Antonio Piscel - Il conflitto austro-serbo e gli interessi italiani

- 10 - mente dagli Slavi, la popolazione urbana fu prevalentemente composta da proprietari, impiegati, negozianti ed artigiani tedeschi, magiari o italiani. Quando uno slavo veniva a stabilirsi in città, o quando dal suo ceto contadinesco riusciva, col conseguimento d'un impiego o d'un diploma o con l'impianto d'una bottega o d'una officina,· a passare in una categoria professionale più stimata, abbandonava I' idioma materno con la stessa spontanea prontezza cori la quale sostituiva il vestito cittadino al costume nazionale della campagna. In tutti questi paesi della Slavia meridionale, ancora verso la fine del secolo passato, gli unici elementi - forniti d'una relativa coltura - che fossero fedeli alla lingua ed al sentimento della razza, erano i preti ed i maestri disseminati in ogni piccolo paesello. Fino dal 1848, la più parte di questi preti e di questi maestri - allevati questi ultimi, e sorvegliati, dai preti, ~ condividenti in tutto la loro mentalità - predicarono e diffusero con fanatismo, come arma di dominio politico, l'odio di razza dei contadini slavi, qua contro i signori ed i funzionari tedeschi, là contro i signori ed i funzionari magiari, altrove contro quelli italiani, secondo che la popolazione rurale era soggetta amministrativamente e culturalmente ed economicamente a classi dominanti appartenenti ad una di queste tre nazionalità finitime più ricche, più evolute, più liberali e più influenti. Più che di un vero movimento nazionale, il quale per essere tale avrebbe dovuto avere un substrato di cultura e di coscienza unìtaria e mèta prefissa di separazione e d'indipendenza, si trattava d'un mascheramento, a base di terminologia nazionalista, di quell'odio di classe che, dato un paese poco evoluto, è molto facil~ fare allignare nelle plebi rurali, neglette, sfruttate e disprezzate dai ceti signorili dei centri urbani. I dirigenti della politica austriaca non avevano motivo di allarmarsi per tali correnti locali di fanatismo di razza, spesso congiunte col fanatismo religioso ed antiliberale e con manifestazioni della J\Ìl cieca devozione al Sovrano. Nel 1848 se ne servirono anzi come d'eccellente strumento per combattere e spaventare la ribellione della piccola nobiltà e della borghesia ungherese. Biblioteca Gino 81dnco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==