Antonio Piscel - Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani

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PROBLEMI ITRLiflNI XIII. f\NTONIO PISCEL IL CONFLITATUOSTRO-SERB E fili INTERESITSAI LIANI 12 MILflNO ' . Rf\Vli & C. - EDITORI 1915 B blioteca Gino Bianco

PROPRIETÀ RlSillRVATA TIP.LIT.RIPALTAM· ILANO B bliotecaGino E31cmco

)( )( )( )( )( )( )( )( )( )( )I( )( )( )( )( )( )I( )( )( )( 11 mare di Venezia e gli Interessi d'Italia. In mezzo ali 'ansiosa aspettazione dell'esito e delle conseguenze incalcolabili dell'attuale guerra mondiale, la posizione geografica della nostra penisola deve richiamare l'attenzione degli Ita!iani sopra tutto sullo svolgimento e sull'epilogo che con la guerra stessa avrà il conflitto austro-serbo. Si tratta della sorte di tutta quella vasta regione che contorna per larga zona il nostro confine orientale, e scende poi, con la profondità di centinaia di chilometri, sull'altra sponda del!'Adriatico a fronteggiare tutta la nostra costa fino alle Puglie. Ragioni molteplici, e d'importanza vitale, reclamano il nostro interessamento, non soltanto platonico, su quanto là succede o sta per succedere : ragioni militari per la sicurezza del paese dalla parte naturalmente meno difesa; ragioni d'equilibrio su quel mare che Venezia riguardava tutto come un suo golfo; ragioni di solidarietà nazionale con gl'Italiani d'oltre il confine orientale, il destino dei quali viene giocato insieme con quello della finitima regione slava in questa terribile partita; ragioni d'alto interesse economico che additano alle necessarie espansioni delle nostre industrie e dei nostri commerci precisamnte quella parte occidentale della penisola balcanica come il più vicino e il più naturale mercato, non appena essa possa aver la pace, ed una pace che non chiuda le porte a questa nostra pacifica influenza. E perciò con intensa ansietà ci si presenta in questi giorni la domanda : quale sarà dopo la fine della grande guerra attuale la configurazione della carta geografica politica di questa regione? 8:blioteca Gino Bianco

-- 4 - E troppo difficile, e sarebbe ad ogni modo troppo presto per tirare l'oroscopo sulle sorti finali d'un conflitto armato come quello che ora divampa su tutto il continente antico. Non è improbabile che, come sulla Sava fu l'origine del tremendo cozzo che indusse all'estrema ratic della guerra, malgrado l'evidente pericolo di mettere in movimento tutta la frana che seppellì, chissà per quanto tempo, la pace e il benessue in tutto il mondo, non è improbabile, dico, che abbia ad essere il destino di questa regione il punto più difficile e più contrastato, quando una buona volta si dovrà pure accingersi a costituire il nuovo assetto europeo. E un'altra previsione troppo probabile deve star presente agli Italiani; cioè la impossibilità che siano mantenute nemmeno all'ingrosso le condizioni politiche attuali di questa regione. Non può essere mantenuto questo statu quo, perchè già prima della guerra esso era ridotto alla consacrazione puramente artificiale e formale di un assetto del quale erano venute a mancare le fondamenta. Il risorgimento della nazione serba, Si tratta d'un popolo di circa dodici milioni d'anime che raggiunse la sua coscienza unitaria e di indipendenza, mentre fino a poco fa tale vincolo comune nazionale non era ancora nato; ed il sentimento d'indipendenza di razza aveva soltanto carattere di lotta regionale o locale. Finchè sussistevano le condizioni corrispondenti a tale preistoria del risveglio nazionale unitario, era possibile, e facile e politicamente opportuno per i suoi dominatori, tenerlo di viso e suddiviso, ed in grande parte soggetto al dominit straniero di Vienna, di Budapest e di Costantinopoli. Negli ultimi anni vennero invece maturandosi anche là tali mutamenti nella struttura sociale ed economica della popolazione da rendere inevitabile il sorgere ed il giganteggiare sempre maggiore degli spiriti patriottici e unitari fi:ella coscienza di quel popolo. Biblioteca Gino Bianco

-5La monarchia absburghese, dopo che il dominio turco al sud venne travolto da questa fiumana, si trova ora alle prese con questo problema dell'inevitabile unità e indipendenza degli Jugoslavi, come nel secolo ~corso venne posta in crisi dagli analoghi movimenti dell'unità e indipendenza dell'Italia e della Germania. Se per la cultura e per il numero di popolazione il movimento jugoslavo non è paragonabile con quelli che condussero alla formazione dei grandi stati d'Italia e di Germania, il suo trionfo in senso antiaustriaco rappresenterebbe per la duplice monarchia un crollo forse più rovinoso di quelli avuti nel secolo passato : non si tratterebbe, cioè, soltanto della perdita di sei milioni di sudditi, ma di una grande breccia aperta in una complicata e travagliata compagine, sulla quale d'anno in anno aumentano le difficoltà per tenerla insieme. Perciò nemmeno a Vienna si pensa o si spera di sopprimere senz'altro tale corrente, divenuta troppo generale e addirittura irresistibile; si cerca invece di inalvearla verso una soluzione, la quale,. anzichè minacciare, aumenterebbe di fronte al! 'estero la potenza della monarchia danubiana. Ormai la politica austriaca ha dovuto porsi, come prob'.ema di vita o di morte, la mèta di mantenere e conquistare completamente le briglie occorrenti a guidare a proprio piacimento l'indirizzo di questo movimento nazionale; ed ha dovuto concludere che tale mèta non è raggiungibile, e sopra tutto non è sostenibile, se non con l'adottare il trialismo. L'esempio della relativa sottomissione aila politica absburghese del movimento nazionale magiaro, dopo che il bisogno d'indipendenza e d'unità ebbe parziale appagamento nello Stato ungherese autonomo entro la cornice militare economica e dinastica della monarchia comune, incoraggia a tentare anche per gli Slavi la stessa soluzione. Ma la riuscita è subordinata alla necessità assoluta di distruggere l'indipendenza dei due nuclei nazionali - la Serbia ed il Montenegro - che inevitabilmente continuerebbero altrimenti ad esercitare una influenza di attrazione in senso separatista. Così l'istinto della conservazione rafforza le velleità d'espansionismo e d'imperio militarista nelle varie sfere diri&enti dell' Austria. Ali' occorenza Biblioteca Gino 81,rnco

