meditabonda , piena d' atti doc umenti e consigli, e che sia lume e preparazione di mi- ~,;liori destini. II. Suole gran parte di coloro che studiano nelle storie uscire dalla notizia e considerazione di queUe con l'animo troppo diverso e fuor misura disingannato, c olliando quasi la luce che d'indi è tor balenata. lmperocchè stimano averne raccolto questo insegnamento più gcn~rale e pitì certo che, cioè, il genere umano vive e si pasce, come durevolmente fanci ullo, di perpetue ill usioni ; la fortuna governare te rose nostre con usuale insolenza e perfidia; quei popoli acquistare Qrandezza c quei principi venir lodati e famosi che son fortunali. Le imprese comecehè giuste e nobili, gli sforzi comecchè dolorosi e magnanimi, quando il buon successo non gli accompagni, o si estinguono nel si lenzio o con dispregio son ricordati. Se il cuore fu schietto e sublime, il tentamento generoso, te intenzioni benefi che, In volontà invitta c incroUabile non si chiede. lm'ece , molli nomi permangono illustr i e molte opere ricordate nei secoli ed ammirale, le quali la giustizia condanna e la bontà deplora ed abbomina. Insomma, sentenzian costoro, la lealtà, il coraggio, la rclliludine, la bontà e l' annegazione sola valgono nelle storie meno che nulla , e di lor si fa caso unicamente aUora che menano seco la forza, I' ingegno, l'abilità, In fortuna; e .)'abilità, l' ing~gno, la fortuna e la forza valgono pur t roppo c

-7 prevalgono anche sole. Ora, a tale sentenza sconfortatricc e de l sicuro non tutta falsa, ognun sa che dovrebbe il virtuoso e il cristiano non si perturbare; essendo notissimo a lui che il mondo è cieco e strano dispensatore di fama, e il volgo si lascia pigliare alle splendide e strepitose apparenze; notissimo è a lui che la virtù è rara e diYina cosa perciò appunto che tragge i premi da entro se stessa; e fuori di sè, non agli uomini li domanda, ma sì a Dio immortale, e dei parziali e sciocchi gi udizi umani alteramente sorride. Ciò sta vero; ma la virtù comunale e generalmente usata non è profonda nè coraggiosa; e d'altra parte ha il medio evo mostrato e proYato assai quanto torni pericoloso il pone tutte mai le speranze c tutti i pensieri fuori del mondo. Ei si fa necessario pertanto, che qualche preludio almeno di gloria, qualche sorta di spiritual premio, qualche segno e testimonianza visibile di lande e di onore segua presto o tardi l'animoso ed il buono eziandio quaggiù in terra, o gli tenga luogo di lieti successi e d'ogni altro bene. Di presente, io mantengo che quel preludio di gloria, quel segno d ' onoranza più, direi , celeste che umano, e il quale o non mai o rarissimo può mancare alle virtù grandi benchè infelici , si è l' amore appunto di tutti i buoni e la compassione e insieme l'invidia di tutte l'anime generose e gentili; si è il giudicio e la sanzione del popolo, il quale tuttavolla che non vicn soprafi'allo dalle arti maligne degli ambiziosi e de' prepotenti, serbasi retto nell'assegnar la sua stima, e scuopre e indovina assai bene la probità delle intenzioni e dei fini; c dove non possa altrimenti, sfoga con segrete rammemorazioni e qualche nascosta lacrima l' alfetto riverente e pietoso. In tal guisa, e contro i ludibri della fortuna e a preferenza d'altri re abilissimi e potentissimi, l'amore, l'ammirazione, l' encomio , il compianto di tutta Genova, di tutto il Piemonte, di tutta l' Italia accompagna, circonda, onora, e quasi non dissi adora la morta salma di questo Re, e lui caduto due volte nel santo intraprendimento udiam tuttaYia chiamare e sal utare un eroe. . Insegnamento sublime e più che altri mai profittevole il quale esce da queste esequie! Oggimai dee sapere qualunque italiano che quando anche o dagli accidenti o dalla natura fossegli contrastato e interdetto di segnalarsi per doti peregrine ed eccelse, sempre gli rimarrà, se lo voglia , il tesoro d'un eroico volere c d'un forte operare ; e che gl'infortuni più fieri e impensati mai non varranno a frodarlo della tacita maraviglia o dell' afi'ezione ossequiosa di tutti coloro, che il pregio dei pensieri e dell'opere umane indagano e pesano al l urne della coscienza, e riscontrandole esattamente coi dogmi eterni d,ella giustizia e del bene. Il qual lume e il quale riscontro c' insegnano oggi appunto con gran sicurezza che il peccato dei destini, la crudele indifferenza d'Europa, gli eccessi delle fazioni e i funesti errori di tutti contrast;uono e sopraffecero le intenzioni più alte e schiette e magnanime

-8chc sicno sorte e dimorate pur mai nel petto d' un re, e che si le opere, i benefizi e i tentamenli di CARLO ALBE~To i~verso _la patri~ comune sì o"ni mezzo voluto c prescelto da !01 nell ademp1mento d1 essi, ru:·ono ~utti impressi e lucenti di quella ~rodezza antica ,e di quella civile santità, che sola può salvare c riordmare, non che l Italia, ma il secolo c queste viventi e le nasciture generazioni. Ili. Famoso è nelle storie d' Ero1loto quel discorso di SoIone a Creso re dei Lidi, col quale fece il savio ateniese divisare e conoscere come per dar giudicio della bontà e felicità della vita convenga soprattutto aspettarne e considerarne il termine; e che le ultime parti di quella (quando già non sia dalla vecchie21.a troppo consunta) ne racchiudono il maggior lume e valore, perchè ne sono come a dire il portato acni preparare trascorsero gli anni antecedenti; e sebbene questi non paressero tutti laudevolì o non quanto gli ultimi, di legglerl si dimenticano, sembrando tener simlglianza con quelle foglie e quei tegumenti, che bene allegato che abbia il frutto si disseccano e cadono. Per contro. dove l ' ultima maturità della vita non riesca corretta e gloriosa, poco o nulla sliman gli uomini le virtù e i pregi anteriori. Certo, non è senza maraviglia il pensare come i trascorsi c la ferità d' Ottaviano Augusto vengano quasi tenuti In non cale per considerazione della sapienza e liberalità posteriore. Nè comparisce meno strano che il saper morire da forte e da generoso tramandasse ai posteri il nome di Ottone pressochè mondo d' ogni sozzura. Ma per lo contrarlo , trapassò dubbia e macchiata insino a noi la fama di Teodorico soltanto per avere una vita tutta bella e incolpevole bruttata in sul finire d'un fallo unico, incrudelendo contro que' due gran giusti Simmaco e Boezio. Ciò bene osservato, a voi non parrà disdicevole che io stretto dal tempo e dal proseguimento del rito, e sceglier dovendo il meglio e il più sostanzioso della vasta materia , raccolga il mio ragionare quasi tutto negli ultimi anni della vita di CARLO ALBERTO, ne'qual i d' altra parte un secolo intero sembra esser trascorso, c ai quali porterà invidia in qualunque età qualunque principe d'alto sentire, e che abbia cuore d'innamorarsi della sventura e di non tremare il martirio. Io dico e ripeto , impertanto, con gran fermezza che i concetti e le mire di CARLO ALBERTO, quali segnatamente negli ultimi anni si palesarono a tutto il mondo, ed alle quali accomodò ogni pensiero e ogni adone, furono le più pure Insieme e le più eccelse e benefiche a cui può voltarsi una elevatissima mente e un petto forte e magnanimo; e al mio giudicio, procede da esse sole tal merito da tenere viva eonorata in perpetuo la sua memoria. Nel vero, di molte e varie accidenze di guerra

