R. Tremelloni - Il socialismo contro la miseria ; G. Faravelli - Lotta su due fronti e alternativa socialista

ROBERTO TREMELLONI Ilsocialismo contlramo iseria • GIUSEPPE FARAVELLI Lottsauduferonti e alternatisvoacialista Prefazione di UGO GUIDO MONDOLFO CASA EDITRICE "CRITICA SOCIALE,, B.::i otee;a Gino Bianco

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ROBERTOTREMELLONI . Ilsocialismo contlramo iseria • GIUSEPPE FARAVELLI Lottsauduferonti e alternatisvoacialista Prefazione di UGO GUIDO MONDOLFO Fondazione Alfred Ld.rtn Biblioteca Gino Bian~o Fondo_Gino_ Bianco CASA EDITRICE '! CRITICA SOCIALE,.. B 1otecaGino Bianco

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PREFAZIONE I due discorsi che qui pubblichiamo sono stati senza dubbio, a mio parere, tra i più importanti e significativi che siano stati pronunciati dura,ue la recente lotta elettora!e. I loro autori non si sono abbando,iati a quella corrente facile di pensiero che cerca di trovare i punti di minore resistenza nell'animo degli ascoltatori. Essi sono invece andati co,, ferma volontà e con diritto pensiero a destare l'assopita consapevolezza di esigenze e necessità di cui la più parte ama non rendersi conto, per la fatica che si fa ad andare contro corrente e a .,,udiare problemi seri con serietà di propositi. Diversissimi son.o il tema e il tono clei due discorsi. come diversissimi sono gli interessi intellettuali e il temperamento dei due oratori. Ma c"è tra loro in comune, oltre alla caratteristica sopra enunciata, la /errna intenzione di assicurare al socialismo democratico, che gli autori professano con grande chiarezza e profonda convinzione, una piena autonomia, scevra di artificiose C1ttenuazioni e di com.promessi, così negli atteggiamenti politici e nei rapporti con gli altri partiti, come nello studio e nella soluzione dei problemi urgenti che esso ha e sente il dovere oggi cli aOrontare. Soprattutto per questo motivo abbiamo ritenuto che i due discorsi qui raccolti dovessero esser sottratti a quella rapida labilità a cui vanno soggette le enunciazioni di pensiero /atte ira.periodi elettorali. E li abbiamo ,celti per la pubblicazione di quest'opuscolo, con la quale •periamo di poter riprendere una forma di propaganda del pen• siero socialista che le circostanze ci hanno costretto a interrompere. UGO GUIDO MONDOLFO B ::,tecaGino Bianco

GIUSEPPE FARAVELLI LOTTA SUI DUE FRONTI E ALTERNATIVA SOCIALISTA (Discor,o pronunciato a Jl1ilano il 24 mag&io 1951) Cittadini, compagne e compagni La ttampa ed i candidati del sedicente Partito Socialista Italiano, detto volgarmente fu1ionista o nenniano, ci hanno bollato di « tradimento ». Noi socialisti unificati. di Milano aaremmo traditori, perchè ci •iamo rifiutati, in queata competizione elettorale, di favorire la vittoria "'del Partito Comunista e dei euoi parenti poveri, vuoi presentando una lista non imparentata con nessuno, vuoi astenendoci dalla lotta; e ci siamo invece imparentati con la Democrazia Criatiaoa. Il no1tro « tradimento » Ma la gente del partito fusioniota ai è ben guardata dall'informare i suoi lettori ed ascoltatori di questo preciso fatto: che il nostro tentativo iniziale fu quello di promuovere la presentazione di una litta esclusivamente socialista comprendente uomini dei tre partiti 1oei■- liati, la quale - dati alla m.1no - avrebbe avuto moltissima proba· bilità di successo (1). L'onore •ociali,ta di Milano e la gloriosa tra• dizione amministrativa, a cui continuamente ci fii richiama, ben Y■• levano che la nostra proposta fosse accettata. E molti personaggi del fu1ioni1mo non ci nascosero a quattr'occhi il loro favore. Senonchè costoro, che oggi ci chiamano traditori, non han mouo un dito per impedire che la nostra proposta fos,c respinta - come difatti fu (1) Per confutarci, l'Avanti ad elesioni aneauto ci ha obbiettato gioioumente che i •oti riuniti del P. S. (S.1.1.S.) e del P.S.J. (113.940 + 110.126) 10D0 inferiori • quelli ottenuti dalb O. C. (239.035). O ,ocialieti di poca fede! Noi 1iamo •ncora e 1empre convinti che la preHD• tnione di un.a lista indipendente di tutti i 1ociali1ti riuniti avrebbe tu1citato tale 1on10 di 6duc.ia e hle entu,iamo nei lavoratori di ~mano da tplbgere • votare IO• ciatitta molti11imi di quegli elettori che hanno dato iance il loro •oto ad altri partiti. Eppoi, che rnn di ri.-oluziouui tono coletti fu1ioni1ti, i quali preteDdoao di impegnare battaglia aoltauto quando hanno la garaa&ia pre•eotiu della vittoria? 5 8 b teca Gino B•a.,t:o

respinta - dalle loro gerarchie bolscevizzate. Questi sedicenti 1ocialisti, rigeltando l'offerta di socialisti, hanno preferito invece reggere come Rigoletto la scala con la quale il Conte di Mantova l\iontagnaoi tenta di dare la scalata a Palazzo l\fari.no. Così se domani Milano non avrà un'amministrazione intieramente socialista, che attui senza compromessi un programma socialista riallacciandosi alle amministrazioni socialiste di Caldara e di Filippetti, i lavoratori milanesi dovranno ringraziarne il partito fusioniata ed esso solo. Molti di noi sono stati contrari alla legge che porta il nome improprio, anzi insulso di imparcntamento. Contrari perchè vedevano in essa un nuovo mezzo di aggiogare i partiti minori al carro dei due partiti maggiori, e così di accentuare quella polarizzazione agli estremi delle forze politiche, che costituisce un pericolo mortale per le istituzioni democratiche. Senonchè, dal giorno in cui quella legge fu concepita al ciorno della sua applicazione sono avvenuti due piccoli fatti che i nostri detrattori cd i loro pappagalli trascurano: e cioè l'unificazione socialista ed il nostro passaggio all'opposizione; due fatti che per noi trasformano completamente la natura ed il fine della 1egge.• Questa, almeno per quanto ci riguarda, è così diventata un'arma spuntata. Sia o non .sia stato concepito l'apparentamento con intenti politici, eS110è oggi un congegno puramente tecnico che non lede assolutamente la nostra libertà. Ciò significa che noi possiamo e intendiamo mantenerci in condizioni di piena autonomia durante la lotta elettorale, svolgere una propaganda in tutto conforme al nostro programma e senza alcun compromesso con le finalità e con le direttive dei cosiddetti parenti; e ad elezioni avvenute riserbarci ogni diritto di accettare o rifiutare una collaborazione amministrativa a seconda dei programmi che i parenti mostreranno di voler attuare. Non basta. Il termine di imparentamento, come ho detto, è cosi insulso, che nell'interno del « parentado » noi ci presentiamo come oppositori della Democrazia Cristiana. Ciò significa che il fine che si volle prefiggere al congegno dcll'imparentamento - e cioè la sconfitta del bolscevismo - noi intendiamo volgerlo, non a vantaggio del dr. Costa, di Scelba o di una « coalizione democratica » che oggi è morta, anche se potrà ricostituirsi in caso di grave pericolo del1e ietituzioni democratiche e repubblicane; bensì a vantaggio del socia· Jismo e di esso solo, ossia della classe lavoratrice. Pertanto nella nostra città il dilemma davanti al quale i partiti maggiori pretenderebbero di porre ancora una volta il corpo elettorale: comrmismo o Democrazia Cristiana, è un inganno. Il vero dilemma è un altro. Il vero dilemma - dopo che non per colpa nostra è tramontata la possibilità di un'amministrazione esclusivamente socialista - è: comunismo o coalizione di forze democratiche in cui il socialismo abbia il maggior peso possibile. B1!'.l:1otecGaino Bianco