-6questa attuale necessità storica della politica absburghese potrebbe tollerare il persistere nominale dei due piccoli regni, ma solo a patto che essi diventassero verso l'Austria-Ungheria quello che erano una volta rispetto agli Absburgo il Ducato di Modena ed il Granducato di Toscana. Contro questa soluzione viennese del problema degli Slavi meridionali sta la concezione antiaustriaca, condivisa ormai dalla maggioranza degli Slavi meridionali, che riconosce alla Serbia la stessa missione che ebbe il Piemonte per la nostra unità ed indipendenza. Impossibile ora e in seguito un compromesso fra queste due correnti nettamente contrapposte : l'una o l'altra deve essere totalmente schiacciata ed esclusa da ogni possibilità di continuare a sussistere. Tutt'al più la fortuna delle armi o le artificiosità diplomatiche potrebbero arrestare per qualche anno il compiersi di questo fato storico, con qualche Novara o con qualche Villafranca; ma, come avvenne nella nostra epop~a, non sarebbe questa che una momentanea tregua d'armi, peggiore per tutti di una definitiva soluzione. « Divide et impera! » Non esisteva, fino ai primi anni di questo secolo, una vera questione serba per l'Austria-V ngheria, sopra tutto perchè, tanto dentro che fuori dei confini della monarchia, gli Slavi meridionali non avevano ancora ben precisato il concetto di una unità nazionale, costituita da comunanza di condizioni politiche e culturali, e cementata dalla coscienza di una forte affinità d'interessi. Mancava perfino, per così dire, la prospettiva del conie una tale unità avrebbe potuto essere raggiunta. Lo spirito di razza, ancora rudimentale e, direi, istintivo in quel popolo, composto quasi esclusivamente di contadini, si indirizzava a combattere il nemico nazionale immediato, che variava a seconda delle singole regioni. In parte per il caso delle vicissitudini storiche, ma sopra tutto per istinto ed arte di governo, la politica absburB•blloteca Gino 81dnco

\ -7ghese riuscì a dividere e suddividere, fino al frazionamento minuto, questo popolo slavo meridionale, rendendogli così impossibile, fino agli ultimi anni, di assurgere ad un movimento compatto di lotta per la sua indipendenza e per la sua unità. Dentro il territorio della Cisleitania (cioè delle provincie rappresentate al Consiglio dell'Impero di Vienna), fino agli ultimi tempi, potè servire come fortissimo cuneo di divisione la differenza delle due lingue, la slovena e la serbo-croata, parlate da quelle genti. E là dove non si poteva sfruttare una differenza linguistica, perchè l'idioma dei Croati è il medesimo di quello dei Serbi, si trovò e si mantenne la divisione mediante la differenza dei caratteri dell'alfabeto, venendo designati come croati quelle persone che usano i caratteri latini, e come serbi quelle che scrivono con gli antichi caratteri slavi, attribuiti a S. Cirillo. Ma uno strumento di divisione ancora più efficace, fino agli ultimi tempi, fu dato dalla differenza di religione. Benchè in Croazia e Slavonia tutti parlino la stessa lingua, la popolazione fu mantenuta fino di recente divisa politicamente e moralmente dal fatto che il 75 per cento di essa è cattolico ed il 25 per cento greco - ortodosso. In Bosnia ed Erzegovina, a paralizzare la forza coesiva dell'idioma comune a tutta la popolazione, ebbe pure, ed in qualche misura minore ha tuttora, grande influenza la divisione religiosa, essendo il 43 per cento della popolazione di confessione greco-ortodossa, il 35 per cento di religione maom:ettana ç il 22 per cento di religione cattolica. Come non bastassero queste suddivisioni di parlata, di scrittura, di religione, tutte quante abilmente rafforzate e sfruttate, la politica austro-ungherese dava ad esse suggello e rincalzo con un vero sbranamento politico ed amministrativo della popolazione slava meridionale suddita della monarchia. Facendo le parti molto all'ingrosso, si può dire che un terzo di questo popolo fu legato con la Cisleitania a far capo a Vienna sotto l'egemonia tedesca; un altro terzo, con le apparenze di un'autonomia, continuamente violata, fu messo alla dipendenza della oligarchia magiara; ed il rimanente è assoggettato nell'amministrazione bosniacoB blioteca Gino Bianco

-8- / erzegovinese quasi despoticamente alla coalizione delle due egemonie e delle due burocrazie dominanti in qu_,esto Stato, dentro le direttive imposte dalla Corona. Né qui si arresta questo lavorio di divisione e sud-/ divisione politica ed amministrativa d'un popolo per costringere le sue singole frazioni a perseguire ideali politici divergenti e taivolta in contrasto. Gli Slavi meridionali appartenenti alla Cisleitania, benchè abitino compattamente, o quasi, un territorio che forma una regione fisicamente e geograficament,e unita ed omogenea, sono assegnati a sette provincie diverse. E noto che la provincia austriaca, con i suoi organi speciali, della Luogotenenza, della Giunta provinciale e della Dieta, anche legislativamente autonoma come un piccolo Parlamento, ha una importanza ed una indipendenza dal Parlamento e dal Ministero centrali senza confronto maggiori della provincia italiana o del dipartimento francese. Nel caso degli Slavi meridionali appartenenti alla Cisleitania, abbiamo 41O mila Sloveni che popolano la bassa valle della Drava amalgamati con la provincia- tedesca della Stiria, della quale costituiscono il 31 per cento della popolazione : così pure i 90 mila Sloveni assegnati alla provincia tedesca della Carinzia, della quale formano la quarta parte della popolazione, sono costretti artificialmente - perchè le demarcazione etnica anche là sarebbe quasi dovunque nettamente tracciata- ad una Io!ta permanente con gli altri tre quarti dei loro comprovinciali. La Venezia Giulia è regione quasi esclusivamente italiana, presa nella sua naturale configurazione geografica, composta cioè dalla pianura del basso Isonzo, di Trieste, e dal versante occidentale della penisola istriana. Ebbene, a maggior confusionismo, a danno reciproco e contrasto perpetuo fra gl'ltaliani e gli Slavi, questa regione venne suddivisa in tre piccole provincie, ad ognuna delle quali è appiccicata una regione completamente slava. Così si ha : la provincia di Gorizia e Gradisca con 135 mila Sloveni su 225 mila abitanti; il territorio di Trieste con 24 mila Sloveni su 230 mila abitanti (secondo la statistica del 1910); e la provincia dell'Istria, dove nel 1900 si avevano 386 mila abitanti, compresi 47 mila sloveni ,e 141 mila serbo-croati. Biblioteca Gino B1,mco

