Luigi Carlo Farini - Il conte Buol e il Piemonte

. ' IL CONTE BUOL ED IL PIEMONTE DI LUIGI CARLO FARINI a Xou/ .JODN RIJSSELL.

'torino J859, Tipografia Marzorati.

Scrivendovi, giorni sono, che il sistema austriaco era lot vera c sostanzial cagione dei lunghi mali e dei presenti pericoli dell' Italia, io non isperava, o Mylord, che un ministro dell' Imperatore Francesco Giuseppe avrebbe avvalorata, cd, [l cosi dire, illustrata, la mia modesta scrittura colle sue autorevoli sentenze. Per la qual cosa leggendo oggi il dispaccio, che il signor Conte Buoi ha scritto al signor Conte Appony in data dei 25 febbraio (1), mi sono meco stesso rallegrato, che dalla Cancelleria di Vienna ci venga uno insperato aiuto a chiarire la quistione italiana , c mi ha preso vaghezza di fare , a mia ( 4) Dispaccio del Conte l3uol al Conte Appony Ambasciatore tl Londra , in data 25 febbraio. Jouroal de Francfort 8 Marzo~ 859.

6 volw, sotto hrevitù, una illustrazione di quel dispaccio, che mi ha arrecato compiacimento. Abbiatemi per iscusato, o Mylord, se prendo lo arùimento di intitolarla al vostro chiarissimo nome. ll ministro dell' Imperatore asserisce « essere cosa natu- « rale che i grandi Corpi politici esercitino una certa in- , « flucnza sugli Stati che li avvicinano, ma importare allo in- « tercsse generale, che quella influenza non sia mai usur~ « pata , nè usata a danno della indipendenza di un altro « Stato (l) >. l o ho per buono e giovevole questo pronuneiato; in si gran copia ne soccorrono le testimonianze, per Je quali si addimostra a chiare note, come r Impero austriaco abbia usurpato in Italia una influenza perniciosa agli Stati , che debbono essere franchi e di loro ragione. Prendiamone ùocumento. Nel 1815 l'Imperatore d' Austria fa una lega particolare col Granù:uca di Toscana (2) a fine di mantenere il riposo interno ed este1·no dell' Italia. Così il fortissimo Impero aggioga al suo carro un debolissimo Stato, e si arroga il diritto di usare gli influssi e le armi in tutta la Penisola. Nell 'anno stesso, impone al Re di Napoli l' obbligo di astenersi ùa ogni mutazione civile la quale sia contraria al sistema austriaco (3); e così menoma la sovranità del Principe c l' indipendenza dello Stato senza potersene scusare nemmeno pe' rispetti della vicinanza. \1) Dispaccio citato. (2) T:-altalo del H~ giugno ratifica to a Firenze il ~ o lug'io. (3) Trattuto del 46 luglio, articolo 2° segreto. -

7 Nel 1816 cerca di torre l'alto Novarese al Re di Piemonte (t), ed il Principe di Metternich scrive a Londra « che « se l'alto Novarese, od almeno la provincia di Domodossola « non fosse unita al Regno Lombardo-Veneto, la fortezza di « Piacenza ne sarebbe presidio insufficiente, perchè se il Re << di Sardegna fosse legato colla Francia, potrebbe sempre in- « vadere la Lombardia ». Per tal modo l'Austria divisava nuovi acquisti in Italia, credendo si potessero, a benefi cio proprio, mutare, appena stipulati, i rogiti del 1815. In quel tempo stesso, adoperandosi l'Imperatore a stabilire , sotto specie di confederazione , la sua preminenza in tutta la Penisola, lord Castlereagh ai primi di Febbraio del i8l6 diceva al Conte d'Agliè legato sardo a Vienna, che ({ conveniva alla Corte di Sardegna lo entrare nella Confe- « derazione proposta dall ' Austria; che se il Re acconsentisse, « forse l'Imperatore desisterebbe dalle sue pretensioni sul- « l' alto Novarese e sulla occupazione della cittadella d' Ales- « sandria (2) )). Egli è chiaro adunque, che l' Austria aveva pretensioni, che il gabinetto britannico, di quei giorni morbido alle sue voglie, non sapeva castigare, ma cercava moderare. Quelle pretensioni erano pienamente riprovate dalla Corte di Pietroburgo, la quale « ferma nei principii ~u cui ( ~ ) Archiv i del Regno Sardo . - Carteggio del Va lesa , .Mini stro degli atruri es te ri, del De Mai stre , ambascia tor e a Pietrohurgo, del S . :Ma rtino d' Ag liè , Legato a Londra , del Conte Rossi , Lega to a Vicnno. (2) Archi'Vi del Regno . - Dis pa ccio del Conte S. Ma r ti no d'Agliè in da l~ de i o febbraio,

