Enrico Burich - Fiume e l'Italia

Il, 1O - 18 febbraio 1915 PUBBLICAZIONE S TTIMANALE fonto Corrente con la pos~ ~~~.)Q~ ù PROBLEMI 1TALI ANI ~ C\Y' i'° o(► . 'r °J; . ENRICO BURICH JL t FIUME r ' E L' ITl\Lll\ ' ~ ~ i ______; "1..[ ]~ ~ Rl\VA & :· EDITOR~ MILI\NO :,_~ ~--:{.~-~~~~ E. :, rio r

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PROBLEMI ITI'iLII'iNI X. ENRICO BURICH ·FIUME E L' ITf\Llf\ ~ MILfiNO ' RlìV.li & C. - EDITORI \~l? Biblioteca Gino Bianco

PROPRIETÀ RISERVATA TIP.LITR. IP.ATLA·MIlANO B bliotecaGino E31dnco

)0000000()()1()()1()()ù0()0{1f)O()()()l()()O()l()()()()()O()()l()l()lf • La grierra italiana non deve, non può cessare finchè una sola insegna straniera sventoli al di qua d.el cerchio superiore delle Alpi, sino a FIUME•· MAZZINI. Il problema di Fiume è poco conosciuto in Italia. Non tutti sentono la necessità di liberare quest'ultimo lembo di terra italiana dal giogo ungherese; molti non sanno neppllr le lotte che a Fiume si sono combattute per il nome italiano. Fiume non appartiene politicamente all'Istria; Fiume non può essere confusa colla Dalmazia; Fiume è troppo importante per star sotto le ali di Trieste. Dobbiamo andare a Fiume : I. perchè a Fiume sono VENTISETTE MILA italiani che stanno per essere o soppressi o imbastarditi; 2. perchè l'Italia ha bisogno di Fiume. TRENTO e TRIESTE è un simbolo per tutti gli italiani Ma forse, proprio il simbolo ci ha fatto perder di vista Fiume. E c'è caso che gli italiani ora si accontentino di Trento e di Trieste e rimangano ingannati. Non si pnò concepire Trieste italiana senza Firime. In questi tempi si sente parlare di nn programma minimo e di un programma massimo. Chi fa entrar Finme nel primo, chi nel secondo. Ma Fiume deve esser messa od ogni costo accanto a Trieste. Il Trentino nessuno ormai B•blioteca Gino Bidnco

-6ce lo contrasta, almeno in teoria. Dovremo batterci soltanto per TRIESTE e per FIUME. Trieste e Fiume ci sono necessarie; non possiamo, non dobbiamo cedere. Chi scrive queste righe è di Fiume e, si capisce, italiano. E' stato fino ad oggi fedelissimo se non liberissimo suddito a. u. Non ha finora nulla da temere nè dall'Austria nè dall'Ungheria: può ritornare a casa sua quando gli pare e piace. Oggi, esce dall'anonimo e si compromette non tanto per amor di Fiume quanto per amor dell'Italia. E. B. Biblioteca Gino 81dnco

L'equivocodell'autonomia. I E' vero, Fiume non ha tradizioni d'irredentismo; volge ora per la prima volta il suo sguardo ali 'Italia. Ma la sua voce, unitasi negli ultimi anni soltanto a quella delle città sorelle, è tanto più commovente e sincèra in quanto ci esprime la vanità dello sforzo che Fiume fece per cooperare in qualche modo d'accordo col dominatore: l'Ungheria. Perchè nessuno possa porre in dubbio i sèntimenti della città, vogliamo spiegare l'origine di questo accordo che rese possibile l'equivoco della cosidetta autonomia di Fiume il quale equivoco valse soltanto ad allontanare un po' Fiume dall'Italia. Fiume è stata traverso i secoli sempre una piccola re.- publica che si governava da sè ed aveva il diritto di decidere delle sue sorti. Gli imperatori d'Austria salendo al trono accoglievano a parte l'omaggio di Fiume. Carlo VI nel 1728 venne personalmente nella città a ricevere quest'omaggio. Lo stesso Carlo VI sottopose all'approvazione della città una leggt fondamentale dello Stato: la prammatica sanzione. Quando l'unità d'Italia era sì e no nella mente dei suoi poeti, gl 'italiani di Fiume chiesero di essere incorporati all'Ungheria. Maria Teresa nel 1776 li esaudì ed incorporò Fiume all'Ungheria ma col mezzo della Croazia, cioè come città croata. Gli italiani protestarono perchè non volevano saperne di dipendere dalla Croazia e domandarono che Fiume divenisse parte dello Stato ungarico indipendente dalla Croazia, con propria autonomia amministrativa e politica e con l'uso pubblico B blioteca Gino Bianco

-8della lingua italiana. Nel 1779 le domande degli italiani furono esaudite: Maria Teresa ritirò il decreto del '76 e ne emanò un altro, del 23 aprile 1779 che è la Magna Charta dell'autonomia di Fiume : vi si stabilisce che Fiume appartiene alla Corona ungarica come terzo fattore, in qualità di corpo separato; nel 1807 il diploma venne articolato in legge. Così Fiume volle. sin d'allora, tenere a debita distanza il suo padrone e trattare con lui da pari a pari : sentiva certo che altrimenti sarebbe stata perduta. Libera, autonoma, italiana, unico porto dell'Ungheria non poteva lagnarsi della propria sorte e cominciò a godere un certo affetto verso chi rispettava così la sua autonomia e la sua italianità. Nel 1811 la città venne occupata dai francesi, nel 1812 dagli inglesi; poi, sino al 1822, dagli austriaci. Nel 1848 cadde sotto il dominio dei croati che avevano aiutato gli Asburgo a domare la rivoluzione. Negli anni dal '48 al '67 Fiume conobbe per la prima volta l'oppression~ e il giogo straniero. Insieme a lei era caduta in ischiavitù anche l'Ungheria, oppressa dal giogo austriaco e croato come le terre italiane. Era naturale che in quegli anni gli sforzi di Fiume si rivolgessero verso l'Ungheria che era stata, nell'Impero, la tutrice della nazionalità italiana e delle libertà civiche, e che a Fiume si cospirasse per l'Ungheria. I vecchi conservavano gelosamente nei cassettoni bandiere ungheresi che mostravano ai figli nelle solennità, come reliquie; e i colori erano sempre quelli della redenzione : bianco rosso e verde. Non dimenticarono però i giovani che anche allora si stava in Italia combattendo per la libertà, e più di uno di loro si imbarcò per Venezia e per Ancona ... Nel 1868 Fiume fu restituita all'Ungheria ed accolse giubilante, tutta vestita di tricolori ungheresi, il governatore magiaro. Un marinaio italiano di Fiume saputa la lieta notizia in viaggio alzò la bandiera ungherese sull'albero maestro ed entrò con il nuovo vessillo mai prima veduto in un porto d'Italia. L'Ungheria riconobbe e garantì di nuovo l'italianità e l'autonomia della città che aveva dato prova di tanta fede. E Fiume continuò ad essere il centro d'italianità per tutta l'Istria. Anzi, attraverso Fiume lo spirito italiano potè Biblioteca Gino B1dnco

