Giuseppe Faravelli - Il Partito socialista verso la Costituente

...r ,'j PARTITO SOCIALISTA ITALIANO SEZIONE DI BRONI "F. ENGELS,. ~---~ .... ,.., ✓ Il .Partito Socialista verso la Costituente· Discorso pronunciato nel teatro di Broni il 1 ° giugno 1945 * INDUSTRIA D'ARTI GRAFICHE PAOLO PELLEGATTA • BUSTO ARSIZIO , ...,, .. _,vn~ Aured LeWin Biblioteca Oino BianéG

PARTITO SOCIALISTA ITALIANO SEZIONE DI BRONI "f. ENGELS., G. FARAVELLI Il Partito Socialista verso la Costituente Discorso pronunciato nel teatro di Broni • il 1° giugno 1945 * INDUSTRIA D' ARTI GRAFICHE PAOLO PELLEGATTA • BUSTO ARSIZIO Bo ·-otecaGino Biancq

A VVf:RTEN7.A Per renderlo più ndatto n//n propngnndn scritla, il frsto del disrorso i sin/o nlquanto rimonrggialo 1• l'OlllfJl,,tato.

Chi siamo e che cosa vogliamo COMPAGNI, Potrei cominciare questo mio discorso con le parole del monaco dell'Università medievale di Salamanca il q:.iale. restituito alrir.segnamento dopo 11..nghi am~i di carcere, si ricollegò direttamente all'ultima sua lezione dicendo: lleri dicebcnnus (ieri dicevamo ...). · Anch'io potrei ricollegarmi alrultimo discorso pronunci11to nel mio paese natale cd alrinvettiva dantesca che io adoperai - a mo' di predizione - contro il fascismo e i suoi gerarchi. non ancora saliti al potere: Quanti si credon or la~sù gran regi che qui saranno come porci in brago, di sè lasciando orribili dispregi. Sono trascorsi oltre vcnt·anni, durante i quali, i,1 nome di pseudo ideali, è stato ratto scempio della libertà e dcli~ patria. - 20 anni di diseducazione e corruzione delle coscienze, di dilapidazione e sperpe1·0 della ricchezza nazionale, - 20 anni di turpitudini infinite ed impudenti. di crimini, d'aggressioni brigantesche che hanno disonorato dovunque il nome d"Jtalia ed avvelenato il mondo, - 20 anni culminali nella guerra più infame ed atroce che la storia abbia mai conosciuto e nello scatenamento più bestia!e e selvaggio degli istinti e delle passioni. Ed ora - purtroppo molto più tardi di quanto fu previsto anche dai pessimisti ad-oltranza, - quelli che nel regime fascista si credevano « gran regi • (• grandi gerarchi , . per adopl.'rare il loro linguaggio). giact ci'3 Gino Bianco

- 4 - ciono non come leoni, siccome pretendevano, ma come • porci • nella feccia, nel fango e nel sangue da essi accumulati, non avendo lasciato dietro di sè se non l'orribile disprezzo dell'universo. Quel che resta è un mucchio di macerie materiali e morali sulle quali stenta a risorgere un sole di libertà ancora molto pallido. Tale è il quadro desolato che appare davanti ai nostri occhi. Il fascismo che continua Non è senza ragione che ho parlato con tanta circospezione del risorgere della libertà. Infatti la situazione presente, sia nell'ordine interno che in quello internazionale, può essere caratterizzata cosi: l'impalcatura politica, giuridica e militare del fascismo è crollata; ma le fondamenta di esso, ossia le cause che l'hanno generato, sono ancora intatte. Nell'ordine internazionale. La guerra fu certamente antifascista, ma certamente anche imperialistica. Anzi, come era fatale, le tendenze imperialistiche s1 sono fortificate durante il conflitto e si schierano le une contro le altre in un contrasto che è per il momento latente, ma non per ciò meno reale. Gli « Otto punti atlantici•, come già i 14 di Wilsoniana memoria, minacciano di trasformarsi in una truffa all'americana o, se preferite, anglo-sovietico-americana. La nuova Società delle Nazioni minaccia di costituirsi come un direttorio egemonico delle grandi potenze mondiali (un ... « patto a quattro • o a cinque?), destinato a sfasciarsi non appena la solidarietà creata fra di esse dalle esigenze della guerra cesserà. L'Europa, secondo i canoni della vecchia e screditata diplomazia borghese, sta dividendosi in • isfere di influenza», rincominciano i • giuochi di equilibrio • fra le grandi potenze, rinascono le bramosie nazionalistiche vecchie Bb 1oteca G1r, Bianco

- 5 - e ne nascono di nuove, queste non meno voraci di quelle, rinascono le alleanze particolaristiche e perciò antagonistiche, e gli irredentismi. Si farnetica di « spazi vitali •, di annessioni territoriali forzate, di squartamenti e di ricomposizioni barocche di stati, di protettorati e colonizzazioni mascherate, di trapianti più o meno volontari di popoli, di imposizioni o risurrezioni di regimi politici aborriti e di servitù economiche ... E voi sapete che lo sbocco ineluttabile di siffatte tendenze è la guerra! Nell'ordin~ interno. Le forze che hanno portato il fascismo al potere, lo hanno sostenuto e se ne sono sfacciatamente avvantaggiate, si s:anno ricomponendo raccogliendosi intorno alla monarchia fascista ed al clericofascismo, con la sperata protezione dei vari conservatorismi stranieri, e tentano di imporsi di bel nuovo e di perpetuare il loro dominio politico ed economico: queste forze sono la plutocrazia finanziaria, industriale ed agraria del Nord, i latifondisti retrivi e parassitari del Sud, - contro le quali si schierano le forze del lavoro: operai, contadini, classi medie, intellettuali. Verso la Costituente E' in questa situazione, sommariamente descritta, ehe si inserisce il problema ormai urgente della ricostruzione internazionale e interna. Secondo quali criteri questa ricostruzione sarà avviata? Il fascismo sarà stato un brutto sogno dissipato il quale ci si risveglia nel mondo immutato di prima? Le lacrime infinite ed i fiumi di sangue saranno stati sparsi perché i responsabili ed i colpevoli possano ricominciare a tessere la loro tela avvelenata tra la generale accondiscendenza e rassegnazione? Se mai dovessero prevaler:? le forze della conservazione sociale B10.oteca Gino Bianco