-9Finalmente abbiamo nella Cisleitania due provincie con quasi completa popolazione slava, e cioè: la Carniola con 504 mila abitanti, dei quali il 94 per cento sono sloveni; e la Dalmazia cop 585 mila abitanti dei quali il 90 per cento sono serbo croati. Credo possa bastare la esposizione sommaria di questo artifizioso sistema di assoggettamento e di divisione politica ed amministrativa per lasciar comprendere quale forte ostacolo ne derivi allo sviluppo culturale ed economico di questo popolo. Di fronte a tale stato di cose fa addirittura meraviglia che l'attuale malcontento, assurto ormai alla importanza d'una tacita ribellione nazionale, non sia scoppiato prima d'ora. Risveglio nazionale degll Slavi meridionali. Il ritardo del risveglio d'una coscienza unitaria nazionale in questo popolo può essere spiegato, se si considera quella che fu la sua struttura sociale fino a poco tempo fa. Distrutta dall'invasione turca nel secolo xvr ogni classe dirigente, e ridotta quella popolazione ad un immenso gregge di contadini, in parte piccoli proprietari ed in parte tributari verso il proprietario del suolo mediante patto colonico servile, non riebbe maggiore lib~rtà e sviluppo col subentrare del dominio austriaco; come non ebbe tali vantaggi quella parte di popolazione slava che cadde direttamente sotto tale dominio, senza avere conosciuto quello dei Turchi. Invece dei feudatari mussulmani si ebbero il feudo o il latifondo della nobiltà tedesca o magiara e delle mense vescovili. Ai gravi tributi da pagàrsi ai pascià si equivalsero quelli, forse più gravosi perchè da pagarsi in denaro, esatti dai funzionari, quasi sempre stranieri, del nuovo dominio straniero. Nei due ultimi secoli vennero più o meno lentamente crescendo le città, ma fin verso la fine del secolo scorso, anche nel centro delle regioni abitate esclusivaB blioteca Gino Bianco

- 10 - mente dagli Slavi, la popolazione urbana fu prevalentemente composta da proprietari, impiegati, negozianti ed artigiani tedeschi, magiari o italiani. Quando uno slavo veniva a stabilirsi in città, o quando dal suo ceto contadinesco riusciva, col conseguimento d'un impiego o d'un diploma o con l'impianto d'una bottega o d'una officina,· a passare in una categoria professionale più stimata, abbandonava I' idioma materno con la stessa spontanea prontezza cori la quale sostituiva il vestito cittadino al costume nazionale della campagna. In tutti questi paesi della Slavia meridionale, ancora verso la fine del secolo passato, gli unici elementi - forniti d'una relativa coltura - che fossero fedeli alla lingua ed al sentimento della razza, erano i preti ed i maestri disseminati in ogni piccolo paesello. Fino dal 1848, la più parte di questi preti e di questi maestri - allevati questi ultimi, e sorvegliati, dai preti, ~ condividenti in tutto la loro mentalità - predicarono e diffusero con fanatismo, come arma di dominio politico, l'odio di razza dei contadini slavi, qua contro i signori ed i funzionari tedeschi, là contro i signori ed i funzionari magiari, altrove contro quelli italiani, secondo che la popolazione rurale era soggetta amministrativamente e culturalmente ed economicamente a classi dominanti appartenenti ad una di queste tre nazionalità finitime più ricche, più evolute, più liberali e più influenti. Più che di un vero movimento nazionale, il quale per essere tale avrebbe dovuto avere un substrato di cultura e di coscienza unìtaria e mèta prefissa di separazione e d'indipendenza, si trattava d'un mascheramento, a base di terminologia nazionalista, di quell'odio di classe che, dato un paese poco evoluto, è molto facil~ fare allignare nelle plebi rurali, neglette, sfruttate e disprezzate dai ceti signorili dei centri urbani. I dirigenti della politica austriaca non avevano motivo di allarmarsi per tali correnti locali di fanatismo di razza, spesso congiunte col fanatismo religioso ed antiliberale e con manifestazioni della J\Ìl cieca devozione al Sovrano. Nel 1848 se ne servirono anzi come d'eccellente strumento per combattere e spaventare la ribellione della piccola nobiltà e della borghesia ungherese. Biblioteca Gino 81dnco

- 11 - Dopo il 1860, quando il sentimento nazionale unitario italiano incominciò a vibrare più forte anche a Trieste, nel Friuli orientale, nell'Istria e nella Dalmazia, questo fanatismo slavo, attizzato dal clero slavo e favorito dal governo, costituì lo strumento più valido di repressione, .ed in parte servì (come nell'Istria orientale, nelle isol~ dalmate e del Quarnero, nella Dalmazia litoranea, ad eccezione di Zara) a combattere, più o meno fortunatamente, e a soffocare l'elemento italiano, che per la sua posizione sociale e per la sua cultura, anche se rappresentato da una minoranza numerica, arrivava a dare fisonomia italiana alla regione. f: vero che negli anni successivi al 1848, quando il centralismo viennese, dopo essersi servito deUe plebi rurali slave per combattere l'indipendenza magiara, le rimise sotto una rigorosa dipendenza politica ed attuò uno sfruttamento economico per lo meno pari a quello di prima, la delusione lasciò in molti un lievito di malcontento. Specie fra la popolazione di religione greco-ortodossa, mercè l'opera più o meno celata d'una parte del clero ortodosso, e, si disse, anche di agenti russi, s'incominciò a guardare a Pietroburgo ed a Mosca, non soltanto come ai centri maggiori della propria fede religiosa : nello Czar si venerò quasi· un padre, anche politico, di tutti gli Slavi, il quale, più potente di qualsiasi altro sovrano, non avrebbe tollerato che a nessuno dei suoi figli fosse fatto torto. Ma la Russia era lontana e separata dall'ampia barriera dei Ruteni e dei Magiari ; e malgrado certi momenti di attrito e di rivalità balcanica, non è mai scoppiato prima della ·presente guerra un conflitto armato fra la Russia e l'Austria-Ungheria, entrambi imperi a prevalenza dinastica, antidemocratica ed antirivoluzionaria, interessati ambedue a reprimere le aspirazioni di una ricostituzione della Polonia. Perciò, non essendosi mai presentata come probabile e imminente una guerra fra quei due Imperi durante il secolo passato, anche quel panslavismo, ridotto al carattere di devozione platonica, se fornì talvolta occasione di ostentazione di zelo alle spie ed alla polizia austriaca, non poteva dar seriamente ombra ai capi del governo austro-ungarico. Biblioteca Gino 81dnco