Il « 18 aprile» In queste elezioni - che sono politiche, chccchè si dica e si protesti - le Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, dopo aver cercato accuratamente, durante tre anni, di impedire che si spegnesse, si sono in<lustriati in modi diversi a dare nuovo ossigeno all'atmosfera Jel 18 aprile; quell'atmosfera che il 18 aprile 1948 falsò il responso delle urne e concesse alla Democrazia Cristiana una maggioranza assoluta che non le -spettava. Ricordiamo. Il 18 aprile 1948, malgrado gli sforzi dei socia1isti democratici, tutti uniti allora sotto l'insegna del sole nascente, il corpo elettorale si lasciò travolgere da un duplice impulso irrazionale, da un duplice smarrimento di coscienza. La Cecoslovacchia era da poco stata drammaticamente conquistata alle delizie del mondo sovietico mercè un'operazione interna a cui comunisti e fusionisti danno H nome di « elevamento alla deemocrazia progressiva ». L'incubo del bolscevismo da un lato e l'attesa messianica di « Baffone » dall'altro, paralizzarono i cervelli inibendo agli elettori una scelta veramente libera. Chi trasse vantaggio dal terrore del bolscevismo fu la Democrazia Cristiana, che contro di esso appariva il bastione difensivo più forte e che ebbe infatti la maggioranza assoluta dei suffragi. A tre anni di distanza le riflessioni, tanto di coloro che si la· sciarono travolgere dalla ·stolta paura del bolscevismo, quanto di coloro che si lasciarono abbacinare dal mito « democratico progressivo » rinunciando ad una meditata scelta politica, dovrebbero essere profondamente amare. Qual! 1 risultati del trionfo democristiano? La D. C. è un partito interclassista, in cui il comune denominatore della religione cattolica tiene più o meno saldamente legati le posizioni politiche e gli interessi sociali pili diversi: « nostalgici » accanto a « soClali.stcggiauti »; grossi borghesi - industriali, finanzieri, agrari - accanto ad elementi della media borghesia e a proletari veri e propri. A -seconda delJe situazioni, possono prevalere nella D. C. le une o le altre posizioni politiche, gli uni o gli altri interes.si, oppure possono venire a qualche incerto e non ùurevolc compromesso. Apparentemente sembra che in questi tre anni nella politica della D. C. sia prevalso il compromesso, che si incarna tipicamente nella per-sona del suo capo. l\fa chi guarùa attentamente le cose vedrà che la politica della D. C. - anche per contraccolpo degli atteggiamenti reazionari del Partito Comunista - è caduta sotto il dominio degli interessi della Confindustria, della Confida e Ji quella grande potenza non solo religiosa che è il Vaticano. La condizione di maggioranza assoluta in cui è venuta a trovarsi E: !:l: oteca Gino Bianco

la D. C. e la conseguente formazione di un governo che è di fatto monocolore, privo com'è di freni e di controlli interni, o privo di freni e controlli sufficientemente forti; e la mancanza di una vera opposizione (perchè tale non può dirsi quella comunista inquantochè rifugge dal gioco democratico o finge di accettarlo ma col propo• sito di distruggere la democrazia in nome di interessi che non eono nè socialisti nè italiani); tutto ciò ha fatto si che prorompessero e ,i imponessero le tendenze paternalistiche, autoritarie e dogmatiche che sono congenite in tanta parte della D. C., malgrado le sincere intenzioni democratiche cli alcuni suoi dirigenti e di parte dei suoi seguaci. Di qui la vorace corsa al monopolio democristiano di tutti i posti di comando delle banche, delle grandi -società industriali e commerciali dipendenti dall'l.R.I. e di tutte le migliaia di Enti sta• tali o controllati dallo Stato e dalle altre pubbliche Amministrazioni; di qui la corruzione dilagante (maggiore forse e comunque più dan• nosa che sotto il regime fasci sta, pcrchè oggi il paese è più povero) con i favoreggiamenti e mercati di ogni apecie in materie di licenze, contingentamenti, assegnazioni, ecc.~ di qui la rinascita dell'intolle.. ranza cattolica e la spinta verso la clericalizzazione della cultura, della stampa, della scuola e dell'assistenza. E' di ieri il griffo d'allarme di un congresso tenutoti a Piu, nel quale filosofi e storici hanno denunciato il proposito clericale di aholire nelle scuole l'insegnamento della storia della ,filosofia per 101ti• tuirvi un insegnamento dogmatico, vale a dire il proposito di :retro• cedere la filosofia alla funzione medioevale di ancella della teolo· gia; vale a dire ancora i1 proposito di bandire il metodo critico che è l'essenza del pensiero moderno ed in particolare del pen,iero 10cia1i1ta il quale non· è altro, appunto, che il metodo critico applicato alla società borghese e spinto sino a1le eatreme conseguenae rivo• luzionarie. L'opera di governo della D. C. - La politica Interna Quanto all'opera di governo vera e propria deHa D. C. mi butino pochi cenni. In politica interna è prevalso un concetto poliziesco di difeu della democrazia contro il concetto sociale sostenuto dai soci1li1ti. · Dire, come facciamo noi, che il comunismo si vince abolendo la mi• seria sulla quale esso specula ed imposta le sue agitazioni, non è af. fatto un espediente politico. Non si salva la democrazia se non ai desta nel cuore delle classi lavoratrici l'interesse a considerarla come il mezzo migliore di lotta e a difenderla. Una democrazia che per difendersi rinuncia ai metodi propri e si vale di quelli deU'avversario che intende battere, è una democrazia che ai avvia al sepolcro. Ora il governo democristiano non solo ha maneggiato e.on molta cura i molti residui antidemocratici della legialazione fuci1ta, a B o oteca Gino Bianco