- 6 - nel campo internazionale ed in quello interno, il mondo sarebbe trascinato verso nuove catastrofi. Il nostro paese sarebbe condannato: nei rapporti internazionali a diventare una specie di colonia, oggetto di influenze imperialistiche contrastanti; nei rapporti interni a rinculare verso una grigia vita politica e sociale di tipo giolittiano (di quel giolittismo, che se forse fu progressivo nel primo decennio del secolo, oggi sarebbe un regresso enorme), o a una nuova forma di fascismo. No! La vecchia società non può ricominciare come se nulla fosse stato. A questo punto una necessità s'impone, un atto nazionale che costituisce in pari tempo una esigenza urgentissima e un diritto assolutamente incontestabile: consultare nelle forme della più illimitata libertà il popolo italiano, affinchè - dopo così immani disastri e rovine procacciate dai vecchi ordinamenti oggi in iscompiglio - si pronunci sull'assetto da darsi alla vita nazionale e dello stato. Si impone una Costituente. La costituente è un diritto del popolo· che non può a nessun costo e per nessuna ragione essere ricugato o rinunciato. Parliamo schietto ed aperto: i tentativi che si profilano di sabotare e dì eludere la Costituente porterebbero, se vi si perseverasse, alla guerra civile. Ebbene; noi socialisti siamo decisi ad affrontarla, se ci sarà imposta; ma faremo di tutto per evitarla, perchè sarebbe l'estrema rovina del Paese. Facciamo di tutto: e ne è una prova evidente la grande moderazìon~ e prudenza politica dei partiti di sinistra in questo momento - il nostro, quello comunista, ed il partito d'azione, - che non si può non riconoscere a loro merito. La rottura del Comitato Nazionale di Liberazione, se mai avverrà, non avverrà per coipa nostra. Bisogna andare verso la Costituente nella concordia, sotto !"egida di un governo veramente nazionale, nel quale i diritti del popolo lavoratore siaB10.ote 1 Gino B1anc;cr

- 7 - no intieramente riconosciuti. La costituente è il fiume erculeo che spazzerà le stalle deWAugia fascista. E' la premessa inderogabile della ricostruzione nazionale. Ogni partito vi parteciperà in una pacifica e civile gara di proposte e di programmi. Ed ora dovrei enunciarvi le riforme che il Partito Socialista ha inscritto nel suo programma d'azione; ma prima di parlarne, prima di dirvi cosa vogliamo, è opportuno ricordare chi siamo, specialmente ai giovani i quali, per un sistematico silenzio imposto dal fascismo, o per una perfida propaganda di sistematiche menzogne e falsificazioni, ci ignorano o ci disconoscono. Rammentarvi chi siamo significa esporvi, sia pure sommariamente, la dottrina fondamentale e la storia del nostro partito. Il programma teorico del P. S. Il P. S. è nato nel congresso di Genova del 1892. Di fatto è un partito marxista. Mi spiego. Il marxismo - al quale la maggioranza dei socialisti è fedele non per bigottismo ma perchè, confortata dall'esperienza di lunghi anni, riconosce in esso la forma più moderna del socialismo, - è una visione generale della vita sociale e storica, che ambisce a scienza. li P. S. è invece un partito politico, non una scuola di filosofia ed il suo programma è politico, non una teoria filosofica. La politica socialista non si elabora col ,, Capitale» di Marx alla mano, ma si ricava dall'esperienza mutevole e sempre più ricca della classe lavoratrice. Non avendo una filosofia ufficiale, il P. S. è dunque un partito laico, ossia non si cura delle premesse ideali donde i suoi membri derivano la loro convinzione politica di socialisti. Da quelli che ambiscono entrare nelle sue file esso chiede soltanto un·adesionc consapevole, sincera. senza riserve, al suo

- 8 - programma politico, cioè al suo metodo e ai suoi fini. Ne consegue che nel P. S. possono benissimo militare (come vi han sempre militato e vi militano) uomini delle più svariate opinioni filosofiche (materialisti, positivisti, idealisti, ecc...) ed anche religiose, purchè, beninteso, non pretendano di introdurvi dogmi, ossia menomarvi o negarvi quella libertà del pensiero che è il ~uo unico dogma. Il programma del P. S. parte dalla critica della società presente la quale è caratterizzata dal modo capitalistico della produzione, suo modo preddminante. L'affermavsi, il prevalere della grande industria ed il suo concentramento progressivo in imprese sempre meno numerose e più vaste sino a diventare colossali e monopolistiche, porta aila separazione dei mezzi di produzione dal lavoratore, alla disparizione o asservimento delle piccole imprese, ma in pari tempo ad un accrescimento gigantesco della produttività del lavoro umano. I mezzi di produzione diventano monopolio di un numero relati\ amen te piccolo di capitalisti e di grandi proprietari fondiari, mentre il .lavoratore indipendente diventa proletario senza proprietà o perde comunque la sua indipendenza economica. In tal guisa due grandi classi antagonistiche si pongono l'una di fronte all'altra: da un lato la classe dei capitalisti, ossia dei detentori dei mezzi di produzione; dall'altra la classe dei lavoratori i quali non dispongono se non de.la loro forza di lavoro - manuale o intellettuale - che essi sono obbligati a vendere ai capitalisti per vivere, sicchè questa forza di lavoro è abbassata al livello d"una merce. Tra queste due grandi classi fluttuano classi intermedie e sottoclassi (piccoli proprietari agricoli, affittuari, mezzadri; piccoli industriali e commercianti, artigiani, professionisti, intellettuali, ecc.), anch'esse indirettamente e più o meno sfruttate e sottomesse al giogo capitalistico. Queste classi medie - sia detto di passata - sono molto Bib1oteca Gino Bianct)

- 9 - numerose in un paese ancora industrialmente arretrato come l'Italia, e quantunque incapaci - a causa della loro instabile posizione sociale e della loro eterogeneità - di iniziativa politica, hanno tuttavia un peso notevole nella vita nazionale, potendo decidere dell'esito dei conflitti con lo schierarsi dalla parte dei capitalisti o dalla parte dei proletari. Lo sfruttamento delle forze del lavoro è la base su cui poggia tutto l'edifizio economico della società. Perciò la Lotta di classe, ossia la lotta dei lavoratori per limitare prima e poi per abolire lo sfruttamento cui sono sottoposti, costituisce una necessità ineluttabile non appena essi abbiano acquistato coscienza del loro stato di sfruttati; perciò l'agognata abolizione dello sfruttamento che restituirà ai lavoratori, sotto forma non più privata, la proprietà dei mezzi di produzione e quindi la loro umanità perduta, porta seco come necessità altrettanto ineluttabile l'abolizione del modo capitalistico di produzione. Per dirla col programma socialista del 1892, tale abolizione « non può raggiungersi che mediante razione del proletariato organ:zzato in Partito di classe, indipendente da tutti gli altri r,artiti, esplicantesi sotto il doppio aspetto: 1) della lotta dei mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia (orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.), lotta devoluta alle Camere del Lavoro ed alle altre associazioni di arti e •mestieri; 2) di una lotta più ampia intesa a conquistare i pubblici poteri (Stato, Comuni, amministrazioni pubbliche, ecc.) per trasformarli da strumenti che oggi sono di oppressione e di sfruttamento, in uno strumento per l'espropriazione eccnomica e politica della classe dominante •· d GrnoBiar.ico