~ « riposava l' interesse generale dell'Europa , e nella fede dei « trattati, ferma era pure nella opinione contraria alle pro- « poste austriache , tanto sulla èessione dell' alto Novarese , << quanto sul divisamenio di una confederazione, non poten. « dosi approvare nè leghe parziali nè confederazioni dopo « il trattato della quadrupla Alleanza, il quale stabi1isce il (( sistema generale consacrato al mantenimento dell' equilibrio « europeo (i) )). Nel ~ 820, prima dci congressi di Troppau e di Laybaeh, la Corte di Vienna aveva avuto in animo d' invadere il Regno di Napoli , senza aspettare nè il permesso del Re , nè le deliberazioni dei eonfederati. Ne fa fede un dispaccio del Principe di Metternich a Francesco Quarto duca dì Modena, in data dci 5 gennaio dell' anno ~82t , nel quale sì legge ~ « Se nel luglio dell'anno passato, l'Austria avesse avuta sul « Pò una forza armata disponibile di venti mila uomini sol- « tanto , noi lì avremmo subito fatti correre sopra Napoli ~ « avremmo fuor di dubbio spenta la rivolta, ed n mondo « avrebbe applaudito al succcssu, come in fin deì conti ap- « plaude sempre ad ogni successo (·2) ». Questa scrittura, che a giorni pubblicherò intera, chìa- . . risce, come I' Austria rispettassè ì trattati cd i cànonì delTaSan m Alleanza. ( ~ ) Archivi del Regno. - Lettere dclt' Imperatore .~lcssandr:o nl Re Vittorio Emanuete, e del Nesselrode ai Mini_stri. (2) Archivi del Re. - Copia autentica del dispaooio de!Mettcrnich al Duca di Modena .

9 A Laybach la Gran Brettagna, quantunque si acconciasse alla invasione del Regno, faceva timide protestazioni, e manifestava il desiderio di qualche guarentigia civile. Anche la Russia non era aliena dai temperamenti, ed il Governo francese, che in Napoli aveva praticato coi costituzionali per veder modo di piegarli a prudenti partiti, seguitava a fare uffici di moderazione coi confederati. Ma il Principe di 1\letternich, in nome dell'Imperatore, opinava, che le cose si dovessero condurre a pronta e violenta fine, e parlando con quegli ambasciatori, ne'quali si poteva confidare, diceva : « Bi- « sogna evitare il rischio che il Parlamento napoletano si « ravveda, e che facendo sembiante di sottomettersi, procla- « mi una costituzione alla francese, come quella che il Ite <! prima della sua partenza aveva a consiglio della Francia, « accennata per messaggio (i) ». Avendogli il Conte Capo d'lstria domandato « se l' Imperatore d' Austria avrebbe appro- « vato in Napoli un sistema, che si avvicinasse al rapprc- « sentativo >> il Cancelliere austriaco aveva risposto « che il << suo signore farebbe piuttosto la guerra )). Capo d' !stria aveva soggiunto < ma se lo stesso Re di Napoli volesse sttt- « bilire somigliante sistema 't >> E il Cancelliere aveva ripreso ; « l'Imperatore farebbe la guerra al Re di Napoli (2) >. Per altri documenti è fatto palese il pertinace e prepoten te proponimento di impedire, che gli ordini rappresentativi mettessero radice negli Stati Italiani. (1) Archivi del Regno. - Lettere del Marchese di S. Marzano, Plenipotenziario del Hc di Sardegna. (2) Lettere citate.

10 Alli 6 Marzo del i822 il Metternich, scrivendo ai Ha· ronc Vincent ambasciadore imperiale a Parigi, diceva : « n « sistema rappresentativo colle istituzioni che ne sono il ne- « ccssario corredo, non può, non deve stabilirsi in nessuno < Stato della Penisola (i) J>. E nello stesso dispaccio: << Se « in un tempo, come il nostro, un governo illuminato deve « riguardare principalmente ai bisogni interni, esso non può « tuttavia rinchiudersi nei limiti geografi ci del suo territorio < cosi fattamente; che l' agitazione, o il riposo degli Stati vi- « cini diventi per lui un oggetto indifTerentc. Questo si fu « il caso dell' Austria negli eventi del 20 e dei 21 ». Egli t' dunque certificato , come I' Austria abiJia per sistema , iT non istare rinchiusa nei limiti geografi ci del proprio ter?'iiO?'io, ogni qual volta gii stati vicini sfeno, com'essa dice, in agitazione, cioè a dire acquistino libertà. Cerchiamo ora quali fossero f consigli, che la Corte di Yicnna dava ai Principi italiani sui modr a tenere nel reggimento degli Stati. Il Conte di Pralormo Ministro del Re Cn rlo Felice a Vienna ne dava contezza alla sua Corte in questa forma : « n Gabinetto austriaco è alieno dal credere, « che si debba fare la parte, come sì usa dire, allo spirito < del secolo: esso è convinto che la guerra fra la monar.. « chia e il liberalismo, fra l' ordine sociale e la demagogia « è una guerra a morte, e che debba terminarsi coll' an- (( nientnmcnto dell' uno o dell'altra ; esso è convinto, che (1) Archivi del Regno, nei quali è copia outentica del cit atodispaccio.

