Bartolomeo Vanzetti - Lettere sul sindacalismo

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B ioteca Gino Bianco Fondazione Alfryd Lew1n Biblioleca Gino Bianco Fondo Gino Bianco

PUBBIJCAZIONI del Gruppo Editore " L' ANTISTATO ,, CESENA (Forlì) N. 1 IL PENSIERO DI GALLEANI Lire 40 N. 2 UN TRENTENNIO DI ATTIVITA' ANARCHICA (1914-1945) Lire 400 N. 3 G1c1 OAMIANI LA MIA BELLA ANARCHIA Lire 40 N. 4 LUIGI GALLEANI MANDATELI LASSU' ! Lire 200 N. 5 Uco FEDELI GIGI DAMIANI Note biografiche • Il suo posto nell'anarchismo Lire 60 • N. 6 Uco FEDELI LUIGI GALLEANI Quarant'anni di lotte rivoluzionarie (1891-1931) Lire 500 Per ordinazioni rivolgersi a SAMA UMBERTO Casella Postale N. 40 . CESENA (Forlì) Biblioteca Gino Bianco

BARTOLOMEO VANZETTI LETTERE sul SINDACALISMO 1957 · EDIZIONI "L'A N TI STATO,, CESENA (Forlì) Biblioteca Gmo Bianco

CENNI BIOGRAFICI Bartolomeo Vanzetti nacque a Villafalletto (Cuneo) 1'11 giugno 1888 da agiati contadini. Dai 13 ai 19 anni lavorò come garzone in varie pasticcerie fra Cuneo e Torino, ove venne a contatto con le idee socialiste allora in auge. A vent'anni si imbarcò per l'America e nel giugno 1908 sbarcava a New York. Cominciava così le sue dure esperienze di emigrante, le lunghe peregrinazioni in cerca di lavoro, la fame, la miseria, la violenza ,morale da parte dell'ambiente che vedeva negli immigrati degli intrusi o al più delle bestie da soma. Condividendo egli la sorte di milioni di lavoratori di ogni razza e nazione, con la sua vivace intelligenza e la sua acuta sensibilità doveva presto individuare le cause fondamentali di tanta sofferenza e quindi il metodo di lotta per cercare di diminarle. Questo studio gli potè essere agevolato dal fatto che egli non era stato spinto in quell'ambiente dalla fame, ma da un sogno di libertà alimentato dal ricordo della gloriosa rivoluzione americana, e deluso al primo contatto con una società sorta da quella e tuttavia chiusa nel più gretto conservatorismo, sfruttatrice e sotto certi aspetti corrotta più della vecchia Europa. Affrontò vari lavori anche troppo pesanti per il suo fisico: in fornaci di fabbriche di mattoni, in cave di pietra, in pasticcerie. Fece il bracciante, il manqvale, l'addetto alla fusione del ferro.. E alla fine di ogni lunga giornata di lavoro si dedicava alla lettura di libri e di giornali di ogni tendenza politica e religiosa, ad opere letterarie scelte tra i classici di ogni nazione. Tra la minoranza cosciente della popolazione immigrata che si radunava in << circoli di cultura o studi sociali » egli si sentì attratto per affinità al gruppo editore di quella « Cronaca Sovversiva » che, diretta da L Galleani nel Massachussetts, era l'espressione più chiara dell'anarchismo militante negli S.U. sempre presente nelle agitazioni operaie, alle quali il nostro Vanzetti partecipava con entusiasmo ed intelligenza. Fu nel 1916,nello sciopero degli operai della Plymouth Cordage Company durato dal 17 gennaio al 16 febbraio, che l'odio dei padroni e dei politicanti cominciò ad individuare il « dannato agitatore ». Quando tutti gli operai, ottenuto un piccolo aumento di salario, ritornarono al lavoro, Vanzetti fu respinto dai padroni della corderia ove lavorava. Di Nicola Sacco, che ormai nella memoria dei lavoratori di tutto il 5 Biblioteca Gino Bianco

mondo forma con Vanzetti un indissolubile sacro ricordo, dovremo pur brevemente dire: nativo di Torremaggiore (Foggia) e di tre anni più giovane di Vanzetti, era anche egli sbarcato in America nel 1908 ed aveva facilmente trovato vari lavori ai quali si dedicò con diligenza e assiduità. Specializzatosi, in seguito, alle macchine orlatrici, lavorò nei calzaturifici. Anche egli fu dei gruppi anarchici gravitanti nell'orbita di « Cronaca So1111ersi11a », e diede la sua opera fattiva agli scioperi che dal 1912 si venivano attuando con una compattezza sempre più allarmante per le classi dominanti. Casualmente si incontrò con Vanzetti in occasione di qualche conferenza o adunata in difesa di compagni arrestati. Gli divenne amico intimo nel Messico ove entrambi si erano rifugiati assieme ad altri compagni nel 1917, quando, scoppiata la rivoluzione in Russia, si era diffusa la speranza che essa si estendesse all'Europa, e si temeva - rimanendo negli S.U. - di non potervi accorrere in aiuto. Ripassata la frontiera, quando quelle speranze furono deluse, Sacco tornò presso la compagna ed il figlioletto e trovò lavoro in un calzaturificio di Stoughton Mass.; Vanzetti tornò a Plymouth e fece per qualche tempo il bracciante e infine il pescivendolo. Era quello il periodo ultra-reazionario del dopo guerra, degli arresti e deportazioni in massa; e le brutali operazioni poliziesche potevano violare non solo ogni senso di umana giustizia, ma persino le formalità legali - tanto aveva potuto suggestionare larghi strati della società americana la propaganda contro tutti i rivoluzionari, in special modo contro gli « anarchici pericolosi! ». Galleani e altri compagni erano stati deportati, e molti rimanevano in prigione sottoposti a mille torture. , Andrea Salsedo, collaboratore di « Cronaca So1111ersi11a » ed editore della rivista « Il domani» assieme a Roberto Elia, era stato con questi arrestato fin dal febbraio 1920. Quelli che restavano ancora a piede libero, avevano ragione di credere che presto o tardi sarebbe venuta la tortura anche per loro; e cercarono di organizzare la difesa. Vanzetti, incaricato di esaminare la situazione con il Comitato di Difesa di New York e con l'avv. Nelles. al suo ritorno riferì ai compagni adunati in East Boston il 2 maggio 1920 i risultati delle sue indagini: « I nostri compagni vengono crudelmente perseguitati. Per evitare che anche noi veniamo arrestati, dobbiamo nascondere tutti gli opuscoli e le altre pubblicazioni radicali che si trovano nelle nostre case e nei nostri circoli. E' questo il consiglio dell'avv. Nelles ». La mattina seguente A. Salsedo precipitava dal 14° piano di Park Row adibito ad ufficio segreto del Dipartimento di Giustizia: egli era stato lanciato (come pensarono gli amici) o vi era stato costretto dalla disperazione e dalle torture che da otto settimane gli erano inflitte. Nell'un. caso e nell'altro questo fatto costituiva un nuovo e più eloquente crimine del 6 Biblioteca Gino Bianco

