Ezio M. Gray - Germania in Italia

B: N, 21 . 28 gluglo 1915 PUBBLICAZIOSNETTIMANALE ContoCorren!e,.colna posta ~~ o:~~ ~ F ~ C\\l . PROBLEMI ITALIANI ~ i ~ o()o EZIOM. GRJ\Y it . - - .. i GERMANIA t t IN ITALIA 1A t • . f \o

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PROBLEMI ITriLIFiNI XXI. EZIO M. GRf\Y \. ~ J GERMfiNlfici9 IN IT Llfi . .MILflNO ' Rf\Vf\ & C. - EDITORI 1915 Biblioteca G ro Bia'"lco

PROPRIETÀ RISERVATA TIP.LIT.RIPALTA·Ml LANO B bliotecaG no Bia'1co

)( )( )( ):( )( )( )( )I( )( ):( )( )I( )( _)( )( )( )( )( )( )( Austriaci o tedeschi? Un equivoco fatale. L'italiano è forse il popolo pm mcapace di odio e di rancore. Benchè esso abbia dovuto conquistare l'indipendenza politica su per l'erta di un calvario asprissimo tra simpatie scarse e diffidenze profonde di popoli stranieri ancbe non nemici, benchè - sopratutto - lo straniero che occupava le sue terre lasciasse dietro di sè - nel ritrarsi - una traccia sanguinosa per i massacri, i martiri, gli insulti, le violazioni, inflitti con ferocia di aguzzino e con insipienza politica sicchè nel martirologio dell'indipendenza italiana ogni città ed ogni villaggio ed ogni famiglia possono rivendicare una eredità eterna di lagrime, di eroismo, di sacrificio, tuttavia la rrima aura di libertà ha sgombrato il grande cuore italiano da ogni volontà di vendetta contro chi non soltanto l'aveva combattuto, ma, senza necessità, l'aveva torturato. L'Italia · sembrò così decisa a ritenere chiuso e saldato il conto col tedesco dappoichè l'aveva forzato con l'armi - e senza giungere ad umiliarlo - a riconoscere la sua indipendenza. Vi erano, sì, oltre il confine politico, gruppi notevoli di italiani che inf~lici Trattati avevano tenuto avulsi dalla madre patr.ia; da quel baluardi di italianità assaiiti dalla marea tedesca o slava o croata si levavano, sì, voci di appello ai più fortunati d'Italia e qui si ricordavano i diritti di razza e di storia radicati alla sorgente del1'Adige e oltre l'Isonzo e alle foci del Narenta e ribalenavano per l'aria le promesse incompiute - verso quei derelitti - di Coloro che avevano voluto e ottenuto Bibliotec21Gino 81dnco

-6l'Italia Una; Sl formavano e si aìimentavano è vero - nella nazione libera una volontà ed un sentimento irredentisti che saggiavano ogni tanto gli uomini del Governo e le possibilità della storia. Ma anche questo irredentismo interno che prometteva la liberazione ai fratelli in servaggio si nutriva assai più di parole che di preparativi, raccoglieva materiale di coltura piuttosto che forze vive per premere sul Governo; quegli stessi che, anche nelle ore in cui la Triplice ci fu necessaria, avversavano l'alleanza col reo di Belfiore, col troppo fortunato vincitore di Lissa, assai più miravano a riaccostarsi alla Francia che non a scindere nettamente, per crudezza di ricordo, il popolo italiano dalla gente tedesca alla quale si sarebbe pur dovuto un giorno ritogliere l'ultima preda italiana. E neppure si accorgevano gli italiani che alla nostra indulgenza verso l'oppressore di ieri, questi rispondeva non soltanto col gravare il pugno ferreo sugli Irredenti ma anch~ coli 'ostentare memoria altrettanto ferrea delle sconfitte imposteci in campo e battezzava Novara e Custoza - e Radetzky - le navi che da Pola avrebbero dovuto sbarrare il passo al compimento di nostra Unità. Quelli ricordavano di av~rci oppressi; noi dimenticavamo di essere stati oppressi. In ciò Ii aiutava la storia che a Sadowa aveva disgiunto le forze tedesche e le une aveva lasciato sotto gli Asburgo e delle altre aveva fatto centro alla Unità Germanica Imperiale maturata a Sedan sicchè noi dimenticammo che quelli stessi che ora am-· miravamo - e con non celata simpatia - sudditi rigidi e laboriosi degli Hohenzollern erano stati in gran parte compl-ici e responsabili e autori di nostra oppressione sotto gli Asburgo. Per questo non vedemmo, più avanti, che l'imprecare ali' Austria insidiatrice dell'italianità di Trieste non era tutto ciò che potevano lamentare perchè l'Austria faceva, sì, di Trieste la sua gemma sul mare e per farla più sua si ostinava a cancellarne la lingua italiana e a sommergerne la gente italiana, ma dietro l'Austria vi era la Germania, la Germania nuova che dei Tedeschi d'Austria riteneva gli Asburgo reggitori soltanto temporanei ed usufruttuari, pronta decisamente a sostituirli e a scacciarli ove avessero concesso a Trieste B'blioteca G no Bianco