-9e di molli imprendimenli formidabili c s trepitosi ragiona la s toria , e più a lungo ed enfaticamente assai con quanto maggior sangue e maggiore perturbazione e r uina di cose si consumarono. Ma se dalla giustizia cd utilità del fine lecito fosse di misurare la bellezza e splendenza loro, quante di esse imprese pensate , o Signori, che si rimarrebbero degne d'encomio e di ammirazione? Certo , lasciando pure intatta ed inesplorata l ' antichità, io vorrei che qualche dotto c prudente uomo avesse potuto interrogar d'improvviso o Carlo quinto, o l' emulo suo Francesco, o Luigi decimoquarto, o Carlo di Svezia, o (mi si dia licenza d'aprir tutto il vero) quel genio stesso tragrande che regnò, non ha molli anni, dal mare germanico al mar sicil iano e dalla Loira alla Vis tola, e osò portar guerra ad un tempo medesimo sulle terre Gaditane e sulle ltloscovile. Io vorrei, dico, che in a lcun giorno de' più radiosi e beati del viver loro, quel savio che io mi figuro, ave..sse potuto a ciascuno rl' essi addirizzare queste o somiglianti parole: Che pensi , che imprendi, ove guardi ? Veggo gesti rumorosi e magnifki ; vcggo battaglie e conquis te, paesi sconvolti , ordini antichi mutati ; ma i fini proporìionati del bene e dell' utile, e la necessità c giustizia delle cagioni non veggo. Degna most.rarmi il largo e perpetuo profitto che il genere umano intero, od almanco la tua nazione è per trarre da sì gran copia di sangue, da s\ profondi guastamenti, da guerre s\ lunghe e s\ disastrose. Del sicuro , a interrogazioni cotali non avrebber fallito risposte ingegnose e magniloqucnti. Ma negli occulti del cuore e negli ultimi penetrali della coscienza un subito scompiglio sarebbe pur nato e una involontaria e alflarissima dubitazione intorno alla bontà e legittimità del proposito. Interrogato lo quella vece di ciò medesimo Re CARLO ALBERTO in qualunque tempo ed in qua l sia frangente , chi di noi noi vede e non l' ode speditamente rispondere con pacata serenità e alterezza dal profondo dell ' animo attìnte : Chiedi quello che io voglio e ch' io fo? io la più santa e legittima voglio e procuro di tutte le imprese, l'affrancamento d'Italia . D'ogni e qualunque azione civile la principale e la migl iore per merito, per dignità, per bellezza, per santità, per fama sempre fu reputato il procacciare con arduo sforzo ed eroico la liberazione della patria dalla tirannide dei forestieri . Imperocchè , fondamento d' ogni libertà e d'ogni diritto è la politica indipendenza, rimossa la quale può solo sussistere un'apparente libertà e un apparente diritto. Del pari, nella indipendenza è il principio vero e spontaneo e la cagione effic.1ce e feconda di ogni prosperità e grandezza sociale ; essendo che l'ordine morale del mondo ha determinato ab eterno che le nazioni , primamente o originalmente da natura costituile, rimanendo signore ed arbitre de' propri destini, arrechino all ' intera famiglia umana quella stessa varietà d' indole e quella eccellenza s tessa speciale di facollà e di doti che può ogni singolo uomo arrecare alla propria città, e onde risulta l 'armonia porlentosa delle differenze, il cambio e la mutua-

-IOzlone degli uffici e dei comodi , e In fine I' incremento e il progresso del comun bene. Il perchè, oppressare I' autonomia naturale dei popoli si è rompere guerra scelleratissima alla Provvidenza, la quale a ciascuna nazione liberalmente concrsse di veder meglio che tulte le altre una sembianza· del vero e del bene eterno, e assegnò qualche proprio e nobile ascendimento su per 1' immenso scaleo della perfezione civile. Da ciò procede che l' antichità e la modernità puntualmente concordano ad anteporre ad ogni specie di nomé illustre quello di coloro, che impugnala con retto animo la spada di Matalìa, spesero il sangue, i sudori e la vi ta per purgare la terra degli avi dal contatto peslifcro degli stranieri. Da ciò procede eziandio che il tempo e la vecchiezza di tutte cose in luogo di nuocere c consumar come tarlo le memorie di quelli, le riforbisce di mano in mano e le cinge di lampi e splendori, tanto che si trasmutano in simboli e in figure ideali cd archetipc, c sono segno c subbielto alle tradizioni popolari c alle fantasie de' poeti; i quali, in tal caso segnatamente, la storia e la favola tessono insieme non già per trast•1llo, ma con intuito secreto d'una verità più alta e più vera della storia medesima. Così d' Erminio è accaduto appresso i Germani, CO$Ì di Guglielmo Tello appresso gli Svizzeri , così di Giovanna d' Areo tra Francesi, e di Giovanni da Procida tra Siciliani , e dei Cid e de' suoi cinque figliuoli tra' Castigliani. Ed io stimo medesimamente che dai nostri tardi nepoti non verrà nelle canzoni loro popolaresche taciuto il nome di CARLO ALBERTO; nè andrà egli senza onore di simboliche fi gurazioni ; chè anzi quanto più sangue e sudore costerà agli Italiani il ven!]icarsi in essere di nazione, con quanta maggiore felicità e amplitudine ripiglieranno di poi il corso delle preterite glorie e ritroveranno le orme dell'antica fortuna, altrettanto diverrà chiara e di giorno in giorno più rinnovata e ringiovanita la tragica memoria di questo principiatore eccelso della risurrezione italiana ; conciossiachè gli uomini delle cose grandis~ime ammirano sopra modo i principii e gli reputano come divini. IV. !Ifa io non vorrei, uditori, !asciarvi pensare che io vo' derivando in parte le lodi del mio personaggio dalle fonti della poesia. Chè anzi spiacemi oltre misura di non possedere parole tanto proprie e semplici insieme da mostrare la materia che tratto nella sua nuda c maestosa grandezza, fuggendo i fiori e gli stratagemmi della rettorica . Pericle pregato dagli Ateniesi di dir le lodi solenni e pubbliche dei cittadini morti nel primo anno della guerra peloponesiaca , usò d'un artific!o notato dai buoni maestri dell' eloquenza ; e ciò fu lo spaziarsi da prtma con larga e splendente orazione nelle lodi d'Atene e della repubblica, descrivere i pregi, dinumerarne i gran capilani, nar rarne