H t< ogni ìdea di transazione sia assurda, e che ogni governo) « il quale si spogli di una parte della ·sua autorità, prepari « le armi che debbono strappa-rgliela tutta. Egli è adunque lon- « tano cosi da' suoi pensieri, come da' suoi disegni, che ne- « gli Stati vicini si fondino istituzioni, le quali possano de- « bilitare la regia autorità, la quale vuole essere invece af- « forzata eù. assodata su. basi incrollabili (i) )). Nò la Corte di Vienna si stava contenta a mantenere nella ubbidienza alle sue illiberali voglie i Principi Regnanti , ché essa aveva l'animo a costringere alla servitù anche i successori. Infatti il Conte di Pralormo scriveva a Torino ai 5 di Novembre del !823 « che l'Imperatore gli aveva chiesto, (< quali fossero le intenzioni del Re Carlo Felice rispetto al (< Principe di Carignano )) a che egli aveva risposto: « Il « Re mio Signore non ha cambiato d'avviso : le sue inten- -<< zioni riguardo al Principe di Carignano sono quelle che (( manifestò a Verona: egli ha in animo di rieh.iamarlo presso « di sè, ma vuole (come promise a Verona) fargli sotto- « scrivere prima l' atto pel quale si obblighi a mantenere « intatte le basi fondamentali e le forme organiche della mo- « narchia , tali quali le troverà , quando monterà sul tro- - « no (2) )). E sullo stesso argomento il Conte di Pralormo scriveva: « Il Principe di Metternich ha detto che pel Prin- « cipe di Carignano un atto ben (atto è la sola cosa , alla (< quale oramai si possa pensare. In verità, ha soggiunto) (~) Archivi del Regno. Carteggio del Conte di Pralormo. (2) Archivi del Rrgno . Cartrggio citato.

{2 « quest' atto rassomiglierà a molte disposizioni testamentarie, « rispetto alle qua Ti la legge non fornisce sicuri · mezzi per « ottenerne l' esecuzione. Ma a quel modo che un eredo, il « quale manca alle ultime volontà del suo benefattore, si « rende colpevole nell'opinione degli uomini, cosi bisogna « mettere r erede della Corona nel caso di non potere man- (( care alla sua parola senza mancare all'onore ». A Napoli, cessata l' occupazione, l'Imperatore ammoni , «. per lettera di proprio pugno, il Re Francesco della sua in- « tenzione ferma ed invariabile di esigere l'osservanza stretta « ed intiera dell'articolo segreto del trattato del i815 con- « fermata per le promesse recenti ripetute dal Re; offrire « nello stesso tempo I' appoggio delle forze dell ' Impero au- « striaco sempre pronte a portarsi dappertutto, dove risul- « terebbe H primo sintomo di disordine e di rivoluzione (l) ». Il Re Franeesco, rispondendo in data del i aprile, diceva : sperare che il suo regno si manterrebbe in quiete, che se accadesse qualche piecola turbazione, le sue truppe basterebbero a ristabilire l' ordine, che i suoi ministri sarebbero cauti e vigilanti ; e soggiungeva: Per ciò che riguarda l' invariabilità del « sistema di governo, Vostra Maestà imperiale mi permetterà « di appellarmene aLla stessa sua testimonianza. Ella ha ben « potuto conoscere,. dopochè sono salito al trono , i principii { costanti che mi sono serviti di guida, e che si accordano « pienamente con quelli del fu mio padre (2.) )). A quel mo- ( ~ ) Archh·i del Re di Napofi. l2) Archi\· i dd Re di N;,poli. Io ho cori a di questo carteui.o.

·13 do, che l'Imperatore, ritirando le truppe da Napoli, lasciava intendere che le teneva pronte a ritornarvi , se il sistema austriaco non si mantenesse 'immutato così faceva nel 1.822 ' sapere alla Corte di Roma , la quale non ne aveva :chiesta l' intervenzione, che tornerebbero, se fosse d' uopo, nelle Legazioni pontificie, che, passando, avevano occupate. Di che fa testimonio una lettera, che il Cardinal Consalvi scriveva al Cardinal Sanseverino Legato di Forli ai 27 febbraio del 1.822. Eccola: « Dalla mia contemporanea d' officio sulla evacua- «· zione di Bologna ( le parole della quale sono precisamente « la traduzione della lettera della Segretaria dl Stato di Vien- « na, c perciò Vostra Eminenza ne ponderi il valore) vede « Vostra Eminenza la necessità d' impedire , ad ogni costo, « qualunque disordine in codesta Legazione, onde non si fac- « eia luogo ad un ritorno come vien dichiarato. Si conta « sulla vigilanza della Eminenza Vostra , necessaria più che « mai dopo una tale dichiarazione (i) )). Mutato nel 1830 lo Stato in Francia , il Cancelliere di Vienna, che stava in apprensione dei moti che potrebbero avvenire in Italia, di ceva ai 12 di agosto al Conte di Pralormo, « se l'Europa si trovasse oggi nella stessa posizione « in cui era nel 1.815 , quando essa aveva settecento mila « uomini armati sulle frontiere della Francia, io opinerei di « precipitarsi sulla Francia e di finirla una volta per sem- « pre colla rivoluzione. (2) )). Il nuovo governo orleanese (1) Carteggio confidenziale dal Cardinale Consalvi col Cardinale Sanseverino. lo ho P autografo di questa lettera. {2) Archivi del Regno, caJ~leggio del Conte Pralormo.