ritardandone l'abolizione; ma va architettandone di nuovi. Ci limiteremo r citare: 1) La legge aulla diociplina dello 1ciopero, in preparazione, con la quale ai pretenderebbe di ostacolare in genere l'esercizio di questo diritto sancito dalla Costituzione e di privarne in ispecie gli addetti ai pubblici servizi col pretesto che il loro rapporto di lavoro è rego• lato, non da un contratto, ma da una legge. 2) La legge della cosiddetta « difesa civile•, che è già davanti al Parlamento, con la quale ai vorrebbe consentire, in casi di ur• genza, la requisizione di prestazioni personali su semplice delibe-- rato del Conoiglio dei Jlliniotri ed a suo inoindacabile giudizio e il ricorto da parte del Miniotro degli Interni alle preotazioni di peraonale 'VOiontario. La prima disposizione, istituisce una apecie di lavoro forzato ed è una flagrante violazione del diritto di libertà personale 1ancito dall'art. 23 della Costituzione; la 1econda nasconde il pericolo di far risorgere una milizia di parte. 3) Il rinnegamento, fatto pubblicamente dal miniotro Scelba in un recente discorso, di uno dei postulati capitali dello steHo pro· gramma democristiano, e cioè quello concernente le autonomie degli enti locali, che ai vogliono invece ridurre a eemplici organi periferici del potere centrale, contro le disposizioni della Costituzione e contro le esigenze di una vera democrazia. Ma te il Governo democristiano ha mantenuto intatta molta parte della legislazione fasciata e si propone di rinforzarla con le nuove escogitazioni che abbiamo citato, in compenso non ha ancora trovato il tempo di completare la Costituzione repubblicana facendo tradurre dal Parlamento in atti legislativi gli istituti da essa contemplati. che la caratterizzano, la eoatanziano, la garantiscano. Ci basti citare il Consiglio nazionale dell'Economia e del Lavoro, il Consiglio Superiore della Magiotratura, la Corte Costituzionale e l'Istituto del referendum. lntomma, •• (ipotesi a11urda) per un colpo di fortuna il Movimento Sociale Italiano o il Partito Comunista riuscissero ad acciuffare il potere, troverebbero la loro opera già avviata a buon punto; preciaamente come nell'altro dopoguerra la trovò Hitler grazie al suo predece11ore democristiano Bruening. La polltlca economlco•flnanzlarla Ed ora un cenno alla politica economico-finanziaria del governo democristiano. Sarebbe demagogico dimenticare che la situazione ereditata dal pattato non poteva consentire iniziative che permctteasero di risolvere totalmente i problemi urgenti da cui è aaaillata la vita del Paese. Dal 1913 ad oggi il nootro Paese non ha potuto o non ha saputo elevare il reddito medio individuale degli italiani, il quale rimane un B teca Gino Bianco

reddito pari a un aesto di quello statunitense, a un 11uarto di quello inglese, a metà di quello francese. L'Italia enumera ancor oggi nell'elenco dei poveri quasi 4 milioni di cittadini e cioè, dopo quasi un secolo cli vita unitaria ha un decimo della popolazione assolutamente privo di risorse e incapace di procurarsele. L'Italia ha oltre quattro deClmi delle famiglie con un reddito al disotto delle n1ille lire al giorno, cioè assai al disotto delle possibilità di soddisfare le necessità elementari di una famiglia di composizione media. Ha un pa• trimonio edilizio in grado di offrire un'abitazione degna di popolazioni civili a solo due terzi dei suoi abitanti e se si va avanti di que• sto passo, l'altro terzo dovrà aspettare ancora esattamente un secolo. L'Italia non riesce a consentire una vita priva di stenti o una me· ritata serenità a due milioni di vecchi pensionati. Infine, non riesce ad abbassare durevolmente la cifra di oltre due milioni di disoccupati, oziosi senza colpa; anzi, non riesce ad accumu.lare il risparmio bastevole a collocare di anno in anno le duecentocinquantamila nuove unità lavorative le quali chiedono di collaborare alla fatica comune. Ma il governo non ha fatto ae non una piccola parte di quello che sarebbe stato possibile per venir gradualmente sanando quella situazione. 11 Governo ha fatto poco e ha fatto male, cioè senza ne&• suna seria preparazione, senza nessun Piano organico a lunga sca• <lenza, esitando, rinviando, inaahbiau<lo, affrontando i singoli pro• blemi. in ordine sparso e con l'acqua alla gola, e permettendo che le grandi potenze economiche e finanziarie rialzassero la testa restaurando il predominio dei propri interessi particolaristici e apesso an• tisociali. Un esempio di questa soggezione del Governo alle oligar• chic capitalistiche ai può vedere nel recente decreto con il quale - prima ancora che fosse approvato dnl Parlamento - il Governo democristiano affidava alla Confindustria H compito di effettuare il censimento delle scorte <li materie prime, compito che avrebbe do• vuto essere attribuito agli organi dello Stato. Il Governo ha fatto, volta a volta, del liberismo e del dirigismo economico, ma spesso a senso unico, e cioè per aecondare le oligarchie monopolistiche 6acri6cando l'interesse generale. Non è ancora stata approvata una legge fiscale la quale accre• sca in misura veramente efficace il reddito dei tributi diretti e trop• po poco è stato fatto per una migliore perequazione tribu1aria, aicchè oggi sono la piccola e media proprietà, la piccola e media indu· stria, il piccolo e medio commercio e tutte le altre categorie di ceti mcdi che sostengono il peso colossale dei tributi; mentre i grandi e medi proprietari, i grandi industriali, i grandi gestori di aziende com• merciali ed imprese affaristiche contribuiscono generalmente in una misura sensibilmente inferiore alla decima parte di quello che loro spetterebbe in ragione dei loro redditi. I tre quarti delle nostre imposte sono indirette, ossia gravano sui consumatori. E non parliamo delle scandalose evasioni fiscali e delle non meno scanda10 B.b oteca Gino Bianco