-ti - i gesti più chiari , espor la sapienza delle leggi , i miracoli dell ' arti e dei monumenti ; poi con subito trapasso e non aspettato conchiudere : per sl fatta città e repubblica, per sl glor iosa cittadinanza sono combattendo cadu li e morti costoro. Convenientissima cosa a mc pur sarebbe, o Genovesi , il misurare dalle grandezze, come dalle sciagure estr.eme d' Italia , la nobiltà e grandezza dci fini, dell ' ardimento e dei benefi ci di C.-1- RLO ALDF.RTO. A me pure, dove il subbietto chiedesse ornament i ed amplificazioni , bello sarebbe stato entrar nelle lodi cl' Italia c concludere dicendo: per questa r,atria comune, la più gloriosa fra tutte come altrest la più sventurata ; per questa madre onoranda della civiltà dell ' intero Occidente ; per l' llalia due ' 'ollc dominatrice del mondo c legislatrice; per .Ja culla sublime dc' più sacri ingegni che la stirpe umana abbiano mai decorato ; per gli eredi del nome latino e della magnitudine vera e pur non credibi le del romano impero , è insorto, ha combattuto , ha sofferto, è dal trono disceso, ha la vita in travagli e angoscie trapassata e chiusa l' Eroe che qui celebriamo. l\fa non sono ben degne di CARLO ALBERTO le lodi che a molti si possono accomunare. Assai gli basta (c vel proverò) ciò che ha di singolare e di proprio; e vi giuro con sincerissima lingua che io il miro collocato. in una cima di gloria , ove abita solo. E per r ispetto all' Italia, polrebbesi egli tacere ciò che il ùislingue veracemente fra tutti, e che forse non lutti hanno a dovere considerato? Io vel dirò mollo in breve. Antichissima è certo la gentilezza di nostra patria e comparsa adulla e matura fra gli uomini infinito tempo prima di quella delle moderne nazioni; imperocchè poco meno di trenta secoli di civiltà ricorda c narra giù ]Jer continuo la storia italiana. In tanto corso adunque di tempi e di avvenimenti egli è da cercare a quanti principi e capi tani (che degli uni e degli altri è innumerevole copia) ha gradito di sguainare il ferro e pericolarsi a morte per salvare e redimere la patria nostra comune. A quanti ? Dio immortale ! a nessuno. Ricorderemo noi forse gl' imperatori tedeschi , che fa cendo d' Italia un feudo alemanno assumevano come per isrhcrno il titolo di romani e di augusti ? O per lo contrario r icorderemo gli autori e conducitori della Lega Lombarda ? Ahi lombarda l' appell arono con ragione e non italiana , dacchè tanta parte d'Ital ia ne venne esclusa. Gran diceria si fa (e torna utile che si faccia) del proposito fermo e virile che dicesi avesse Giulio secondo di smorbare l' Italia dai barbari . Pienamente voglio credere all' alto c animoso disegno, non malagevole ad effettuarsi in quel tempo dai papi quasichè onnipotenti. l\fa mentre il fatto non ha provato la YCrità di quel desiderio, bene col fatto si prova che da vcrun altro ricevè Carlo VIII impulsi più vivi e fieri per iscendere alla conquista di Napoli , da veruno gli fu rono più raccorci gl' indugi, c meglio acchetal i e r imossi i dubhi, e vinte le esi tazioni quanto da esso Giulio, aIlor Cardinale; e certo, divenuto Pontefice , non incomincia"a egli da Luon italiano la impresa italiana collegando seco francesi

-12tedeschi a danno c sterminio dei veneziani. Fu inuti le presente della ~01tuna che quel magno e terribile, delle cui vittorie ~ · età no~ tra non si stanca di ragionare, uscisse dal nostro sangue e strmgesse m p~gno tutti i nostri destini. Sotto il costui impero, Roma, Firenze, Tonno e tu, Genova, foste città francesi, e il regno che portava il .sacro nome d'Italia strìngcvasì tutto fra l'Olona c il Clitunno. Da ult1m0 , ~enzioncremo noi quel soldato forestiero e audacissimo che, certo d1 ·Cadere dal trono regalatogli poco dianzi da Buonaparlc. gridò per estremo suo scampo, indipendenza italiana, pronto a spartire dì poi col cognato la illustre preda qualora quegli non ruinassc? Chiudiamo il discorso. Questa meraviglia dovranno attestare i futuri , di questa nessuna storia potrà tacere che , cioè, tra I: immenso numero de' potenti a cui venne per li tempi commesso il freno d' a lcuna parte delle Belle Contrade, t n, CARLO ALBERTO, fosti il primo e il novlssìmo che snudavi la spada per riscattare tutta quanta la ter ra Ausonìca; nè leggieramente o per poco il pensasti e volesti , ma ~empre, e con tutte mai le potenze dell'animo e le forze della mente e del braccio; nè porzione alcuna dell'essere tuo rìmasesi non adelia, non devota, non sacra all' Italia insino alla morte; e morte desiderasti nella guerra liberatrice e per salvezza d' Italia incontrata. v. Proviene da ciò che ne' funerali questo dì celebrali nessuno scorge una solennità genovese o ligure o piemontese , ma ita liana ed universale; e vi assistono in desiderio e in Ispiri lo .le genti della penisola quante ci sono. E al nostro gran lutto risponde per ogni intorno il lutto della nazione, e in ogni cuore t rapassa il nostro compianto, e da innumerabìli petti esce un solo sospi ro. Che se al giusto c pio dolore degl' Italiani non fosse dalla violenza o straniera o domestica vilmente interdetto il manifesta rsi con pubblioo rito, in qual parte riposta e remola del Bel Paese, in qual minima città, in qual villaggio, oso dire, non vorrebbesi suffragare ed esequiare in comune e con accompagnamen to di vere e caldissime lacrime l' anima gloriosa di questo !\[onarra? il quale unico tra gl' infiniti signori d' Ita lia c quasi non dissi fra i privati cittadini altresì, amò tutte le genti ita liane con dilezione ugualissima dì fratello e dì padre; e contro l'esempio e le inclinazioni de' suoi medesimi precessorì, in cambio di aver cari gli altri Italiani come prossimi e consanguinei, ebbe rari i suoi subalpinì solo perchè italiani. Ma le sciagure stesse d'Italia e le ingiur ie e gli sforzamen!i del crudele inimico questo efl'etlo non malo producono almeno, che mtorno al feretro augusto s'adunano in folla i miseri sbamleggìalì d' ogni nostra provincia, e qui degnamente le figurano e rappresentano, e nel proprio e manifesto cordoglio attestano il secreto pianto