14 faceva molli uffici a Vienna nel i83i per impedire I' intcrvenzione austriaca , so non a Panna ed a Modena , almeno nello Stato del Papa; ma il Principe di Mcttornich rispondeva al Maresciallo Maison, « che l'Imperatore voleva inter- « venire anche a costo di una guerra generale ( J) >> . Come le truppe austriache si furono ritirate , per voler delle Potenze, dalle legazioni pontificie nel luglio dello stesso anno, l' Inghilterra, la Prussia e la Francia esortavano la Corte di · Roma a contentare i popoli di civili riforme, e Casimiro Perier minacciava di portare le armi francesi nello Stato Romano, se l' Austria vi riportasse le sue. Il Principe di Metternich ai 9 di Febbraio 1.832 scriveva al Conte Lutzow, ambasciatore austriaco a Roma, « esortasse il governo pon- « tificio a respingere rlcisamente ( nettement ) le domande « della Francia, od a prote:;tare solennemente, nel caso che « intervenisse (2) >>. E la Corte di Roma fece l'una e l'altra cosa; intervennero Austriaci e Francesi, e Gregorio XVI non fece mai lo desiderate riforme. Saputa poi la scesa dei Francesi in Ancona, l' Imperatore Francesco, che voleva H privilegio delle intervenzioni negli Stati italiani, diceva al Conte di Pralormo << la guerra è inevitabile ; non la temo; la farò; ( bisogna marciar su Parigi por mettere fine ai mali da cui « il mondo è minacciato (3) >. l\'Ia la guerra non si poteva fare, perchè Luigi Filippo volèva la pace ad ogni eosto: (4) Archivi del Regno. (2) Archivi della Corte di Roma e del Re ài Sardegna. (3} Archivi del Pegno, carteggio del Conte Pralormo,

15 l;a Francia ne fu per le beffe e pel danno, e l' Austria seguitò a comandare nello Stato del Papa. Il gabinetto britannico sa ; pei dispacci del visconte Ponsomby, quali fossero nel 1847 gli amminimenti della Corte di Vienna ai Principi italiani, che parevano inclinati ad emanciparsi dalla sua servitù, ed a vivere in buona soddisfazione coi popoli desiderosi di civili larghezze. È noto, come fosse occupata la città di Ferrara, sebbene il Papa facesse solenni protesti, cosicchè in quel caso non poteva recarsi in mezzo nemmeno la cattiva scusa del consentimento del Principe. La Corte di Vienna non voleva nè che fosse lasciata qualche libertà allo scrivere a stampa, nè che si dessero le armi ai cittadini, mormorando essa, che le riforme di Pio IX erano una rivoluzione. Roma manteneva le sue tre o quattro censure sulla stampa, ma il generale Fiquelmont, che in Milano era commissario im- })eriale, scriveva al Conte di Lutzow a Roma, che la stampa era iicenziosa, e ad esempio di licenza citava il diario bolognese, il FELSINEO, che era il più temperato di tutti i diari che allora escivano in pubblico (1). Il Cardinale Ferretti, in un dispaccio del 21 Agosto di quell' anno 1847, si a(Tannava a di-- mostrare che le riforme di Pio IX erano un progresso, non uno sconvolgimento (2); ma il Metternich scriveva al Lutzow, « che se l' Austria era favorevole alla riforma degli abusi , .(< essa non l' era punto · alla introduzione di nuove teorie più .(4) Archivi della Corte di Roma . 12) Archivi romani.

w <1: abusive ancora ( 1) >. Non si trattava allora, o Mylord, di quelle teorie « moderne di diritto pubblico >> che il Conte di Buoi dice « messe in voga dal Conte di Cavour >> ma delle teorie di Pio IX o del cardinale Ferretti, che il l\fetternich (per dirlo colla sua elegante frase) stimava più abusive degli abusi! In quel torno la Corte di Vienna, secondochè il Visr.onte Ponsomby scriveva a I~ord Palmerston, faceva il viso dell' armi anche alTa Toscana, perchè anch' essa entrava nella via delle liberali riforme, e stipulava con Parn1a e l\fodena quelle leghe parziali, condannate nel 1815 dalla Corte di Russia, le quali son chiamate (da burla) trattati d'alleanza, e (chi ben guardi) son diplomi di vassallaggio. Se per le cose, qui brevemente discorse e poste in sodo, ·è a tutti aperto, come prima del 1848 l' Austria, violando i trattati europei, offendesse in Italia la indipendenza degli Stati, cd imperlisse i liberi inviamenti dei popoli, ognuno potrà faro giusta estiniazione della sua prepotenza, durante quest' ultimo ùecennio, nel quale ha invaso ed occupato coll'armi tanta parte della penisola. Qui .non è mestieri di rovistare negli archivi; i documenti sono pubblici. .Cento e cento sentenze di morte pronunziate ed eseguite dai soldati dell'Imperatore negli Stati altrui; il sovrano diritto di grazia ésercitato dal l\Iaresciallo Radetzki; la tortura che i pretoriani imperiali, rompendo ogni legge ed ·ogni vergogna, restituirono in uso ed in infamia; le taglie poste, e mille altre soverchianze fanno chiaro a chiun- (1 ) Archivi romani .