-9penetrare per anni ed anni senza diffidenza fino a Trieste e consolare e dar fiducia alla meno fortunata sorella. Così Fiume dimenticò cJ.,~ una patria italiana s'era formata ed unita senza avçr raccolto lè ultime propaggini di italianità ... Ho "ricordato questa che è la storia di Fiume, ma ho fatto uno sforzo per non arrossire di vergogna. Tanto le cose sono mutate da allora a questa parte! Da allora, cioè dal 1880, quando a Fiume c'erano trecentosettantanove ungheresi e nessuna legge del Parlamento ungarico poteva aver vigore a Fiume senza il voto àel Consiglio municipale. Pochi anni dopo soltanto, gli Ungheresi, entrati da ospiti ed accolti da amici, iniziarono una lenta opera di snazionalizzazione. Forse perchè si credevano a casa loro e si sentivano in realtà poco padroni; forse perchè Vienna parlò a Budapest. Siamo verso il 1890; In Italia Cavailotti ed Imbriani tengono viva la fiaccola dell'irredentismo, a Trento si scioglie la Pro Patria e sulle terre irredente infuria la reazione. Forse, dico, Vienna parlò a Budapest e diede ordine perchè fosse dato l'assalto a quel pugno di italiani che vivevano a Fiume senza sogni di irredentismo. Così il governo ungherese da un giorno all'altro cambiò faccia ç mandò da Budapest impiegati zelanti ma diffidenti, giornalisti prezzolati e spie provocatrici. Le cose che il giorno avanti andavano sopportabilmente bene, cominciarono ad andar male per le nuove interpretazioni _cavillose che il Governo voleva dar allo Statuto civico mettendo in imbarazzo il Comune. L'orizzonte cominciava ad intorbidarsi e le relazioni fra città e governo a farsi tese. Gli italiani perplessi si accontentarono di pretestare con precauzione e in tono addolorato, perchè ancora non s'erano potuti convincere delle mire del governo. Nel 1898 il ministro Banfy tentò di distruggere d'un colpo ogni prerogativa autonoma della città c·oll'istituirvi una Giunta Amministrativa come foro di seconda istanza alle decisioni del Consiglio municipale. Indignazione generale di tutti gli italiani e proteste energiche. Il governo non si curò delle proteste, sciolse il Consiglio Municipale e nominò un commissario regio. Biblioteca Gino B1c1nco

- 10 - Contro il governo usurpatore sorse e si schierò il Partito autonomo. Soltanto dopo quattro anni di lotte vivacissime ed aspre nè!le quali Fiume si trovò tutta unita in difesa della sua italianità, si venne tra la città ed il Governo ad un compromesso per cui la Giunta Amministrativa fu revocata. Dopo questo tentativo violento ma fortunatamente fallito non passò anno senza che il Governo non desse qualche colpo all'autonomia di Fiume. Sarebbè inutile e doloroso rifarne in quest'ora grigia la storia. Delle lotte veramente violente che Fiume combattè contro il Governo, in Italia non giunse mai neppur la più lontana eco. I fiumani avevano quasi paura di pregiudicare la loro situazione levando la voce nel Règno. Facendo ogni sacrificio per l'italianità, continuavano a protestare il loro attaccamento ali 'Ungheria quasi si fosse trattato della loro madre-patria, e quasi il governo contro il quale combattevano non fosse stato un governo straniero. Ecco perchè ancor oggi si è poco e male informati in Italia sulle vere condizioni di Fiume. Dopo aver invano tentato di abbattere e di venir in possesso del libero comune di Fiume che ancor oggi è gloriosamente in mano degli italiani, il Governo cominciò ad attuare per altre viè il suo piano di magiarizzazione. Chiuse tutte le porte verso l'Italia e verso l'Istria per tagliare fuori Fiume da tutto ciò che sa di italiano, e aperta solo la porta che la unisce (sia pur attraverso la Croazia) coll'Ungheria, la città vtnne presa d'assedio. Il primo colpo fu diretto contro le scuole dello Stato che fin'allora erano state italiane: -~ in breve volger di anni tutte le scuole medie, il ginnasio-liceo, la scuola commerciale-istituto tecnico, la scuola nautica divennero ungheresi. E non contento di aver bandito e perseguitato l'italiano nelle sue scuole, il Governo tentò perfino di ostacolare con ogni mezzo l'istituzione di una scuola media comunale. Prima del 1900 i diplomi esteri di medici, avvocati, profèssori, maestri, erano validi senz'altro. Dopo il 1900 il governo chiede modificazioni e nostrificazioni e fa mille difficoltà per costringere i giovani fiumani a compiere i loro studi a Budapest. Vano tentativo, chè molti Biblioteca Gino Bianco

- 11 - giovani studiarono ben sette anni nella capitale magiara e tornarono a Fiume più italiani di !}rima. E ungheresi, ungheresi, ungheresi vengono spinti al mare con tutte le seduzioni come verso un nuovo mondo. Negli impieghi dello Stato - governo politico e marittimo, posta, stazione, società sovvenzionate - i fiumani non possono entrare se non rinnegando la loro nazionalità. Per qualunque cosa occorre ormai la concessione del governo. Avendo in mente di indebolire economicamente 1'elemento italiano per renderlo più facile preda, il governo comincia col diminuirgli la possibilità di guadagno, col troncargli ogni iniziativa; e viceversa, sosti~ne ogni pizzicagnolo ungherese calato a Fiume, sovvenziona industrie e commerci ungheresi di qualsivoglia specie se anche appare chiaro che sono volgari e losche speculazioni; e crea banche e magazzini che diventano delle vere sanguisughe dei commerci fiumani e finiscono col rovinare molti italiani. Persino gli annali ufficiali d~Ila Camera di Commercio e d'Industria fiumana sono pieni di lagni, di memoriali, di rimostranze, di proteste inoltrate al governo, con l'invito di cambiar rotta. Parole al deserto! Si legga a questo proposito il grido di aiuto lanciato agli italiani da Flaminio E. Spinelli nell'opuscolo intitolato: Il Calvario di una città italiana, al quale, anch'io, attingo molte di queste notizie. L' irredentismo. Il partito autonomo non potè o non seppe arrestare il lento e incontrollabile ~ infame processo della snazionalizzazione di Fiume. Chi reagi invece fu il partito dei giovani, appunto dei giovani educati nelle scuole ungheresi, dei giovani che sentirono ps:r i primi il danno spirituale del delitto perpetrato contro di loro dal governo. Dieci anni fa soltanto questi giovani si ribellarono e si (I) Bergamo, Istituto d'Arti Grafiche, 1914. Biblioteca Gino Bianco