-7altra sorte che non quella di polmone adriatico e di già mediterraneo dell'Impero che ad Amburgo oggi - a Rotterdam domani - teneva il suo polmone settentrionale. E non vedemmo che il Trentino ed il Garda erano ugualmente insidiati, premuti, corrosi da bande tedesche che neppure sempre ricordavano di essere ancora suddite d'Austria e talvolta già agivano apertamente - anche contro l'Austria - in nome della più grande Germania così come facevano in Boemia : contro gli Asburgo e per gli Hohenzollern tacitamente annuenti. Incapaci già di odiare anche quel solo nemico che dell'antico nemico aveva conservato contro di noi la denominazione politica, le abitudini aguzzine, l'alterigia di chi non dispera di una rivincita, gli Italiani furono a maggior ragione incapaci non dico di odiare anche l'altro nemico quello meno riconoscibile ma più temibile per la rinnovazione che il suo odio e la sua forza avevano avuto nel grande seno del giovane Impero, non dico di odiarlo, ma neppure di sospettarlo e di diffidarne. Trayolti dal supino - colpevole - entusiasmo di tutta Europa per la sua rivelazione scientifico-militare di Sedan noi gli aprimmo le braccia, le città, i nascondigli del nostro risparmio, i tesori dei nostri archivi perchè egli facesse di noi quello che aveva fatto di sè stesso. E ci sedemmo a lezione. Noi non neghiamo che i tedeschi avessero molto - in linea pratica e meccanica - da insegnarci ; noi non neghiamo che nella fase di crescenza della nostra vita nazionale non abbiamo imparato molto dal precettore tedesco; noi non neghiamo che al suo contatto energie nostre si sieno risvegliate, abbiano riconosciuto sè stesse, abbiano tratto caratteri secondari ma necessari che conserveremo con profitto anche all'indomani della guemi. Noi non neghiamo tutto ciò. Vogliamo soltanto verificare questo nostro dubbio terribile : che il precettore tedesco chiamato da noi a insegnarci il modo di sfruttare meglio i nostri tesori abbia operato così che oggi ci si trovi ad avere bensì tale esperienza ma a non possedere più i tesori sui quali liberamente esercitarla, sicchè si debba da noi concludere che la lezione ci è costata davvero un prezzo usuraio. Biblioteca Gino B1c1nco