12 - Trasformazione economica e sociale nella Jugoslavia. Più tardivamente e più debolmente che nel resto dell'Europa centrale, era tuttavia inevitabile che anche nelle regioni abitate dagli Slavi meridionali deIJ'Austria si effettuasse quella profonda trasformazione della vita sociale che segna il trapasso dall'economia patriarcale domestica alla civiltà mercantile-monetaria. Anche per queste regioni più meridionali della monarchia austro-ungherese fu l'introduzione della rete ferroviaria il segnale ed il fattore primario che determinò ed affrettò questa evoluzione. Non si può dire in vero che i dominanti della politica austriaca abbiano imprudentemente affrettata tale rivoluzione economica fra gli Slavi meridionali con larga elargizione di ferrovie. Infatti, se la rete ferroviaria austro-ungherese raggiunge nelle provincie nordiche, delI 'Austria inferiore, della Boemia e della Slesia, la media dei paesi industriali europei con l'intensità dai 12 ai 13 chilometri di linee ferroviarie per ogni 100 chilometri quadrati di superficie, tale proporzione scende a meno di 5 chilometri per la Carniola e per la Croazia, a meno di 3 per la Bosnia ed Erzegovina, ed a meno di 2 per la Dalmazia. Da tale computo sono escluse le recenti linee a scopo militare che sono state deliberate quest'in• verno senza attendere l'approvazione parlamentare, e che sono ancora in costruzione. Bisogna viceversa tenere conto che per la parte costiera di tali regioni I'intensificarsi della navigazione adriatica potè equivalere negli effetti ad una maggiore dotazione ferroviaria. L'antica vita patriarcale contadinesca fu così quasi per intero sconvolta : le vecchie proprietà collettive dedicate al pascolo comune vennero continuamente riducendosi per la coltura e per l'appropriazione privata; le grandi selve, eh.e coprivano quasi un terzo del suolo, divennero oggetto di enorme diboscamento : nel solo anno Biblioteca Gino B1dnco

- 13 - 1906 e dalla sola Bosnia ed Erzegovina si esportò per 32 milioni di corone di legname; ed il governo stesso è alla testa in questa devastazione delle selve con grandi • tagli delle foreste demaniali. Nelle plaghe montuose, data la natura arida e carsica del suolo, lo sgretolamento della terra prodotto dal diboscamento accompagnò e quasi simboleggiò lo sgretolarsi dell'antica costituzione patriarcale economica di questo popolo. Se, in concorso con questa grande crisi di trasformazione della vita àgricola degli Slavi meridionali, si tiene conto della forte prolificazione che ancora si verifica in quel popolo (nel 1904 ci furono 39 nascite per ogni mille abitanti nella Croazia e 44 per mille nella Bosnia ed Erzegovina) riesce pienamente chiaro come sia fatale ed inevitabile il grande flusso emigratorio da quelle campagne per cercare sostentamento nei centri urbani con altre attività di lavoro. In tali circostanze, negli Stati dove sussiste ambiente favorevole per lo sviluppo delle industrie, sono queste che, con loro vantaggio e successivo ingrandimento, assorbono su larga scala tutte le forze di lavoro fuggenti dalla campagna. Ma in Austria-Ungheria, ad eccezione delle provincie centrali e settentrionali dove la vita industriale ha già messo profonde e vecchie radici ed è in parte artificialmente protetta in vari modi dal governo centrale di > Vienna e da quello di Budapest, le condizioni sono tutt'altro che favorevoli al sorgere di nuove grandi imprese industriali che sieno vitali. Gli inceppi d'una politica industriale ancora tenera del corporativismo artigiano medioevale, le lentezze e le complicazioni burocratiche della concessione amministrativa prescritta per ogni nuovo esercizio, il sistema fiscale sempre più aspro, ed in particolar modo quasi vessatorio per le imprese basate su capitale azionario, il caro prezzo delle macchine per il protezionismo proibitivo sui metalli greggi, il rincaro della vita provocato dal protezionismo agrario, I'accanimento dei conflitti nazionali che mantiene il boicottaggio di interi mercati all'interno della monarchia contro i prodotti provenienti dai nemici nazionali - sono, dovunque in questo Stato, fortissimi inciampi ad un regolare Biblioteca Gino 81dnco

- 14ed intenso sviluppo industriale. E di più, l'ostacolo principale per le nuove industrie nei paesi meridionali della monarchia è la necessità di dovere sostenere, rinchiusi in una medesima cerchia doganale proibitiva, la concorrenza con le industrie già adulte, bene organizzate nella produzione e nello spaccio, e con capitale d'impianto ammortizzato, dei paesi tedeschi della Boemia, della Slesia, della Moravia e dell'Austria inferiore. Per convincersi della impossibilità di vittoria in questa lotta tra pigmei- appena nati e robusti giganti, basta por mente alle rivelazioni della statistica sul reddito dell' imposta industriale. Nel 1907 ad ogni censita industriale o commerciale dell'Austria inferiore si arrivava ad una media.d'imposta industriale (erwerbsteuer) di 70 corone, mentre ad ogni censita industriale o commerciale della Carniola la media era di 24 corone, e nella Dalmazia di 14 corone. Quella fiumana di emigranti dalla campagna slava, cui si accennava ora, va a stabilirsi sia nelle città circuite da territorio slavo, sia in quelle finitime, cercando di campare la vita negli impieghi alti e bassi, nelle professioni liberali, nei mestieri, nel piccolo commercio. La parte più notevole di tale flusso, mancante dei mezzi e della istruzione per raggiungere posizioni del ceto medio, si adatta a lavorare in qualità di braccianti, di domestici, d'inservienti pubblici, di guardie di polizia e di finanza, ecc.; e la facilità, innata a questa razza, di apprendere presto altre lingue, favorisce spesso notevolmente i ricercatori di occupazioni di tal genere. Però, notisi, con l'inurbarsi, lo slavo oggi non abbandona la sua lingua e men che meno la sua fierezza nazionale. Pressione slava e resistenza italiana. Così in un trentennio, Cilli, Lubiana, Zagabria, Spalato, Sebenico, ed altre città, da tedeschizzanti, magiarizzanti ovvero da quasi completamente italiane, divennero quasi completamente slave; e questo flusso immi81bhoteca Gino Bianco