- 12 - unirono tra di loro sotto il fatidico nome di Giovine Fiume in un circolo, apertamente per trovarvi ciò che la scuola a loro non aveva voluto dare, e segretamente per agitare e preparare un nuovo ordine di cose facendo sentire a tutti che l'italianità di Fiume non poteva aver salvezza che dentro i confini d'Italia. Il lavoro fu aspro e difficile : si trattava di rompere la tradizione e convincere i vecchi che i tempi erano mutati, che gli ungheresi ci avevano traditi, che il Partito autonomo non aveva più ragione di esistere. L'irredentismo sorse dunque a Fiume spontaneamente, per reazione. Non fu un semplice. sentimentalismo letterario: fu il grido dell'anima italiana offesa e costretta a rivoltarsi contro chi l'aveva tradita. Fiume tentò per lunghi anni e in tutti i modi un accordo cogli ungheresi. Il suo deputato italiano, Riccardo Zanella, cooperò coi partiti ungheresi di opposizione sperando che da una rigenerazione dell'Ungheria potesse aprirsi una nuova èra per Fiume. Anche quello fu uno sforzo inutile. Il '48, l'attaccamento di Fiume all'Ungheria, l'idea di un'autonomia, tutto oggi ci sembra una fatale illusione, un equivoco. Gli italiani di Fiume combatterono per Kossuth credendo di combattere per Garibaldi e per Mazzini; combatterono per l'Ungheria sperando di combattere per la libertà e per l'Italia. Noi comprendiamo il loro spirito, ma vogliamo oggi chiarito 1'equivoco. Non esiste più l'Ungheria del '48, l'Ungheria anti-austriaca. La sua rivoluzione fallì e gli ungheresi, non essendosi potuti liberare dal giogo austriaco, entrarono nella gabbia d'oro austriaca, accontentandosi di una parvenza di libertà. La guerra di indipendenza ungherese fu un fuoco di paglia e gli ungheresi divennero tutt'una cosa coli' Austria, si fusero col loro dominatore. Sono oggi gli eredi della sua politica e del suo spirito; sono, per noi, peggiori degli austriaci. E i poveri fiumani da lontano non riuscirono a rendersi conto òi questo mutamento dell'Ungheria, credettero per anni ed anni di appartenere a quell'Ungheria alla cui liberazione essi avevano collaborato, e continuarono a esserle fedeli. E come avrebbe potuto esser diversamente? Non ingannarono forse gli ungheresi negli ultimi cinquant'anni Biblioteca Gino 81dnco

- 13 - tutta l'Europa nascondendosi sotto le loro tradizioni liberali, ,abusando in Inghilterra e in Italia specialmente del buon nome che loro aveva creato un Luigi Kossuth? Tanto che, in Italia, quando giunsero le prime notizie dello strazio che l'Ungheria stava commettendo a danno dell'italianità di Fiume, tutti caddero dalle nuvole e ci voli~ un certo tempo pèr far. perdere a molti l'idea che attraverso Fiume si potesse mettere in fiamme l'Ungheria contro l'Austria. L'Ungheria è oggi ciò che l'Austria era prima del '48. E difatti, l'Austria negli ultimi cinquant'anni, voglia o non voglia, ha ailargato un po' i diritti dei suoi sudditi, ha riconosciuto in teoria una certa libertà alle varie nazionalità (meno gli italiani, si capisce). L'Ungheria, no: l'Ungheria fece ogni sforzo possibile per schiacciare e soffocare i rumeni, i ruteni, gli slovacchi, i croati specialmente, e riuscì, fino agli ultimi giorni, a passare per uno stato nazionale, mentre è composta anche essa di non so quante nazionalità, tra le quali gli ungheresi non hanno neppur la maggioranza numerica. La sua politica è stata brutale, violenta, ispirata ad un senso di indegna megalomania. Fino a pochi anni fa era Vienna che dirigeva e comandava. Ora le redini della Monarchia sono in mano degli ungheresi che hanno rinnegato il fardello delle loro tradizioni liberali rendendosi così benemeriti dell'Impero. Pare provato ormai che anche la guerra contro la Serbia sia stata ideata dal presidente del Consiglio di Budapest, contè Tisza, e non dal conte Berchtold. L'Ungheria è dunque oggi ciò che l'Austria fu in altri tempi. E Fiume, i 'unica sua città italiana, ne ha avuto la prova. Che bisogno avrebbe avuto, si domandano tutti a Fiume, l'Ungheria di scag!i!\rsi contro di noi che le custodivamo il suo sbocco al mare? Non certo la paura di un irredentismo che non esisteva, che non era nelle tradizioni della città. Ci volle il regime quarantottesco che l'Ungheria introdusse a Fiume per convincere anche il più fervido autonomista che non era più possibile una collaborazione coll'Ungheria, che bisognava volger gli sguardi altrove. Regime quarantottesco! Non si tratta ormai- di semplici strappi fatti all'autonomia, di interpretazioni anti-italiane date allo Statuto civico. B blioteca Gino B1dnco

,__ 14 - / Nel giugno del 1913 il Podestà di Fiume dichia/4 di non poter più sostenere le imposizioni e le ingerenze di organi militari irresponsabili ~ si dimise. , Il Consiglio Municipale riunitosi dr urgenza votò sfiducia al governo e rivendicò l'autonomia e l'italianità di Fiumè. Pare che il governo attendesse proprio 'queste proteste legalissime per sciogli~re il Consiglio e dare al governatore i poteri di commissario regio. Non passò un mese e la città venne consegnata in mano alla Polizia .ungherese. I poveri fiumani sorpresi e sbigottiti improvvisarono una dimostrazione che trascese poi quasi in sollevazione. Ma dovettero cedere alla brutale violenza delle baion~tte e delle guardie a cavallo. Ed ora dei brutti ceffi di armigeri passeggiano su e giù per le rive e per i moli colla baionetta inastata e coll'elmo di Zriny, le rivoltelle alla cintola, come sorvegliassero dei deportati. Non c'è fiumano che al solo vederli non si senta provocato e indignato. Il giorno dopo l'arrivo dei poliziotti il capo del partito autonomo, il professor Zanella, affrontò il governatore, trattandolo pubblicamente da vigliacco. All'aperta offesa il conte Wickenbllig parve voler rispondere con una sfida, poi con un processo, e ai giornalisti di Budapest accorsi per assistere allo svolgimento della vertenza, promise di reagire : ma finl poi col dimenticarsene. Colla Polizia di Stato il governo ungherese ha dato a Fiume ii regime del terrore. Gli italiani oggi sono sorvegliati e tenuti d'occhio uno ad uno; la città invasa di spie; i circoli di ogni genere sciolti o minacciati di scioglimento; i giornali che denunziano le ill~galità della polizia sequestrati; chi parla italiano perseguitato; gli italiani regnicoli o delle provincie irredente dell'Austria sfrattati. I poliziotti hanno perfino il diritto di perquisire a domicilio senza una autorizzazione del tribunale, in base a semplici indizi. Nell'agosto del 1913 un giornalista italiano nato e vissuto selJlpre a Fiume ma per sfortuna sua suddito austriaco e non suddito ungherese, venne bandito semplicemente perchè « secondo dati ricevuti in via confidenziale già da molto teneva un comportamento contrario agli interessi dello Stato ». Bastano informazioni segrete; processi o almeno motivazioni serie semB•blioteca Gino B1dnco