-13 - e cordoglio di tutte le latine città. Qui voi pure state presenti, ahi sventura! o fratelli di Venezia, o invitto e intrepido retroguardo delle armi italiane, rifatti degni di rivestire la gloria di quattordici secoli, arditi di combattere soli contro tutto un impero, manomessi non dal ferro ma dalla fame, cedenti per accordo, non per disfatta. Sia luogo alla verità; di niun corrotto e di niuna lacrima trarrà l'anima benedetta di questo martire più compiacimento e più onore, che delle vostre, o prodi, come inc~lpevoli, o per ogni.virtù militare e civile insignì e specchiatissimi Veneziani. VI. Bello e magnifico è tutto ciò, e sufficiente, mi sembra, a far venerando ai venturi qualunque nome di re. Pur nondimeno, se in voi mantiensi, uditori, l'onesto desiderio di più avanti considerare la sostanza della virtù, seguitando a bene distinguerla e segregarla dagli accidenti, massime dagli esteriori assai più soggetti all'arbitrio dei casi e al torto giudicio degli uomini, le lodi che mi rimangono a dire di CARLO ALBERTO riusciranno maggiori e più rare, e se ne riverbererà un lume d'insegnamento da spandersi con profitto grande non pure fra i popoli italici, ma s\ fra tutte le genti civili e cristiane. Il perchè, quando mi fosse fattibile, io chiamerei volentieri ad udire questa .parte seconda del mio discorso gli uomini tutti che hanno in Europa autorità e ingerimento continuo e principale nelle faccende pubbliche, e molta facoltà d'informare e allevare l'animo e l'intelletto delle JPOltitudini. Io dico ed assevero che io farei ciò premuroso e senza paura d'orgoglio, conciossiachè la imperizia e la ruvidezza del ragionare non potrebbe dal Jato mi~ esser tanta da spegnere affatto il fulgòre delle verità, che fuor del mio tema di per sè traluce e sfavilla. Per fermo, tra i vizi molti e gravissimi che incattivirono la nostra età e onde marciscono in poco d' ora i frutti delle sue fatiche e dei suoi tentamenli, il pessimo, al mio sentire, si è quella inerzia della gente mezzana a oppugnare il male e pretendere il bene ; quel difetto di fede profonda nella verità e nella giustizia; quei concelli o dubitosi o travolti, cosi intorno ai diritti come into.rno agli uffici ed alle virtù cittadinesche ; quello scarsissimo sentimento dell' annegazione e del dovere, e quell' in~orgere invece con infinita baldanza ed avventatezza contra ogni autorità ed ogni titolo di primazia. Quindi purtroppo è nato che l'eguaglianza civile e politica viene professata e voluta più assai per"invidia dei beni e delle preminenze altrui che per ispi rito vh•o e sincero di dolce fraternità; quindi piuttosto che affaticarsi ad alzare ed accostare gl'infimi ·ai sommi, abbattesi rabbiosamente ogni cima, e a quella gretta mediocrilà, che riman di poi, d'ogni condizione e d' ogni intelletto dassi lo specioso nome di pura democrazia : quind' infine, spo-

- 14 - glialo e nudato l' animo delle !peranze sopt·amondanc, e lasclatogll le sole mondane e caduche, l'amor dci piaceri c delle ricchezze predomina e tiranneggia e nel volgo si fa bestiale, ed ogni promr llitorc d'un paradiso in terra acclaman profeta e levano in sullo scudo. Dopo ciò non ò da stupire, se in tanta declinazione ed alterazione del senso morale, e d'altra parte, in tanto sdegno ed irrequietezza di spiriti, il mondo come tullo si è scosso e scomposto, cosl nessun ordine e nessun assetto naturale e dm·abile abbia per anche trovato; e nessun termine di moto c di mutazione abbia al cominciamento suo corrisposto. Agli impeli coraggiosi e alle sollevazioni formidabili e quasichè generali subito sottentra tedio, diffidenza e stanchezza ; alla bontà c interezza delle prime intenzioni succedono tra brevissimo esorbitanze c trislizie; in secolo della sua civiltù e de' liberi suoi conr~ lti superbo e fastoso vcdesi ogni questione di ordini e istituti politici vinta e risoluta dal ferro, e quei governi rimanere al di sopra che meglio conversero le milizie loro in automali c in cittadelle semoventi c murate ùi uomin i. In colai guisa, le idee del bene c tlel retto ap(laiono dall 'una e dall'altra banda manomesse e sconvolte, e la forza è il Dio dello Stato ; e a quella nazione che vive " 1\fai sempre in ghiaccio cd in perpetue nevi " e geme tuttora per iscandalo della civillù c del Cristianesimo in ah!Jiezione di schiavit ù, sono conccdutc al presente le prime parli c il supremo arbitrato d'Europa. Yll . Ora, a sifi'atto pe1verlimenlo dell ' ordi ne c a tale nuova dissipazione delle più care speranze del genere umano non sarà posto compenso nè termine insino a quando non ritorni trionfante nei petti nostri la religione. E d'altro Jato, non mai questa gl' impronterà del suo saldo e profondo suggello insino a tanto che, permanendo eguale ed immobile nella sostanza sua , non muterassi in parecchi accidenti , c non piglierù a sanlifìcare c validarc con divina sanzione quei pensamenti vasti, quegli effetti virili c quelle nobili propensioni , le quali sveglia la libertà , la ragione approva, illustra la scienza, e le quali confldansi di menare il consorzio umano in più franca c spaziosa via di progresso e di perfezione. Da tutto ciò risulta quello che mi sembra doversi chiamare assai convenientemente la l!eligioue Civile. E pcrchè non mi accade qui di spiegare e chiarire come in aula accademica i larghi e fecondi concetti adunati sotto· tale denominazione, ve ne darò con qualche acconcia definizi one e similitudine un cenno ed un saggio. La religione civile perlanlo, che è dal secolo desiderata più