- 10 - La lotta di classe La lotta di classe! Permettetemi di spiegare un po· diffusamente il concetto socialista di questa, che potrebbe dirsf la • bestia nera • dei nostri avversari. l") La perfidia o l'ignoranza degli avversari del socialismo presenta la lotta di classe come una « invenzione » di « sobillatori », inspirati da odio non solo contro il sistema ma anche contro le persone singole dei capitalisti e volta a fini esclusivamente distruttivi. La lotta di classe è invece un fatto generato incessantemente ed irrefrenabilmente dalla costituzione organica della società divisa in classi. La si potrà mascherare o truccare o anche momentaneamente sospendere, ma non sopprimere. Essa è il grande motore della storia. Nella nostra concezione la lotta di classe è costruttiva e progressiva, almeno quando è condotta da lavoratori coscienti, ed è compito fondamentale del P. S. infondere in loro questa coscienza. Infatti, stimolata dalla lotta dei proletari, la classe borghese capitalistica, per rivalersi delle concessioni che è -costretta ad accordare, perfeziona continuamente i mezzi tecnici della produzione, aumenta così la produttività del lavoro ed imprime all'economia generale un moto progressivo. Una riprova di ciò è data da quelle società asiatiche nella quali la cristallizzazione e immobilità delle classi genera lunghe stagnazioni e regressi. Inutile aggiungere che in questo nostro concetto non vi, è posto per l'odio, che sarebbe irrazionale ed assurdo. Se mai, i lavoratori socialisti odiano l'ordinamento capitalistico, non già le persone dei capitalisti la cui volontà individua è responsabile dell'ordinamento stesso - che la trascende - non più della volontà dei lavoratori. 2°) La lotta di classe pone di fronte interessi antagonistici, ma di ben oiver;;a portata e valore. Contro l'interesse ristretto. chiuso. particolarista dei Bib1oteca Gino Bianco

B - 11 - capitalisti. che è impotente a uscire mai dai limiti di classe, si erge !"interesse dei lavoratori, che tende incessantemente a superare i limiti di classe per abbracciare gli interessi generali della società, a tradursi in umanità. I valori di cui la classe operaia è portatrice sono e devono essere universali, e la sua lotta mira precisamente a far prevalere valori universali contro gretti interessi di classe. Quei valori costituiscono l'imperativo categorico della coscienza rivoluzionaria. Infatti la trasformazione sociale di cui il proletariato si fa protagonista rappresenta l'emancipazione non solo di lui stesso, bensì di lutto il genere umano che soffre delle presenti" condizioni. Ma quella trasformazione non può avere altro protagonista che il proletariato, perchè tutte le altre classi, malgrado i conflitti di interessi esistenti fra di esse, si pongono sul terreno della proprietà individuale e sono tutte più o meno vincolate ai fondamenti della società attuale. I proletari, invece, per emanciparsi, sono obbligati a emancipare, a riscattare tutta la società. Perciò sono la classe rivoluzionaria per eccellenza. Il loro ideale è di creare una società nuova in cui la produzione sociale non sia più organizzata per il profitto di una classe; bensì per i bisogni sociali. I proletari non sostituiranno al dominio della classe borghese capitalistica il dominio della loro classe; fonderanno - secondo Marx - una « umanità consociata•, nella quale « il libero sviluppo di ciascuno sarà condizione del libero sviluppo di tutti•· Un po' di storia del P. S.: il periodo eroico Questo è il programma fondamentale col quale il Partito Socialista sorse e portò gradatamente i lavoratori italiani dallo stato di plebe reietta a quello di popolo consapevole, verso la conquista progressiva .Jlli..i_l,_. ;i.; rt.ldtd Lewin j G, 0 8 13lblioteca (Hno Bian&i"

- 12 - dei pubblici poteri, in una serie di battaglie memorabili. La storia di queste battaglie si può scomporre nelle fasi seguenti: 1°) Il periodo delle persecuzioni o periodo eroico, sotto molli aspetti analogo a quella fase recente della lotta antifascista conc;usasi col crollo del regime. Durante questo primo periodo il movimento socialista si costitµisce affrontando subito due successive bufere. Nel 1894 il governo, presieduto da Crispi, reprime duramente quel movimento di contadini e d'operai delle miniere della Sicilia, detto dei fruici e diretto da socialisti, che ùn padronato esoso e inumano aveva spinto, qua e là nell'isola, a disordini: arresti, stato d'assedio, tribunali militari, condanne feroci, istituzione del domicilio coatto per i reati politici, anche solo di pensiero, e, infine, scioglimento del Partito Socialista. Nel 1896, in seguito all'esito infausto della guerra abissina, il ministero Crispi è rovesciato. le leggi reazionarie revocate, il Partito Socialista risorge, a Roma s'inizia la pubblicazione dell'Avanti! Poco dopo, nel 1897-98 scoppiano in numerose città d'Italia agitazioni e tumulti dovuti al forte Tincaro del prezzo del pane, che i deputati socialisti avevano cercato di evitare chiedendo l'abolizione del dazio sul grano. Il governo del generale Pelloux risponde proclamando lo stato d'assedio e istituendo tribunali militari cui sono deferiti centinaia di arrestati. Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Costantino Lazzari ed altri dirigenti socialisti sono condannati a parecchi anni di carcere. Per rinsaldare il trionfo del!'• ordine•• Pelloux presenta alla Camera proposte di legge che abbandonano all'arbitrio del governo le libertà pubbliche; ma l'ostruzionismo. dei deputati socialisti obbliga il generale a sciogliere la Camera. Le nuove elezioni (1900) mandano in parlamento un numero più che raddoppiato di rappresentanti soBiblioteca Gino Bianco