-811 ricatto bancario • industriale, Prendiamo subito - come esempio in ogni sua parte, perfetto - la nostra vita industriale in confronto dell' influenza (chiamiamola modestamente così) assuntavi dalla Germania. Premettiamo che quando si parla di influenza industriale tedesca all'estero (in Italia come in Turchia, in Francia come nella Svizzera, nel Guatemala come nel Brasile) si parla sempre anche di inuuenza bancaria. Ciò dip9nde dalla simbiosi della banca e dell'industria in Germania. Infatti per guadagnare tutto il vantaggio di tempo e di produzione che avevano su di lei la Francia e l'Inghilterra nel campo dell'industria, la Germania ha cercato ed ha trovato una scorciatoia miracolosa : quella del danaro. Rinunziando ad aspettare dal tempo, dalla pazienza e dalle normali regole di progressione I~ grandi cifre di esportazione, la sicura conquista dei mercati stranieri, la solida disciplina dei rapporti tra popolazione e consumo, la Germania ha finanziato le nascenti industrie in un modo spettacoloso dando loro tutto- il credito che esse chiedevano, dando loro di più di quanto chiedevano, cioè aprendo loro il credito allo scoperto, imponendoglielo se si mostravano troppo irresolute. Certo non si poteva pretendere che il risparmio tedesco spontaneamente ricer.casse questo impiego industriale del quale le origini erano ancora recenti e i risultati ancora problematici. Sarebbe stato in realtà miracoloso che il risparmio tedesco si fosse gettato di sua iniziativa a capofitto in tale strada che poteva anche sboccare in un abisso. Ed ecco che le banche si assunsero la direttiva del movimento, cercarono di indurre il risparmio privato ad affidarsi alle industrie, lo forzarono talvolta (il più delle volte) a gettarvisi senza essere interrogato, cioè con l'impegnare esse stesse nelle industrie tutti i loro depositi. E lo fecero in misura enorme, cercando però che questi confini smisurati coincidessero il più possibile con Biblioteca Gino B1dnco

-9q4elli della saggezza. Non tanto della saggezza del metodo, quanto nella applicazione del metodo stesso; vale a dirh che le banche penetrarono nell'intimo di ogni industria prima di concederle il loro appoggio, ne studiarono il funzionamento, gli uomini, le possibilità di espansione e di profitto e a ciò aggiunsero sempre la clausola di avere in tali industrie i loro stessi rappresentanti che ne sorvegliassero le direttive e vi esercitassero un controllo quotidiano. Esse andarono più in là : assunsero talora direttamente certe industrie avendone sondato prima a mezzo di informatori l'alea di successo. Poi legarono tutte insieme le industrie così protett 9 col sistema della catena, unendole reciprocamente così che tutto ciò ad ogni industria potesse occorrere le fosse procurabile da qualche altra inaustria compresa nella loro orbita. Specialmente il sistema a catena contribui ad assicurare all'industria tedesca il dominio dei mercati, dominio facilitato da altri carattsiri dell'industria tedesca che ora esporremo. Uno dei mercati presi di mira dall'industria tedesca è stata l'Italia. Anche qui si può dire che la banca tedesca ha preceduto l'industria tedesca. La cosa è anche logica oltre che esatta. Se l'industria aveva avuto bisogno in Germania del credito bancario quasi illimitato per incominciare a vivere dallo stadio di maturità, a maggior ragione il credito bancaFio le era necessario per debellare o assoggettare una industria straniera non formidabile come la inglese, non fiorentissima come la francese, ma pur sempre rispettabile e in certe regioni sostenuta e diretta da uomini che indubbiamente valevano i tedeschì, superabili poi nella genialità dei ritrovati. Ed ecco, con la complicità ... innocentsi di Crispi, lanciato nel cul de sac dell'inimicizia francese, accamparsi in Italia la Banca Tedesca con capitale modesto, come è uso germanico oltre frontiera, ma con finanzieri astuti e audaci, aventi per programma appunto di dominare il massimo capitale italiano esponendone il minimo tedesco, anzi mirando a impadronirsi delle industrie redditizie per travasarne in Germania i profitti insieme ai depositi bancari e nello stesso tempo impedire agli italiani la concorrenza con le Case tedesche. Industria e banca non hanno lesinato sui mezzi occorrenti per raggiungere tale Biblioteca Gino Bianco