potere cos~1tu1tot,a(e da indurre .gli anarchic_iad attuare i~mediatamente il piano d1 portare m salvo la stampa sovversiva e ad organizzare un pubblico comizio di protesta per il .9 maggio nel quale l'oratore principale, come colui che era più a conoscenza della situazione, sarebbe stato Vanzetti. Intanto la sera del 5 maggio Sacco e Vanzetti avrebbero dovuto rilevare la macchina di un amico onde provvedere al trasporto delle stampe. I due, denunziati come elementi sospetti dal padrone del garage ove si trovava la macchina (che essi non avevano poi rilevato perchè sprovvista della targa di licenza), appena entrati in Brockton furono tratti in arresto per non essere più liberati. Il District Attorney Frederick G. Katzmann trovò il modo, con false testimonianze e con una giuria prevenuta, di incriminare Vanzetti quale complice di un tentativo di rapina a mano armata a Bridgewater avvenuto il 24 dicembre 1919. Innumerevoli testimoni, che avevano visto Vanzetti durante tutta quella giornata vendere il pesce a Plymouth, non furono neanche presi in considerazione. E il processo di Plymouth (22 giugno-1° luglio 1920) sotto la presidenza del Giudice Webster Thayer finl con la condanna del Vanzetti alla reclusione da 12 a 15 anni. Poi si procedette ad organizzare un processo a carico di entrambi i detenuti. Il 15 aprile 1920 un impiegato pagatore ed una guardia erano stati uccisi e derubati da 4 uomini in automobile a South Braintree; Sacco e Vanzetti furono deferiti al giudizio della Corte d'Assise di Dcdham quali complici della rapina e dei due assassini. Il processo cominciò il 31 maggio 1921 sotto la presidenza dello stesso Giudice Thayer e con la stessa pubblica accusa Katzmann .. La difesa però non era più in mano di un nemico quale si era mostrato al precedente processo l'avv. Vahey, ma affidata a Frcd H. Moore, un eminente avvocato che aveva spessç> e con entusiasmo difeso gli operai nella loro giusta causa quando erano caduti nelle grinfie della magistratura. Fino allora il caso Sacco-Vanzetti non aveva suscitato se non l'interesse di una limitata cerchia di compagni: Moore smascherò la montatura giudiziaria agli occhi del proletariato di tutto il mondo e degli spiriti liberi di ogni nazione, che da allora seguirono le vicende del processo prendendovi una parte considerevole. Sicchè il processo si prolungò, tra agitazioni operaie, proteste del mondo della cultura e di tutti i sinceri progressisti, fino al 1927, senza che tuttavia si potesse riuscire a far desistere la magistratura dal supremo crimine. Già al processo di Plymouth il giudice Thayer, per portare la prova conclusiva (poichè non ne era emersa alcuna) della colpevolezza di Vanzetti, aveva dichiarato: « Gli ideali dell'imputato sono affini al delitto». Era evidente che la colpa di Sacco e Vanzetti era quella di essere anarchici, e per di più immigrati; e Moore mise a nudo, durante il dibattito, con grande franchezza e coraggio, i motivi di odio politico che animavano 7 Biblioteca Gino Bianco

l'accusa. Ma cosa potevano le irrefutabili prove di Moore, le vivaci proteste di milioni di lavoratori, contro un mondo ostile per principio? Attorno al caso Sacco-Vanzetti si svolgeva la lotta tra reazione e progresso sociale, tra due mondi che non potevano avere un linguaggio comune per intendersi. E gli uomini della cultura non capirono allora, come non hanno capito ancora, tranne rare eccezioni, che NON BASTANO LE LE PAROLE A FAR TRIONFARE LA VERITA' E LA GIUSTIZIA; che non si poteva ottenere la liberazione dei due processati per il tramite di una istituzione nata e sorretta da una società che condannava in partenza persino il pensiero di Sacco e Vanzetti. Questi per di più non fecero nulla per ingraziarsi il giudice e la giuria: esposero le loro idee politiche con orgoglio e chiarezza, e più volte sottolinearono con sonore risate le assurde formalità della Corte. Il verdetto di condanna emesso a Plymouth era stato creato ad arte come un pregiudizievole precedente penale; e poichè per volere della Corte i processi dei due anarchici furono abbinati, esso agì anche a detrimento di Sacco. Moore pensava che avrebbe facilmente potuto ottenere l'assoluzione di Vanzetti sol che avesse insistito sul fatto che la prova indiziaria su cui si basava l'accusa era troppo inconsistente. Sapeva però - per la conoscenza che aveva delle aule giudiziarie - che in tal caso non si sarebbe in alcun modo salvato Sacco. Non perchè a carico di questi fosse emerso qualcosa di più positivo, ma perchè la sovreccitazione degli animi, l'odio politico ed il prestigio della magistratura richiedevano che almeno un colpevole in ogni modo ci fosse! Egli lasciò decidere a Vanzetti il quale rispose: « Salvate Nick, egli ha moglie e figli>>.Così il dibattito si protrasse fino al 14 luglio 1921, tra sconcertanti messe in iscena della Corte, impegnata a fondo a non mollare le sue vittime, e sostenuta da un grande apparato di forze militari, nonchè da una parte considerevole dell'opinione pubblica della quale essa aveva saputo aizzare i sentimenti più retrivi. Pur non risultando dal dibattito che « una presunzione di reità >>che facilmente poteva essere confutata, i giurati emisero un verdetto di assassinio in 1 ° grado per il quale, secondo le leggi vigenti nel Massachusscts, Sacco e Vanzetti dovevano essere condannati alla sedia elettrica. Nel suo rapporto al governo di Roma, il Console italiano, che aveva assistito a tutto il processo, scrisse: « Neppure l'ombra di una prova fu presentata contro gli imputati, i quali sono stati condannati. per odio politico e di razza ». La stampa proletaria di tutto il mondo si sollevò contro l'infame verdetto, e le organizzazioni operaie domandarono un nuovo processo. Il Comitato di difesa pro Sacco e Vanzetti riscosse appoggi morali e materiali da parte di molte associazioni operaie americane, di Unioni indipendenti, Società politiche e di Mutuo Soccorso. Una serie di dimostrazioni, proteste 8 Biblioteca Gino Bianco