- 13 - c1alisti e Pelloux deve dimettersi. Poco dopo un grandioso sciopero generale scoppiato a Genova per protesta contro lo scioglimento di quella Camera del Lavoro, costringe anche il governo Saracco a dimettersi. Gli succede un governo Zanardelli-Giolitti che apre in Italia l'éra cosiddetta liberale. Da questa lotta contro una reazione composta in prevalenza di classi più feudali che moderne capitalistiche e raccolte intorno ad una monarchia retriva e dominata da sogni megalomani d'espansione militare e coloniale, il P. S. esce fortificato. La tattica seguita dal Partito - consigliata da Federico Engels - fu quella dei « blocchi popolari • che possono considerarsi un po' gli antenati degli attuali Comitati di liberazione; come le disastrose imprese oltremare di Crispi costituiscono l'antecedente storico dell'« imperialismo » non meno disastroso del fascismo. Il periodo del "riformismo,, 2") E' il periodo del cosidetto « riformismo • termine improprio, anzi falso, perchè travisa il senso dell'azione che allora il P. S. inaugurò in conformità con l'ambiente mutato e con le accresciute sue forze. Meglio adoperare il termine di socialismo gradualistico o, marxisticamente, di evoluzionismo rivoltd'ionario. E' insomma, il socialismo dell'ultimo Engels e della rra Internazionale, nel quale la democrazia, da anticipazione teorica, si avvia a diventare coscienza pratica a contatto dei grandi partiti di massa. Malgrado le critiche del nazionalismo prefascista, e di quel movimento che allora si chiamò « sindacalismo rivoluzionario• (finito tutto o quasi nel fascismo), e in genere, di quel rivoluzionalismo (I) « che (1) Cote,to rivoluzionarismo trova il proprio tt-rreno di cohura apeciu.lmente nel clima torbido e corrono dei dopo1:uerro. Dopo la guerra E, , e i G no Stanco

I - 14 - sente soltanto la ~toria corrusca e tragica. lampeggiata dalle guerre e dalle rivoluzioni, nella quale campeggiano i fatti e le gesta dei personaggi illustri, e non ha posto la vita semplice e profonda delle formiche umane senza lancia nè lorica nè coturno», - è forse il periodo più glorioso, e in ogni caso più proficuo, del P. S. Vi rifulge la figura di Filippo Turati. L'opera: del partito è tutta spesa all'elevamento delle classi lavoratrici mediante l'azione parlamentare volta ad imporre una legislazione protettiva del lavoro, ed una serie di riforme sociali, scolastiche, tributarie, ecc. che introducono nei rapporti di lavoro e nell'ordinamento dello Stato e degli altri enti pubblici (Provincie. Comuni, Opere Pie, ecc.) un soffio sempre più largo di democrazia: e di giustizia sociale; e mediante l'azione sindacale di resistenza (promossa dalla Confederazione del Lavoro costituitasi nel frattempo) volta al miglioramento dei salari e degli orari degli operai e dei contadini. Opera immensa e che non perirà. Non è tempo di descriverla particolareggiatamente. Ma chi ricorda le condizioni dei lavoratori nei primi anni del secolo, abbrutiti dalla miseria, dalla pellagra, dall'analfabetismo, dalla superstizione, dal fanatismo clericale, chi ricorda i salari di fame e gli orari estenuanti di allora, chi ricorda che da noi il cibo ordilibic:1 n\'Cl\lmO tiucllo tli Mus~olini: tlopo I:. p1inm guerra mondiale quello di Bombacci: oggi una specie di ncomassimalismo sorge a proporci sollo altro nome i medesimi mili col medesimo demagogico linguaggio di <1uello dicinnno\·ista. Ad esempio uno ·•Spartaco'' - in uu opuscolo che pur1roppo figura edito dalla lib"eria deJI' •'A,·nnti !'' - ci fn questa c:1ric:H11ra oltraggioMt J.,.J ,ocialismo dellu li lnttrnazionale, oltraggiando in pari tempo il uostro partito nella sua tradizione migliore: •·figlio spurio del marxi.11mo, di cui si era appropriaro solo una vuot:1 fraseologia. e Jf'lla democrazia dei ceti mcdi di cui aspiru•:1 ad euerc J'eredc. nonoSlantc l'npp:ucntc radicalismo f<autskiano. era un oppositore addomesticato iu ~::arlamcnto e un coll:1borato,e nel ,•a• sto complc1so della ,•ita socinle". Amonio LAbrioln. Turali, Prampo• lini. Tre,•cs, '·,•uoti fra~eolo~i ", "aspirnnti eredi delfa dcntocr,,7.ia dei ceti medi" e ·'oppositori addo111c.;ticau,, ! ! Nel socialismo della Il Internazionale ,•'è: ccrt:'.lmcntc del vi\'O e del morto. La sua storia è ancora da fare. Ma nou .s:,.rnnuo ccr1amente i canoni 1toriogratìci d: "Spar1aco '' a darcela. B, 1ec;a Gino Bianco

- 15 - nano dct contadini cli quegli anni era la polenta condita con una magr:;i insalata o con una saracca da un soldo. può - facendo un confronto con le condizioni posteriori - ~apire la grandezza dell"opera del P. S. Perchè fu esclusivamente opera sua, e cosi saldamente coslrulta che neppure il fascismo potè schiantarla. Mercè quest·opera il P .. S. fu il diretto e vero e solo continuatore del Risorgimento rivoluzionario; il vero e solo piirtito nazionale, perchè inserì nella nazione - contro il nazionalismo - tutto un popolo di diseredati che alla nazione, nella loro degradazione spirituale e nella loro miseria, erano ~ino allora rimasti estranei. La prima guerra mondiale e Il dopoguerra 3") Il terzo periodo è quello tempestoso della prima guerra mondiale e del dopoguerra. Come il P. S. si era schieralo contro la guerra libica, imposta da un nazionalismo scalcagnato e famelico e che fu come il primo, sinistro rombo del terremoto imperialista che poco dopo doveva sconvolgere il mondo, cosi si schierò compatto e fermo contro l'immane carneficina mondiale, contro la guerra dell'imperialismo, e contro il trattato di Versaglia, che la concluse, o, meglio, che gettò le basi della seconda carneficina. Fu grande onore del socialismo italiano avere avuto fin dal primo istante, solo o quasi, la visione chiara della situazione, mentre gli altri grandi partiti dell'Internazio!'lale disertavano, e l'Internazionale si sfascisva miseramente, ed aver salvato l'avvenire del Socialismo. La sua formula: « non aderire c non sabotare», che parve arida e contraddittoria agli amatori della logica astratta e era certamcnte non f~cilc a tradursi nelle applicazioni immeGtno Oianco