n que non sia orbo del tutto, che l' Austria non solo usò negli Stati indipendenti quella maniera d' influenza che allo stesso Conte Buoi pare condannevole, ma vi esercitò i diritti più ponderosi della sovranità. Tutte le costituzioni furono abolite per imperiale comandamento, c talu~a con tanto scandalo, che grave ne durerà per lungo tempo la memoria. Accenno alla Toscana, dove il GranDuca, ristaurato sul trono dai 'popoli, aveva con solenni promesse raffermo lo statuto gìuratp. Se il Governo britannico volesse conoscere la vera cagione di questo fatto più scandaloso di tutti gli altri mancamenti di parola, potrebbe facilmente sapere, che esso va riferito a colpa del Gabinetto di Vienna. Taccio la lega doganale imposta ai Ducati di Parma e di 1\lodena; le particolari ingiurie fatte al Governo par- ·mense; Piacenza munita, occupata, governata dagli austriaci proconsoli. Pare al Conte Buoi, che le querele del Piemonte sulle usurpazioni dell' Austria sieno il nuovissimo portato del torbido ingeW!O del Conte di ·Cavour, n quale si è fatto sangue e natura delle mode1·ne teorie di pubblico di?·itto ( 1). Ma a me sarà facile lo addimostrare, che l'antico vizio austriaco è ab antiquo conosciuto qui, e che ne muovevano querela quegli uomini stessi, i quali professavano teorie contrarie. Il Conte Thaon di Revel, legato del Re Vittorio Emanuele a Parigi nel 18H>, scriveva incolpando l'Austria « di aviditù (1) Dispaccio cital o.

!8 « e di cupide mire in Italia (i) ». Nel 1816 il Conte Dc Maistre, scrivendo a Nesselrode, diceva: « Il mio Signore non « ricorre all' Imperatore di tutte le Russie, nella sola qua- « lità di Re di Sardegna, ma parla come Principe italiano , « como membro della sovranità europea, come difensore della «. giustizia generale e della fede dei trattati. Senza un nuovo <c sforzo dell' Imperatore di Russia (per ·impedire le leghe « austro-Italiche) non vi ha più equilibrio, non vi ha bilan- « eia politica: l' Italia sparisce , tutti i Principi italiani non « saranno che vassalli dell' Austria " (2). Ed in un' altra lettera al Re Vittorio Emanuele diceva: «Egli è chiaro che « l'Austria vuoi prender tutto per sè c pe' suoi Prineipi (3)«. Il ·Con te Valesa ministro sopra gli alTari esterni, regnante Vittorio Emanuele Primo, ed il Marchese San Marzano, suo successore , facevano continue lamentanze nelle Corti europee sulla prepotenza dell'Austria in Italia (4). Intorno al sistema austriaco il Conte Cotti di Brusasco, Legato del Re a Pietrob.urgo, scriveva nel Gennaio del1821 a Torino in questa sentenz~ « L'Austria dovrà mantenere in (< Italia il sistema che ha posto in pratica, e da altra parte io « sono persuaso, che essa non ha mai pensato nè pensa a carnI! biarlo. Secondo questo ~stema, l' Austria cercherà di spe- (•l) Archivi del ~legno. !2J Archivi del Regno. - Carteggio del Conte De Maislro. (3) Carteggio citato . (4) Archivio del R<'gno. - Carteggio diplomatico, anni ~8~/S, .6, 17, ~8, 19. •

19 « gncrc ogni gagliardia nelle popolazioni, di distruggere tutto « ciò che potrebbe risvegliare gli spiriti di indipendenza, e « di ridurle a stato d' intiera nullità morale, per poterlc « dominare più facilmente. A quest' opera attende con dili- « genza il governo austriaco, a quest' opera attenderà con « eostanza. Le istituzioni delle provincie Lombardo-Venete « non avranno mai per fine di sviluppare le facoltà morali « della nazione; al più mireranno a dare qualche ordine ai « particolari dell' amministrazione provinciale. l\fa l' Austria ha « un grande interesse in Italia, Bd è quello di impedire gli Stati « italiani di acquistare quella forza morale, che essa non può « acquistare nel regno Lombardo-Veneto; e questo interesse è « evidente. L'incremento della forza morale nelle Potenze italia- « ne importerebbe decremento della forza relativa dell'Austria, « e per indiretta via importerebbe una diminuzione dell'istes- (( sa forza materiale, a cagione dell' influenza morale che le « istituzioni, introdotte in altri Stati d' Italia, potrebbero eser- « citare nelle provincie che le appartengono. Le condizioni che « la Corte di Vienna aveva imposte a! Re di Napoli: c che essa « avrebbe voluto imporre egualmente agli altri Principi d' 1- « talia, provano infatti che essa cospira a così fatto fine. E se « essa potesse decidersi a dare istituzioni alle sue provincie « italiane, non laseierebbe alcuna via intentata per giungere a «. legare con trattati i differenti Principi d' Italia per modo. « che essi non potessero accordare mai ai sudditi loro più « che essa non concedesse ai Lombardo-Veneti. « 1\la se l' Austria, cosi operando, conosce il proprio in- « tcressc, egli è a sperare che i Principi Italiani, c sopratutto