-15chc altro bene, e si va nelle menti e nei cuori ogni di più rivelando, non reca (e mal noi potrebbe) alcun detrimento ed alterm.ione alla santissima religion nostra e alla morale perfetta degli Evangeli; ma per opposto, ella è un incremento leggiad ro c mirabile c una nuo,•a faccia della virtù e del bene poco avvertila per innanzi c male inlelletla; chè la virtù umana pur essa procede con legge di sviluppamcnto c di ampliazione, non forse a rispetto delle interiori disposizioni, il cui pregio raccogliesi tutto per avventura nella perfezione della volontà, ma sì certo a rispetto della esteriore manifestazione e della potenza che acquista maggiore di elfettuare il bene e moltiplicarlo, e crescere la universale eccellenza del genere umano. La Il el-igione Cit•ile pertanto dilata e sublima con nuovi uffici la cristiana pietà in quanto alle ' 'lrllÌ mansuete e private, aggiunge ed innesta assai meglio che un tempo le pubbliche, e alle famigliari le ciltadine; santifica tull i i negozi politici con puro consiglio operati, insegna più nettamente che per innanzi i termini dell'obbedire e del comandare , nò si ferma , come insino n qui parean fare · i buoni, ai lamentevoli libri di Giobbe, ma prosiegue oltre e legge e medi ta assai intentivamenle nei santi libri de' Maccabei. Insomma la Ileligione Civile infonde e sveglia nella mistica lira dell' uman cuore una nuova e celeste armonia, stata finora sentita da pochi spiriti eletli, e solo <~on segni e colori simboleggiata dal divino nall'aele, quando alla forma greca soavemente congiunse ed in fuse la idea e il sentimento cristiano. Resta che nel mondo morale la medesima contemperanza si ell'ettui , e la immacolata luce degli Evangeli, penetrando di sè le ' 'irtù greche e latine le ammendi c purifichi, e tanto ' 'alore !or porga quanto le virtù ascetiche ed eremitiche hanno paruto sino a qui possedere per proprio ed unico priYilegio. VIII. Io sembro, o Signori, avere di mille miglia scostato il discorso dal suo subbietto; eppure mai non mi è partito da sotto gli occhi, e senza bisogno alcuno d'artificiosa transazione torno a lui d' un sol passo. Conciossiachè di quella fede inconcussa nel bene, nella vcrilà e nella gi ustizia ; eli quel senso coraggioso, immutato ed assiduo del dovere, eli cui dicemmo soffrire inopia grandissima la nostra età ; di quella religione ciYilc insomma che nell' esercizio delle ' ' irlù pubbliche ammaestra e infiamma il buon cittadino, e il fa nei pensieri e nelle opere riusci re stupendo ed intemerato , io non mi diffido di asserire che il primo e solenne testimonio ed esempio dalo a questi tempi vanissimi e fluttuanti nel dubbio è Re CARLO ALDEIITO. Costui negli ul timi anni del suo regnare diventato modello a sè stesso, e trovato nella sua r igida e guardinga coscienza un nuoyo aspetto di virtù, quale l'indole propria e il rimutarsi dci casi e i moderni concclli e le necessità di

-16Italia e il corso e perfezionamento della ragion morale gli dimostrarono, visse singolare e straordinario come principe e come uomo, e a tutti gli avvenire porse subietto imitabile. Gloria invidiata d'Italia potere in tanta caduta ed umiliazione farsi per lui, in materia gravissima, norma salutare all'Europa, e scuola e ammaestramento ai popoli d'una pietà eroica e d'un abito di religione, con solo il quale varranno le odierne generazioni a ricomporre la forma dell'animo, e con l'animo, i sociali c politici ordinamenti. Fu CARLO ALBERTO devoto e pio quanto il nono Luigi, quanto lui valoroso e leale, al par di lui penitente; ma fu datore e servatore di libertà come un re di Sparla ; amò la patria e la gloria come un antico, sentì il debito di cittadino ed ebbe èoncetli magnanimi e smisurati come un romano. Il perchè, chi vuoi far ritratto fedele di questo Principe, cerchi le credenze più sane e più invisceratc del medio evo, e raccolga in uno le cavalleresche virtù dei Crociali; componga il rimanente con le luminose pagine del Plutarco e di Tito Livio. Darà prova e conferma di tutto ciò quanto son per narrare. IX. Pochi anni dopo il 1840 apparvero i primi indizii dell'eminente e riposto pensiero del Re. Al libro delle Speran:te d'Italia e all'altro del Primato Civile degl' Italiani mostrò di fuori buon viso, nell ' animo fece festa c plauso vivissimo, godendo di veder gli scrittori persuadere e muovere la nazione a più savi consigli e a praticabili proponimenli. In quel mezzo, le riforme moltiplicava ; e ampliando gli studi, massimamente di storia e di giure, promulgando i Codici troppo lungo spazio aspettati, promovendo le industrie e i commerci , l'arti geniali erodendo e premiando, suscitava ne' popoli le infingardite facoltà della mente e dell'animo, adusavali all' impero imparziale e non rimutcvolc della legge, e alzava a cose magnifiche le ~loro speranze i lor desideri. Coneordi, O]lerosi e disciplinati serbava gli ordini amministraitvi , integerrimo il magistrato. Altrettanto di bene volca succedesse nell'esercito e negli armamenti , dove o l'imperizia o la · trascuraggine, o mollo peggior cagione frustrato non avesse l' intento premuroso e continuo del buon Principe. Ogni cosa insomma avviavasi, benchè lentamente, a preparare i subalpini a gran fatti e a prove (può dirsi metaforeggiando) non da uomini ma da giganti . Già nell846 scoppiavano molte faville del nazionale a rdore che in petto al Re divampava. Già al congresso degli scienziati raccolto in Genova, e festeggiato a cielo da questa ospitalissima cittadinanza, dava il Principe libertà di discorso e di stampa, tanto che parve la radunanza accademica trasmutarsi all'atto in politica , e l' Italia udire racconsolata ed attonita la voce congiunta e concorde di tutti i suoi figli. A detti e a