15 - gratorio, che non si lascia assorbire dalla nazionalità del luogo d'immigrazione, minaccia sempre più rilevantemente Klagenfurt, Marburgo, Vil!aco, fino a poco fa sicuramente tedesche; e Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara, fino a non molto fa, prettamente italiane. Ad ostacolare la facile assimilazione che una volta avveniva degli immigrati slavi con la nazionalità indigena cittadina, concorse potentemente l'agitazione artificiale delle associazioni nazionali slave che sono venute formandosi ovunque vivano anche pochi figli di questa • razza, ormai presa da una specie di ebbrezza di entusiasmo nazionale. Ma, nè il favore governativo per l'inurbarsi degli Sloveni; nè l'agitazione nazionalista slava basterebbero per sè, o per lo meno non potrebbero ottenere così largo corresponsione di risultati, se non si trattasse di un f~npmeno demografico quasi irresistibile in sèguito alla trasformazione sopradescritta della vita rurale slava. Contro questa terribile infliltrazione è meravigliosa la lotta di resistenza delle città italiane della Venezia Giulia, e di Zara nella Dalmazia; ma, a non volersi fare illusioni, non basta l'eroica tenacia di quelle popolazioni di fronte al continuo fatale assedio rappresentato dalla pressione dell'urbanesimo sloveno, alleato con gli intendimenti antitaliani del Governo Imperiale. No, non bisogna illudersi: nè le affermazioni più eloquenti di resistenza e di solidarietà nazionale, nè i più larghi sacrifici a pro della coltura italiana, non arresteranno mai questo lavoro perenne di corrosione; ogni anno esso farà un passo innanzi, se e finchè o non venga a sparire la causa originaria di questo fenomeno o non sorga l'argine del confine politico a fissare e a rinsaldare la linea del confine etnografico. È vero che nell'ultimo tempo una corrente sempre più grossa di questa massa del! 'emigrazione degli slavi meridionali s'indirizza aIl'emigrazione transoceanica. Anche in questo caso però, quei figli laboriosi d'una razza bisognosa d'espansione, che in casa propria sta tanto a disagio, concorrono alla sua evoluzione economica, e quindi anche alla evoluzione culturale e nazionale. Da un ventennio in qua i risparmi che questa B·blloteca Gino Bianco

- 16 - folla -di emigranti annualmente porta o manda in pa- ·tria, non affluiscono più -alle casse di risparmio ed alle banche tedesche, italiane o magiare; poichè, per iniziativa nazionale slava, è sorta una quantità di casse rurali le quali fanno capo a banche,pure fondate e dirette da connazionali; e questi istituti di credito, specialmente nei centri dove devono sostenersi e voglion conquistare terreno di fronte alla concorrenza straniera, rivelan_o una crescente alacrità e potenzialità. Organizzazionedel nazlo• nallsmoserbo. Ma più ancora che per potenza ·di mezzi materiali, è indubitabile che questo sentimento nazionale degli slavi del sud, maturatosi rapidamente in coscienza unitaria, ha raggiunto un corso rapido e irresistibile per il numero e per l'entusiasmo dei suoi proseliti; i quali in pochi anni aumentarono fino al punto che si può dire che ogni individuo di questo popolo, sia che viva nelle regioni compattamente abitate da esso, sia che si trapianti quale sentinella avanzata nelle città d'emigrazione, si sente soldato di questa causa. I contadini, prestando facile orecchio ai loro agitatori, sono persuasi -che la crisi agraria permanente da cui sono travagliati cesserebbe, e cesserebbe il bisogno dell'emigrazione, il giorno in cui il· loro popolo, conseguita l'unità e l'indipendenza, e liberatosi dalla servitù . economica imposta dall'egemonia tedesca, potesse favorire tutte le risorse del paese. La piccola borghesia, e sopra tutto le categorie del proletariato industriale - professionisti, studenti, maestri - è venuta, per le cause anzidette, ad affollarsi sproporzionatamente alla capacità offerta da quel povero paese di dare collocamento a queste attività. Di qui un malcontento diffuso, che dà rincalzo alla lotta nazionale, la quale fa sperare per sè e per tutti compatrioti un migliore avvenire. B1bllotecaG1110Bianco I

- 17 - Perfino gli operai mostrano di sentire più facilmente, e quasi intuitivamente, questo impulso a lottare per l'affermazione· politica ed economica del loro popolo come premessa alla possibilità di condizioni più favorevoli allo sviluppo morale ed economico del proletariato. Col formarsi di queste nuove classi, a fianco del- !'antica uniforme massa rurale, anche fra gli Slavi meridionali vennero formandosi i partiti politici in contrasto. Ma ciò, invece d'indebolire, rinforza la violenza del moto nazionale, perchè ogni partito tende a conquistare maggiore popolarità degli altri, mostrandosi più radicale e più ardente su questo punto in cui converge il sentimento di tutto il popolo. In questa febbre nazionale, sempre• più intensa e più generale, entra indubbiamente una grande dose d'illusione sulla· entità e sulla generalità dei benefici che si attendono dal trionfo dell'unità e della indipendenza del proprio popolo; ma anche tale illusione è una terribile forza, finchè la meta non sarà raggiunta, o l'esperienza non avrà ricondotto ad una più moderata valutazione. Ad affrettare e ad intensificare questo sollevamento nazionale, sopra tutto a dargli un indirizzo antiaustriaco, intervenne il fatto decisivo della tragedia di Belgrado e del rovesciamento in Serbia della dinastia degli Obrenovic, austrofila anzi inservita ali' Austria, col ri- 1 torno al potere di quella schiatta dei Karageorgevic che non aveva mai fatto mistero della sua ostilità ali' Austria, in difesa della completa indipendenza del piccolo Stato. Fino ad allora gli Slavi meridionali della monarchia non avevano ragione di guardare oltre il confine per aspettare ed invocare dal di fuori una spada liberatrice. Il Montenegro, per quanto eroico e per quanto fie~o, era troppo piccolo e troppo isolato per assumersi una tale missione; i Serbi sotto il dominio turco erano impotenti e vittime d'una oppressione ancor più dispotica; e quelli appartenenti al regno serbo, l'unico nucleo nazionale di qualche importanza che godeva il beneficio d'una organizzazione statale indipendente, dovevano considerarsi sotto la sorveglianza ed il protettorato politico, economico e militare dell'Austria, fintan81blloteca Gino B1dnco

- 18tochè avevano dei sovrani addirittura stipendiati dal Governo viennese. Non si può accusare gli uomini politici austriaci di non essersi accorti subito del pericolo che il violento cambiamento del sistema dinastico in Serbia rappresentava per la continuazione del pacifico dominio sugli Slavi meridionali che sono dentro i confini dello stato austro-ungarico. Il partito militare au■ striaco. • I circoli militaristi, che venivano -trovando sempre· più aperta protezione e personificazione nel testè defunto arciduca ereditario, domandavano a gran voce che s'intervenisse subito manu militari nel piccolo reame meridionale per ccristabilirvi l'ordine ». Non facevano mistero delle loro velleità, fin d'allora, di provocare magari una guerra assai più· grande, se occorresse, per togliere ·una volta per sempre quella causa di minaccia e di debolezza al confine meridionale. Affermavano che difficilmente si sarebbe presentata una occasione migliore, perchè in quei momenti la Russia, in- ' debolita dalla guerra recente col Giappone e dalle agitazioni interne, o avrebbe lasciato fare la spedizione, anche quella volta ccpunitiva » per l'assassinio d'un sovrano legittimo, o tutt'al più sarebbe stata un nemico poco temibile. La stampa di tutti gli altri partiti di governo, zelante come sempre nei! 'accaparrarsi la benevolenza del1'attuale e del fu.turo portatore della corona, e la stampa tedesca, allo scopo subdolo (trattandosi di un alleato) di mettere in mala vista gli Slavi ed impedire la possibilità d'una loro riconciliazione con le alte sfere governative, tennero per mesi e mesi bordone a quelle esigenze bellicose. Tuttavia quella volta prevalsero ancora i criteri di prudenza e di procrastinazione nei consiglieri del vecchio sovrano. Ho motivo però d'affermare, con tutta • Biblioteca Gino Bianco