20 « Sua :Maestà il Re nostro, non isconoscano i loro : egli è a « sperare, che non consentiranno mai a mettersi nell' impo- « tenza di profittare di tutti i mezzi, che possono aumentare « la forza loro e la prosperità dei popoli ( 1) >>. Il Conte delia Torre, che ·era primo ministro di Carlo Felice, dopo che l'Austria ebbe reso nel 1821 alla Casa di Savoia quel se1·vizio che ricorda oggi il Conte Buoi (2), portava sulla Corte di Vienna ques to giudizio. « Molta apparenza di mo- « derazione è ora nel Gabinetto di Vienna. Dico apparenza, « perchè da un altro canto bisogna convenire, che se l' Au- « stria ha procrastinato l' effettuazione de' suoi più o meno va- « sti disegni sull'Italia, e se pure oggi non cerca apertamente « di fare conoscere ed approvare la sua supremazia su tutti i « governi della Penisola, molti fatti attestano la sua ambizione « di dominare (3) >>. Il Conte Solaro Della 1\fargherita, ministro di Carlo Alberto nel 1835, scriveva: « In tutti i tempi l'Austria è stata gelosa « della Casa di Savoia, nimica della sua gloria, opposta ai suoi « più piccioli ingrandimenti, e non ha cessato di nudrire il de- « siderio di estendere la sua dominazione in Italia a nostre « spese. Egli è vero, che in questo momento essa, sotto spe- « cie di un grande interesse pel nostro Stato, vela le sue vere « intenzioni, ma non bisogna che una credulità senza fonda- (1) Archivi del 1\<>gno. (2) Dispaccio citalo. (3) Archivi del RE-gno : lslruzieni al Cav. Simonclti Legato a Monaco, in data H l\IogBio 4823.

21 « mento renda meno attiva la nostra sorveglianza. Se l' Au~ «: stria vuole oggi parere di essere francamente nostra alleata? « egli è perchè il suo interesse lo e5ige, egli è perchè la Lom- « bardia potrebbe cessare di appartenerle, se il Re di Sardegna « facesse appello ai sentimenti italiani, egli è perché essa teme << la guerra e la rivoluzione colla Francia, e che le conver- << rebbe lo avere per baluardi le Alpi e la bravura dei nostrt « soldati (1) >>. Fatto poi cenno delle perfidie austriache, egli diceva: « Nessuna fede nelle parole dei ministri austriaci, nes- " sun credito nelle loro promesse (2) >>. Parmi che non sia mestieri lo aggiungere parola per capacitare il Conte Buoi, che i novatori non sono quelli, che in Piemonte abbiano discoperta la malizia prepotente della Corte· di Viet:Ina ! Per altra parte la Corte di Vienna sa benissimo, quale mal animo essa abbia sempre portato a quella di Torino. Se il Conte Ruol vorrà fare chligenza di ricerche negli archivi imperiali, ne troverà copiosi documenti. Chiuda pure nell' oblio i fatti anteriori al 1800 e le cose scritte ed operate dalla Casa d' Austria in danno della Casa di Savoia, durante le guerre della niv0luzione e dell' Impero francese. l\1a guardi, come dopo il restauro del 14, o dopo i trattati del 15, il Gabinetto austriaco, incontrando ostacoli alle sue mire ambiziose sull' Italia, si studiasse di dare nelle Corti europee cattiva opinione dei Prin- (1) Archivi del Regno: Ist ruzioni supplementari al Conte di Samb uy :t\linistro del Re a Viennv , anno 1835. (2ì Istruzioni citate .

22 cipi dì Savoia. Guardi, che il Principe di Metteruich anche dopo quel se1·vizio, che Carlo Felice si era lasciato rendere nel 21, scriveva ai 26 ùi Marzo 1822 : « essere il Piemonte il « nido della setta che cerca nudrire il fuoco della rivolta; << nissun paese come quello porgere maggiore facilità ai dise- « gni ed agli infaticabili intrighi dei faziosi, e perciò questi « avervi stabilita la sede principale dei loro lavori (1) ». Le son parole che paiono scritte oggi; tanto è vero che la ripugnanza dura da un pezzo, e che non l' ha inventata il Conte ùi Cavour! Illustrata quella parte del dispaccio del Conte Buoi, che mi pare l)iù degna dello studio dei diplomatici, come quella che accenna alle massime del diritto pubblico, farò poche avvertenze, o Mylord, sul lungo capitolo, nel quale il Sig. Conte va sermonando sul Piemonte con vena da gazzettiere. Ricordando l'invasione del Piemonte nel 21, e deplorando che il Conte di Cavour abbia messo in voga teorie moderne, il Ministro dell' Imperatore lascia intendere, con una ingenuità rara nei diplomatici, di qual ragione sieno i servizi che la Corte di Vienna, nella sua generosità, sarebbe pur sempre inchinevole a farci. Addimostrando sdegno e dispetto, perchè il Governo Sardo parli in nome dell' Italia, il Conte Buol fa ingiuria all ' Inghilterra ed alla Francia, le quali conobbero nei plenipotenziari di Vittorio Emanuele il diritto di parlare dell ' Italia in un Congresso europeo. (1} Dispaccio citato al Barone Vincent o Parigi.