- 17sentimenti poco dissimili porgeva occasione il primo congregars, altresì de'Comizi Agrari dal Re consentito e voluto. Già senza uscir del buon dritto ricusava CARLO ALBERTO di più oltre osservare certi patti gra- ' 'OSi temporalmente convenuti tra l'Austria e il Piemonte circa ad alcune merci e derrate dall'uno nell'altro Stato trasmesse. All'Austria avvezza a signoreggiare in ogni corte italiana, parve nuovo ed acerbo, c fieramente se ne sdegnò ; ma non sl che intendesse le mire ultime e generose nascoste in quc' fatti; imperocchè non possono l despoti figurare e credere in altri ciò che non SE'ntono essi o dispregiano, e che alla volgare loro ambizione d'infinito spazio sovrasta. Di tal modo te.cose maturavano nel Piemonte. Ma ciù non pertanto, versava l'animo di CARLO ALBERTO in molte dubbiezze, non a rispetto del fine sovrano e del volerlo (quando che fos se) interamente e con gagliardezza raggiunto e adempiuto; ma sì bene intorno alla scelta dei mezzi e all'indirizzo da darsi all'eroico intraprendimcnto e al come condurlo in guise ottime tutte e conformi alla sua pietà, e fermate sopra principj d' irrefragabile bontà e giustizia. Conciossiachè molti fra suoi cortigiani e fra religiosi più intramettenli e troppo da lu i caldeggiali veniangli most rando e raccomandando una sorta cl i pietà, di ~iustizia e di cari tà oppostissima al concetto che l'indole sua naturalmente diritta e nobile s'avea formato. Ciò più che altro il teneva perplesso. Però scolpiva in una medaglia il leone Sabaudo pronto a percuotere con l' alzato artiglia l' aquila spuria c difforme, solo che vedesse spuntare in cielo l' astro aspettato, cioè un segno precursore e fatale ch'egli credeva non dovergli a tempo fallire c non esser remoto. Ed ecco veracemcnte sorgere un lume improvviso e sfolgorantissimo in Vaticano, ai cui lampi ed al cui tepore sembrano nel miserando deserto d'Italia rigerminar tutte le antiche semcnzc di onore, di libertà, di sapienza e di gloria. Certo , nessuno salutò quella luce r.on più di appagamento e letizia che Re CARLOALBERTO; avvegnachè da quel punto a lui ces5arono le esitanze e ogni oscurezza si dileguò, e raccolse entro l' animo il pieno e sicuro criterio morale d'ogni fu tura opera sua. Stimò allora ed ebbe per fermo, nè per qualunque mutare d'uomini e d'avvenimenti cangiò egli di poi sentenza, che Dio medesimo gli rivelasse in modo patente e straordinar io a quale speeie di virtù ardite e maschie e fruttuose fosse 1:biamato cd eletto. Compiersi alfine il felice connubio tra la libertà e il papato, tra il progredimento e la Chiesa; Roma cessare di troppo blandire i potenti e verso i popoli nuovamente accostarsi ; già riconoscere nelle nazioni il diritto primitivo ed ingenito di possedere sè stesse; già spandere benedizioni sulle armi che le c.lifendono, e più validamente venir sancito da lei quel pronunziato antichissimo, che combattere e perire a pro della verità e della giustizia torna a un medesimo che combattere e morire per Cristo Signore, cum Christus sit veritas et justitia (•). Allora CARLO ALBERTO abbracciato l") Eadmtri, D~ \ita ADK'IDli , L. 1, p111J. 1.

-18la sublime impresa d'Halia con la fede viva cd inestinguibile d' un BuDiione e d'un Riccardo, subito pose in disparte le troppe cautele, i vlluppi, gli ondeggiamenti e gli artifici dell' usuale diploma~ia. Quanto più generosi ed aperti i mcz7.i, tanto gli parevano da prefenrc; la calcolatrice prudenza de' gabinetti spregiò, e neppure si volse indietro a guardare i maneggi e le pratiche del passato; co~ì diverso volea che fosse il presente e di così animosi c solleciti fatti ripieno. Gran caso, vederlo scostarsi ad un tratto da quella ragion di Stato avveduta c scaltrita che mena ordinariamente i negozi di tutte le corti, nella quale sono allevali c formati i principi, fatta a lui parere più necessaria dalla mala,;evolcz1.a dci tempi, predicatagli da tutta la storia di Casa su.a. x. Di tal guisa e per opera di tanta trasmutazione, cragli fatta facolti• di pronunziare le parole stesse di Dante Alighieri : in quella parte del libro della mia memoria , dinanzi la quale poco si potrebbe leggere d' impensato e s:raordinario, si trova una rubrica la quale dice INCJPJT VITA NovA. Non però che Re CARLO AtnEnTO non avesse di lunga mano addestrato sè stesso all'eroica trasformazione con abiti di virtù e con pratiche disciplinari rotidiane c durissime. E quantunque Egli siasi imbattuto a nascere d'una progenie di re severa quasi sempre di spiriti c austera di costumi e di usanze , ciò non pertanto rimarrà notabile ed esemplare a moltissimi principi il tenore della sua vita. Levarsi mattutino e alle cure del regno attendere tultodì fino alla tardissima notte con applicazione ·indefesEa ed assidua. Non feste, non isvagamenti , non teatri, non balli: in tanta abbondanza d'agi e piaceri, in tanta facilità di crearli, niuna specie di singolari solazzi, niuna voglia sregolata, niuna vanità. Frugale e parsimonioso per sè, splendido negli altri c regalmente cortese, e delle arti geniali magnifico protettore. Presto in fermato di quel malore lento e cupo, che al sepolcro dovea menario molto innanzi del tempo, non pure il sostenne con pazieoza e serenità inalterabile, ma costantemente gli si oppose co~1 tale sobrietà ed astinenza che ai testimoni cotidiani soltanto del vivere suo si facea credibile. Nò stimando con tutlo ciò spianata ogni ruga dell'anima e meritato lume e soccorso da Dio per la sacrosanta impresa cbe meditava, venne per parecchi anni moltiplicando i digiuni e il fervore delle orazioni, le quali più volte fu veduto ripigliare nel silenzio delle notti Invernali, rompendo quei sonni brevissimi che al logoro corpo suo concedeva. Così questo eroe cristiano si persuase e credette, a parlare con l' Apostolo, di vestir l' ~tomo nuiJvo e riuscire perfetto tampione della causa d'Italia, che è pure causa dl Dio.