- 19 - convinzione, ·che anche allora si fu ad un pelo dalla deliberazione di misure che probabilmente avrebbero anticipato d'un decennio la presente guerra generale. Appunto lo spettro di consegùenze così incalcolabili valse allora a trattenere; e posso dire che in tale deliberazione ebbero peso decisivo tre motivi: la opinione d'un intervento dell'Italia a favore della indipendenza serba; la riconosciuta impreparazione militare austriaca in quel momento; e le gravissime condizioni della politica interna, specialmente per il conflitto fra la Corona e tutti i partiti in Ungheria. A ragione o a torto si credeva allora nei circoli politici autsriaci, che l'Italia, a costo anche d'una guerra, non avrebbe permesso una imposizione austriaca al popolo serbo che significasse disconoscimento della indipendenza del piccolo regno, e che,. data l'attitudine di fierezza assunta dal governo e dal popolo in Serbia, non poteva attendersi venisse accolta senza un intervento militare austriaco. È di moda nelle sfere militari austriache di ostentare, in privato e anche in pubblico, una specie di disprezzo sull'efficacia offensiva dell'esercito italiano, salvo i rarissimi periodi nei quali si ritiene utile al prestigio austriaco di tenerne calcolo, per indicarlo come alleato a propria disposizione. Tuttavia, almeno allora, appariva anche ai più audaci estimatori della forza militare della Monarchia absburghese una impresa azzardata il provocare quella guerra sulle tre fronti, per prepararsi alla quale si fecero negli anni successivi i sacrifici, sproporzionati alle forze economiche dei popoli della monarchia, che a tutti son noti. Inoltre, in quella occasione pare che siano pervenuti da Berlino consigli di prudenza, perchè si temeva di vedere spinta l'Italia ad uscire dalla triplice alleanza e ad entrate nell'orbita della triplice intesa che veniva allora formandosi. ' In secondo luogo si dovette riconoscere che le forze militari austro-ungariche erano ben lungi allora dall 'essere preparate e sufficienti per sostenere una grande guerra. La flotta era ancora sulla carta degli arditi progetti; nell'esercito era appena cominciata la trasformaB!blioteca Gino B1dnco

- !Ozioi:ie dell'artiglieria; e infine non si poteva disporre ancora ch9 degli effettivi dei 15 corpi d'armata allora esistenti e dello scarso contingente annuo di 130 mila reclute, comprese quelle delle milizie della Landwehr e degli Honwed. ' L' esercito austriaco e I dissidi austro-ungarici. Anzi il tentativo d'ottenere l'aumento di contingente era stata l'occasione a una crisi interna tanto grave, che da sola avrebbe dovuto essere sufficiente motivc per non impegnarsi in quel momen_to in avventure dt guerra. Tutti i partiti ungheresi, quale più e quale meno radicalmente, condizionarono l'approvazione dell 'aumento del contingente delle reclute a che in quella parte dell'esercito comune che viene reclutato in Ungheria venisse introdotta come lingua di comando la lingua magiara, e adottata la bandiera ungherese. Solo la esplicita opposizione personale di Francesco Giuseppe riuscì a impedire il postulato 'ungherese, che avrebbe segnato certamente un altro non piccolo pericolo per la compagine della unità militare austroungarica; ma la vittoria non si potè ottenere che con una lunga e aspra lotta costituzionale, che in parecchi momenti parve vicina ad accendere addirittura un conflitto armato fra l'una parte e l'altra della Monarchia. Fu in tale occasione che, a quanto si disse, l'Arciduca ereditario semi-pubblicamente pronunziò la famosa frase: « l'Ungheria è quel dominio degli Absburgo che essi devono conquistare armata mano una volta ogni secolo». Una delle conseguenze del conflitto costituzionale ungherese fu la impossibilità, per oltre un anno, di ottenere che quel Parlamento accordasse almeno il consueto annuo contingente di reclute, così che in quell'anno venne perfino a mancare la leva militare, che fu ritardata fino al principio dell'anno seguente; e nell'ottobre, per mantenere gli effettivi, si dovette ricorrere all 'espeBiblioteca Gino B1c1nco

-21diente pericoloso di trattenere illegalmente la classe che aveva già servito tre anni, provocando manifestazioni fino allora insolite in quell'esercito così orgoglioso del prestigio della sua disciplina. Soltanto la gravità di tutti i tre motivi sopra esposti poteva far decidere la rinuncia alla spedizione in Serbia, allora più che mai considerata in Austria come una passeggiata militare. Ma non seppero decidersi a tale abbandono abbastanza prontamente e recisamente. E quando, òopo tutto il chiasso della stampa, si verificò quella ritirata, tanto i Serbi al di là quanto quelli al di qua della Sava e della Drina, avevano potuto convincersi eh 'essa non era nè sincera nè definitiva. I Serbi fuori dell'Austria si confermarono nella convinvinzione che a Vienna stavano in agguato i nemici più implacabili della loro indipendenza; i Serbi dipendenti dall'Austria ebbero quella scossa di odio contro i loro dominatori, e di confidenza nella forza e risolutezza del piccolo stato della loro nazione, che alla vigilia del 1848 mise la febbre addosso ai Lombardi, vedendo che il Piemonte volevi\ e poteva all'occorrenza tener testa alle pretese dell'Austria. 11progetto trialista e PAr• ciduca ereditario. Fu allora che divenne di moda anche a Vienna, specie nei circoli che volevano essere i portavoce del sovrano futuro, il progetto del trialismo. Come nel 1?67, dicevano, si trovò un argine efficace al movimento di ribellione dei magiari, con l'affidare alla loro egemonia un organismo statale quasi indipendente nei rapporti interni, costringendoli così, anche a tutela del loro dominio, a farsi i gendarmi degli Absburgo contro le velleità separatiste dei Rumeni e dei Serbi, così la costituzione d'uno Stato slavo, · comprendente tutti gli Slavi della monarchia e quelli della Serbia e d~I Montenegro (da aggregarsi, questi ultimi, almeno per i rapporti militari e doganali), dovrebbe ridurre a vantaggio del manBiblioteca Gino Bianco