lose evasioni di capitali all'estero, che contribuiscono .:te.Iimmiserire l'economia del Paese. Mentre lo Stato ha alle sue dipendenze la gestione delle aziende dell'I.R.I. che dànuo lavoro o dovrebbero dar lavoro a diecine di migliaia di lavoratori, il Governo non ha saputo far nulla per assicurare la gestione di cjueste industrie, alcune delle quali sono già andate in isfacelo (ultime, pochi giorni or sono, le Reggiane di Reggio Emilia) ed altre vivono in condizioni di grave perturbamento e sono continuamente minacciate di crisi, con notevole profitto di · aziende private che si veggono così liberate da una temuta concorrenza. Basti esaminare la situazione attuale c.lclla Fiat in confronto delle altre aziende metalmeccaniche ùipe,ulenti dall'I.R.I. 1 come Ja Breda, l'Isotta Fraschini 1 l'Alfa Romeo, ecc. Ed ora, in premio di questi mir.:1bolanti successi nel campo eco• nomico e finanziario, ecco il Governo chiedere al Parlamento una delega di poteri economici che, se fosse concessa, permetterebbe al Governo di instaurare una vera e propria dittatura nel campo dell'economia. Ma, mi sento obbiettare, c'è la riform.:1 agraria 1 o meglio lo stralcio della riforma agraria. Io non sono un tecnico; nHt francamente, per quel che capisco dei principi informatori cli questa riforma, non poaso affatto condividere gli entusiasmi che essa ha suscitato anche in molti socialisti, -soprattutto se la paragono con q'uel progetto di socializzazione della terra che fu presentato dal gruppo socialista in Parlamento nell'altro dopoguerra, progetto di cui la riforma Segni è la perfetta negazione. In sostanza la riforma Segni, ispirata alla pretta dottrina sociale della Chiesa, costituisce una artificiale e costosissima fabbrica di piccoli proprietari privilegiati. Non per nulla l'on. Segni ha affermato che l'Italia, nelle plaghe di applic3zione delJa riforma, sarà tra qualche anno intieramcnte cristian:t. Pili esatt.:1mente avrebbe dovuto dire: llemocristiana. L'argomento a cui si riducono i laudatori socialisti dell.:1 riforma è che questa ha intaccato il sacro principio borghese della proprietà. Ma anche il fascismo e il bolscevismo hanno intaccato il sacro principio della proprietà, nè per questo i socialisti possono approvarli. E quanto alla fiera ostilità degli agrari contro la riforma, non mi pare che l'atteggiamento di questa ottusa classe costituisca necessa· riamcnte una riprova che i riformatori democristiani sono nel giusto. Comunque sia, tutti i panegirici •S(>Crticati alla 1>olitica cli Pella. di Segni e di Vanoni, che i candidati del partito dominante sciolgono in questi giorni nei comizi elettorali, non tolgono nulla al fatto vergognoso e spaventoso di oltre due milioni di disoccupati cronici; fatto che sta disintegrando il tessuto sociale e morale della Nazione; e quindi non tolgono nulla al dilemma drammatico <lei nostro Tremelloni: o s.:1lta la clisoccupazione, oppure salta la democraz.i:i. B b otec;aGino Bianco e·on a azione AJfred LeWin Biblioteca Gino Bianèò 11

La polldca estera Della politica estera ei può dire analogicamente quello che oi è detto della politica interna, e cioè che easa ai baea tu di un concetto prevalentemente strategico-militare, ·trascurando quello 1ociale. Ma non baata proclamare la giusta esigenza di apparecchiare la difesa . contro l'eventuale aggressione eovietica. Bìeogna anche dichiarare e sostenere l'ideale in nome del quale quella difeaa meriti di e11ere affrontata. Questo ideale è rappresentato dalla democrazia e dall'unione dell'Europa democratica; ma c'è da domandarsi ae euo è 1inceramente condiviso da un governo che ha riconosciuto la dittatura totalitaria di Franco. E giacchè parliamo di politica eatera tentiamo subito di preci11re la posizione dei socialisti. Noi abbiamo accettato il Patto Atlantico, ma volendo compendiare il nostro di11enso dagli atlantisti ad oltran• za (per esempio dai repubblicani, che earebbero come gli stakanovisti dell'atlantismo), potremmo dire ehe mentre costoro ai propongono di vincere la guerra contro il blocco aovietico, noi ci proponiamo invece di evitarla con tutte le nostre forze. Noi ti.amo consapevoli . che il carattere difensivo e la finalità pacifica del Patto Atlantico non sono dati una volta per tutte e che i aocialiati e i democratici hanno il dovere di vigilare e di operare te vogliono che quel carat• tere e quella .finalità siano mantenuti. Molti dimenticano che l'im• perialismo non è soltanto un connotato della Russia sovietica, nella quale easo aasu.me raspetto più dichiarato, più brutale e più imme• d:iatamente minaccioso. L'imperialismo e le tendenze tota1itarie sono latenti anche nel mondo capitalistico occidentale, 1000 connaturati con la ateaaa economia borghese capitalistica ed il clima preeente del mondo non è fatto precisamente per indebolirli. Se nei prossimi anni dovesaero prevalere nei loro Paesi quelle tendenze che hanno i loro esponenti più o meno consapevoli nei Ma·c Arthur, nei Chur• chill e nei De Gaulle (e la co1a è tutt'altro che impoaeibile), non 10 quale fisionomia nuova potrebbe assumere il Patto Atlantico. Insomma dovere dei tocialiati è di non credere nella fatalità della guerra, di credere invece fermamente nella pace, di volerla e di di• fenderla fino all'ultimo respiro, nella co~sapevolezza che una nuova conflagrazione mondiale a base di bombe atomiche e idrogene ••· rebbe la rovina definitiva della civiltà, nella quale l'eventuale vittoria del mondo occidentale varrebbe poeo più di zero; 1arebbe il fasciamo o il bolsct.vismo univereale. Non dimentich-iamo quello che il gt"ande. fisico Einstein ha ri1posto a chi gli chiedeva quale arma avrebbe caratterizzato la terza guerra mondiale: « Non so; 1ono però sicuro che la quarta guerra mondiale sarà caratterizzata dalla 6onda ». Il dovere dei socialisti è pertanto di promuovere ed appoggiare ogni iniziativa diretta a creare una distensione internazionale, una distensione che ci liberi dalla parali1i alla quale ci cootringe il prc• lZ B b oteca Gino Bianco

aente clima internazionale, falsando e corrompendo tutti i problemi interni, Il loro dovere è di unificare .finalmente con un vincolo federaie l'Europa democratica anche di fronte all'America, di combattere le tendenze militaristiche ed imperialistiche dei regimi reazionari non 1010 al di là, ma anche al di qua della cortina di ferro, e di creare infine a favore delle cla88i lavoratrici condizioni di vita per le quali valga la pena di difendere la democruia e la p11Ti1. L'opera del Partito Comunista Se un aspetto del 18 aprile fu la paura del bolaceviamo, l'altro a1petto fu l'attesa meaeianica e miracolistica, alimentata allora dal Fronte, in una palingenesi sociale che recaaee all'Italia le mal cono• 1ciute delizie della Russia sovietica e delle • democrazie popolari •· Que■ta atteaa è stata duramente smentita dai fatti, tanto è vero che durante questa caip.pagna elettorale i ,partiti cominformisti hanno dovuto cambiar tattica, contTapponendo alla democristiana « paura del bo). 1cevi1mo • la • paura della guerra • e rifugiandosi nella difeu più ortodoua deJla Costituzione e in un neutralismo ambiguo. L'on. Nenni è giunto persino a plagiarci, prospettando anche lui contro 11 D• mocrazio Cristiana una vaga e aubdola alternativa socialista ... « 1en11 nemici a •inittra ». I partiti cominformisti non hanno cavato un ragno dal buco, malgrado la fqna politica; sindacale e parlamentare imponente di cui dispongono. li;ppure con questa forza, anche alando all'opposisione, easi avrebbero potuto fare grandi cose. In regime democratico un'opposizione energica e consapevole può sempre co■tringere il governo ad un'azione costruttiva. Y.iceveraa l'azione aocialcomuniata non è etata durante questi tre anni che una serie di conati incon• eludenti e oterili che non hanno risolto un aolo problema a bene&cio del1a classe ·lav·oratrice e non han.no diminuito complessivamente le forze avver,sarie, anzi, hanno aggravato l'isolamento politico de) P. C. e del P. S. I. E ciò perchè il centro motore dell'opposizione so· cialcomunista non è in Italia, non è nel seno della classe lavoratrice, ma altrove, come altrove sono gli interessi che essa si propone di aervire. Molte delle critiche che comunisti e fusionisti muovono aUa politica democristiana sono perfettamente giuste; ma comuniati e fuaioni1ti aono arrivati ciò malgrado a questo bel risultato: che DN• 1uno le piglia più aul serio, E' dif&cile infatti prendere eul serio l'ortodossia costituzionale di partiti che esaltano quotidianamente Je pseudo democrazie vigenti al di là del sipario di ferro proponendole a modello; ed è altrettanto dir&cile prendere sul serio un paci&emo che glorifica il mastodontico esercito sovietico, le bellicose parate militari di cui ogni primo maggio si fa sfoggio nella Piazza Ro1u di Mo1ca ed i fatti di guerra, quando chi li provoca da parte del blocco orientale. 11 B otee;aGino Bianco

