Antonio Piscel - Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani

- 32 - prescindendo dalle provincie slave, dove la lotta nazionale imperversava da tanti anni, e raggiunse negli anni ultimi il carattere di vera rivoluzione. Ciò posto, l'ultimatum dopo i fatti di Serajevo, col quale l'Austria volle, questa volta senza possibilità di ritirata, iniziare la « spedizione punitiva n contro la Serbia, era stato indubbiamente studiato, nei suoi più larghi e inevitabili effetti di ripercussione, fino dal 1908; anzi si devç dire che era stato assaggiato fino da allora, così dal governo austriaco come dal germanico.il quale al tempo della annessione della Bosnia funzionò da supremo regolatore degli interessi della sua alleata meridionale, ottenendo quella volta una temporanea soluzione pacifica per mezzo della compressione armata. Oggi, per concludere, e senza fare inutili prévisioni, nè entrare nel complicato bilancio delle varie forze che si contrastano nella Balcania, crediamo, come si accennava da principio, che l'epilogo del conflitto austro-serbo debba costituire la mèta principale alla vigilante attitudine e all'azione dell'Italia in questa grande crisi. Se per la forza delle armi dei due imperi centrali dovesse durare o rafforzarsi la possibilità per quelle popolazioni jugo-slave di una combinazione austriaca identica o analoga al progetto trialista, il soffocamento e rapido assorbimento dei nostri connazionali della Venezia Giulia ne resulterebbe fatalmente deciso, e non revocabile, a malgrado di tutti gli sforzi di quella nobile regione. Per ciò è ben giusto, l'oggi o mai più! che echaggia da quel confine. Se prevarranno invece, con la Serbia, le ragioni nazionali nella Balcania, portando più a mezzogiorno il centro di gravitazione del nucleo jugo-slavo, gli interessi e i diritti d'Italia nell'altra sponda dell'Adriatico potranno più facilmente trovare il punto di equilibrio con i nuovi vicini. Biblioteca Gino Bianco

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