e attentati contro le sedi diplomatiche degli S.U. indussero la Magistratura alla ripresa del processo il 29 ottobre 1921 nella stessa Dedham, e Moore chiese l'annullamento del verdetto. Ma non si trattava che di un'edizione riveduta e ampliata della commedia syolta nel giugno precedente con più larga e decisa presa di posizione da parte del pubblico pro e contro gli imputati. I giudizi degli avversari si cristallizzarono, in base non a prove reali, a fatti, ma alle idee preconcette contro i radicali e gl'immigrati. Cosicchè a nulla valsero le innumerevoli testimonianze, le confessioni di spergiuro, di quelli che erano stati i maggiori testi a carico nei precedenti dibattiti, le prove più evidenti della complicità del Governo Federale nella montatura giudiziaria. Neppure le confessioni di uno della banda Morelli - che aveva commesso il delitto imputato a Sacco e Vanzetti - corroborate da varie testimonianze e sopratutto dalla deposizione dell'Ispettore di polizia di Ne.w Bedford, cambiarono nulla nell'animo dei giurati e dei cittadini che offrivano fiori a Thayer perchè cosl bene assolveva il proprio compito! Il 24 dicembre l'istanza di annullamento del verdetto, e in seguito tutte le altre istanze furono rigettate dall'unico uomo che avessela veste giuridica per decidere: il Giudice Thayer. Neppure la competenza giuridica e la grande reputazione degli avvocati William G. Thompson ed Arthur D. Hill, invitati da Moore alla difesa, riuscì ad altro che a protrarre ancora per lunghi anni la commedia della giustizia in seno alla magistratura. Si ricorse persino alla Suprema Corte degli Stati Uniti, cd era naturale che essa non correggesse nulla in quanto NON SI TRATTA VA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO, MA DI UNA VENDETTA DI STATO CONTRO DUE ANARCHICI. Non capirono ciò la maggior parte di coloro che avevano preso a cuore la difesa di Sacco e Vanzetti. Invano questi stessi avevano ammonito dal carcere compagni ed amici che LA LORO LIBERAZIONE NON POTEVA AVVENIRE CHE AD OPERA DEI LAVORATORI: LA PERSISTENTE INGIUSTIFICATA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE, FECE FALLIRE L'OBBIETTIVO, E RESE VANE LE PODEROSE RIUNIONI DI FORZE PROLETARIE CONTRO GLI ESECUTORI DEL CRIMINE POLITICO. Il 9 aprile 1927,dopo un breve discorso di Sacco ed una vibrante arringa · di Vanzetti, che erano una terribile accusa contro i « delitti che la legge e la chiesa legittimano e santificano» (Vanzetti), il giudice pronunziò la sentenza di condanna a morte per i due imputati. Le proteste si intensificarono in tutto il mondo. Il Dipartimento di Stato a Washington ricevette innumerevoli rapporti da parte ~ei suoi rappresentanti nei paesi in cui quelle proteste imponenti facevano pensare al pericolo che la messa in atto della sentenza poteva rappresentare. Il fatto che il Governatore potesse affrontare col suo cinico sorriso tutti quei moti popolari senza desistere dal9 Biblioteca Gino Bianco

l'infame proposito, sta ad indicare l'enorme pressione in contrario che faceva la classe capitalista d'America e la sicurezza che in ogni caso non c'era da temere rapresaglic da altri governi, data la solidarietà di classe che esiste tra gli clementi reazionari come mezzo di reciproca difesa. Nella prir;na ora del 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti affrontarono l'clettrocuzione serenamente, dichiarando ancora la loro innocenza e la loro fede nell'anarchia. Essi parlavano ancora ai milioni di uomini e donne che si erano stretti in ispirito attorno a loro da tutte le parti del mondo: perchè da quell'immensa tragedia apprendessero a meglio conoscere il nemico, a non desistere dalla lotta, a non perdere la fiducia nella giusta causa abbracciata. Negli ultimi sci anni della loro vita, Sacco dal carcere di Dedham, Vanzctti dalla prigione di Charlestown, avevano comunicato col mondo operaio attraverso le lettere che ci rimangono numerose a testimoniare la loro semplice e grande anima. Non erano essi dei « lt!aders » e non si atteggiarono mai a tali: per questo essi possono meglio di altri rappresentare l'essenza della personalità anarchica, che consiste nella chiara coscienza dei diritti e dei doveri dell'individuo in seno alla società, nel sapere assumere con decisione e prontezza posizioni dinamiche per la cman• cipazione sociale senza coartare l'altrui personalità. Il giorno in cui l'Uomo, superate le vecchie idolatrie, cercherà nella Storia le tappe fondamentali della propria ascesa, si accorgerà che queste non sono state segnate dai cosidctti grandi uomini, ma da una immensa schiera anonima di cui solo un'esigua parte assurge accidentalmente alla notorietà. Un Alessandro, un Cesare, un Napoleone, poterono compiere le loro gigantesche (seppure non lodevoli) imprese, sfruttando l'opera di innumerevoli esseri assoggettati in una maniera o nell'altra al loro volere. Individui come Sacco e Vanzctti (e tanti altri lavoratori rimasti ignoti e di cui essi sono il simbolo) hanno operato giorno per giorno alla realizzazione di una vita più altamente umana, affrontando di persona, con le sole proprie forze, l'impari lotta contro le bestiali forze retrive, dando tutto di sè non per procacciarsi dominii od onori, ma per la libertà cd il benessere di tutti gli uomini. Questi sono i veri giganti nelle lotte umane! Lo sentirono forse per un momento le folle pervase di orrore e raccapriccio che protestarono rabbiosamente davanti a migliaia di consolati, ambasciate e case di commercio americane appena sparsa la notizia dell'clettrocuzione di Sacco e Vanzetti. Lo dimostra l'eco non ancora spenta nel cuore degli uomini liberi di tutto il mondo e tra la gente d'America di cui è testimonianza l'opera monumentale uscita nel 20° anniversario del supplizio ad opera dei proff. G. Louis Joughin ed Edmond M. Morgan, intitolata: « L'eredità di Sacco e Vanzetti ». 10 Biblioteca Gino Bianco