-19x r. lo m'accorgo, e noi celo, che le cagioni le quali riprovo ed espongo de' falli che vo raecontando sembrar possono troppo insolite e troppo tenere del maraviglioso e del mistico. Ma d'altra parte, io sono scusato compiutamente se necessità mi sforza ad attribuire a quei fatti cagioni congeneri e proporzionate; e ch' io le desuma dalla natura vera ed intrinseca del personaggio di cui discor ro vi diveÌ'!'à c:hiaro e patente, quando l'attenzione vostra non si ritiri dalle ultime narrazioni che imprendo. Certo, non ho io fabllr icato quel fo rte sorprendimento dell'animo, e per po~o non di~s i quello stupore, che induce in tutti vedere CARLO ALBERTO in sul mettere le prime orme dell' arrischiato e non mai battuto sentiero, vederlo dico alle più ricise e ferme e sollecite risoluzioni appigliarsi, dove per l'innanzi predominato dal vizio stesso della sua complessione e dalle infermi tà che dentro le forze gli consumavano, e i più vigorosi spiriti del ~angue mungevangli, pareva troppo sovente fluttuare tra opposti consigli , ed essersegli fatto abituale t esitare e il temporeggiare. Intelletto assegnato e pr udente , in nessuna cosa eccessivo , in nessuna impetuoso_. avvezzo a temere il male più che il bene a sperare, negli uomini poco fide nte, rlel r ivolgersi dei casi estimator non corrivo, diviene per carità d' Italia speditissimo e confident.issimo , e imprcnde fatti così audaci e zarosi , clw temerari dimanderebbonsi dove m.en liberale e men santo fosse lo scopo. Altrettanto prodigioso ha ,sembrato vederlo a un tratto spogliare quell'apprensione continua dei popolari movimenti e quella voglia ed inclinazione a resister loro, statagli per lunghi anni accresciuta e av,•ivata da .sleali consiglieri che tante , ·olte hanno prol'u ralo ingannarlo, tanto divertirlo dai suoi nobili concepimenti, e d' una in altra contraddizione lrabalzarlo. In fine (e ciò gli antichi avrebbero qua&i chiamalo un trasumanarsi ) dopo consumata la maggior parte di sua vita in rnediocrità di fama e di opere, non un pensiero, non un atto, non una parola lasciar quindi sentire e conoscere che eroica non sia, nè battuta con lo splendido conio della immortali tà, e la qual non co- .mandi la dilezione, la maraviglia e la gratitudine di tutte le genti italiane. XII. Correva la fine del 1847 e crescevano i pegni dali da CAnto At.BERTo dei suoi liberalissimi intendimenti. E per fermo, quel principe ha Jar• ghi e veri spiriti liberali, e desiderio sincero di spianar la via alle pubbliche libertà, il quale scioglie dai Yecchi legami la stampa, e inizia in

-20 - tal guisa l' educazione comune poli tica c il regno non contrastabile (lcll' opinione. Dalla quale franchezza di stampa incominciò il Re per appunto l'emancipazione dei popoli suoi, la quale dovea per lo meno esser tanta da suscitare quelle potenze migliori della mente e dell'animo, che sono mezzi necessari all'opera somma e final e dell'Indipendenza . A rispetto poi di questa, ·i colloqui degl' Italiani eran tali e le vistose c pubbliche dimostrazioni del comun voto e proposito sì fattamente moltiplicavano (fra l'altre, la bellissima e strepitosa dei Genovesi il dì decimo di dicembre) che doveano presto o tardi le cose precipitare alla guerra ; e però alle anni pensava il He più che mai studiosamente. \\fa Dio gli tolse di poter maturare il gran caso e con mol to più forti apparecchi emendare il fallo de' suoi ministri. Per vero, al misurato e savio procedere degli Italiani di r ifo rma in riforma, e ù' una in altra miglioranza fece prima interrompimento la sollevazione di Palermo, poi l'altra te!llpestosissima di Parigi. Pure, per la rivoltu ra di Palermo, divenne (mercè dell' affaticarsi de' buoni) il moto riformativo .italiano più concitato d'assai, manon fazioso nè ruinoso. lmperocchè le Carte ottriate dai principi ottennero che alla piena subito cresciuta e già traboccante dei desiderj e delle esigenze fosse aperto un !ello molto capace, e dove il corso di quella pigliar potesse velocità equabile e regolar1l. Jnvece, il soqquadro di Francia fu seme esiziale e non estirpabi le de' nostri danni, face.ndo le menti vertiginose, dissolutissimi i desiderj , sbrigliate le passioni, audaci e soverchiatrici le sette. · Ogni buono se ne turbò. CARLO ALDERTO ne pianse in cuore, ma nulla cambiò del proposi to nè indietreggiò nè si ristettP. nè schiuse l'animo alle diffidenze ed alle paure. Dio, con interna impulsione e con l'esterno e l ungo portento d' inopinabil i falli, comandami, pensava egli, d'incominciare eziandio a prezzo della vita e della corona il Tisorgimenlo italiano, e il cenno dell'alto verrà adempiuto. Se gli uomini e la ventura sconceranno in gran parte il gesto sublime, esso Dio col tempo, docile ministro suo, e con l'arti ineiTabili di sua provvidenza il ricomporrà. In tale giudizio s'adagia egli tranquillo ecl imperturbato. Ma ciò non toglie che da buon cittadino e da ottimo re non provveda via via secondo l' urgenza e la pressura dei casi. Allestisce nuove truppe, a nuovi e solleciti apprestamenti fa metter mano. Abolisce per le stampe ogni magistrato censorio, pone a guardia delle pubbliche libertà le armi cittadi ne, promulga lieto c spontaneo il l'atto costi tuzionale e affidane l' esecuzione ai più caldi c provati fautori r promovitori. E perchè io non ritomi altra volta su tale ma'teria delle franchi gie politiche largite e mantenute da qÙesto Re legislatore , io toccherò qui di volo com'egli con diligentissima cura, anzi con gelosa e scrupolosa vigilanza sopra sè stesso mai non trasandò d' un attimo quei confini ch'egli medesimo avea prescritti all' autorità regia, c sempre fece consiglio e volontà propria la volontà e il consiglio del. parla-