- 10 - complesso obbiettivo, o meglio senza variare di mo1tf i mezzi già usati in Francia, in Svizzera e talvolta/ in Inghilterra li attuarono qui prodigalmente. J La lotta di concorrenza, Dove le industrie erano sul loro sorgere t si dibattevano nelle difficoltà del crescere la industria tedesca è piombata loro addosso col dumping, scaricando cioè in Italia i loro stessi prodotti ma ad un prezzo oltremodo basso, cosicchè i produttori italiani non potessero materialmente discendervi. Ciò si è visto nella siderurgica dove i vari articoli sono stati lanciati in Italia dalle case tedesche a prezzi inferiori dagli 8 ai 20 franchi per tonnellata ai prezzi italiani. Ora questi prezzi erano e sono rovinosi - letteralmente parlando - anche per il produttore tedesco, perchè sono prezzi che non coprono nemmeno le spese di costo e di trasporto, ma il produttore tedesco si sottopone a questa continua perdita sapendo che essa sarà temporanea, che cioè essa cesserà quando, soffocato il produttore italiano dalla esorbitante· e imbattibile concorrenza, il nostro mercato sarà totale preda dell'industriale tedesco il quale allora rialzerà i prezzi non solo sino alla media mantenuta sempre nel mercato tedesco ma al di là di quella per ripagarsi di _tutti i passati danni. E veramente ci sono articoli industriali tanto ricercati e in tanta misura da noi che il dumping è un sistema conveniente messo in rapporto alla sorgente d'oro che da tali articoli scaturirà per lo scaltro industriale tedesco. Così avviene per i colori di anilina usati nelle industrie tessili della regione lombarda; pur di non perdere questo importante mercato i produttori tedeschi di anilina si sono detti disposti a rimetterci tutti i guadagni dell'ultimo decennio. Applicato su larga base questo terribile sistema - cioè alle poutrelles, ai tubi di acciaio, alle rotaie, ecc. - esso dà all'Italia questo risultato disastroso : che in tale ramo non è più possibile l'istituzione di una industria nazionale; che il consumatore sarà domani, se non oggi, alla Biblioteca Gino 81dnco

l l - mercè esosa dell'industria tedesca perchè non saprà sostituirla; che il fenomeno di padronanza tedesca si ripercuote da questo in altri campi intimamente connessivi come quello della edilizia, delle ferrovie, dei trasporti, ecc. Questo volumetto non ha la possibilità ampia di e.semplificazione ma deve. accennare sommariamente alle zone infette. Rileveremo quindi brevemente che questo movimento industriale antiitaliano in Italia si è preparato e si compie sotto il patrocinio della Banca Commerciale la quale - è bensì vero - fu fondata con limitato capitale tedesco ma è riuscita con quello e con la poderosa inframèttenza dei suoi uomini, il Joel, il Toeplitz e il Weil, a dominare una somma ingente di capitale italiano. Questo capitale è rappresentato dai depositi che furono tanto rilevanti da decidere il Governo - si pub dire - alla misura della moratoria affinchè l'affollarsi timoroso dei depositanti agli sportelli della Commerciale all'inizio della guerra non procurasse il disastro di quasi un miliardo di depositi italiani : disastro che sarebbe avvenuto per la impossibilità della Commerciale di richiamarlo improvvisamente dalla Germania dove - secondo il metodo bancario tedesco - esso era stato impegnato per la sua quasi totalità in intraprese industriali le quali - si aggiunga - per essere avviate dalla Germania a fronteggiare e a soffocare l'industria italiana ponevano i depositanti italiani nella paradossale situazione di aver fornito essi stessi i capitali .per combattere l'indipendenza economica della loro patria. Questo è avvenuto con depositi della Navigazione Generale Italiana impiegati a finanziare società tedesche di Navigazione in aperto conflitto di interessi con quella. Nome italiano e padroni tedeschi. Più frequentemente l'industria tedesca si impose in Italia con l'altro sistema di impadronirsi della industria italiana, corrispondente od affine, sempre per l'interBiblioteca Gino Bianco