PREFAZIONE Nel carcere Vanzetti leggeva quanti libri gli capitavano; non tanto per occupare il tempo, quanto per l'ansia di apprendere, nella ricercadi elementi validi alla soluzione del problema sociale. Frutto di tanta meditazione e prezioso apporto alla causa da lui abbracciata,oltrechè specchio del suo nobile cuore e della sua viva intelligenza, sono gli scritti di quel periodo: innumerevoli lettere inviate ad amici e compagni; articoli per i giornali proletari di lingua italiana; esposti che egli stesso preparava per la difesa ai vari dibattiti del processo; e infine due opere autobiografiche, delle quali la « Storia di una Vita Proletaria » fu pubblicata a puntate su 20 giornali e riscossemolte lodi. Le sei lettere-articoli che oggi il Gruppo Editore (( L'Antistato » pubblica in opuscolo, sono tratte dall'annata 1923 dell'Adunata dei Refrattari. Esse trattano un tema ancor oggi molto discusso, e cioè il rapporto tra Anarchismo e Sindacalismo. E torna a proposito questa nuova edizione poichè, come allora, sono molti coloro i quali, non conoscendo le ragioni del nostro dissenso dal sindacalismo, considerano la posizione anarchica come astrattamente teorica, incapace di azione fattiva nelle lotte operaie. Le acute analisi del Vanzetti, condotte sulla scorta della più vasta esperienza storica, le lucide argomentazioni che egli ne trae, sono tuttora valide per eliminare un tale errore di prospettiva in chi legga senza prevenzioni. E bisogna tenere presente che se Vanzetti scrive in un periodo di pura meditazione, le idee che espone sono quelle stesse che avevano improntato tutta la sua li Biblioteca Gino Bianco

azione nei dodici anni precedenti il suo arresto; azione tanto efficace da provocare l'orribile macchinazione giudiziaria a carico di lui e di Sacco, altro elemento dei più attivi e intelligenti nelle lotte operaie, allo stesso modo che la grande influenza esercit11ta su vasto raggio dai Gruppi di « Cronaca Sovversiva» (cioè della stessa tendenza del Vanzetti) si era attirato il furore della classe padronale e del potere costituito. Altro che astratte teorie! Essi dimostrarono con l'esempio, come lo dimostra oggi ogni anarchico che abbia idee chiare e coraggio di agire in coerenza con esse, come si possa concretamente operare in senso rivoluzionario senta abbandonare la via maestra dell'Anarchismo. La tesi del Vanzetti, che è anche quella del Movimento Anarchico specifico nel suo insieme, non nega il valore, anzi la necessità, di una concreta unione degli operai come premessa indispensabile per la loro emancipazione; ma vuol mettere in guardia dalla facile illusione che un sindacato, o comunque una organizzazione, possano di per sè stessi realizzarla; tanto meno se essa subisce suggestione o coazione di partiti o di capi. Anche perchè le istituzioni in genere (e tra esse lo stesso sindacato che sorge da una società divisa in classi antagoniche) per la loro stessa natura tendono a perpetuare stati di fatto oltre le necessità contingenti a fronteggiare le quali esse erano sorte, diventando perciò a loro volta ostacolo alla dinamica del divenire sociale. Ma sopratutto per il fatto che solo la pratica dell'azione diretta può chiarire man mano alla coscienza dei, singoli lavoratori la comunanza di interessi, e creare le premesse per quell'autentica unificazione di essi che è dunque un risultato, una méta, non un presupposto.del loro assoctarst. È questo il vecchio m6nito del federalismo anarchico ai settori autoritari della Prima Internazionale già espresso a chiare note fin dal 1872 al Congresso dell'Aia e poi a Saint-Imier. Il non averlo compreso e accettatoha reso vano il sacrificiodi tante masse permeate di spirito rivoluzionario; le quali, per questo iniziale equivoco, furono trascinate insensibilmente nei vecchi schemi del12 Biblioteca Gino Bianco

l'organizzazione politico-sociale che esse si erano levate a combattere, fino a perdere ogni carattere rivoluzionario. Il fenomeno involutivo si presentava già abbastanza chiaro nel 1923 (cioè al tempo in cui queste lettere furono scritte) e il Vanzetti ce ne dà un ampio squarcio. Del resto il sorgere stesso del Sindacalismo come esigenza di un ritorno ai metodi rivoluzionari, dimostra che lo slittamento dalle primitive posizioni era stato avvertito anche all'interno di quei gruppi che già avevano aderito alla Prima Internazionale. Il che non significa che il mezzo per ovviare ad esso fosse risultato idoneo. Da allora molti fatti si sono maturati a convalidare la tesi anarchica; ed i lavoratori, se non fossero ormai da lungo tempo disavvezzi a pensare ciascuno col proprio cervello, piuttosto che credere e sempre credere ai loro catechisti,avrebberodi che meditare per comprendere come siano illusorie le loro piccole conquiste e perchè il loro problema, nonchè essere risolto, si sia sempre più complicato. · Rifacciamoci un poco alle origini. L'organizzazione operaiasu piano internazionale era sorta spontaneamente dalla identità di interessi ed aspirazioni dei lavoratori delle varie nazioni, di contro alla tirannide del capitalismo. Diverse correnti di pensiero avevano confl.uito nel medesimo obiettivo, e la vitalità della Prima Internazionale consisteva nel!'apporto attivo delle individualità ai gruppi e di questi alle assemblee più vaste, via via fino alla organizzazione su campo internazionale che tutte le comprendeva. La pluralità degli atteggiamenti avrebbe potuto essere armonizzata nelle libere discussioni alla centrale di confluenza se l'interesse comune non fosse stato sacrificato a quello di un. gruppo. Però M ar.r:ed i suoi seguaci, sorretti da una ideologia che nega l'individuo pretendendo di inverarlo nella comunità, si opposero fin dal primo momento a questa soluzione federalista considerandola utopistica; e vi contrapposero, con l'inganno e con la forza, la prassi di un socialismo autoritario che attraverso la conquista del potere - organizzato dalla Centrale con ferrea disciplina - avrebbe dovuto portare alla dittatura del proletariato 13 Biblioteca Gino Bianco

considerata come « periodo transitorio» per giungere a quella società di liberi ed uguali che era la comune aspirazione. Quanto fosse effimero un simile internazionalismo od unitarismo basato sulla coazione, lo si è visto anzitutto di fronte a/, fenomeno «guerra» che, pur essendo per essenza in antitesi con gli interessi e la solz'darietàdel proletariato internazionale, non solo non è stato evitato ma ha addirittura diviso e travolto nel suo destino gli stessi internazionalisti (nel loro insieme). I quali hanno rimesso la soluzione di questo gravissimo problema alla conquista del potere, senza rendersi conto che è proprio il potere, per sua intrinseca natura, generatore di guerre. E allontanandosi sempre più dal primitivo antimilitarismo, hanno accettato, sulla scorta di Lenin, la guerra, pensando di sfruttarne la conseguente crisi onde affrettare la caduta del capitalismo; la quale cosa ovviamente non si è verificata, poichè la guerra è sempre stata la naturale valvola di sicurezza per superare le periodiche crisi economiche cui va soggetto il capitalismo, sia esso il tradizionale o quello di Stato. Oggi, infine, coloro che equivocamente hanno assunto la denominazione di « partigiani della pace», fanno a parole una propaganda antibellicista, che ignorando le vere cause della guerra (cioè lo Stato, il Capitalismo e l'Autorità d'ogni colore) si risolve in vuota accademia; mentre i~ pratica assumono il più contradittorio bellicismo fomentando e appoggiando le guerre nazionaliste d'Africa e d'Asia contro l'imperialismo occidentale, e difendendo invece l'imperialismo orientale, per nulla diverso dal- !' altro ed il cui vero volto oggi nessuno più può ignorare dopo le orribili repressioni, i tradimenti, le deport{lzioni in massa del- !' eroico popolo ungherese colpevole solo di volere giustizia sociale e indipendenza da/,l'Est e dall'Ovest. Ma non solo di fronte al problema della guerra doveva infrangersi il socialismo autoritario con la promessa della conquista del potere. Basta seguire nelle grandi linee la sua parabola per vedere quanto del programma e dei fini della Prima Internazionale siano stati realizzati e raggiunti per questa « praticissima » via opposta ali'« utopismo » dei federalisti anarchici. La via cosidetta « demo14 Biblioteca Gino Bianco