- 15 - brano superflue. I colpiti non possono protestare, non possono chiedere il perchè : devono subire la violenza e lasciare la loro città, le loro case, le loro famiglie, i loro amici entro ventiquattro ore. La Giovine Fiume è ormai sciolta da parecchi anni; ma il suo spirito s'è diffuso dovunque, anche tra coloro che nei primi t~mpi non volevano convincersi della necessità di ricorrere ad altre vie di difesa. Ad ogni modo, nessuno più s'illude che il governo ungherese possa ricredersi e tornar a rispettare l'autonomia e a lasciar viva l'anima italiana di Fium~. Il governo ha la forza bruta e può sospendere e paralizzare la vita autonoma della città; può anche fabbricare le liste elettorali come gli pare e piace. Ma il Municipio non è disposto a rinunziare ai suoi diritti e ha dietro di sè il plauso e il braccio di tutti i cittadini. Ora a Fiumt non c'è forse un solo italiano disposto ad un accordo col governo. Lo si è visto chiaramente nelle ~lezioni amministrative del marzo 1914. Basti dire che i seimila ungheresi disponevano di millecento voti; il resto degli abitanti cioè 44.000, di 1200 voti. Eppure dopo essersi così assicurata qu~sta quasi maggioranza fittizia, il governo all'ultima ora ritenne opportuno ritirarsi dalla lotta e lasciar il campo agli itali-ani. Evidentemente lo fece perchè non gli riuscì di trovare tra i cittadini italiani di Fiume chi s'acconciasse a farsi portare sullo scudo governativo e perchè allo stesso governo parve enorme ed inconsulto venir fuori con una lista di candidati puramente ungheresi. E il Comune rimase in mano degli italiani. Ma ciò che non è accaduto ieri costituisce una eterna minaccia. Fiume combattè per la libertà in nome dell'Ungheria, e acquistatala, tentò di collaborare sinceramente ad un miglioramento economico di tutto un paese di cui s'illudeva di far parte: volle essere quasi un pont~ di passaggio tra Italia e Ungheria. Oggi, in premio, tradita e imprigionata si vede imporre colla forza lingua, spirito, costumi, cultura non suoi· P non ha più la possibilità di provvedere nè alla sua vita spirituale nè a quella materiale. In una notte dell'ottobre del 1913 scoppiò a Fiume sotto al Palazzo del governatore una bomba innocua. «Ci s=blioteca Gino 81dnco

- 16 - siamo - si credette da qualcuno - questo è l'unico modo per rispondere alla violenza del governo ». Ma la bomba lasciò fredda la cittadinanza, nè fu, come potè sembrare al primo .momento, il sègnale di qualche moto più violento. Il 2 marzo dell'anno scorso un'altra bomba scoppiò, anche più innocua della precedente. La faccenda cominciava a dar da pensare, tanto più che la polizia di Stato anche questa volta, come la prima, si mostrava incapace di scoprire la trama della congiura. Sorse dunque facilmente il sospetto che la bomba potesse essere una bomba addomesticata. Non tardò molto che uno dei complici volle fornire le prove matèriali che la bomba era stata fatta scoppiare d'accordo colla polizia di Stato e col governatore per formare un atto di accusa contro i capi del partito italiano e giustificare così la presenza e l'attività funesta d~lla polizia stessa. Il fatto divulgato dalla stampa del Regno produsse impressione enorme. Per la prima volta gl'italiani cominciarono a occuparsi delle sorti di Fiume e a entrar nel convincimento che Fiump, in mani ungheresi-, non si trovava meglio delle altre terre irredente in mano dell 'Austria. Così Fiume prese posto degno accanto a Trento e Trieste nei cuori italiani. E oggi, alla vigilia, speriamo, della sua redènzione, essa ha affermato con fiera fermezza la sua indomabile italianità. Il governatore Wickenburg, volendo provocare un voto di fedeltà all'Imperatore, aveva indotto il Podestà a convocare in seduta straordinaria il Consiglio Municipale. Il Podestà non trovò alla seduta che cinqut consiglieri e le lettere di altri ventisette consiglieri che con dure parole deplorando la debolezza di lui lo invitavano a dimettersi immediatamente. Italiani e croati a Fiume. Fiume è città italiana. Ha subìto pochissimo I'imbastardimento a cui si velie sottoporla. Sotto una leggera f crosta, non dirò ùnghtrese o slava, ma internazionale, si scopre subito il suo carattere prettamente italiano. Il I B bhoteca Gino B1dnco

17 - campanile del suo Duomo è veneto; il dialetto parlato dalla stragrande maggioranza degli abitanti è di tipo veneto; la città vecchia è addirittura un lembo di Venezia. Chi entra a Fiume ha subito 1'impr 9 ssione di entrare in una città italiana. Negli ultimi trent'anni Fiume ha avuto uno sviluppo enorme a cui parteciparono gli ungheresi fatti venir giù artificialmente, come abbiamo detto, dai Carpazi e i croati calati dal contado. Nei primi tempi Fiume potè resistere e assimilare il contingentt straniero. E avrebbe certo continuato vittoriosamente quest'opera se il governo non avesse chiuso le porte che la mettono a contatto coli 'Istria e coll'Italia. Fiume conta poco più di cinquantamila abitanti, ma in realtà, data la sua posizione e il suo sviluppo, ha un fervore di vita commercialt e intellettuale ben superiore a quello di una città qualsiasi di ugual numero d'abitanti. Tre nazionalità sono rappresentate a Fiume : italiani, ungheresi e slavi ; ma di fronte a seimila ungheresi, a quindicimila slavi di tutte le gradazioni (croati, serbi, sloveni, slovacchi), a duemila rappresentanti di altre nazionalità, sta una massa compatta di ben ventisette mila italiani. Gli italiani sono dunque in maggioranza assoluta : la città appartiene a loro anche se si vogliono considerare I soitanto i numeri. Ma gli italiani costituiscono anche la part9 più cospicua intellettualmente e danno il tono fondamentale della città. Le tradizioni, cioè, gli usi e i costumi, lo spirito della città sono soltanto italiani; e italiani della miglior lega se hanno potuto resistere a tanti e svariati cozzi. Abbiamo visto che il Municipio è gloriosamente in mano degli italiani, nonostante le liste elettorali fatturate dal governo. E questo Municipio ha istituito buone scuole elementari é complementari, ha scelti con cura gli insegnanti, ha fondate biblioteche, ha premiati circoli di cultura, costruitr edifici modernissimi per le sue scuole. Professori e confprenzieri del Regno, che hanno visitate queste scuole, hanno avute parole di calda ammirazione per il Comune. Due anni or sono con sforzo massimo e dopo lunghe lotte è stata fondata una scuola media italiana necessaria dopo la magiarizzazione B blioteca Gino Bianco