23 Vittorio Emanuele è Re italiano di uno Stato grande al paro di quello, che l' Imperatore d' Austria mal possiede in Italia. Non potendo l'Imperatore d' Austria parlare nè operare in Italia, che nella sua quaìità di Re del Lombardo-Veneto, esso non ha autorità maggiore di quella del Re di Sardegna. Vittorio Emanuele siede sopra un trono, che splende di gloria da otto secoli, e .regge, con ordini liberi, un popolo contento. L' Imperatore d'Austria non ha trono nè governo in Italia : vi ha un accampamento da soli quaramaquattro anni a questa parte. I/ italiano Re di Sardegna ha suggellato, col sangne de' suoi soldati, in Crimea l' antichissimo diritto di parlare in nome dell' indipendenza e della libertà d' Italia; nè questo im· prescrittibile diritto gli può essere conteso dall' austriaco Re del Lombardo-Veneto. Le borie e le pretendenze del sacro ro· mano impero sono fuori della legge : è pure eslege la incor· porazione del Lombardo-Veneto nell' Impero austriaco. Mentre contende al Conte di Cavour il diritto di parlare dell'Italia, il Conte Buoi si arroga quello di parlare a nome di tutti i Principi italiani, scrivendo « che la missione che il Conte « Cavour si attribuisce, è altamente disdetta da tutti gli altri « monarchi italiani (1) )). Se tutti gli altri monarchi italiani hanno veramente dato al ministro d' Austria il mandato di protestare, mostri egli il rogito, e noi avremo nuovo documento del vassallaggio loro. Ma forse questo è un suo millanto; che nissuno de' Principi italiani ha fatto alti protesti; ed io scom· metterei che nissuno ne fa per ora. Il legato del Granduca di (4) Dispaccio ci ta to .

24 Toscana è qui c non fa motto ; è qui il legato del Re ùi Napoli, e quando il Re Vittorio Emanuele parla dei dolori d'Italia, egli non si commuove; chè da Napoli non vengono che gridi di gioia t Il .Ministro austriaco querela la nostra stampa licenziosa. Ma perchè non querela egli la stampa deJI' Inghilterra, la quale tante volte disse tanto vituperio dell' Austria, dei Ministri, dei Marescialli, dell' Imperatore, di sua Madre Cf La libertà dello scrivere a stampa è un nostro diritto costituzionale, e soli i giudici, non i ministri, possono provvedere agli scorsi della licenza. Il Conte Buoi, che vorreùbe purgarsi dall' accusa di aver domandato che il governo piemontese facesse mutazioni negli ordini dello Stato, rafferma l' accusa confessando « che « domandò guarentigie per la stampa (1) >>. E confessando, che poi interruppe le relazioni diplomatiche, perchè il governo piemontese non fu arrendevole, egli fa palese al mondo, come l' Austria volesse, con una solenne dimostrazione di corruccio, fare violenza al libero governo di uno Stato indipendente. Forse sperava la Corte di Vienna, che i ministri piemontesi le avessero data balia di ristabilire, a poco a poco, un ordine ed una quiete di suo genio, in Piemonte. Perchè, se il credi, la cagione di tutti i mali d' Italia consiste in questa nostra libertà; e tanto è . fermo il Conte Buol in sì fatta persuasione, e tanto s.incero nell' esporla, che invita le Potenze a (( disseccare (l) Dispaccio cit ato.

25 « la sorgente del male (1) )) , cioè a fare aspramente ciò che l' Austria avrebbe voluto fare con grazia. La scaturigine del pericolo è adunque, o l\lylord, come anch' io giorni sono aveva l' 'onore di dirvi nella libertà che ' ' ' Dio merc~, avendo poste radici in Piemonte, non può essere sopportata dall' Austria. Cosi è chiàro per la testimonianza dello stesso Gabinetto austriaco, che la quistione della nostra libertà è immedesimata colla quistione italiana, c che i pericoli della pace promanano dalla invincibile ripugnanza del sistema austriaco col sistema liberale e nazionale del Piemonte. Il Conte Buoi dice, quasi lepido, ·« che da mezzo secolo a «·questa parte l' Italia fu abbandonata ad ogni sorta di espe- « rienza politica e che i sistemi più opposti vi furono a volta << a volta messi in pratir,a >> (2). l\fa o egli non dice da senno, o vuoi torcere la storia a favola ; avvegnachè da 45 anni a questa parte non siasi fatta in Italia altra durevole esperienza, che quella del sistema austriaco. Un vero sperimento di libertà non si è fatto che in Piemonte in quest' ultimo decennio. La Corte di Vienna non ha mai mutato sistema. M' inganno : lo ha mutato in parte : ha messe le paramenta clericali. Del rimanente, se il ministro austriaco vuole avere per buona la sperienza dei più opposti sistemi fatta in questo decennio, noi il pigliamo volentieri in parola, e ci rimettiamo pienamente del giudizio nella pubblica opinione dell' Inghilterra. È egli più quieto ed ordinato, domandiamo noi, il Regno di Sardegna, o (4) Dispaccio citato. (2) Dispaccio citato.