-21mento c dci ministri; il che adempiva egli appunto· in quei giorni iu .:ui maggiore sorgeva il bisogno d' una leale dittatura c dopo contratto per diciotlo anni di quieto regno l' abito cotidiano dell ' assoluto comando. Forse nei negozi civili giù era comodità e riposo il dimetterlo; gli fu duro assai ne' militari, antica c domestica occupa1.ionc di tutti della sua Casa e de' quali avea riempiuto le mPn tristi ore della sua vita. Ciò nondimeno, così volle al nuovo Statuto obbedire e star sottomesso che quando venne domandato da' suoi ministri di cedere altrui I' impero supremo dell ' armi, mansuctamcnte rispose: se a voi par l)cne c giovi alla patria e la legge il comandi , si faccia. E non è dubbio che qualora a lui fosse venuto trovato tra suoi capitani alcuno tanto degno di quell ' uffic io da spegner l' invidia e gradire all' uni versale, egli avreb!Je, simigliante a quel greco, ringraziato pubblicamente Iddio del dare alla patria ci tladini di sè più valenti ; nè mancò di supplire al difetto chiedendo a Francesi, a Svizzeri, a Polacchi ripetutamente e con somma istanza un esperto e già vittorioso ·conducitore. Tanto la pietà, Io zelo e il debito sempre Yivo e operoso imerso la dolce sua terra, facea modesto e premuroso costui e dimentico di sè stesso e d'ogni p:tssato. Profi cuo precetto alle genti italiane, ed anzi rimpro\•ero lìero e solenne, qnaudo si pensa il presumere loro insolente e l' acuta febbre d' invidia che continuo le travaglia e le rode. Nell ' altro esempio dell'osservare punlualissimamente i patti c le leggi, molli principi si specchieranno con buon profitto ; a noi r imane la felicità di sapere che alla Maestà di Vittorio Emanuele II non fa bisogno, e che in ciò principalmente vuoi esser egli del padre suo non allieYo c seguace, si bene compagno e competitore. XIII. Ma l' ora è sonata, e le sorti italiane dipendono tutte oggimai dal terribi l giuoco delle spade. Milano insorge disperata e fur iosa contra il nostro antico avversario; c il popolo suo dà imagine di quel gigante che pugna con innumerabili braccia da un sol corpo animate, così · congiunta e stretta e concordemente feroce combatte quella cittù. Nr. ~ono gl' imperiali alla perfme scacciati, e Re CARLO ALBERTO è tli pronto sussidio richiesto perchè il frutt o non si disperda della vittoria difficile e sanguinosa. Nel consigliQdel He non siedono del sicuro uomini dubitosi e timidi nè poco caldi della causa nazionale. Pure il passo audacissimo e di supremo momento pone tutti in grave apprensione, e pendono i più nell'avviso di soprattenere la mossa . Mancare all' esercito gran parte ancora dei Contingenti e molli di questi essere afl'atto svezzi dall 'armi; sui nuovi coscritti non potersi fare assegnamento veruno, perchè sori e digi uni d' ogni istruzione; dei for nimenti stessi da guerra aversi penuria grande e volerei tempo a supplire;

-22 - slidarsi uno de' più formidabili potentati d'Europa nel quale, checchè si dica, rimangono tuttora Yivissime forze, soprattutto, un esercito veterano c-disciplinatissimo e turbc infini te da ri fornirlo; aver penato :'\apoleone e la Francia intera a domare l'Austria, che potrà il Piemonte mal preparato? andarci la corona c l'onore di S. M., la salu te dei subalpini, l'avvenire d' !Lalia. Così ragionaYano i consiglieri; ma il Re con aspetto animato e sicuro rispose: Signor i! i Milanesi, fratelli nostri, son minacciati di sterminio c mi domandano scampo; nef(herò io d'ai utarli ? innanzi al dovere la volgare prudenza , si tace; in me riposate; lo mi fo di tutto mallevadòre ; all'armi, Signori, all' armi! Ciò dice, Q smosso e conseguito l'assenso dci circostanti, manda atrrettatamcnte il Generale Bes con qualche truppa più spedita c vicina a soccorrer Milano, nella quale, per altro, dichiat·a di non voler porre il piede, quando non abbia per innanzi con lo splendore di (Jualche vittoria ben meritato di visitarla. Godano altri d'ovazioni e festeggiamenti dal titolo nudo di re e da lusinghiere aspettazioni proYoeati; egli arrossirebbe d'esser· lodato di sole speranze colà dove tutti le hanno prodigiosamente compiute. II dì 22 di marzo intima guerra agli Austriaci con parole le più infiammatiYe del 1\IOndo, · e che mai l'Italia dalla bocca di un principe suo non aYevn udite n è sperato forse di udire. La notte del 2G egli medesimo il l,le si pone in capo tlcl maggior corpo delle sue schiere, le quali per comando espresso di lui spiegano al vento i sospirati colori italiani , c il dì 29 en tran le porte di Pavia. Così ebbe cominciamento la guerra del riscatto, durante la quale the il He mostrasse valore e coraggio ad ogni pericol o superiori, è poca meraviglia e mediocre pregio a paragone con altre sue doti, e pensando che la militare bravura è comune a tutti della sua stirpe e già ne' suoi figliuo li ·risplende segnalata c chiarissima. l'tfn come non accennare almen di passata quanta virtù e fermezza ed annegazione da lui r ichiedessero gli altri uffici del guerreggiare? Vi risovvengano, Signori , le infermità sue, la complessione distemperata e mezzo consunta, i dolori acuti che il trafiggono, la lenta febbre che il lima e discarna. E contuttociò, guardale come l' indomato suo spirito con istoica sofferenza e ferreo vigore (li volontà sostenta il corpo afl'ralito e partecipa i disagi più duri e le privazioni più lunghe e penose de' menomi soldati. Ma sulle prime. egli ebbe almeno a conforto ed alleggiamento d' ogni pati re i ben succeduti combattimenti, le belle. e frequenti prove dei nostri, ,vedere spesoo il dorso dell' avversario, sperare vicina una ?rospem e (ermf~ativa giornata. A Goito il 30 di maggio sconfiggeva Jl Re trentamila imperiali con solo di ciannovemila de' suoi. A vespro, e in quel mentre appunto che la vittoria scuoprivasi a tutti sicura e ]latente, giunsero lettere del Duca di Genova annunzianti la dedizione ' di Peschiera, fortezza quanto alire mai gagliarda e munita, con abilità c hravurn difeaa, c per soccorrer la quale movo.a da pi ù bande molto

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