- 16 - citate senza discordie ed incertezze, permise mvece al Partito da un canto dì non farsi complice col governo, con le classi dirigenti e coi partiti borghesi che avevar.o spinto l'Italia nell'avventura, e dall'altro canto di non indebolire con fatti positivi la difesa nazionale ossia di non farsi complice con il militarismo e col capitalismo tedesco. Il nostro partilo si oppose strenuamente alla menomazione della libertà e delle istituzioni parlamentari. concorse a confortare le piaghe e i dolori prodotti dal disastro, concorse attivamente alla ricostruzione dell'Internazionale (Zimmerwald!), reclamò tenacemente ma indarno una pace immediata, senza annessioni nè indennità; ed a guerra conchiusa esso, o almeno la sua parte più chiaroveggente, si propose - anche allora come oggi - dì togliere la classe operaia dall'isolamento in cui la guerra l'aveva messa, di saldare intorno al proletariato le altre classi del lavoro deluse dai risultati della poliiìca del « sacro egoismo», di avviare il Paese verso una profonda trasformazione politica, economica e sociale - anche allora come oggi - e di sbarrare in tal modo la strada alla reazione e al fascismo. Il suo programma dì allora (o almeno il solo programma socialista serio, costruttivo e veramente rivoluzionario) fu quello tracciato nel 1917 dalla Direzione del partito, dal Gruppo parlamentare e dalla Confederazione del lavoro; programma nel quale erano iscritte, oltre la Costituente e la Repubblica, una serie di radicali riforme in tutti i campi: politico, amministrativo, industriale, agrario, sociale, che avrebbero mutato la struttura del Paese in un senso audacemente democratico e socialista. Quel programma fu ripreso nel 1918 dalla Confederazione del lavoro, e, nel 1921, riassunto, sviluppato e completato in quel discorso memorabile di Filippo Turati che va sotto il titolo « Rifare l'Italia• e che costituisce un formidabile piano di bonifica integrale (l'espressione, piaB ti i G o ,anco

Bt E' - 17 - giata e falsata dal fascismo, è turatiana) del Paese. Quel programma (dopo oltre vent'anni, venti anni di_ ritardo!) è, mutatis mutandis, il nostro programma comune di oggi. Purtroppo da un lato l'incomprensione di una parte della classe lavoratrice, ingannata dalle promesse mirabolanti sparse prodigalmente e cinicamente dalla borghesia durante la guerra, e illusa da· quello che fu allora chiamato •massimalismo• - (un bolscevismo puramente fraseologico, anzi urlante, una messianica cd inerte attesa di prodigiosi quanto impossibili rivolgimenti totali, analoghi a quelli che sembrarono operarsi in Russia, in condizioni comunque affatto diverse ed iriiproducibili); - e dall'altro la miopia imbecille e l'ostilità gretta e feroce delle altre classi, impedirono che il concentramen~o delle classi del lavoro si producesse e che il programma socialista passasse nei fatti. Passò cosi il fascismo. Rimane tuttavia il fatto che il P. S., con la stessa tattica e con lo stesso programma che oggi son pur valsi all'abbattimento del fascismo, si proponeva allora di impedirne l'avvento al potere. Se il nostro consiglio - dimostratosi valido alla prova recente dei fatti - fosse allora stato ascoltato, il corso della storia avrebbe forse preso ben altra direzione. La lotta contro il f asclsmo 4•) Il quarto periodo è quello della lotta, aperta prima illegale poi, contro il fascismo. E' il periodo durante il quale il P. S., solo - tranne il partito comunista -, contro tutti, contro lo stato monarchico, la sua polizia, il suo esercito, la sua magistratura, complici delle squadre d'azione, semina di vittime eroiche le campagne e le città d'Italia, in una guerra civile impari che a poco a poco devasta ed annienta tutte G1 0 itanco

B - 18 r le sue urga01zzaz1001 politiche, s111dacali, cooperative. culturali. Ed è poi il periodo cosidetto dell'Aventino, che parve una riscossa vittoriosa e non fu, soprattutto a causa della monarchia ancora una volta fedifraga e vile. Occorre elencare i nomi delle vittime infinite di questa fase della lotta contro il fascismo, umili e note? Basterà un nome che tutte le riassume, che simboleggia il martirologio socialista di quei tempi: quello del segretario del nostro partito: Giacomo Matteotti. E veniamo al periodo della lotta clandestina, prima e durante la seconda guerra mondiale. Chi vi parla la conosce bene e può farne testimonianza, perchè l'incominciò in Italia subito dopo lo scioglimento del partito, e la continuò dall'esilio sostenendola come membro e per incarico della Direzione del Partito nel decennio che va dal 1931 sino al giorno del suo arresto in Francia e consegna alla polizia fascista (1942). Il processo al quale fu sottoposto dal Tribunale Speciale e la condanna a trent'anni di reclusione rappresentano, in certo senso, il conto riassuntivo presentato dal regime fascista al P. S. per l'azione illegale svolta durante quel decennio in Italia. Non è male ricordare ai giovani, che han partecipato posteriormen.te alla lotta illegale, le condizioni di essa in quegli anni. Allora era o sembrava impresa disperata. Davanti a noi non splendeva a incoraggiarci e confortarci la previsione della vittoria e della gloria vicine che rendono facile e bella anche la morte. Davanti a noi ed intorno a noi allora non c'era che buio, ossia, oltre l'ostilità implacabile e schiacciante del nemico sempre in agguato, la sfiducia. lo scetticismo, l'indifferenza e qualche volta persino l'irrisione e l'ostilità anche dei compagni o di coloro che, delusi, sarebbero diventali compagni in seguito, in un'atmosfera più vivificante e trascinante. Soli. senza sostegn,i e senza meni: pe1·chè non vi sar;', ctif-