crmica » e collaborazionista, quando non è stata completamente addomesticata dalla borghesia, ha condotto sempre alle guerre, alle repressioni dei rivoluzionari e infine al fascismo, al nazismo, falangismo ecc. LA via «transitoria» della dittatura del proletariato che ha avuto la più ampia e conseguente applicazione in Russia, - e sono ben 40 anni di esperienze per nulla transitorie, - per confessione dei suoi stessi capi ci mostra col rapporto Krusciov al XX Congresso del PCUS come si sia risolta nella più feroce dittatura di un uomo e di un partito. Nel quadro di queste confessioni i lavoratori dovrebbero riconsiderare tutte le inumane perset:uzioni subite in Russia dai rivoluzionari più sinceri e disinteressati, considerati come traditori da sopprimere da quelli che a loro volta, all'interno stesso del partito-guida furono definiti deviazionisti nei clamorosi processi periodici dal 1934 al '53: tutti delitti che non l'uomo, ma l'intero sistema ha provocato (tant'è vero che neanche la destalinizzazione è valsa a modificarne la spaventosa china) senza peraltro poter addurre a propria giustificazione alcuna realizzazione di Socialismo in campo economico (v. le dichiarazioni di Stalin al XIX Congresso Universitario, le rivolte di Berlino Est nel '53 e quelle del '56 in Polonia, in Ungheria). Così come il tradimento perpetrato in lspagna in seno al fronte rivoluzionario, rappresentava tutl altro che una necessità tattica, ma solo questione di egemonia del bolscevismo russo rispetto agli altri settori politici che si è manifestato dappertutto in politica estera prosecutore dello zarismo. Poteva il Sindacalismo ovviare a queste involuzioni? Graham (citato nella 3• lettera) testimonia che «... nel giro di appena 20 anni il movimento sindacalista divenne un duplicaJo delle ordinarie organizzazioni di mestiere, e gli anarchici che contribuirono alla sua formazione non divennero che i dirigenti e i capoccia di esse organizzazioni». In quest'ultimo trentennio, col maturare degli atteggiamenti dei singoli settori politici di fronte al problema operaio, cosa si è registrato? Dove la lotta non è ancora giunta ali'egemonia di un solo gruppo - che è la méta inconfessata anche dei cosidetti demo15 B blloteca Gino Bianco

cratici - i vari partiti hanno proceduto a formare, e dall'alto, ciascuno un proprio sindacato, onde sfruttare l'organizzazione delle masse lavoratrici per le proprie battaglie elettorali e parlamentari. Un esempio tipico ed attuale del fenomeno ci è stato dato in Italia - nell'ultimo dopo guerra - dall~ costituzione della C.G.IL. dal- !' alto ad opera dei partiti maggioritari, e dalla scissione che ne è seguita (U.l.L., C.S.IL. e minori). Dove invece si sono imposti i regimi totalitari sorti dalla controrivoluzione, i lavoratori sono stati imbrancati o imprigionati nei sindacati unici (nazi-fascisti, peronisti, falangisti, bolscevichi) che hanno raggiunto il massimo della finzione e degenerazione. Basti pensare che in questi regimi creati e sostenuti dagli interessi di una cricca ai danni della comunità, la lotta di classe - donde trae origine e ragion d'essere il sindacato - non è ammessa ne,.;,,meno in principio. Dove, infine, particolari condizioni storico-ambientali hanno consentito agli anarchici di influenzare moralmente le masse organizzate, come ad es. nella CNT spagnola, nella FORA argentina ecc., il sindacalismo è tornato alle primitive posizioni rivoluzionarie, PROPRIO IN VIRTÙ DELLE IDEE ANARCHICHE, le quali hanno vivificato il pensiero e l'azione degli associati.E tuttavia l'impostazione sindacalista, anche in ambienti così particolarmente favorevoli, appunto per la sua stessa natura, non poteva non essere esente da posizioni pregiudizievoli, non facilmente individuabili finchè restano allo stato latente, ma ben manifeste e funeste nei momenti cruciali; come si vide nella Rivoluzione Spagnuola del 1936-'38 per la partecipazione al governo della CNT con le conseguenze che conosciamo. Queste e1perienze ci mostrano che il richiamarsi vagamente al1' azione diretta (come fece il sindacalismo) lasciando in ombra il problema politico, non porta nè sul piano rivoluzionario, nè ali' unità dei lavoratori: PERCHÈ IL PROBLEMA NON SOLO NON PUÒ ESSERE COMPRESO NEI PURI TERMINI ECONOMICI, MA È ESSENZIALMENTE POLITico; e dove la concezione politica s'incardina sulla conquista del potere, si potrà anche partire dall'azione diretta, ma si finisce sempre nel/'organizzazione centralizzata che soffocherà ogni libera iniziativa e ricostituirà l'ingiustizia; mentre, ove il sindacato 16 Biblioteca Gino Bianco