A questo punto credo che sia appena necessario ricordare Che il nostro antibolscevismo non ha niente da fare con l'anticomunismo sotto il cui variopinto ban<lierone i partiti. borghesi nascondono tanta merce di contrabbando. Il solo punto del programma comunista con· tro il quale l'anticomunismo dei partiti borghesi è certamente schiet• to, ossia l'anticapitalismo, trova noi socialisti perfettamente d'accordo. Anche noi lottiamo per l'abolizione della proprietà e del regime ca• pitalistico borghese, sia pure con altro metodo, cioè col metodo de• mocratico della lotta di classe, e per un altro fine, cioè per instaurare una società diversa da quella sovietica, una aocietà di liberi lavora• tori. Ma quanto alla sincerità degli altri punti dell'anticomunismo dei partiti borghesi, ci si permetta di dichiarare il nostro irreparabile scetticismo. I partiti borghesi sono, in proposito, tutti, neasuno esclu• so, parzialmente o totalmente bugiardi. E' infatti difficile prendere sul serio l'amore sviscerato della libertà, della democrazia e il ri• spetto della persona umana professati da gente che ieri ha subito il fascismo senza muovere un dito e se ne è fatta complice, da gente in cui il fascismo è rimasto come costume morale se non come eti• chetta politica; è difficile prendere sul serio l'inconcusso liberismo economico professato da coloro che ieri si impinguavano nell'autar• chia; il culto della libertà di coscienza professato dai clericali che sino a ieri la consideravano un'invenzione diabolica; il repubblica• nesimo dei molti milioni di democristiani e di liberali· che ieri, nel referendum, hanno votato per la monarchia; è difficile prendere sul scrio l'amore per la indipendenza nazionale di quelli che ieri hanno venduto la patria a Hitler o non hanno mosso un dito per opponi a questa ignominia ed oggi denigrano la Resistenza; è difficile in·fine prendere sul scrio il geloso amore per i lavoratori di quei. gretti in. clnstriali ed agrari che nel comunismo odiano soprattutto la classe operaia. Perciò noi non parteciperemo alle crociate anticomuniste indette persino io nome della religione. Ed a questo proposito ci si consenta di sussurrare un umilissimo consiglio ai venerandi principi della Chie. sa che in questi giorni si sono messi alla testa della crociata; mesco• lando 1>erl'occasione con l'anticomunismo il marixsmo, la scuola laica, il divorzio, ccc.; umilissimo consiglio non desunto dalle clausole del Concordato stipulato con l'« uomo della provvidenza», ma dal buon• senso. Scherzate coi fanti ma lasciate stare i tanti! Ossia non trasci• nate la religione nell'agone politico, altrimenti è tecoppesco gridare al ~acrilegio quando i partiti colpiti (che non sono soltanto quelli CO• minformisti), JJCrlegittima difesa chiamano in causa il clero, le gerar• chie ecclesiastiche e la Chiesa. Nessuna voglia abbiamo di riesumare per ritorsione l'anticlericalismo di un tempo; nessuna voglia •di risve• gliare Voltaire o Fcuerbach, il maestr~di Marx; ma &eciò nostro mal• 14 B O;ioteca Gino Bianco

... grado avvenieset sia ben chi?ro fin d'ora che la responsabilità ne ricadrebbe su chi l'ha incautamente provocato. Il nostro anticomunismo Il nostro anticomunismo non è l'anticomunismo della paura e neppure l'anticomunismo -di quei ritardatari che vogliono riguadagnare il tempo perduto indossando la divisa delle truppe d'assalto. Il nostro anticomunismo è un giudizio desunto rigorosamente dalla critica del bolscevismo, come dottrina e ç:onie fatto, secondo l'insegnamento marxista che anima il nostro pensiero e secondo gli interessi del proletariato che ci proponiamo di servire. Se dovessimo compendiare H contrasto insanabile che oggi divide noi socialisti dai comunisti, potremmo dire che costoro hanno contraffatto la celebre massima di Marx: « L'emancipazione del proletariato sarà opera del proletariato stesso» (alla quale noi rimaniamo inflessibilmente fedeli, perchè essa è il cardine del socialismo democratico) e l'hanno ,sostituita con quest'altra massima: « L'emancipazione del proletariato sarà opera dell'esercito di Stalin ». I comunisti hanno da tempo cessato di essere una corrente utopistica di sinistra del movimento proletario; una corrente che att11ibuiva al proletariato una specie di peccato originale: l'incapacità di emanciparsi senza l'intervento di un'« avanguardia» di rivoluzionari professionali investiti della missione di spingerlo avanti magari con la forza e cli redimerlo suo malgrado instaurando una ferrea dittatura. Oggi il partito comunista, o meglio -l'apparato gerarchico dei suoi innumerevoli funzionari, rappresenta la classe dirigente in formazione di un nuovo tipo cli società il cui avvento non è consacrazione del trionfo del proletnriato, ma suggello della sua disfatta sia che il proleta·riato si lasci battere dal suo nemico di classe, dalla borghesia capitalistica, sia che esso abdichi alla propria indipendenza e alla propria missione storica cd abbandoni il proprio destino nelle mani di una congrega di funzionari della rivoluzione. Questo nuovo tipo di società, in cui potrebbe sfociare il regi'l\e capitalistico borghese e di cui i regimi fascisti ci hanno dato un'approssimazione, rappresenta un regresso del mondo verso un medioevo ancora più fosco di quello che successe alla catastrofe dell'Impero romano. A questo tipo di società appartiene la Russia sovietica che è l'ideale solO e vero dei comunisti ed i cui connotati sono sommaria· mente i seguenti: - La dittatura politica, ossia il dominio di un solo partito, anzi delle supreme gerarchie di questo partito, mentrç tutti gli altri par• liti sono sterminati politicamente e fisicamente. Un capo infallibile a cui sono tributati onori quasi divini ed al quale tutti si prosternano con un servilismo ripugnante per un uomo liberO e a maggior ragione per un socialista. 15 B l'oteca Gtno Bianco