B - 19 - ficile credere che i pretesi milioni di cui ci avrebbe riempite le tasche la demo-pluto-massoneria internazionale, giudaica per giunta, non sono mai esistiti se non nella famelica immaginazione dei gerarchi fascisti. Ciò che esisteva in realtà era un P. S. squattrinato ed un Internazionale Socialista più squattrinata di lui (l'indipendenza gelosa del Partito socialista da ogni influsso esterno, ahimè! ha i suoi svantaggi!). In tali condizioni, o giovani, la nostra anima era perciò un po' come quella di Cristo alla vigilia della crocefissione: « triste sino alla morte •· Ed anche nella lotta clandestina, come nella desola7.ione dell'esilio, le vittime nostre furono moltitudine. Permettetemi di ricordarvi due nomi di giovani socialisti quasi dimenticati: quello di Fernando de Rosa, caduto - dopo una serie di atti audaci e magnanimi in Italia, in Belgio, in Francia - in una trincea davanti a Madrid, difendendo la Repubblica Spagnuola; e quello dell'operaio milanese Marco Ricc·ardi, tempra eroica, che, rientrato in Italia da Parigi e dopo essere stato in carcere e al conlino, riprendendo la lotta, tradito da un sicario, fu freddamente trucidato dalla polizia fascista in quel di Como, mentre introduceva in Italia materiale di propaganda del P. S. e dell'Internazionale Socialista contrn la guerra etiopica. E permettetemi di ricordare, per tutti i morti dell'esilio, i nomi dei due maestri ai quali dobbiamo il nostro pensiero di socialisti, che non dimenticheremo e non rinnegheremo mai: Filippo Turati e Clauòio Treves. Ed infine, per gli innumerevoli caduti nella lotta recentissima, i nomi di Bruno Buozzi, segretario della Confederazione del Lavoro e di Eugenio Colorni, paladino della Federazione Europea. Senza quei sacrifici fecondi e quelle vittime infinite - ricordatelo, o giovani - è certo che le vostre magnif!che vittorie di ieri sarebbero state impossibili

- 20 - La democrazia socialista Oggi il Partito Socialista è risorto e si presenta in un panorama politico mutato, avendo accanto a sè nella lotta altri partiti a carattere socialista (in senso largo), dai quali per la chiarezza delle nostre posizioni, giova distinguerlo. (La sua distinzione dai partiti di destra, liberale e democristiano, è così evidente che ci sembra inutile metterla in risalto). Di fronte al partito d'azione, che è democratico ma non classista, ed al partito comunista, che è classista ma non democratico, ciò che caratterizza inconfondibilmente il P. S. e lo caratterizzerà sempre meglio man mano che sottometterà i residui utopistici ed antidemocratici di riformismo, di massimalismo e di leninismo che ancora sopravvivono nel suo seno. è il metodo democratico della lotta di classe. Il P. S. è democratico nella sua dottrina generale. Ci bastino due citazioni tratte da quel maestro al cui nome i compagni di Broni hanno intitolato la loro sezione risorta: Federico Engels. Questi, già nel celebre Manifesto, scritto in collaborazione con Marx nel 1847, concepiva il socialismo come « il movimento autonomo dell'immensa maggioranza a favore dell'immensa maggioranza». Cinquant'anni dopo, nel 1895. ossia alla fine della sua gloriosa carriera di rivoluzionario, in quel suo testamento politico che è la nota prefazione alla Lotta di classe in Francia di Marx, riconferma ancor più esplicitamente lo stesso concetto. E' passata - egli dice - l'epoca dei colpi di mano e delle rivoluzioni condotte da piccole minoranze coscenti alla testa di masse incoscenti. Là dove si tratta della completa trasformazione dell'organismo sociale è necessario avere preventivamente con sè le masse (e non solo gli operai, ma anche la gran massa del popolo e specialmente i contadini) consapevoli del fine da raggiungere e del perchè del loro con8 ote a Gino Bianco

8t - 21 - corso. Ma perchè le masse comprendano ciò che devono fare, è necessario un lungo ed assiduo lavoro. Se dunque il socialismo ha da essere opera dei lavoratori stessi e non già - come credevano i vecchi utopisti e credono i nuovi - di filantropi, di legislatori illuminati, di sette di congiurati, di minoranze eroiche, di gerarchie sindacali e parlamentari, di avanguardie di rivoluzionari professionali, esso non è concepibile se non in condizioni che garantiscano l'autonomia della classe lavoratrice, se non nel quadro della democrazia integrale, nel pieno vigore della libertà di riunione, di propaganda, di associazione, di stampa, di culto, nel pieno vigore del suffragio universale esaltato da Engels nella prefazione citata. La democrazia e la libertà costituiscono la stessa natura essenziale del socialismo: non dunque una provvisoria posizione di comodo, un espediente politico che si possa abbandonare senza snaturarsi quando si vogiia, senza tradire noi stessi e senza rendere impossibile il nostro compito. Il socialismo è insomma la negazione di ogni forma di giacobismo e di blanquismo i quali si illudono di poter realizzare la società socialista contro la stessa volontà dei lavoratori, a colpi di decreti dittatoriali. con la coercizione o abbacinamento o fanatizzamento delle coscienze, con la soppressione dei diritti di libertà che sono la condizione imprescindibile per la formazione di uomini liberi, capaci di governarsi da sè, come è richiesto in una società socialista. Il P. S., essendo il partito non di una minoranza, di una avanguardia, ma di tutta la classe lavoratrice, al cui controllo pubblico deve perciò continuamente sottoporsi, è democratico anche nella sua organizzazione interna e nell'azione con la quale tende a propiziarsi le condizioni esterne, ossia le istituzioni generali dello Stato e l'indirizzo della loro politica. ~oltanto un partito organizzato democraticamente può o dnco

B - 22 - fare una politica democratica. D"allra parte, in un ambiente, in uno Stato non democratico un'organizzazione democratica di partito soffoca e muore. Democrazia interna significa: illimitata libertà di pensiero e di critica (beninteso, entro i limiti generali del programma socialista); autorità che sale dal basso verso l'alto e non viceversa; sovranità della massa dei soci, non onnipotenza di capi infallibili. L'organizza~ione del pi;rti to socialista « non può fondarsi sulla cieca obbedienza nè sulla meccanica subordinazione dei militanti alla loro direzione centrale; e d'altra parte non può affatto alzarsi una barriera tra il nucleo cosciente del proletariato già organizzato nei saldi quadri di partito e lo strato limitrofo, che è in procinto di partecipare alla lotta di classe e si trova coinvolto nel processo di formazione della coscienza di classe•· Il P. S. non ha «capi», ma solo rappresentanti, ossia organi esecutivi della volontà cosciente dei soci. Per noi si ti-atta puramente e semplicemente di rovesciare la nefanda formula fascista: credere - obbedire - combattere. I socialisti non « credono», ma criticano; non « obbediscono • ma comandano, ossia sottomettono alla loro volontà i loro dirigenti, e li cacciano o sostituiscono se tradiscono o sbagliano; non • combattono», ma educano la classe operaia e conducono la loro lotta con le armi civili della persuasione, non coi manganelli, con l'olio di ricino e con le rivoltelle. Possiamo insomma affermare (mentre è ancor cosi vivo negli spiriti il ricordo di quanta mortificazione ed abbiezione significhino il· bavaglio e la coartazione del pensiero) che i socialisti non cercheranno mai di prevalere mediante l'arsenale liberticida testè abolito: mediante la conculcazione dei diritti civici e politici, l'imposizione alle coscienze di dottrine ufficiali, l'immoralismo politico mascherato di « stato etico», il sistema del partito unico e tota-