- 12media opera della Banca. L'introdurre infatti in Italia i prodotti tedeschi non era necessario quando la produzione italiana poteva ridursi ad essere tale solo di nome, e magari di capitale, essendo poi tedesca di possesso e di direttive. Col metodo usato nello stesso mercato tedesco, ogni volta che un 'industria italiana pericolante o bisognosa di ampliamento richiedeva un aiuto finanziario, la Banca tedesca glielo accordava a ragion veduta anche dove altre banche (le nostre : più circospette e patriarcali) vi si erano rifiutate. Ma in questo atto del rinsanguare e del salvare, il ted9sco poneva i suoi patti : I. Nel Consiglio di Amministrazione devono essere accolti uno o due dei suoi rappresentanti. Con questo sistema la Germania ha ottenuto l'espropriazione delI'industria e della banca in Belgio e l'ha iniziata in Italia. Data la loro abilità e l'attività dell'organismo che rappresentavano questi consiglieri dai loro posti di minoranza dominavano in poco tempo tutto il Consiglio e vi dettavano legge, riuscendo poco a poco a introdurre altri consiglieri loro compari, a imporre nel personale dirigente e tecnico uomini di loro fiducia. Molte industrie italiane specialmente nel campo delle meccaniche e delle tessili sono state ridotte da questo processo a non conservare di italiano altro che la ragione sociale apparente. Basta compulsare l'ottima pubblicazione del Credito Italiano sulle Società Italiane per azioni per vedere anche soltanto dalla composizione dei loro Consigli come la Germania vi ha oggi un'ipoteca fortissima. Non vi è quasi un Consiglio di Amministrazione nel quale non figuri un tedesco o uno svizzero tedesco (il che per quelli di Zurigo - ad tsempio - è identico) e i nomi che vi figurano non sono molti ma si ripetono con frequenza creando così una rete strettissima inestricabile di influenze e di diritti che si ripercuotono di assemblea in assemblea mettendo in assoluta sudditanza l'elemento e il capitale italiano. Nè ciò basta. Con questa loro longa manus nei più svariati rami di industrie i finanzieri tedeschi riescono a conoscerne i segreti di fabbricazione (e perciò a sottrarli e a passarli ai produttori del loro paese) la situazione finanziaria (e perciò a indicarne il lato debole e atBiblioteca Gino Bianco

- 13 - taccabile dai loro connazionali che vogliono istituire una feroce concorrenza con quelle) i mercati di sbocco e le clientele (e perciò a informare poliziescamente quel Grande Stato Maggiore Economico che da Berlino mette in opera in tutto il mondo i suoi piani di attacco e di invasione). A completare questo lavoro di penetrazione i nostri stessi industriali e commercianti contribuiscono incoscientemente col fornire alle Banche industriali tedesche le famose schede di informazione reciproca che costituiscono una nemmeno velata operazione di spionaggio, il cui risultato oltre che immediato per la penetrazione industriale può anche essere mediato nel caso in cui una guerra faccia trovare utilissimo allo Stato Maggiore Germanico tutto questo notiziario sul rendimento finanziario industriale e agricolo del paese invaso. Ciò si è visto utilizzare in Francia nella guerra del Settanta; ciò è valso anche di norma nella richiesta delle contribuzioni di guerra e poi della famosa indennità. II. - In secondo luogo, secondo il metodo tedesco, le industrie finanziate dal capitale tedesco_ (o meglio dal capitale governato dalle banche tedesche) devono fornirsi - per certo materiale - unicamente da determinati produttori tedeschi. Il caso più frequente è quello del materiale elettrico (motori, dinamo, generatori) per il quale bisogna ricorrere alla A. E. G., la potentissima Società Elettrica che domina mezza Europa e che deve tale potenza unicamente a questo sistema di ricatto dei finanzieri tedeschi che alle industrie straniere che non vi si pieghino rifiutano il credito e la protezione delle azioni e muovono immediatamente una spietata guerra gettando contro di esse la diffidenza nel pubblico e distogliendone la clientela con manovre che il Codice non può colpire. E' chiaro che qui l'intento è duplice: anzitutto controllare fin dall'inizio il grado di permeabilità dell'industria italiana alla vedute tedesche; in secondo luogo tenendo quella in soggezione, assicurare già alla industria propria - all'elettrica, nel caso citato - il predominio su tutto il mercato italiano. Limitato a un solo caso il sistema non presenta nè Biblioteca Gino Bianco