Un apparato poliziesco moetruoso che sottopone ad implacabile controllo non solo la vita politica ma tutta la vita dei cittadini. Un esercito potentissimo a cui è sacrificata gran parte del hilan. cio nazionale ed in funzione del quale sono tracciati i piani quin. quCllnali ed è organizzata l'economia della Nazione. Un'economia statale totalitaria autarchica ed una società orgft• nizzata gerarchicamente con una mastodontica burocrazia in alto, che gode di retribuzioni talora altissime e di avariati privilegi, ed in basso una massa di lavoratori sfruttati ed asaerviti, legati all'offi .. cina o alla gleba, o ,costretti a lavorare nei campi di lavoro forzato. Una cultura diretta da una specie di eant'Uffìcio - il Comitato Centra del P. C. russo - il quale giudica e manda non eoltanto in materia po1itica, ma anche filosofica, scientifica ed artistica, ed uno sfrenato nazionalismo culturale. Nei rapporti esterni la Russia è il solo paeac che grazie alla guerra vittoriosa abbia effettuato annessioni. Essa ha reincorporato non soltanto i paesi che erano etati annesai alla Santa Russia dall'imperialismo zarista, ma nuovi paesi che, come la Prussia Orientale, non han mai avuto niente da fare col mondo slavo. La Rua.eia ba asaervito politicamente ed ha incorporato nel auo sistema economico e militare tutti i .paesi che sono al di là del sipario di ferro, impo• nendo ai vinti enormi indennità di guerra e sfruttando economicamente gli altri sènza scrupoli. Al di qua del sipario di ferro, mediante le sue quinte colonne, la Russia mira alla disintegrazione dell'Europa Occidentale. Grazie al sistema del veto ba paralizzato l'O.N.U. riducendola ad una brutta copia della vecchia Società delle Nazioni. La Russia rifiuta ogni controllo atomico sul proprio territorio. Con le provocazioni tipo Corea, con Ja guerra fredda, con lo 1pionaggio e con tutti i mezzi più bassi della piit cinica diplomazia borghese, la Russia costringe il mondo occidentale ad un riarmo febbrile e mantiene i popoli in uno stato di angoscia e di teneione permanente. Ora l'esperienza delle dittature totalitarie moderne dimostra che )a .combinazione di autarchia economica, dittatura politica, ed autarchia culturale significa guerra, quella guerra che i comunisti chiamano per antifrasi « pace », riveatendo l'avvoltoio delle bianche penne di una colomba. Il monito di Turati al Congresso di Bologna del 1919 è stato profetico: il bolscevismo è la guerra! La società sovietica flon ha nulla da fare con il socia1ismo, ma ne costituisce anzi la diametrale negazione. Ciò malgrado, come ho detto, noi non parteciperemo a crociate antibolsceviche. E ciò perchè noi non vogliamo abbandonare e non abbandoneremo mai i lavoratori, epecialmente quando essi - per colpa di una eocietà che 1i umilia e li offende - sono nell'errore, quei lavoratori al cui elevamento noi abbiamo dedicato tutta la nostra esistenza nel più completo di.. sprezzo della popolarità, degli onori e dei favori. 16 B,b1oteca Gino Bianco

Noi conosciamo e condividiamo il'angoscia e il dolore dei lavo• ratori -comunisti e la loro sete di giustizia. Quc1lo che ci separa mo• mentaneamente da loro è soltanto la loro tragica illusione che la loro emancipazione dalle miserie e dalle infamie della società borghese si poua effettuare coi metodi del bolscevismo ..A queeta tragica illusione, d'ahronde, abbiamo contribuito noi stessi con le nostre inconclu• denti divisioni e con i nostri errori. La via del socialismo democratico La via maestra, anzi la sola via dell'emancipazione prol'etaria, è la via del socialismo democratico, la via additata dal nostro Partito. Qual'è il programma di questo Partito che ieri, mercè l'unrfica• zione, è rinato a nuova vita? Noi non nasconderemo i nostri conno• lati politici, come oggi fanno purtroppo tutti gli altri partiti, nea• suno escluso, sicchè questa competizione elettorale si e trasformata in una specie di ballo in maschera. Meglio perdere gli elettori che ingannarli! Noi siamo un partito di clasee, ci proponiamo cioè di interpretare e di servire i bisogni del proletariato e di tutte le altre elusi del lavoro. Noi siamo un partito di lotta, perchè crediamo che senza una lotta inf.lessibile contro il capitalismo e contro il bolscevismo i )avo• ratori oon potranno realizzare i loro ideali. Noi siamo un partito non di riforma ma di rivoluzione, nel senso che non crediamo pos• eibile rimediare ai mali della società in cui viviamo aenza intaccarne la atruttura fondamentale. Il nostro fine pertanto non è quella ge• nerica giustizia sociale di cui tutti han piena la bocca; ma quella epecifica giustizia sociale che, abolite le classi e lo sfruttamento di classe, ti realizzerà in una aocietà egualitaria di liberi lavoratori. Noi siamo un partito internazionalista. Respingiamo l'utopia del so· cialiemo in un solo Paese, pen::hè erediamo che la redenzione dei lavoratori sia irrealizzabile fuori della loro toiidarietà internazionafe e della fratellanza dei popoli. Siamo un partito pacifista, perchè la · guerra, oggi più che mai, è regresso e barbarie. La guerra è ~adre delle dittature totalitarie, quindi è la tomba della democrazia e del aocialismo. Il nostro metodo caratteristico è dunque il metodo della democrazia. La democrazia non è per noi il metodo preferibile fra i tonti~ oasia una posizione di comodo; bensì un metodo necessario, il ,olo metodo, ossia una posizione di principio. E Ja nostra democrazia comincia dallo stesso ordinamento interno del ,nostro Partito ne) quale vogliamo che regni la più illimitata libertà di pensiero e di critica e ,l'assoluta aovranità della base. I cosiddetti capi, non devono esaere nel Partito Socialista che gli organi esecutivi della volontà consapevole dei aoci. Questa democrazia interna è la vera garanzia della democruia etterna, nei rapporti cioè della claHe lavoratrice 17 B :,teca Gino Bianco