- 23 Jitario e ciei sindacati coatti, l'asservimento ossia la paralisi della stampa, della scienza e dell'arte, il terrnrismo politico a base di immonde « Ovre », di procedimenti barbarici e di Tribunali Speciali. Il P. S. non s"é convertito alla democrazia da ieri: è sempre stato e sarà il partito della democrazia, della democrazia integrale, e poiché questa è l'ora della democrazia, questa è anche la sua ora, l'ora più sua che di qualsiasi altro partito. Il programma d'azione: la Federazione europea Ed infatti esso va verso la Costituente con un programa ricostruttivo schiettamente e profondamente democratico. Ecco venuto il momento di esporlo, dopo una lunga digressione storico-dottrinale che probabilmente vi avrà annoiato. Ma qui io mi limiterò a tratteggiare i criteri generali di quelle grandi riforme • di struttura • che costituiscono il « trinomio •, anzi il •quadrinomio• programmatico del partito, e che vogliono essere come il fondamento e i muri maestri dell'edificio dell'Italia di domani. Di altre riforme, più particolari benché di grande momento - come quella scolastica, tributaria, ecc. - si parlerà un'altra volta. NeH'ordine internc1zionale. Il P. S. vuole anzitutto riscattare l'Italia dalla posizione umiliante attuale, di paese che coopera coi vincitori, ma che tuttavia è trattato come un paese vinto, restituendole la sua indipendenza e autonomia nel concerto della società degli stati. Il P. S. si propone di evitare ad ogni costo che l'Europa diventi lizza di risorti antagonismi delle grandi potenze e che il nostro paese stesso venga abbassato a strumento dell'uno o dell'altro. Perciò esso propugna la costituzione d1 una Federazione democratica europea, senza esclusioni, che facendola finita con l'arcigna assolutezza della sovranità degli

- 24 - Stati, li sottoponga tutti all'autorità di un governo comune liberamente consentito e democraticamente eletto. Gli Stati Uniti d'Europa, nel quadro di una nuova società mondiale delle Nazioni, sono la premessa inderogabile del disarmo, della pace e della ricostruzione materiale e morale del continente, alla quale ogni aggregato nazionale dovrà dare il suo contributo solidale secondo le proprie capacità economiche, le proprie energie spirituali, la propria originale cultura. Ma senza un'Internazionale dei lavoratori forte ed operante non ci sono Stati Uniti e Federazioni Euro- '/ pee possibili. Perciò i socialisti - il cui internazionalismo, ancora non molto tempo fa, era idiotamente considerato • antipatriottico • e « antinazionale•, da parecchi dei ravveduti di oggi - insistono perchè i partiti fratelli, e specialmente quelli dell'Europa occidentale più democraticamente evoluta, rompendo ogni indugio, s'accordino per la ricostruzione più sollecita di un'Internazionale socialista degna di questo nome, la quale dovrebbe incominciare col dare a se stessa quell'assetto federalistico in base al quale essi vorrebbero organizzare per ora l'Europa e poi i! mondo. La futura Internazionale, in altre parole, dovrebbe ricostituirsi come federazione internazionale cli partiti socialisti, i quali, rinunciando spontaneamente ad una parte della loro autonomia, della loro • sovranità •• si sottomettessero, almeno per quanto Tiguarda la politica estera, all'autorltà di una superiore direzione, di un superiore « governo •• democraticamente eletto dai partiti stessi ed assolutamente indipendente da qualsiasi stato. La Repubblica democratica Nell'oT<line interno. Il P. S. propugna intransigentemente l'abolizione della monarchia, istituto privo di ogni giustificazione teorica e storica, incomp::itibile B t L eca Gino B1anc;o

- 25 - con la democrazia. La monarchia sabauda dì traditori e spergiuri, complice ventennale del fascismo, è definitivamente morta nella coscienza degli italiani, onde non resta che interrarne il cadavere. La forma di stato che le succederà non può essere che una Repubblica democratica. Ma di repubbliche democratiche ce n'è di varie specie. Quella propugnata da noi sarà fondata: sul suffragio per ambo i sessi e sulle libertà più illimitate, e più saldamente garantite a tutela della persona umana, di riunione, di associazione, di propaganda, di 5tampa, di culto, ecc.; sulla subordinazione dell'esecutivo all"assemblea nazionale, sull'avocazione della politica estera al parlamento e conseguente abolizione della diplomazia segreta; sulla più ampia autonomia delle regioni, delle provincie e dei comuni assicurata da un proprio potere finanziario e di polizia, e delle istituzioni della classe lavoratrit'e (sindacati, Camere del Lavoro, consigli, cooperative, ccc.), previa distruzione dello stato centralista, burocratico, militare e poliziesco e dei suoi contraili prefettizi da surrogarsi con una giustizia amministrativa completa e indipendente; sulla indipendenza assoluta del potere giudiziario, in tutto o in parte elettivo; sulla separazione dello Stato dalla Chiesa e radicale laicizzazione di tutte le amministrazioni pubbliche, senza di che la libertà e l'eguaglianza dei cittadini sarebbero menomate, ergo: abolizione del concordato ;tiptùato dall'« uomo della Provvidenza• nella forzata contumacia del popolo italiano. La Sociali.z.za.zione Socializzazione democratica. La denomino cosi, affinché non venga confusa con quella forma pubblicistica della proprietà chiamata « statizzazione • e con la quale ha assai poco di comune. Anzi, concettual6 atee , G no '11an