- 18 - delle scuole medie governative, tanfo necessaria che subito il primo anno si son dovuti aprire due corsi paralleli e il secondo altri tre corsi. Questo è un chiaro ed imponente indice dello spirito della popolazione. Dalle ultime statistiche che purtroppo non sono in grado di citare, risulterebbe perfino un aumento degli italiani in proporzione alle altre nazionalità. Fino a pochi anni fa si accontentavano di dirsi fiumani gli italiani di Fiume, fiumani per eccellenza; ora, dopo gli anni di lotta, si dicono apertamente italiani per evitare ogni malinteso. Gli slavi, abbiamo detto, sono a Fiume circa 15.000. i La cifra considerata in sè stessa è più rilevante di quanto non lo sia in realtà, per l'influenza lievissima che gli slavi hanno avuto nella vita politica di Fiume. Dobbiamo distinguere anzi· tutto gli slavi autoctoni dagli slavi immigrati. Gli autoctoni sono ben pochi, nè sempre distinguibili nettamente dagli italiani. Sono slavi perchè lo dicono; ma il loro spirito è italiano, la loro cultura e la loro lingua sono italiane. Pochi veramente a Fiume sentono il bisogno o hanno il coraggio di dichiararsi croati. E' un fenomeno del resto stranissimo. Molte volte in una stessa famiglia c'è diversità di sentimenti tra i fratelli: per lo più sono italiani quelli che frequentano scuole italiane, sono croati quelli che ebbero la disgrazia di caP,itare nella scuola media croata dj, Susak la cittadina parassita al di là dell'Eneo. La gran massa degli slavi è costituita però da gente immigrata dall'interno, dalla Croazia, dalla Slavonia, dalla Carniola ·e dalla Serbia, in gran parte chiamati, messi a posto e tenuti uniti dalle grandi organizzazioni slave di collocamento, che si propongono la conquista delle nostre terre con una lenta e sistematica penetrazione. E sono in gran parte inservienti, vetturali, macellai, camerieri, garzoni di negozio. Vivono a Fiume per modo di dire, perchè non danno noia a nessuno e non ci tengono in nessun modo a farsi notare o a contare. Sono bene organizzati e potentemente appoggiati dai loro connazionali. Appena uno di loro mostra intelligenza e intraprendenza trova chi gli mette su un negozio o una bottega assicurandogli perfino i clienti. Forse perchè hanno scarsa Biblioteca Gino Bianco

- 19 - cosciimza nazionale, forse perchè sono furbi, non ostentano anzi nascondono la loro nazionalità, evitano ogni attrito cogli italiani, non si fanno avanti, vivono modestamente senza chieder nulla a nessuno, contenti di far buoni affari e di ammortizzare il debito che hanno contratto con chi li fece venire in città. A Fiume gli slavi sono allo stato latente perchè il governo ungherese nella mira assurda di magiarizzare addirittura la città, non s'è potuto servire di loro. In Dalmazia e nell'Istria sono più potenti, anzi in qualche posto sono già padroni perchè favoriti dai vari Hohenlohe che li hanno scagliati contro gH italiani. A Fiume invece gli slavi nella vita pubblica non hanno mai rappresentato nulla; si sono astenuti da ogni agitazione, non hanno preso parte mai a nessuna elezione, si sono disinteressati sempre di quanto succedeva in città. Non costituiscono per ora !)essun pericolo : essi stessi non mirano sul serio alla conquista di Fiume. Qualche ispirazione e qualche ordine a organizzarsi politicamente viene loro piuttosto da Zagabria e dall 'interno della Croazia. Là sì, c'è qualcuno che mira alla conquista di Fiume, per quel sogno ambizioso ancora molto vago che nel suo programma massimo comprende Trieste e Fiume. Ma devy l'Italia preoccuparsi delle aspirazioni confuse di questo popolo giovanissimo e anche animoso? Io stesso qualche anno fa attraversando in ferrovia la Croazia in compagnia di croati, dopo una lunga discussione, :ho brindato con loro alla gr.ande futura nazione serbo-croata senza Fiume e senza Trieste ... Questi slavr di Fiume, dalla sua annessione all'Italia! non avranno nulla da perdere, per il semplice fatto, co- Ì me abbiamo visto, che non posseggono nulla. Potranno I continuare indisturbati i loro affari, godranno anzi maggiore libertà di quanta non _ne godono ora; il governo I italiano potrà concedere loro, se sarà necessario, anche 1 una scuola. Nessun pericolo di un irredentismo slavo 1 dentro Fiume; gli slavi a Fiume saranno facilmente riducibili o sradicabili : per lo meno quanto in Istria o a Trieste stessa. Biblioteca Gino Bianco

- 20 - .. Italiani e ungheresi . I Veniamo agli ungheresi. Nel 1880 non erano più di 379; ora sono seimilaquattrocento. Se l'Ungheria vent'anni fa si credeva ben difesa e ben rappres~mtata da un paio di centinaia di suoi figli, perchè ha voluto poi tutto ad un tratto aumentare il contingente di guardia? Soltanto per poter effettuare il suo sogno : Fiume ungherese. Io non so se non convenga mettere addirittura in ridicolo la fisima di questa gente che ieri vide per la prima volta il mare e scese le scalette della banchina per gustarnp la salsedine, ed oggi si crede già in grado di poter magiarizzare una intera città sul mare. Proprio . alla Scuola Nautica fu dato il primo colpo, per ottenere una marina ungherese, coi comandi in lingua ungherese, coi libri di bordo in lingua ungheresi:1. Chi li conosce, sa che fu un'illusion~. Non contenti di preparare nella Scuola Nautica di Fiume dei capitani di acqua dolce per il loro patrio Danubio, i magiari· magiarizzarono anche l'Accademia Commerciale, tanto per far dei commercianti che sapessero la lingua dell'interno e non quelle dell'estero. Commercio è commercio, però, e a Fiume è sempre più facile che faccia strada e buoni affari chi sa l'italiano che non chi sa l'ungherese. Non basta: il peggio si è che i giovani dovendo studiare la ragioneria, per esempio, in una lingua che non è la loro, I'apprendono male, tanto che più di una ditta a Fiume stessa, per principio, non assume in servizio chi ha il diploma dell'Accademia Commerciale di Fiume. Ben più furbi i croati che nella vicina Buccari- lasciarono italiana, quasi completamente italiana, soltanto la Scuola Nautica. Ma io non posso ridere di questa illusione ungherese : io penso a tutti i giovani fiumani che non poterono seguire il loro corso di studi per la difficoltà della Biblioteca Gino Bianco

