T. Mamiani, G. Prati - All'arrivo delle ceneri di re Carlo Alberto

- 27a un mortale cimento seguirlo; risposero che volentieri ; ma che piu non reggevano la pcrsonn , c mal potevano , per la fatica, le armi. Ma checchessia di ciò, quest' un fatto è certissimo ed assai vulgato, che vedcndolo il generale Dlll·nndo esposto tuttora alle oO'ese del nemico, cd anzi c('rcare i luoghi di più manifesto pericolo, pigliò ardire di usargli alquanto di pietosa e cortese forza, e, strettagli affettuosamente la mano ed il braccio, di là lungi il traeva·. A cui il Re con inelfabile dolore impresso nel volto e nel suono drlle parole: Generale, disse, questo è I' ultimo giorno mio, !asciatemi morire. Voi l' udiste : I' ecf·csso dei pubblici mali faceagli cara sopra ogni bene la morte, e come uomo che veste carne, umanamente si doleva e parlava. Ma che niuna disperazione si nascondesse in quei detti non degna della civile santità c d'un gran cuore italiano, lo testimoniano gli atti di lui successivi e t]Ucllo che raccolsero ammirati dalla sua boc<·a gli abitanti di Antibo ai quali, Ire dì soltanto dopo il terribile caso, afi'ermava ess~re la. cnusa italiana rivivente cd imperitura; c che quantunque e comunf'JUC fosse la guerra per ri nnovarsi contro dell ' Austria, egli saria ricomparso 11 combntterc, volontario tra i volontari . Le quali cose ci rendono certi che qualora fossegli riuscito d' accattar quella sera la morte dalle mani degli stranieri , già non avrebbe cadendo gittato come Koschiusco la spada, e sconsolatmnente gridato: finis ltaliae. Ed anzi in quel punto medesimo in cui parlò quelle tetre parole al Durando, ripigliato l'abituale e fortissimo impero che eserci tava sul proprio animo, concepl e risolvelle un'azione più difficile del morire. E per vero , entralo appena in casa il conte Mellioi, dichiarò ai circostanti che per attenuare al possibile quel tremendo infortunio e fa r tollerahili i patti del secondo armistizio, egli come specialmente odiato dal capitano dell' Austria e sospetto ai diplomatici e ai principi , e d'altra parte geloso e sdegnoso supremamente dell 'onore suo, risolveva di abdicare. Ognuno gli fu intorno e i figliuoli segnatamente per ismuoverlo da <1uel proposito. :Ma egli Ievalo>i in piedi con fermo viso ed atto imperante soggiunse: io non sono più il re; vostro re è il mio figliuolo Vittorio Emanuelle Il. Cresce e propagasi il lu tto e l' accoramento, sc.org:endosl troppo bene che piena ed immutabile rimaneva quella sua volontit . Egli ristre tto~i a breve colloquio col nuovo re parlogli l'estreme parole pienissime di virtù e sapienza; dolergli forte che incominciasse a regnare in congiunture sl gravi e sul pendìo di tanta ruina; ma i saggi che avea veduti di lui , dargli buon pegno che salverebbe il t rono, l' onore e la libertà, tre cose rhe pel buon principe fanno una sola , e che disgiunte , tradirebber la gloria e la prossima grandezza e potenza di Casa Savoia. Al monarcato non porgere più fondamento e splendore il diritto divino, ma la liberalità e saldezza degli istitut i, la religione del gi uramento e l' universale amore ed estimazione delle moltitudini , la quale non sarà per mancare, quanto tempo i re piuttosto che dominatori ed arbitri, gradiranno di essere i

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