e dello Stato. E' matematico che un partito il quale non abbia un ordinamcnlo interno democratico non potrà mai svolgere un'azione esterna clcmocralica, anche se afferma il contrario. Il socialismo è la più nh3 forma della democrazia; è la democrazia non solo nei rapporli politici, ma anche in quelli economici, sociali e morali. Il programma del P. S. (S.1.1.S.) Nel momento presente il Partito Socialista unificato è schierato all'opposizione ed io credo che dovrà starci un pezzo. Coloro che non sanno concepire altro tipo di opposizione che quella comunfusionist:a, o che non vogliono ahr:t opposizione (giacchè, bisogna riconoscerlo, l'opposizione socialfusionista è molto <:.omoda al monopolio democristiano), ci accusano cli voler ritornare ai fasti del vecchio massimalismo, che o: cli tanto mal fu matre » nell'altro dopoguerra, se non addirittura cli affiancarci all'opposizione comuniata. NuHa di pili stupido. La nostra opposizione non consiste in una critica domolitrice, esterna allo Stato cd ispirata ad astratti principi. Noi siamo all'opposizione ma siamo e vogliamo essere un partito di go• vcrno. Affermiamo anzi che il partito sociaHsta in questo momento sto• rico deve volere il potere con tutte le sue forze, sino allo spasimo, e non può quindi rifiutarlo, neppure in compartecipazione, beninteso quan• do la sua !orza glie ne possa consentire un esercizio efficace. Ma non è questo il momento e noi non siamo disposti a servire da foglia di fico delle vergogne altrui. La nostra opposizione sarà quindi fondata su un programma positivo, un programma che per quanto è possibile guiderà strettamente anche gli amministratori che riusciremo a mandare nei Comuni e nelle Province. Questo programma, di cui qui non è possibile tracciare che le g'randi lince, ha come centro la lotta a fondo contro la disoccupazione e la miseria. Noi facciamo nostro il motto di Tremclloni: o salta la disoccupazione o salta la democrazia. Il conseguimento del nostro obbiettivo richiede pregiudizialmente: 1) Un risanamento morale della vita politica e della pubblica amministrazione ed una riforma dell'apparato burocratico dello Stato, corrotto ed inetto, a compiti nuovi. A questo riguardo il nostro Gruppo ha già presentato in Parlamento proposte concrete. 2) Un'inchiesta parlament:uc sulla disoccupazione che ~onsenta di conoscere la vastiti, del male e <li precisarne i rimedi. Ed anche a questo riguardo il nostro Gruppo ha presentato in Parlamento una concreta proposta. Dovrà seguire un piano organico ccl a ,lunga scadenza, diretto a migliorare l'attrezzamento economico del Paese e ad accrescere al maHimo limite la sua capacità produttiva. Un energico impulso do18 B Dteca Gino Bianco

vrà darai all'elevamento della cultura generale (e quindi al miglioramento delle condizioni materiali e morali degli insegnanti che sono i depositari della cultura nazionale, mentre sono retribuiti in una misura vergognosa, indegna di un paese moderno). Ed un impulso altrettanto energico a1la cultura tecnica e professionale. Questo im• pulso è inseparabile dal potenziamento della scuola di Stato e dalla tutela della sua laicità. Una riforma fiscale e democratica che rovesci il rapporto oggi esistente fra le imposte che gravano sui consumatori e sulle piccole e medie aziende e le imposte che gravano invece asui poco sulle grandi ricchezze. Infine una riforma generale dell'assistenza sociale. Questo complesso di provvidenze, che sembra modesto ed e in· vece imponente, richiederà una lotta implacabile contro le posizioni monopolistiche e contro i particolarismi e i privilegi d'ogni specie ed esigerà probabilmente il ricorso all'aTma della nazionalizzazione, che dovrà essere adoperata senza nessuna esitanza. !Ifa v'è un'altra opera alla quale il Partito Socialista unificato dovrà dedicare senza ritardo tutte le sue forze, l'opera diretta a favo• rire la rinascita di un movimento sindacale operaio che si ricolleghi alle gloriose tradizioni del sindacalismo socialista. Secondo la conce• zione socialista il movimento sindacale non è che un aspetto del movimento generale della classe lavoratrice, di cui un altro aspetto è il partito. Questa unità del mondo operaio, che in Italia era stata più o meno felicemente raggiunta prima che il bolscevismo e iJ. fa• scismo 13 sconvolgessero, si realizza oggi in modo tipico nel movimento laburista britannico. Il Partito Socialista è, quindi, fautore di un movimento 11indacale non corporativo (come sono in genere i sindacati cosiddetti apolitici o confessionali), bensì di un movimento sindacale di classe, che si proponga cioè l'emancipazione del lavoro dallo sfruttamento capitalista; un movimento esternamente libero da soggezioni verso partiti, sacre gerarchie, governi nazionali o stranieri, ed interna• mente democratico, che realizzi cioè il pieno autogoverno dei lavoratori. Un movimento sindacale di questo tipo - che si distingue nettamente tanto da quello ispirato all'ideologia comunista quanto da quello ispirato al cosiddetto cristianesimo sociale - costituisce una esigenza inderogabile delle democrazie moderne. Dove questo libero movimento manca, tutti i problemi economici, sociali e politici sono falsati, perchè mancano di un elemento indispensabile della loro individuazione e soluzione. Ora ci sembra che, sia pure ancora embrionalmente, l'Unione ltalinna del Lavoro incarni il tipo di movimento sindacale da noi vagheggiato. E' dunque verso questa organizzazione che, con la necessaria prudenza e gradualità, tenendo conto cioè 4i una quantità 19 Bibl oteca Gino Bianco

di situazioni che non si possono cambiare da un momento all'altro, il Partito Socialiat3 unificato convoglierà tulle le forze sindacali che esso ha gh-. suscitato e potrù via ,da suscitare in futuro. L'alternativasocialista Questo è dunque il programmn. La Democrazia Cristinnn, per gli interessi di cui è esponente e che la dominano, e per la eua dottrina, è impotente a realizzarlo e tre anni di governo lo hanno ampiamente dimostrato. Impotente a realizzarlo è altresì il Partito Comunista. Che cosa propone in sostanza questo partito al popolo italiano? Malgrado lu professata -sua ortodossia costituzionale e democratica, malgrado il suo pacifismo, il Partito Comunista non ha altro obbiettivo che que• sto: l'inserimento del nostro Paese nel blocco sovietico e 1n sua tra• &formazione in una repubblica di « democrazia popolare» tipo balcanico. I comunisti sono padronissimi di ritenere che quella di marca sovietica sia 13 più alta forma di democrazia. E' però certo che la grande maggioranza degli italiani è pronta ad affrontare la guerra civile pur di sottrarsi all'imposizione di una « democrazia. » siffatta. La prospettiva dei comunisti è dunque la guerra civile, anzi è la guer# ra pura e semplice. Insomma, tra il Partito Comunista e gli interessi della classe lavoratrice o del Paese c'è uno schermo: lo schermo della Russia sovietica, che esso non può superare. E la prova definitiva ne è stata data dal suo capo, in un discorso recente, che ha avuto strnnamente assai scarso rilievo. In questo discorso l'oo. Togliatti ha detto in sostanza,· rivolgendosi al Governo, che il Partito Comunista è pronto a disarmare all'interno del Paese, a sospendere la lotta di classe - come già all'epoca dell'Esarel1ia e del Tripartito - qunlora il Governo sia disposto a rovesciare la eua politica estera, ossia, io fin delle fini, a non contrastare il piano intern:izionalc della Russia sovietica e a diventarne un amico. E' dunque chiaro che i comunisti subordinano e sacrificano gli interessi della classe lavoratrice italiana a quelli di uno Stato straniero. Impotenti tono i liberali, residuo delle vecchie classi conservatrici, i quali vorrebbero far risorgere un mondo tramontato per 15cmprc, quel mondo che essi medesimi ieri hanno coutrjbuito a rovinare abdicando, come partito e come Stato, di fronte al fascismo. (Altro aarcbbe naturalmente il discorso verso un partito liberale moderno, democratico, repubblicano, laico, sensibile ai bisogni dc) proletarjnto. Un simile avversario sarebbe per il Partito Socialista di gran lunga preferibile alla D. C., sinistro « dossettiann » compresn). Non c'è che un partito che possa attuare <Juel programma, e que# sto partito è virtualmente il nostro Pnrtito. Ma pcrchè tale virtualhl, posan 1r:1d11rsi in attualità, è necessario che sia posta fine o11n 20 B1b.oteca Gino Bianco