- 21 nuova lingua d'insegnamento ed ora sono dei poveri spostati; io penso a quegli altri che inconsciamente vennero imbastarditi ed ora si trovano inferiori e posposti ali 'ultimo mèndicante capitato in città dall'estero. La conclusione di questi sforzi innaturali è che gli ungheresi sono adesso completamente isolati e formano una loro colonia composta in gran parte d'impiegati nei vari dicasteri del governo, di professori, di commercianti che cercano di assicurarsi le forniturt e i premi del governo, di giornalisti e pennaioli pronti à informar male l'opinione pubblica ungherese sul conto di Fiume per poter chiedere dei provvedimenti di cui nessuno sènte il bisogno. Vivono tutti alle spalle e all'ombra del governo : spariranno senza lasciar traccia di sè il giorno in cui il loro governo cesserà. Ritorneranno a casa loro sfregandosi gli occhi e pensando al brutto sogno chç li aveva sedotti. Con questo io voglio dire che l'Italia è ancora in tempo perchè tra le due razze che finora si sono conteso il dominio di Fiume nè l'una nè l'altra è riuscita ad abbattere l'italianità resistente .èd ostinata di questa terra. Gli italiani di Fiume hanno lottato attingendo la loro forza soltanto nella lingua, nella cultura, nella storia, nell'anima della loro città. Vorranno proprio gl 'italiani abbandonarli? E proprio adesso? Fiume dev'essere dell' Italia, La posizione di Fiume è sub judice gia dal '68. Croati e magiari si sono disputati il possesso di questo piccolo Comune italiano dimenticato dalla Gran Madrt. E il semplice fatto che croati e magiari' non sono potuti venire ad un accordo dimostra che Fiume non può essere che italiana. I croati dicevano : Fiume non può essere ungheres_è; tra Fiume e 1'Ungheria ci sono trecento chilometri di Croazia. Gli ungheresi rispondevano : Biblioteca Gino 81dnco

- 22 - Fiume non può essere croata. E i fiumani hanno, negli anni dell'illusione sui vantaggi dell'autonomia, fatto pendere la bilancia a favore degli ungheresi soltanto per tenersi lontani i croati. Questo è ben chiaro; noi non sentiamo perciò il bisogno di compulsare e interpretare in questo momento i paragrafi dell'accordo del '67 tra Ungheria e Croazia e neppure le decisioni delle Deputazioni regnicolari. Sono cose ormai superate. Noi entriamo terzi nella disputa e non ci preoccupiamo delle beghe degli altri due. Ci potremmo soffçrmare tutt'al più a dimostrare e far valere i diritti di autonomia che spettano lçgalmente alla città di Fiume; diritti di autonomia che Fiume si fece riconoscere e da Maria Teresa e dal Parlamento ungarico soltanto per poter conservarsi italiana. Ma ormai dopo la dura prova a cui il Governo ungherese volle mettere l'autonomia della città italiana, ne varrebbe la pena? Oggi le città autonome sono un anacronismo. Accontentiamoci di ripetere che a Fiume c'è una massa compatta di ventisettemila italiani, di fronte a quindicimila slavi t seimHa ungheresi; che gli· italiani sono in maggioranza assoluta : che Fiume in base al principio di nazionalità svetta ali'Italia. Nè si può trovare un'altra soluzione. Prima ancora di esaminare i motivi di ordine strategico ed economico per cui l'Italia deve assolutamènte venire in possesso di Fiume, voglio dimostrare perchè Fiume non può nè rimanere austro-ungarica nè divenir slava. I Non può rimanere austro-ungarica perchè svaluterebbe fatalmente la posizione commerciale di Triestè italiana. l L'Austria non avrebbe bisogno di costruire neppure una linea ferroviaria per fare assorbire da Fiume buona parte della «sfera di attrazione» ora spettante a Trieste. L'influenza austriaca sull'Adriatico non farebbe altro eh.è trasferirsi da Trieste a Fiume, impiegandovi, naturalmente, un certo tempo, e cioè il tempo necessario per la costruzione degli ampliamenti portuali e dei magazzini mancanti, per l'incremento della potenzialità ferroviaria, già adesso, talvolta, non bastèvole ai bisogni del traffico, - e trasportandovi anche l'intera flotta mercantile austriaca ora concentrata a Trieste. Certo nè gli italiani del 81blloteca Gino Bianco

- 23 Regno nè gli italiani di Trieste si rassegnerebbero a questo sacrifizio. Non c'è bisogno dunque di ricorrere ad altri argom~nti per dimostrare che in qualunque caso, magari con la messa in azione del massimo sforzo militare, Fiume deve seguire le sorti di Trieste. ( 1). Fiume non può essere croata. Finora, anzitutto, i croati sono in minoranza in città e i fiumani non si rassegnerebbero mai e poi mai a cedère loro il dominio della cit,tà. Quando nel 1848 i croati vennero in possesso della città, i fiumani resisterono loro con tutte le forze. Fiumè celebrò con entusiasmo le giornate della sua liberazione quando nel '67 ricacciò i croati al di là dell'Eneo. Dei vent'anni del loro dominio i• croati non lasciarono la più piccola traccia in città; lasciarono sì negli animi di tutti un ricordo funestissimo, tanto eh~ il Consiglio municipale tutte le volte che ricevette da Zagabria l'invito di mandare due deputati alla Dieta croata, rispose mettendo ad acta l'invito. Annettere Fiume alla Croazia significherèbbe una insurrezione permanente. Nel 1907, se non sbaglio, quando dei ginnasti croati dovevano passare per Fiume per prender parte ad un loro convegno a Susak, nel viale della stazione vennero accolti da una fitta sassaiuola; sul Corso avvenne un sanguinoso conflitto a colpi di rivoltella e di bastonè; per ben tre giorni i giovani fiumani restarono appostati nei pressi del ponte che congiunge Fiume a Susak per non permettere ai ginnasti il passaggio. Cosl rispose Fiume a questa ingenua, in fondo, parata delle forz~ croate. Si immagini ciò che succederebbe se si tentasse di imporre alla città il dominio croato ... La Croazia, del resto, per la sua espansione commer- \ ciale ed economica non ha bisogno di Fiume. Non è Vèro che Fiume sia lo sbocco naturale della Croazia. Si guardi infatti una carta geografica. Da Ogulin, che è un centro commercialè importante della Croazia, a Segna (Zeugg) sul litorale ungaro-croato, la distanza non è che di una quarantina di chilometri; mentre la distanza da Ogu!in (I) Si veda a questo proposito: *** La conquista di Trieste (C. A. Bootempe!li, Roma) a pag. 8 e segg. che io in qualche punto ho trascritto le!leralmenre. Biblioteca Gino BldnCO