- 22 - tenimento e dell'allargamento della potenza absburghese, quel bisogno di unità e d'indipendenza degli Slavi ormai cresciuto tanto da costituire un imminente pericolo. L'aggregazione di Trieste, del Goriziano e dell'Istria a questo stato slavo semi-indipendente, e pur sempre congiunto con gli Absburgo dai vincoli dell'immediata sovranità, avrebbe, nel disegno del partito arciducale, schiacciata anche ogni ,velleità di aspirazioni irredentiste negli Italiani di quelle provincie, anzi affrettato addirittura il loro annientamento. Per fortuna, anche in quella occasione, lo Stato austriaco cadde nel suo vizio di soverchio ritardo e nella sua solita impo'tenza a realizzare quanto gli veniva suggerito dalla logica delle cose. L'improvviso favore degli alti circoli viennesi per un 'idea fino allora affacciata soltanto da qualcuno dei più ottimisti fra i patrioti croati e sloveni, sospettata e combattuta dai fattori ufficiali di Vienna e di Pest quasi come un alto tradimento, arrivava troppo tardi. Fu salutata bensì con gratitudine dagli elementi slavi più vecchi e più clericali, felici di trovare ancora il modo di poter proclamare la loro fedeltà alla casa d'Absburgo, e di abbandonarsi nel tempo stesso a quella corrente di patriottismo unitario del proprio popolo che bisognava pur secondare sotto pena di essere del tutto buttati da parte nell'impopolarità. Ma agli elementi più radicali dei giovani, che negli ultimi anni avevano preso sempre più il sopravvento in tutti i nuclei slavi del sud, ii trialismo viennese apparve come un tranello, diretto soltanto ad accaparrarsi gli jugo-slavi sudditi austriaci per sottomettere i loro fratelli, i Serbi indipendenti, che erano divenuti minacciosi. Ormai, non da Vienna ma da Belgrado si aspettava, e si aspetta, da tutti i giovani la buona novella dell'unità slava e della indipendenza. La mancanza d'ogni sforzo energico da parte dei circoli viennesi che s'erano appropriata l'idea del trialismo, per tradurlre tale progetto in realtà, rinforzò sempre più presso tutti gli Slavi meridionali la corrente di sfiducia sulla lealtà delle promesse trialiste; e concorse Biblioteca Gino E31c1nco

- 23 - a rendere del tutto discreditati gli uomini politici che avevano creduto di poter conciliare i sentimenti nazionali con la loro austrofilia facendosi paladini del trialismo. Magiari e Tedeschi contro Il trialismo. Sentii dire che il progetto del trialismo venne messo da parte per l'opposizione personale dell'Imperatore; ma certo è esagerato attribuire ad una volontà singola, sia pure quella di un sovrano, il fatto che mancò fin qui nella vita politica austro-ungherese un principio di attuazione del trialismo, almeno a base di riforme interne. Bisogna piuttosto tenere presente che per i partiti tedeschi, e ancora di più per quelli magiari, i quali a Vienna ed a Budapest hanno l'egemonia con conseguenti fortissimi vantaggi politici ed economici, il trialismo rappresènta una rinuncia a beneficio della Corona, o vogliamo dire a beneficio della potenza dello Stato comune, di ogni loro influenza sulla vasta zona della monarchia che si stende fra l'Adriatico, il Danubio e la Drava. Aggiungasi che, almeno per i rapporti interni, il complicato sistema del dualismo si rivelò, nel quarantennio della sua esistenza, tutt'altro che come una soluzione pacifica e stabile. Ad ogni rinnovazione del compromesso austro-ungherese si affaccia, oltre al resto, lo spettro della separazione doganale : e altrettanto tedeschi ed ungheresi potrebbero temere, presto o tardi, da parte del terzo Stato autonomo di questa complicata compagine. Così verrebbe a mancare l'unico grande interesse che hanno i tedeschi dell'Austria ad appartenere a questo Stato eterogeneo anzichè alla loro grande confederazione nazionale ; e cioè sparirebbe la possibilità per le loro industrie e per i loro commerci di avere entro la linea doganale, e bene protetto dalla medesima, un vastissimo territorio di sfruttamento e di sfogo, il quale vantaggiosamente sostituisce quel dominio coloniale che altre borghesie capitalistiche devono cercare oltre mare. B1bloteca G no Bianco

- 24 - Da tutto ciò deduco che il nazionalismo teutonico ed il nazionalismo magiaro - nella loro grande influenza sul\'~quil_ibrio delle !orze _che agiscono nella complicata politica interna dell Austria-Ungheria - consentiranno a .n~n opporsi, coi mezzi di cui dispongono, al disegno tnahsta soltanto se la recisa volontà del Sovrano sarà rinforzata dal prestigio di un grande esercito vittorioso• oppure!, in _caso di armi men fortunate, dalla suprem~ nece_s~1tadt salvare dal naufragio quanto rimanesse di dom1mo austriaco sugli Slavi meridionali. Processi polltlcl e falslfi• cazionl della Polizia. Ad aumentare la corrente antiaustriaca fra gli Slavi meridionali concorse negli ultimi anni, oltre al naufragio del progetto del trialismo, anche il raddoppiamento dei rigori e dei sospetti da parte della polizia austriaca, e più ancora da parte dell'assolutismo ungherese, ormai in via di fatto divenuto permanente nel regno, so1o nominalm~nte autonomo, di Croazia. I replicati attentati al Governatore e' ad altri funzionari in Croazia e le cospirazioni continue in Bosnia ed Erzegovina, delle quali quella recente che condusse alla tragedia di Serajevo è la più importante, dimostrano anche qui che il terrorismo delle persecuzioni, come a suo tempo in Italia ed in Ungheria, non fa che procurare nuovi e più risoluti proseliti ad una causa nazionale, quando questa è riuscita a trascinare con sè tutte le classi d'un popolo. Fra i molti processi, alcuni severissimi nelle loro procedure e nelle loro condanne, che negli ultimi dieci anni, di stagione in stagione, aumentarono il martirologio della lotta nazionale degli Slavi, merita speciale menzione il grande processo per alto tradimento avviato in Croazia, con una quantità d'arresti, alla vigilia della annessione delle due provincie della Bosnia ed Erzegovina, formalmente tenute fino allora in occupazione ed amministrazione austriaca per conto del Sultano. B:bll-:>tecaGino Bianco