raccolga elementi di diverse correnti politiche, così com'è stato della C.GJL. in Italia, è evidente che ognuna di queste tenderà a realizzare i propri piani a tutto danno delle altre e, anche prima che si giunga,alla scissione formale, non vi potrà essere unità d'azione. Tutto ciò è già visto con grande chiarezza dal Vanzetti, ed è sufficiente a giustificare le nostre riserve nei riguardi del Sindacalismo. Oggi, poi, la costituzione dei blocchi imperialisti dell'Est e dell'Ovest, la minaccia di una terza guerra mondiale, la nuova rivoluzione industriale che si sta già attuando in America ed in Inghilterra con l'automazione, i problemi attuali più scottanti, insomma, oltre che trovare le forze del lavoro più che mai divise e fanatizzate le une contro le altre, mettono in evidenza la povertà ideologica ed inadeguatezza degli organismi sindacali a risolverli. Sopratutto il « cervello elettronico », per la sua enorme capacità di produzione, mostra oggi con caratteri inconfondibili, come la necessità della realizzazione di una società socialista in regime di libertà sia questione di vitale importanza non solo per le categorie di mestiere, ma per la società intera posta dinnanzi al dilemma della più assoluta schiavitù o della più ampia emancipazione. La società tutta, dunque, non la sola classe operaia, è chiamata ad affrontare questo urto che da sempre è stato denunziato dagli anarchici come urto essenzialmente tra autorità e libertà, e nel quale l'economia rappresenta solo lo strumento di dominio esercitato sulle masse da una minoranza, sia questa rappresentata dallo Stato o dal Capitalismo o dalla burocrazia degli organizzatori e ammiflistratori cui si va progressivamente trasmettendo il potere. Il progresso tecnico-industriale, insomma, in una con la crisi odierna del « socialismo scientifico », pone in termini di grande attualità, l'istanza anarchica della Rivoluzione integrale fin qui ritenuta un'utopia dai nostri pratici avversari, e che ha le sue salde , radici nella coscienza individuale. Tutti anarchici allora? Obietta l'interlocutore considerando l'ipotesi utopistica. Il bravo Vanzetti spiega come ciò non sia necessario. E noi vo"emmo aggiungere che, essendo l'anarchia più che un credo, una condizione di vita, la quale permette a tutti ed 17 B b ioteca Gino Bianco

a ciascunodi esseresè stessonel senso più al.todel termine, la pratica stessa dell'azione diretta potrà raggiungere l'obbiettivo (che sembra.tanto lontano da raggiungere con la propaganda teorica) molto più facilmente ed estensivamente di quel che non si creda: come dimostra l'esperienza storicadell'Ucrainae della Spagna nei rispettivi periodi rivoluzionari, dove intere popolazioni per nulla orientate politicamente, una volta frantumato l'apparato statal.edi forza, seguendo l'esempio delle minoranze anarchiche,seppero vivere anarchicamente, difesero quel sistema di vita contro lo strapotere e la violenza dei fascisti e dei bolscevichiche vollero soffocarlo nel sangue, e ancora oggi tengono desta, col sacrificio di tanta gioventù, la lotta contro il franchismo. Con la ripubblicazione di queste lettere in un periodo in cui le varie central.ipolitiche rispolverano il mito dell'unità sindacal.e onde risal.irela china dell'impopolarità e del fal.limento e riconquistareil.controllo delle masseper i loro fini di manovre politiche e parlamentari,noi intendiamo offrire ai lavoratori (sopratuttoal.le nuove generazioni che il fascismo ha tagliato fuori dal.le esperienze social.t),gli elementi necessarial.lacomprensione di questa vecchiaturlupinatura che si vuole ripetere ai loro danni. Il lettore noterà al.lafine della o lettera che la discussionenon è giunta a termine. Probabilmente Vanzetti ne fu distolto dal.le complicazioni del processoche si andava svolgendo a suo carico; in ogni modo è ben facile individuare, anche al. punto in cui rimane, la posizione dell'anarchicodi fronte al.problema sindacal.e. Resta solo da chiarire, per il lettore che non conosca l'ideologia anarchica, un concetto che nelle lettere resta sempre implicito, trattandosi di una discussione tra anarchici, pur se di tendenza diversa. Ci si domanderà: In che consiste l'azione diretta da voi propugnata? O in termini più precisi: Cosa pensate di poter fare di concreto voi, oggi, nella situazione attual.e?Cosa proponete a noi, uomini e donne che abbiamoa cuore la nostraemancipazione? 18 Biblioteca Gino Bianco

Rispondiamo: Nel quartiere in cui viviamo, nella fabbrica in cui lavoriamo, nelle associazioni che frequentiamo, noi abbiamo in comune con altri individui dei problemi della cui soluzione non ci occupiamo noi stessi, poichè sono stati devoluti ad una burocrazia sempre più impenetrabile e centralizzata che li risolpe male o non li risolve affatto. Cerchiamo di aprire la discussione in proposito coi nostri vicini, coi nostri compagni di lavoro o di associazione, con coloro, insomma, che sono cointeressati ai nostri problemi, dimostrando in pratica come questi non siano superiori alla nostra intelligenza ed alla nostra capacità di risolverli, se riusciamo a liberarci dalle assurde ed infide suggestioni dei preti e dei politicanti. Adoperiamoci per far risorgere le Assemblee di fabbrica e di quartiere nelle quali tutti gli interessati prendono parte attiva alla discussione acquistando la coscienza che da loro stessi (e soltanto da loro stessi) può venire la concreta soluzione dei loro problemi, dando ciascuno la propria opera - liberamente assunta e però mantenuta con impegno -, coordinata a quella degli altri sulle basi del reciproco rispetto e dell'uguaglianza morale. Sarà questo il crogiuolo dell'intesa fraterna degli individui e della vera democrazia, il nostro primo obbiettivo per poter costruire su scalasempre più vasta, internazionale, l'unità dei lavoratori d'ogni categoria e d'ogni lingua, che è il presupposto necessario per abbattere alle radici l'ingiustizia e la tirannide dell'Ovest e dell'Est. Chè, se è vero che l'Est ci offre lo spettacolo della bancarotta del socialismo autoritario, non bisogna dimenticare che permangono, rafforzate anzi, le ragioni di critica alla società occidentale che equivoca.. mente si definisce democratica. Sotto diverso aspetto, all'Est come all'Ovest, è oramai troppo diffuso il malcostume del totalitarismo negatore dell'individuo, prima cellula della vita sociale: nell'organizzazione dello Stato come in quella del lavoro, nella struttura dei partiti come nella coscienza degli uomini sempre più passivi di fronte all'immenso organismo che li inghiotte e li opprime. Contro questo mostro noi prospettiamo la libera federazione 19 B hoteca Gino Bianco

dei liberi Comuni, la Società senza Stato, nella quale soltanto gli ideali di giustizia sociale e libertà politica possono realizzarsi. Solo questa visione dell'uomo e della società futura potrà rendere costruttiva la quotidiana lotta per la soluzione dei problemi contingenti; poichè solo in essa l'interesse dell'individuo e delle singole categorie è armonizzato con quello della comunità. Perciò se anche la situazione attuale non ci consente le clamorose vittorie d'altri tempi nel campo del lavoro, molto più importante oggi, anche se non appariscente, è la nostra opera tesa a svegliare la coscienza degli individui: contro il mito marxista, preteso monopolizzatore del socialismo; contro la reazione borghese che sulle rovine di quel mito pretenderebbe porsi paladina di libertà; riportando alle fonti pure del socialismo libertario le moltitudini oppresse e deluse, sulla via della umana emancipazione. 20 MrcHELA BrccHtERl Gennaio, 1957. Blblioteca Gino Bianco