- 24a Fiume è di circa cento chilometri. E per rendere accessibile il porto di Segna al traffico della Croazia sarebbe sufficiente costruire un tronco ferroviario di raccordo fra Ogulin che si trova sulla linea ferroviaria Fiume-Zagabria-Budapest, e Segna. Nel passato Segna ha avuto tempi di prospprità e di ricchezza cessati appena il porto di Fiume, verso il quale gli ungheresi concentrarono il loro sforzo, ebbe la sua congiunzione ferroviaria ed inizib il suo sviluppo. Segna è dunque lo sbocco naturale della Croazia. Appena sarà congiunta con Ogulin (e cib avverrà indubbiamente appena la Croazia avrà la possibilità di farlo), Fiume risentirà un danno non indifferente, che perb, almeno in parte, sarà compensato dal costante incremento dei traffici marittimi in tutto il mondo. Tra Fiume e il suo hinterland non immediato ma più importante - l'Ungheria - continueranno a sussistere i vecchi rapporti d'affari, dato che all'Ungheria non resterà alcuna possibilità di avere un porto nazionale. La scelta tra Fiume - porto situato in posizione favorevole, bene avviato e arredato, con una colonia commerciale magiara e unito all'Ungheria da una rete ferroviaria - e i porti serbi ancora da sviluppare e da costruire in posizioni per l'Ungheria meno vantaggiose e razionali, non potrebbe esser dubbia da part~ del commercio ungherese f (vedi La conquista di Trieste, pag. 14). E così, anche soltanto per via di eliminazione, si giunge f alla conclusione che Fiume, italiana di storia di lingua e di costumi, deve diventar italiana anche politicamente. Ragioni economiche e strategiche .. Oltre ai motivi di carattere nazionale per cui l'Italia deve assicurarsi il possesso di- Fiume, vogliamo vedere fugacemente quelli di carattere economico e strategico. Prinl!l forse, sarà b·ene affermare ttncora una volta che

25 Fiume è terra d'Istria. La struttura e la conformazione del terreno, identiche per l'Istr_ia orientale e per Fiume, ne sono la conferma. Le vicende storichè di Fiume si identificano in gran parte con quelle dell'Istria orientale. Da questa venne avulsa allorchè fu da· Maria Teresa assegnata agli ungheresi che an.elavano ad avere uno sbocco sul mare. Fiume è per l'Istria orientale nè più nè meno di quello che Trieste è per l'Istria occidentale. E l'Istria orienta!p in tanto si è mantenuta italiana, in quanto tale sentimento è stato vivificato dalle continue e fresche correnti che da Fiume si irradiavano per le città della sua costa. I motivi di ordine economico si possono riaffermare nei seguenti punti : 1) La via di Fiume è la più rapida comunicazione - più rapida anche di quella di Trieste - fra il Regno e la Croazia, l'Ungheria. la Rumenia, la Serbia, la Bulgaria. la Russia e la Turchia. Fiume dunque ci assicura , la nostra penetrazione in quplle terre che nel prossimo avvenire sentiranno grande bisogno della nostra opera. 2) Fiume è lo sbocco naturale e privilegiato per i traffici che dal centro orientale di Europa si dirigono verso l'Oriente vicino. E' naturale che l'Italia senta il bisogno di Fiume come di un punto d'appoggio per assicurare ai traffici adriatici il loro puro antico carattere italiano che ha propagato anche silenziosamente una vasta influenza italiana nel bacino orientale del Mediterraneo. Fiume che ·11a un hinterland suo proprio ben distinto da quello di Venezia e di Trieste, è necessaria all'Italia non meno di Venezia e di Trieste. Soltanto in collaborazione con Fiume e con Venezia, Trieste pub nei suoi traffici essere un lembo di Oriente portato, nei suoi prodotti, in Europa, e un lembo di Europa, portato nei suoi prodotti, in Oriente. E Fiume sola in mano di una potenza che non sia l'Italia, pub. come abbiamo visto, pregiudicare fatalmente questa che è la missione storica di Trieste. L'entità del commercio marittimo e la sua importanza per l'espansione orientale d'Italia risultano dalla cifre seguenti. Nel 1911 l'importazione marittima di Fiume ebbe 61bioteca G1'106,dnco

-26un valore di 184.928.228 corone e l'esportazione di 185.884.954 corone, nelle quali contribuirono Italia Rumenia Bulgaria . Montenegro Grecia Turchia .... Indie Orientali Giappone Cina Egitto Tunisi Algeria ... . America S. U.. . Amèrica del Sud. all'importazione all'esportazione 15.057.599 5.532.569 578.954 122.442 1.137.204 5.804.713 48.508.116 806.454 1.837.584 4.233.833 1.024.544 1.123.660 26.669.002 8.380.049 25.945.751 101.632 400.134 724.422 861.466 8.711.706 10.609.360 165.804 335.443 3.982.000 299.219 674.399 12.008.761 2.101.521 Queste cifre e i seguenti commenti che trascrivo dalla Conquista di Trieste (pag. 17, 54 e segg.), non saranno inutili oltre che come quantità, anche come orientamènto quando andranno ad ingrossare il commercio italiano. Se l'Austria-Ungheria non ottenesse alcuno sbocco sull'Adriatico, Fiume conserverebbe inalterata, in tutta la sua efficenza, la sua prèsente potenzialità economica. Essa, necessariamente, continuerebbe ad essere lo scalo dell'Ungheria, cui si potrebbero riservare speciali facilitazioni di magazzini particolari in punti franchi destinati esc!usivamente a quèllO Stato, come fece ad esempio la Grecia a Salonicco per la Serbia, chè in generale la posizione di Fiume assomiglia molto a quella di Salonicco. Per un certo periodo di tempo, anche l'hinterland commercialè croato di Fiume sarebbe pure conservato al vecchio porto, che presenterebbe il vantaggio di regolari e comode comunicazioni, di un ctntro commerciale e bancario già saldamente costituito, di vecchie relazioni di affari. Nel registro del porto di Fiume erano iscritti alla fine del 191 O, 68 navigli di lungo corso, 2 di grandè cabotaggio ~ 150 pattelli di pjçç:o!o çapotaggio. L,a flottit m~rq111til~ Biblioteca Gino B1c1nco