- 14 grande interesse nè pericolo, ma considerato nelle sue proporzioni sempre crescenti e posto in relazione col sistema politico tedesco che contempla l'assorbimento economico di un paese invece o prima della conquista militare, esso deve impressionare profondamente tanto più che S.è ne deducono amare constatazioni di dissaldamento della coscienza nazionale o intimorita dalla rappresentazione varia e continua della potenza tedesca o allettata a farsene complice e collaboratrice dal fatto innegabile che con tali manifestazioni si è da lei posti in condizione di privilegio sugli ostinati di indipendenza. L'irresolutezza e la timidità del risparmio italiano verso intraprese nazionali, la snobistica sopravalutazione di tutto ciò che è straniero, la mancanza di tradizioni industriali nostre, la reale deficienza nostra di capitecnici e di personale dirigente, la fortuita abdicazione da parte dei nostri grandi industriali - come il Florio per la Navigazione Generale Italiana - dei loro diritti e delle loro influenze in certe intraprese hanno agevolato la conquista tedesca del nostro mercato di produzione e di consumo. Questa conquista è ora ampissima. Si estende dalle arti tessili alle cartiere, dalle assicurazioni alla fabbrica di materiale da guerra, dalla navigazione alle miniere, dalle costruzioni meccaniche agli alberghi. Gli intrighi politici. Non bisogna dimenticare, di questa sostituzione si può dire - molecolare, un fattore rilevante e, sopra gli altri deplorevol_è : l'asservimento materiale e morale di uomini politici al programma tedesco in Italia. Là dove personali rapporti o autentiche simpatie o avidità finanziarie o ambizioni parlamentari di uomini nostri, mostrarono agli uomini tedeschi la possibilità di attrarli P.ella loro orbita, nulla si risparmiò per raggiungere tale notevole scopo e si aprirono loro crediti finanziari e crediti politici, si agevolò loro la conquista di rimuneBiblioteca Gino Bianco

- 15 - rate rappresentanze in consigli di Amministrazione e li si ammise alla ripartizione di utili che ad una società tedesca venivano magari per una riuscita campagna di demolizione di un'industria italiana; li si aiutò e li si sovvenne nelle elezioni politiche con influenze personali, con danaro concesso sotto illusori titoli, con campagne giornalistiche tanto più agevoli in quanto lo stesso giornalismo era in parte caduto sotto l'influenza tedesca non più per corruzione che per abili manovre di carature. Avere in proprio potere un deputato influente, un candidato al Governo o un reduce del Governo volle dire, per il programma tedesco in Italia, una forte pedina da far muovere in ogni senso alla tribuna parlamentare come nel giornalismo, alla Borsa come nei Consigli superiori delio Stato. Chiamati a raccolta tutti quanti nell'ora di un pericolo politico o economico per gli interessi tedeschi, tutti questi uomini nostri dei quali alcuni tedeschizzati per immorale complicità e gli altri per avvelenata lentissima conversione a ritenere massimo bene un predominio tedesco in Italia, tutti questi uomini nostri - diciamo - rappresentavano per i finanzieri germanici una cittadella munitissima per la difesa e per l'offesa. Risalendo alle origini, alla meccanica di certe battaglie parlamentari sull'ordinamento economico d'Italia se ne rintracciano benissimo - se pur con vergogna - gli autori e i capeggiatori in uomini il cui nome è ripetuto ogni giorno a fianco dei proconsoli tedeschi dislocati in Italia a trasformarla lentamente in una colonia tedesca. Costituendosi nell'aprile scorso un grande organismo bancario nazionale per fronteggiare la banca tedesca e preparandosene lo studio attraverso modificazioni al Codice di Commercio, gli unici oppositori a tali mutamenti che in altra occasione sarebbero passati inavvertiti nel dormiveglia di Montecitorio furono gli uomini politici notoriamente legati alla volontà tirannica degli istituti teutonici. Nè solo in alto operò la corruzione tedesca sibbene - e ciò è penosissimo a dire - anche in basso. In quelle organizzazioni operaie che ad una Italia industriale adolescentemente gracile se non bambina avevano eretto anche troppo spesso barriere improvvise di Biblioteca Gino Btdnco