.. SINDACATI E SINDACALISMO SEILETTEREDI BARTOLOMEO VANZETTI B blioteca Gino Bianco (IL PICCONIERE) All'amico e compagno L. con affetto e sincerità.

blioteca Gino Bianco

.. I La tua ultima, in cui tratti di anarchismo e sindacalismo, è sommamente interessante perchè invita alla meditazione e alla discussione di problemi importantissimi e urgenti. Tu deplori il confusionismo delle menti: io lo credo causa prima della sciagurata ora che passa. Spero, perciò, la tua approvazione nel trattare pubblicamente la discussione, incominciata fra noi privatamente. Considera che lo scrivere è l'unico mezzo con cui posso servire la causa comune, e che null'altro mi muove se non l'onesta intenzione di giovare a me stesso e ai miei simili. Nel rispondermi, tu ribatti: « Mi dici, nella tua ultima, che il sindacalismo deve essere o autoritario, o libertario: se autoritario è socialismo; se libertario, anarchismo. lo credo, invece, che il sindacalismo rivoluzionario non è nè anarchismo nè socialismo, ma apolitico, cioè: una organizzazione a cui fanno parte uomini di diverse tendenze e credi, ma che accettano, come scopo principale del sindacalismo, l'abolizione delle due classi e della proprietà privata ». Prima di cominciare la confutazione delle tue asserzioni, stimo doveroso e utile il dire che la mia opinione sul sindacalismo è anche l'opinione di quasi la totalità degli anarchici, e, fra essi, dei più vecchi e dotti compagni - le cui parole, io non ho che ripetute in peggior forma. E ora veniamo al sodo. Nel dire: « ll sindacalismo rivoluzionario è una organizza23 Bib1ioteca Gino Bianco

zione... ecc. ecc. », tu dimostri di considerare il «sindacato» e il « sindacalismo » come una unica cosa. La verità invece è che il sindacato non è il sindacalismo, e il sindacalismo non è il sindacato. La verità è che il sindacalismo è l'ultimo arrivato, mentre il sindacato è più vecchio di Matusalemme. Una capatina al dizionario, un appello ·al buon senso, e una rapida disamina storica del soggetto in parola, stabilirà chi di noi è nel vero, più presto, meglio, e irrefutabilmente di ogni abilità · polemica. Il mio « Webster Dictionary », l'unico dizionario spiegativo di cui mi fu larga la provvidenza, dice: Sindaco - 1. Assistente in una corte di giustizia, avvocato; magistrato avente differente potere in differenti nazioni. 2. Un agente d'affari, un mandatario, ecc. Dopo di che viene la parola: Sindacato - 1. Ufficio o giurisdizione di un sindaco; concilio o corpo di sindaci. 2. Una associazione di persone autorizzate a negoziare qualche affare, o ad organizzare un progetto industriale o finanziario. In quanto a quel sindacalismo a cui tu credi, quel sindacalismo troppo giovine per essere stato compreso fra « le associazioni a delinquere », dalle eccezionali leggi crispine, ma abbastanza vecchioper essere stato definito: « Sindacalismo Criminale» dalla provvidenziale magistratura di questa repubblica bagasciona; a questo sindacalismo, dico, il mio dizionario nega l'onor dell'ospitalità - forse per ignoranza, forse per... prudenza - ma tace. Però, ognun di noi sa che, anche nel linguaggio del Lavoro, la parola sindacato è sinonimo di unione o di organizzazione. Ognuno sa che al mondo esistono dei sindacati finapziari, industriali, commerciali, e proletari. Quindi, indipendentemente dagli scopi. che produssero i « sindacati », la parola sindacato significa unicamente: associazione - ragion per cui non può assolutamente costituire una dottrina, un fine - ma solo un mezzo. Quel tantino di storia che io conosco, mi assicura che, questi diversi generi di sindacati esistevano di già nelle libere e federate città del'antica Grecia; che, passarono alla Roma pagana; che, durante il terrore psichico dei pri!1)i secoli cristiani, assunsero un 24 81blioteca Gino Bianco

carattere puramente religioso e chiesastico, per poi ritornare ad affacciarsi alla vita .civile del Medio Evo, in cui si svilupparono meravigliosamente; e che, oppressi, artatamente, dal principio di Stato, prima, e dalle esigenze della nascente grande industria, poi, essi rialzarono fieramente il capo affermandosi nella Prima Internazionale. Ciò per quanto riguarda il lavoro. Il buon senso ci assicura che i sindacati esistevano nelle spente, ignorate o semi ignorate società del passato remoto. Perchè essi sono il prodotto spontaneo ed ineviJabile degli antagonismi di classe, e d'individui; antagonismi propri di ogni irrazionale società umana la quale non sa, o non vuole, armonizzare il benessere e l'interesse dell'individuo con quello della collettività; e in cui ciascuno e tutti, cercano il proprio benessere non nella solidarietà e nell'uguaglianza, ma nel potere e nello sfruttamento. I diversi sindacati sono dunque un prodotto di questa tabe costituzionale di cui si spensero le passete semi-civiltà e per cui la presente galoppa verso la fossa. Si può quindi affermare che il «sindacato» proletario è sempre esistito (sotto diverse forme e aspetti) e che esisterà finchè l'uomo avrà superato l'infelicemente imperfetta condizione sociale che n'è la causa, o non sarà spento e ridotto a men che un bruto, dalle funeste conseguenze delle dette condizioni sociali. E questo non significa affatto che il sindacato abbia in sè le virtù di risolvere i problemi che assillano i suoi membri; tutt'altro. Ma non voglio divagare. Dirò quindi che dalle su esposte verità incontrovertibili, risulta lampantemente che il vecchio sindacato non è il giovine sindacalismo. Quando originò e che cosa è il sindacalismo? Tu sai benissimo che il Sorel fu il teorizzatore e l'organizzatore del sindacalismo. Chi era Sorel e come, quando, dove esplicò la sua opera ? Sorel era un anarchico, almeno prima di darsi al sindacalismo; egli nacque e visse in Francia. All'inizio della sua attività pro sindacalismo, le organizzazioni operaie della Francia, quasi completamente dominate dal partito socialista, erano state da questo tra25 1blioteca Gino Bianco