,- 2'1 - di Fiume con quella di Trieste, dopo anntssi questi porti al Regno, accrescerà formidabilmente la potenzialità marittima d'Italia, che nelle pacifiche competizioni economiche mondiali conquisterà un posto davvero eminente. L'importanza nazionale ed internazionale della fusione sotto bandiera italiana della marina mercantile austro-ungarica sarà valutata giustamente in tutta la sua grande portata, solo quando si sappia che i parchi navali di Triest~ e di Fiume contano unità di primo ordine, quali, ad esempio, i magnifici piroscafi che fanno il servizio celerissimo per l'Egitto e i colossi transatlantici destinati al trasporto degli emigranti per le Americhe. Dal- ! 'annessione della marina mercantile di Trieste e Fiume, l'Italia avrà incremento di prestigio commerciale in tutto il mondo quale anche grandi e costose imprese coloniali ben difficilmente potrebbero conferirle. Si aggiunga che Fiume, comp Trieste, è un centro\ industriale di grande importanza. Possiede cantieri e silurifici come quello famoso di White Lead, distillerie, indu-, strie elettriche, segherie, fabbriche di pavimentazione, industrie delle pietre e del cemento, concerie, fabbriche di cordami e di carta, pilature di riso, pastifici, molini, manifatture di tabacchi, raffinerie di olii minerali, fabbriche di asfalto, di prodotti tannici, di colori, di materie chimiche, di saponi. Tutte queste produzioni industriali potranno sostenersi benissimo in caso di annessione, contribuendo pur esse alla prosperità d'Italia. Per Fiume, come ppr Trieste, un grande fattore di resistenza e di vitalità economica è infatti stato sempre costituito, anchp nelle più avverse vicende, dalle anti..che relazioni che legano le ditte del Levante alle ditte di questi posti. Molte aziende di Fiume e di Trieste hanno filiali in Levante ed in Egitto ~ viceversa. Inoltre la larghezza dei fidi accordati dai commercianti triestini e fiumani, i quali conoscono a fondo gli importatori levantini, i gusti e la domanda della loro clientela, i loro metodi di affari, la loro solvibilità, rinvigorisce la tecnica dei due porti. Un'opera intelligentp e patriottica delle Banche diretta ad aiutare la conservazione e l'irrobustimento di cosi preziosi vincoli d'affari non potrà non sortire sempre l'esito migliore. B1bhotecaGino B1dnco

3) Fiume è il mercato di tutti i prodotti agricoli del• I l'Istria orientalç e delle isole del Quarnero, cui è legata da rapide e comode linee di navigazione. Ed è anche / il loro centro di rifornimento. Ove essa passasse in do- l minio dçgli slavi, l'Istria orientale e le isole rimarrebbero prive del loro mercato naturale, giacchè, per la distanza che le separa da Pola - il possibile porto più prossimo - non converrebbe loro di deviarlo incontrando gravi sacrifizi di tempo e di denaro ; e sarebbero perciò costretti ad esitare i loro prodotti al di là dei confini, sovraccaricandoli di dazi che pe renderebbero impossibile lo smaltimento ai prezzi ordinari; o dovrebbero forzatamente compiere i loro rifornimenti in terra slava, ivi lasciando gran parte dei loro redditi e dçi loro guadagni, con grave danno dell'economia nazionale. Restano i motivi d'ordine strategico. Senza il pieno 1 ed assoluto dominio di Fiume e di tutto il Quarnero comprese le isole, rimanç esclusa ogni possibilità di provvedere ad una vera ed efficace difesa delle coste \ dell'Istria orientale fino a Porer. In mano di un 'altra potenza Fiume e le isole sarebbero sempre formidabili basi di operazione contro le quali l'Italia non potrebbe opporre che Pola, troppo lontana e situata nell'altro versante. La minaccia, cioè, all'integrità territoriale sarebbe continua e costringerebbe l'Italia a ingenti spese ed a gravi sacrifici : spçse e sacrifici ai quali invece si ovvie- ' rebbe col possesso incontrastato di tutto il nuarnero. I L'Italia sa da mezzo secolo ciò chç vuol dire aver le porte di casa aperte; non permetta dunque a nessuna I potenza d'incunearsi ancora entro i suoi confini. Le sa- \ rebbe fatale, per chiudere i suoi confini nel Trentino, lasciar apçrti quelli del Quarnero. B;blioteca Gino 81c1nco

\ B1bhotecaGtno 81 11

PROBLEMI ITALIANI Questa raccolta di opuscoli di 32 pagine, a dieci cen• tesimi, si propone di informare gli italiani sui problemi nazionali pià urgenti in questa crisi della nostra storia e della nostra coscienza: problemi economici, politici, militari, sociali, morali, che saranno esaminati senza jattanza e senza reticenze, da un punto di vista italiano, nelle loro necessità, nei loro precedenti, nelle loro logiche conseguenze pel bene durevole della nostra civiltà, della nostra nazione e del nostro libero regime. Questi opuscoli esciranno cost da formare tra il Gennaio e il Maggio 1915 una prima serie di Ventiquattro. I primi dodici, che si tror,ano in r,endita, sono: 1. • Gaetano Salr,emini - Guerra o Neutralità ? 2. • Luigi Einaudi - Preparazione morale e preparazione finanziaria. 3. • Alessandro Lustig - La .preparazione e la difesa sanitaria dell' esercito. 4.• GI' Istriani a Vittorio Emanuele II nel 1866. 5.• Mario Alberti - l\driatico e Mediterraneo. 6. - Giulio Caprin - Trieste e l'Italia. 7. - Guglielmo Ferrero - Le origini della g-u~rra presente. 8. - Ugo Ojetti - L'Italia e la Civiltà Tedesca. 9. - Pietro Silva - L'Italia e la guerra .del 1866. IO. - Enrico Burich - Fiume e l' Italia. I t•• Concetto Pettinalo - Russia, Balcani e Italia. 12.• Diario Triestino, 1S15 • 1915 - Cent'anni di lotte per l' Italianità. Seguiranno altri dodici scrilli dovuti alla penna dei più chiari e competenti autori nostri quali S. Barzilai, C. Errera, G. Borgese, G. J\rias, L. Tbomson, E. Janni, V. Gayda, ecc. La raccolta è diretta da un comitato presieduto da UGO OJETTI e composto da Luigi Bertelli, Giulio Caprin, Salomone Morpurgo. Abbonamento alla prima serie di Ventiquattro Opuscoli Lire 'DUE. lnl:Jiare cartolina Vaglia agli Editori RA V A l,t C. - MILANO, Corao Porta Nuova, 14· Biblioteca Gino Bianco ;

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