- 25 - Quel processo, condotto con metodi barbari ed arbitrari, finì con la condanna di alcune diecine di patrioti serbi, sudditi austriaci, a &ravissime pene, e anche con alcune condanne a morte. Lo svolgersi dei dibattimenti e la viva agitazione fatta sulla scarsezza delle prove, raggiunsero però l'effetto che la Corte suprema, accogliendo i reclami dei condannati, annullava la sentenza. Il secondo processo non si fece più, perchè un ordine imperiale, facendo uso del potere discrezionale sovrano, ordinava la desistenza da ogni ulteriore procedura e la scarcerazione degli imputati. Di fronte a quella fretta improvvisa di seppellire la cosa, ed alle voci, sempre più insistenti e più attendibili, che il materiale più grave dell'accusa era stato costituito da documenti falsi pervenuti dalla Legazione austriaca di Belgrado e dall'ufficio dello stato maggiore di Vienna per il tramite del noto storico tedesco austriaco Friedjung, si tentò di fare luce incolpando su d'un giornale viennese Io stesso Fri,edjung di essersi prestato a quel falso, per lo meno con leggerezza eccessiva. Il colpito non potè esimersi dal produrre querela; ma il dibattimento, svoltosi in séguito a questa querela, fu un vero disastro, perchè ne risultò provata la falsificazione d'una quantità di pretesi verbali d'una società segmta serba. La falsificazione mirava a compromettere molti di quei patrioti serbi, i quali sulla base di tali false rivelazioni subirono molti mesi d'arresto preventivo, e corsero rischio di sorte ben peggiore nel processo di Zagabria. Per misteriose sollecitazioni il Friedjung ritirò la querela s.enza domandare nessuna dichiarazione. Risultò anche, che 1'autore di quei documenti falsi era un confidente di polizia (mi pare si chiamasse Nastie), resosi già altra volta tristamente famoso e quanto mai efficace nel seminare diffidenze fra la dinastia serba e quella del Montenegro, nel fornire alla polizia montenegrina una serie di pretese prove su di una congiura contro il Re di Montenegro, che diceva preparata in Serbia, nientemeno che con la compromissione di persone della famiglia reale. I diplomatici austriaci a Bel2rado, lo stato ma22ior8 B blioteca Gino 81dnco

- 26 - austriaco, lo storico Friedjung, e tutta la coorte di giornalisti che si ritenevano inspirati dalla camarilla circostante ali' Arciduca ereditario, e tutte quelle altre personalità della politica austriaca che s'erano fatte trasmettitrici più o meno palesi di questi documenti falsi, per poi gridare e far gridare alla necessità d'energica repressione contro il tradimento all'interno e di risoluta liquidazione di conti coi pericolosi vicini d'oltre Sava - furono essi soltanto dei mistificati dalla perfidia di quell'agente provocatore? Può essere. Ma la grande maggioranza dell'opinione pubblica slava ritenne che la responsabilità di quelle falsificazioni di atti e delle enormi conseguenze derivate, non si limitasse all'autore materiale di quel trucco. E facile comprendere quale rinnovata seminagione d'odio inconciliabile, contro le persone e contro il sistema rappresentanti il dominio austriaco, sia derivata anche da questo disastro morale dei cosidetti « circoli militari », da cui partì l'accusa nella sua origine. Questo episodio di pochi anni or sono merita d'essere ricordato oggi, perchè le accuse di cospirazioni che venivano apposte ai patrioti serbi sudditi dello Stato austro-ungherese, e più di tutto la pretesa aperta connivenza di ufficiali e di personalità governativt del regno di Serbia con tali cospirazioni, hanno troppo grande somiglianza con le incolpazioni con le quali da ultimo 1'Austria ha creduto di giustificare di fronte all'Europa le pretese del suo ultimatum alla Serbia ntl luglio del 1914. Che la ribellione latente degli Slavi meridionali, sudditi della monarchia absburghese, sia arrivata a quel grado di disperazione estrema, nel qualè pullulano non solo gli atti illegali ma anche gli attentati violenti, nessuno ne può dubitare dopo tante prove di fatto, e specialmente dopo la tragedia di Serajevo; che questi elementi radicali della lotta nazionale cospirino fra di loro, e attingano aiuto e rifugio da connazionali della Serbia indipendente, è ben presumibile e conforme a quanto avvenne in tutte le grandi lotte nazionali di questo genere. Ciò invece su cui credo si è in obbligo di lasciare il dubbio, fintantochè in modo irrefutabile non ne sia fornita la prova, è la pretesa connivenza del governo serbo o, in larga parte, dei suoi funzionari in questo lavoro cospiratorio. Biblioteca Gino 81dnco

- 27 - Le prove testimoniali con cui anche nel recentissimo processo per la uccisione di Serajevo il Governo austriaco ha voluto dimostrare all'Europa la continua e ufficiale complicità di impiegati e di sfere governative serbe in ogni mossa dei congiurati, hanno in sè tali caratteri di troppo perfetta, cioè artifiziosa, coincidenza con tutti i postulati del Governo autore di quelle inquisizioni, che per forza ci richiamano alle falsificazioni rivelate dopo il processo di Zagabria. L'annessione della Bosnia. Durante il processo di. Zagabria, quando al pubblico non erano ancora note le falsificazioni, scoppiò, come una bomba, nell'autunno del 1908, la dichiarazione imperiale di annessione della Bosnia e della Erzegovina ai domini della Corona. Persone che sono addentro nel retroscena austriaco m'affermarono che lo spettro dell'agitazione irredentista serba rivelata dalle esposte accuse, ha avuto parte notevole nel far decidere quella mossa azzardata, per tagliar corto con la constatata agitazione per l'unione con la Serbia, manifestatasi in Bosnia ed in Erzegovina, specialmente quando la domanda di avere una rappresentanza parlamentare che mettesse .fine al dominio del dispotismo militare instaurato con l'occupazione, appariva più giustificata dal fatto che le altre provincie turche, amministrate direttamente dal Sultano, avevano conseguito le garanzie costituzionali. E nota la serie dei gravi conflitti diplomatici che I' Austria ebbe a sostenere in seguito a quella sua unilaterale rottura del trattato di Berlino, e come, sempre . per causa diretta di questa crisi slava, vi fu anche allora la minaccia d'una conflagrazione generale. Meno note sono forse in Italia le conseguenze di estrema accensione degli animi prodotta in tutti gli Slavi meridionali, al di qua ed al di là del confine, in quei mesi di tensione. Finchè la politica estera dell'Austria non riuscì a sbarazzare il campo dagli altri protestaBiblioteca Gino Bianco

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