scinate nella morta gora del ballottaggio e di tiepide agitazioni per impossibili riforme o miglioramenti. Sorel disse allora che il seguire pecorilmente i fakiri parlamentari, il rimanere diviso in varie organizzazioni neutrali, indifferenti quando non ostili le une alle altre, non è nè saviezza nè salute per il proletariato supino sotto il tallone borghese e pur anelante alla propria integrale liberazione. L'azione diretta, una sola unione, una coscienza e una educazione proletaria, la rivoluzione sociale: ecco i mezzi. L'abolizione della proprietà privata, l'amministrazione sociale da parte degli operai: ecco il fine. Così parlò Sorel; così parlarono gli altri avvocati del sindacalismo. Sorel stesso ci disse che il sindacalismo non è in antitesi coll'anarchismo, ma, piuttosto un mezzo. Così fu annunziato il sindacalismo. Per spiegabilissime ragioni storiche, ambientali, economiche e psichiche, il sindacalismo attecchì in Francia, e si sviluppò rapidamente, ed ebbe un momentaneo trionfo. Non perchè fosse riuscito a conquistare l'elemento operaio già organizzato, chè ben poco conquistò in questo campo, ma bensì perchè si ebbe l'adesione dei reietti del lavoro. Poi varcò il mare, i fiumi e i monti che segnano e chiudono la Francia nazionale e si sparse per il mondo. Ed ebbe ovunque lo stesso fato: non riuscì a conquistare che una frazione del proletariato già organizzato, ma formò delle nuove organizzazioni composte di elementi primitivi. Come vedi: tutto ciò che Sorel e i primi sindacalisti hanno detto non è che una parte delle cose dette, molto prima, dai, socialisti e dagli anarchici della Prima Internazionale. I socialisti cambiarono ben presto la solfa, ma gli anarchici non si stancarono nè si stancheranno mai di ripetere le più che buone, vecchie ragioni, modificate (è logico) da un mezzo secolo di prove, di studio e di esperienza. Chi potrebbe in buona fede negare che il sindacalismo attinse unicamente dal socialismo e dall'anarchismo? Ma possiede il sindacalismo un progetto, o una visione propria pel dopo-rivoluzione la quale lo distingua dalle altre scuole socialiste e gli dia un carattere proprio? 26 Biblioteca Gino Bianco

Per quanto 10 ne sappia il sindacalismo, cioè i sindacalisti osannarono a una Repubblica Sociale, proprio come i vecchi socialisti, i mazziniani, e parecchi anarchici nel passato. 'È, vero: il sindacalismo ebbe recentemente i suoi teorici intellettuali, che sudarono le proverbiali sette camice per elaborare delle non sempre graziose nè innocue fesserie. Questi omenoni tentarono di dare al sindacalismo un carattere, una fisonomia, un fine proprio, ma dovettero ricorrere al bagaglio delle vecchie scuole per il nuovo corredo, e a un tantino di... ebbene sì, di germanismo che ora si afferma nel fascismo-sindacalista-nazionalromano del divo Mussolini e del suo degno ... rossore Rossoni. Ma nonostante la loro buona volontà, e un pietosissimo quanto gretto unilateralismo, questi teorici di manica larga, mal riuscirono nel loro irrealizzabile intento. Difatti: dove me la mettono l'agricoltura, prima necessità della vita e unica base della società? Ed è poi vero che l'industrialismo abbia in se stesso le virtù di migliorare e di rendere l'uomo felice? E poi, quale la scuola socialista che non intende, almeno a chiacchiere, di dare agli operai la direzione dell'industria? Tu mi potrai obiettare che i socialisti patrocinano uno Stato direttivo centralizzato; gli anarchici parlano di « liberi comuni, libera associazione, iniziativa individuale»; e che da entrambe le ipotesi scaturisce il concetto della direzione diretta dell'industria da parte delle maestranze operaie. Per i socialisti statolatri e autoritari, lascio parlare i fatti grondanti sangue e lagrime commiste a vergogna. Per gli anarchici dico subito che, sia nel caso d'una libera comunità, o d'iniziativa industriale, o di libera associazione, in giuoco ci son sempre i lavoratori; e dopo la Rivoluzione è pacifico che tutti dovranno essere dei produttori in una società di uguali. Ma è poi vero che i sindacalisti patrocinano per ora, e per il dopo-rivoluzione, l'autonomia? Dove la rivoluzione è, tuttora un pio desiderio, io ho conosciuto dei sindacalisti anarchici e dei sindacalisti socialisti, degli autonomisti e dei centralisti. Anzi, ne ho conosciuti parecchi i quali, a secondo i luoghi, i venti e i tempi, 27 Biblioteca Gino Bianco

prima furono per l'autonomia, poi per l'accentramento, poi di nuovo per l'autonomia, poi, accidenti ai poi, apolitici, poi politici, poi... qui smettq, per non apparire maligno. E le masse hanno sempre seguito i loro cattivi pastori... In Russia, dove la Rivoluzione trionfò, i sindacalisti combatterono il governo centrale solo sul terreno industriale, e non per l'autonomia locale, mentre i menscevichi, strano davvero, combatterono a fianco degli anarchici per l'indipendenza dei comuni. Questo è certo. Dunque? Dunque il sindacalismo non può essere se non libertario o autoritario: se libertario è anarchismo, se autoritario è socialismo. Dovrei dirti dell'altro. Ma smetto. Se mai tornerò sull'argomento. Affettuosissimamente L'Aqunata dei Refrattari, 24-2-1923. 28 Biblioteca Gino Bianco

II Le opinioni sul sindacalismo sono numerose, varie, e contradittorie. Havvi chi lo crede anarchismo, chi socialismo, chi, infine, lo crede una dottrina a sè, con teorie, mezzi e finalità propne. Chi è nel vero? Come già dissi nel primo scritto, fra gli stessi sindacalisti havvi chi si dichiara libertario e chi autoritario; chi mira all'autonomia sindacale, ora, e a quella politica pel dopo rivoluzione; chi per l'accentramento e l'autoritarismo sia per ora che pel dopo rivoluzione. Il fatto si è che sono gli uomini che fanno le dottrine, (per quanto, dopo fatte, le dottrine facciano gli uomini), ragion per cui, come ogni altra scuola teorica, il sindacalismo è ciò che lo fanno i sindacalisti, e varia col variare di essi. Le masse seguono gli uomini più che non seguano le idee. Il perchè è chiaro. Le masse sono artatameote mantenute nell'ignoranza e continuamente assillate dal problema della vita ch'esse non sanno risolvere. Ora, è più che logico che chi non sa contare e ha bisogno di farlo, invochi e ricorra al computista. Ecco perchè il popolo è l'eterna vittima dei politicanti, dei preti, del militarismo, dei negrieri, e dei cattivi pastori, ed in onta dell'atroce esperienza millenaria non si decida ancora ad emanciparsi, a camminare da sè stesso. Così, là ove i capi sindacalisti hanno voltato casacca e passato il Rubicone, essi furono ciecamente seguiti dai gregari e n'ebbero 29 Biblioteca Gino Bianco

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