26 son più quieti ed ordinati quell o delle Due Sicilic, e lo Stato ùel Papa ? Sono essi, domandiamo, più soddisfaLLi i Lombardi, i Vcneti, i Parmigiani, ed i Modanesi, od i Picrilontcsi ? 1\Ia, soggiunge il dialettico ministro : e' non son queti gli altr i popoli Italiani, perchè i Piemontesi non istanno cheti : bisogna disseccare la sorgente delle querele c delle inquietezze. E Dio gli renda merito di tanta sincerità, della quale sono certo, o l\Iylorù, rho farà suo prò la pub1Jii ca opinione della vostra nobile patria ! Vero è che il ministro, trovandosi un poco impacciato, per rispetto della Inghil terra, a condannare, in massima, gli ordini liberi, rimette in campo la vieta sentenza << chel certe « istituzioni non sembrano omogenee al genio, alle tradiliioni < ed alle condizioni sociali degl' Italiani ( 1) >>. Il signor Conte forse non sa, che tutte le tradizioni italiane sono di libertà, e che le condizioni sociali degli Italiani sono accomodate a libertà e ad uguaglianza civile, molto più di quelle di tanti altri popoli. Quando l'Austria non aveva mai lasciato fare in Italia lo sperimento degli ordini ·liberi, essa poteva, forse, aver buon viso a cercare le scuse della sua tirannide nel genio dei popoli italiani, nella postura degli Stati o nella tcmperie del clima ; ma questa dottrina da almanacchi non può altrimenti trovar ere· dito in Europa, dacchè si è fatta la sperienza ottima ùella libertà piemontese. Leggo che il signor Conte attesta « che certe « istituzioni funzionano mirabilmente là dove f•Jrono svilup- (1) Disp.1ccio ci loto.

27 « patc o maturate da secoli (1) «. l\la egli, affè, non s'avvede, che mentre attende a blandire l' Inghilterra, offende il senso comune. Avvegnacchè se cet:to sia, che le libere istituzioni diventino mirabili, vivendo ne' secoli, ne siegua, che bisogni lasciarle vivere, e non ucciderle in sul nascimcnto. I secoli, nei quali altrove ebbero sviluppo e maturazione, ebbero per fermo un principio, c se· l'Inghilterra , a mo' d' c~cmpio, avesse, nei cominciamenti della sua sperienza, incontrata sulla via della libertà un'Austria, la quale volesse c pote~se disseccare la sorgente del male, oggidì il ministro dell' Imperatore Francesco Giuseppe non sarebbe impacciato a pronunziare, che le istituzioni libere non si aiTanno nè al genio, nè alle tradizioni, nè alle condizioni sociali del popolo in glese. Lasciamo stare che il popolo inglese non le acquistò, non le mantenne, non le esplicò senza dolori e senza fatiche ! Ma è tempo, o l\1ylord, che; mandando sano lo cmiosc teorie storiche e politiche del ministro austriaco, io mi fermi per poco sulle accuse che por ta al governo piemontese, dicendo, che provoca a guerra, Il Re, aprendo parlamento, disse che, « rispettava i trat- « tati, ma non era insensibile ai dolori degli Italiani (1) >. Gran colpa: ha offeso l'Austria col dire la verità : ha offeso il diritto pubblico, sentendo compassione dci sofTerenti ! Son forse tranquilli e soddisfatti i popoli d' Italia '! Se il (1) Dispa ccio citato. (1) Discorso della Corona.

.. 28 fossero, o 1\tylord, non emigrerebbero a migliaia e migliaia per venirsi a scrivere soldati del Re sotto la bandiera italiana l Chi creda al Conte Buoi, i Lombardo-Veneti sono contenti: ma l' Austria ha doppiato il suo esercito, assai prima che il Re di Piemonte chiamasse un soldato di più sotto le armi l S(•no contenti gli altri popoli vicini.a noi; ma oramai i mali governi si lasciano portar via dalla paventosa fiumana degli sdegni poJ10lari, o del pubblico disprezzo l So sono tranquilli e contenti tutti gli Italiani, che vivono fuori del picciolo Stato del Re di Sardegna, perchè calano in Italia tante armi 'l O quelle arn'li sono portate qua per mantenere in quiete i popoli che fremono, o per minacciare ed offendere il Piemonte che usa del proprio diritto l Quanto alla guerr3r non avendo io mestieri di studiare assottigliate ragioni di diplomazia, ripeterò franco, che senza parlare dei motivi di guerra che il Piemonte avrebbe, pe' rispetti dell' èquilibrio degli Stati Italiani ·e per colpa delle usurpazioni austriache, esso, senza cercar pretesti, se guerra volesse, avrebbe suoi giusti e gravi particolari motivi. Il sequestro che, anni sono, l'Austria iniquamente pose sopra i Leni di tanti riguardevoli sudditi del Re, non era forse grave e giusto caso di guerra 'l E non l'è tuttavia, dacchè piena riparazione non fu fatta mai 'l E non è caso di guerra, che l'Austria, violando i trattati, non solo cinga di fortilizi Piacenza, ma vi ingrossi ogni giorno le sue minacciose schiere'! So bene, che si va susurrando : siete piccioli, portate in pa~ienza le ingiurie dei grandi t Non sarà, o 1\tylord, ho fede,

~9 la nobile e libera Inghitterra, che ci- raccomandi sempre e solo la pazienza e la rassegnazione l Credete, Mylord, alla mia.sincera riconoscenza ed osser· vanza. Torino, 17 Marzo 1859, LUlGl CARLO FAHINL ' ;::s-.-

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