- 26 - mente, la statizzazione è il pe1·fetlo contrario della socializzazione. Questa tende a fortificare la società e l'individuo contro lo Stato che in tal guisa - sf:'- condo l'espressione marxista progressivamente « muore », ossia cessa di esistere come stato di classe burocratico - poliziesco - militare e diventa un organo tecnico-pedagogico della società; quella, invece, tende a fortificare lo Stato ed a farne un Leviatano totalitario contro la società e l'individuo. La socia- . lizzazione è democratica cd egualitaria; la statizzaàone è autoritaria e burocratica e porta a trasformare la burocrazia in cast3 pletorica sfruttatrice, sovrapposta alla massa dei lavoratori. La socializzazione, quale è concepita da noi e della quale io espongo le linee generali, il resto essendo di spettanza dei tecnici, sarà attuata gradatamente, ossia nella misura della maturità tecnica e politica dei lavoratori e dell'ambiente economico e per ora si estenderà a quei complessi industriali che costituiscono un monopolio o un servizio d'interesse pubblico essenziale, nel quadro di un piano economico generale elaborato periodicamente e coordinato nella sua esecuzione da un organo ad ltoc (da un Consiglio nazionale del Lavoro), autonomo, composto dei rappresentanti dello Stato, degli enti locali e delle associazioni professionali. Se lasciati alla proprietà ed alla iniziativa priyata,. quei complessi industriali e servizi essenziali (quali l'industria elettrica, quella chimica, quella dei trasporti, ecc.) farebbero di nuovo della plutocrazia, che ora li domina, uno stato nello stato - come si è visto col fascismo -, una potenza sopraffattrice della società e delle classi lavoratrici, le quali, escluse da ogni vantaggio, sarebbero per contro chiamate a pagarne le perdite. La socializzazione delle perdite!: anche questo s'è visto con I"• autarchia• fascista. Inoltre il capitale monopolistico impedirebbe il normale, ultet ote m

- 27 - riore sviluppo economico del Paese, specialmente nel Mezzogiorno d'Italia. Un altro servizio che deve essere sottoposto al controllo della collettività è il credito che sarà cosi protetto dalle dilapidazioni della plutocrazia finanziaria e devoluto ad iniziative economiche sane e vantaggiose per il Paese, non ad iniziative megalomani e rovinose. Il criterio cui il P. S. vuole attenersi è il seguente: socializzare, ma non al cli là dei limiti oltre i Qt1ali la libertà sarebbe menomata o sacrificata. Socializzazione come garanzia di libertà! Il criterio opposto, secondo cui bisogna sopprimere la libertà per poter socializzare, dunque non è socialista. La Riforma agraria La riforma agraria non può essere espressa in una formula unica, perchè varìe sono le condizioni ambientali dell'economia agricola e perciò varie sono le soluzioni da dare al problema. Come capisaldi generali si possono indicare i seguenti: 1•) Una riforma fondiaria generale è assolutamente necessaria ed urgente, perchè troppo ingiusta è da noi la distribuzione della terra. Le statistiche indicano che enormi estensioni di terreno sono proprietà di un numero esiguo di magnati infingardi che non le lavorano, sfruttando a sangue affittuari, mezzadri e braccianti. Questi grandi proprietari - specialmente nel mezzogiorno - sono i peggiori nemici dei lavoratori, del progresso agricolo e della libertà. Non dimentichiamo che il fascismo è stato armato e portato al potere anzitutto dagli « schiavisti agrari•· Questo fatto non deve più ripetersi. L'espropriazione degli schiavisti agrari è una misura di elementare difesa sociale. 2•) La riforma agraria deve significare dovunB r, atee i Gino 81,.mce,

B - 28 - que non solo giustizia sociale, ma anche progresso economico. Il P. S. è perciò contrario tanto alla creazione artificiale detta piccola proprietd in zone dove non esistono condizioni ad essa propizie, quanto alla coUettivizzazione forzata, che segnerebbe un sicuro regresso economico introducendo nelle campagne il disordine e la guerra civile, approfondendo il solco che divide la città dalla campagna che invece deve essere progressivamente colmato. Occorre ricordare che i socialisti non sono contro la proprietà privata in generale, ma contro la proprietà capitalistica, ossia sfruttatrice? Il proprietario che ricava dalla te:rra il sostentamento suo e della famiglia col proprio lavoro non ha nulla da temere da noi. Senza dire che esistono regioni e generi di coltura agricola dove la proprietà familiare non può essere sostituita da nessun'altra forma, e che perciò è la più razionale ed economica. 3°) La forma alla quale i socialisti danno la loro preferenza e simpatia - come può ricavarsi dal progetto di socializzazione della terra presentato in Parlamento, nell'altro dopoguerra, dal nostro conterraneo on. Emilio Canevari e rimasto, ahimè! lettera morta - è la cooperazione che da noi, del resto, ha fatto già le sue grandi prove: basti rammentare le grandi cooperative agricole del Ravennate promosse • e dirette dal socialista Nullo Baldini, testè defunto. Quindi: conduzione cooperativa, sotto il controllo delJa società, delle grandi aziende dove prevale l'agricoltura industrializzata; altrove costituzione di consorzi e cooperative che associando i piccoli agricoltori in uno sforzo comune di elevazione economica e civile, li sottragga alla fatica abbrutente e non rimunerata, ai rischi rovinosi, all'isolamento selvaggio e all'influenza di tutti i conservatorismi antisociali. Si pensi ai successi decisivi che questa forma di cooperaziom, ha avuto in Danimarca portando il paese ad un li· vello economico e sociale elevatissimo. G ,o

o J.E' - 29 - Le grandi riforme proposte dal P. S. - bisogna insistere su questo punto - costituiscono la premessa sine qua non di qualsiasi ricostruzione e sono un tutto indissolubile, in cui ciascuna è condizione e garanzia dell'altra. La vecchia antifona dei conservatori di ogni risma, secondo cui bisognerebbe pensare prima a • ricostruire» e poscia a riformare, è nettamente da respingere. L'Italia di domani, in un mondo nel quale la politica estera ha assunto il primato della vita delle na- ;doni, onde si può affermare che non esistono più soluzioni nazionali dei problemi politici, economici e sociali che le riguardano, sarà quel che sarà l'Europa di domani, quel che sarà il mondo di domani. Di qui l'esigenza di una Federazione democratica europea. D'altra parte la repubblica democratica qualora non fosse garantita da profonde trasformazioni economiche e sociali, rappresenterebbe un mero cambiamento di facciata destinato a crollare al primo assalto reazionario (si pensi alla repubblica tedesca di Weimar e a quella Spagnuola); la socializzazione e la riforma agraria, qualora non si attuassero in un ambiente di libertà e di democrazia, si convertirebbero in una truffa, ossia in mastodontici apparecchi burocratici a vantaggio esclusivo delle classi o caste detentrici del potere dello Stato. Il Lavoro al potere I Appello al giovani Come si vede, nel nostro programma non c'è nulla di dottrinario e di utopistico, tutto è dedotto dalle imperiose esigenze della realtà, che tutte si riassumono nel modo più chiaro in questa: urge sostituire una classe - la borghesia plutocratica e monopolistica - che con l'esperimento fascista (il suo esperimento supremo) ha fatto in tutti i campi la più fraudolenta

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