rissa tra Democrazia CriatiAno e Partito Comunista e rispettivi ••· teUiti, rissa che ancora domina la scena politica del Paese e nella quale D. C. e P. C. giustificano vicendevolmente la loro azione e vicendcvoJmentc si aiutano. Questa ri,sa manichea, come i fatti dimostrano, non metterà mai capo a nulla di buono. Etsa genera ed alimenta il Movimento Soci3Je Italiano; essa genera )a catastrofe delle istituzioni democratiche e la guerra. Bisogna mettere alla ragione i due colossi, alla ragione deUa clauc lavoratrice e del socialismo democratico. Ma tanto la Democrazia Cristiana quanto il Partito Comunista, pil1 che demolirai vicendevolmente, vogliono impedire a qualunque costo - perchè è nel loro comune interesse -1a rinascita di un forte partito di democrazia 1ocialista che crei nel Paese una alternativa veramente democratica al nefasto governo attuale e si ponga come arbitro democratico ne113 vita nazionale. Intendiamoci bene: noi non pensiamo di associarci ai ridicoli tentativi di estromettere la Democrazia Cristiana dalla vita politica naiionale nella <1uale è prevedibile che eua ai accamperà vigorosa per tutto un periodo storico e con la quale i socialisti dovra.nno fare i conti. Quello che noi ci proponiamo è di ridurre la Democrazia Cristiana alla condizione necessaria (anche se non sempre auf6cien• te) del euo operare democratico, ossia olla condizione di minoranza, come è sempre 1tata e come certamente è ancor oggi nel Paese. Solo laddove è minoranza la D. C. può mantenerai democratica, perchè la aua è una democrazia di comodo, la democrazia della carità, mentre la nostra è lo dewocrozia della libertà. Neppure noi pensiamo di associarci a chi vorrebbe mettere fuori della legge il Partito Comunisto. L'esperienza bo dimostrato che le persecuzioni e la illegalitil lo fortificano invece di indebolirlo. Il Partito Comunista si involge in una contraddizione: da un Jato e110 rifugge dall'isolamento e va i.n cerca con tutti i mezzi - e soprattutto mascherando il suo volto - dei più ampi consensi po11ibili; ma dall'altro la politica ch'esso è costretto a seguire fa aHa lunga il vuoto intorno o lu.i. Il Partito Comunista non può risolvere queata contraddizione ac non con la fono:, cioè conquistando il potere ed imponendo la propria dittatura .. Ma lontano dal potere o in un'atmosfera di pieno libertà, il Partilo Comunista non può che decadere progressivamente, perchè tempre meno gli riesce di celare davanti alla eluse lavoratrice le incongruenze e 1e ipocrisie della tua politica. La lotta sul due fronti Nella presente situazione del nostro Paese, l'alternativa democratica che il Partito Socialista unificato ai propone di suecitare non può consistere ancora, purtroppo, in un governo socialista come in 21 B,b1oteca Gino Bianco

Inghilterra e nei Paesi scandinavi. Un'alternativa di questo genere sarebbe oggi for.ee matura se dopo la Jibcrazione i1 movimento socialista non fosse stato tradito dalla politica fusionista, privato della 1ua autonomia e messo alla retroguardia del bolscevismo, dove an• cora tenta di mantenerlo quella epeci di scaln di servizio del Partito Comunista che è il sedicente Partito Socialista ltalinno. Mancia com• petente a chi sa dirci in che cosa la politica ufficiale di questo par• tito ai distingua ormai dalla politica comunista. Ma se l'apparato diri· gente di questo partito è completamente bolscevizzato, nelle sue file militano certamente ancora (noi ili conosciamo bene!) molti com• pagni, molti socialiati democratici e magari riformisti di tre cotte di fronte ai quali io potrei passare per un semibolscevico, i quali, vuoi per motivi sentimentali, vuoi per confusione di idee, vuoi infine per opportunismo, non si sono ancora decisi a mettersi in regola con la loro coscienza. Ora questo triste gioco, al quale possono aver dato alimento i noatri errori, deve finire al più presto, se si vuol risparmiare alla classe lavoratrice una nuova bancarotta; ma porla invece in condi1ioni di esercitare nella vita politica del Paese un'influenza decisiva. Ma se per i passati tradimenti ed errori oggi non è possibile io Italia un governo eocialista; è ben poseibile invece creare le premesse di un governo democratico del quale il socialismo aia la forza propul1iva e direttiva. Di queato governo l'unificazione socia'lista ed il nostro panaggio alla oppoaizione, che sarà costruttiva ma inflessibile, il nostro ritor• no alla lotta sui due fronti che il eocialismo democratico non avrebbe mai dovuto ahbandonare, rappresentano la condizione necessaria. E' stato detto che la lotta -sui due fronti è un'espressione reto• rica e letteraria e che chi vuole .stare nella realtà deve acegHere: o comuni1mo o democrazia cristiana, facendosi 'VaHallo dell'uno o dell'altra. Qucoto è il dilemma di chi crede che il socialismo steHo aia diventato un'espreuione retorica ed ba perduto ogni fede in lui Ma i lavoratori nei quali quella fede è rimaata intatta cd incrollabile, come in noi, non seguiranno i rinnegati nella via del tradì• mento e del 1uicidio. Domani con i loro suEEragi e succe11ivamente con un'adesione più impegnativa, multiforme e continua, eui mette• ra.nno in grado il Partito Socialiata unificato di proseguire vittorio1amente per la 1ua strada. Il co1iddeito pericolo bolscevico come qualsiaoi altro pericolo incombente sulla classe lavoratrice, si vincono, non con la paura, ma con la ferma fiducia in noi stessi e col coraggio, quel coraggiq che Marx diceva necessario al proletariato più del pane; quel co· raggio che Giovanni Jaurès faceva consistere « nel dominare i propri errori, nel soffrirne ma nel non lasciarsene abbattere e nel continuare per la propria strada; nell'amare la vita e ,nel guardare la morte con ,guardo tranquillo; nell'andare verao l'ideale compreD• 22 B.bl oteca Gino Bianco

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