I - 16 - rivolte, di scioperi, di sabotaggi, in quelle organizzazioni operaie già troppe volte lanciate da capeggiatori faziosi ingenerosi procaccianti in lotte economiche in cui , era perduto di vista ogni rapporto tra le rivendicazioni operaie e il profitto della faticante industria, in quelle organizzazioni tuttavia ingenue e impulsive la figura del tedesco mestatore politico-industriale si insinuò e trattando direttamente con alcuni loro capi corruttibili (che furono in verità pochissimi) o sovvenzionandone ed inasprendone la stampa rivoluzionaria o agitando le masse per mezzo di operai tedeschi le indusse in lotte economiche contrarie agl.i stessi interessi operai ma esiziali sopratutto - questo importava ai mestatori - all'incremento libero e progressivo di una nostra industria che accennava ad affrancarsi dal predominio straniero. Talvolta Io scopo ne era anche più indiretto, mirando le mene tedesche a turbare l'ordine pubblico e a provocare manifestazioni politiche contro direttive contrastanti alla politica aggressiva della Germania. Questo secondo caso si è verificato recèntemente negli scioperi di Prato e nei tumulti di Empoli nei quali gli operai rinsaviti confessarono di aver organizzato il loro movimento in accordo con gli industriali tedeschi loro padroni e di averne avuto la promessa di intero salario per le giornate di sciopero, inscenato contro i disegni interventisti del Governo. Non crediamo che più oltre si possa andare nel! 'intromettersi criminosamente nella vita economica e politica di un popolo iibero come è il popolo italiano. Questo devono gli operai italiani ricordare per l'immediato presente e per il futuro; e devono ricordare che questo mercato della loro libertà è stato fatto ali 'ombra di quel benessere economico che si pretende irradiante, in manna ed ambrosia, dagli industriali tedeschi in Italia e in genere da ogni tedesco che per chiari (se si può dire) o celati progetti scende in Italia a vivere a lavorare a spiare. Le agitazioni operaie di origine tedesca sono il colmo della losca attività germanica tra noi, ma non è detto che episodi meno appariscenti e meno osservabili dal pubblico grosso tornino a nostro minore danno. Biblioteca Gino Bianco

- 17 - Navigazione, colonie, ecc. Chi \serà infatti negare che in uno stato di depressione continua premeditata sapiente è tenuta la nostra attività commerciale ali 'estero là dove la intrusione germanica è arrivata al punto di farci accettare per agenti consolari nostri gli stessi agenti consolari tedeschi che sono della espansione tedesca nel mondo i tutori e i pionieri più indefessi e più feroci? Chi oserà negare la ingiustizia, i furti, le vessazioni commerciali·, -Je eslusioni · da profitti e da intraprese che i nostri emigranti devono sopportare là dove il loro arrivo, il loro avviamento, la loro ricerca di lavoro, i loro risparmi sono controllati, ostacolati, taglieggiati da agenti e da banche e da società di navigazione o di industria che da tutti i popoli prendono a prestito il nome delle loro ditta ma sono costantemente, terribilmente tedesche, cioè protettrici del capitale-denaro e dçl capitale-uomo che portano etichetta tedesca o basto tedesco? Scrive il Nitti e con ragione piena : cc Non si può negare che tutte le volte che gli stranieri prendono in un paese una posizione rilevante per effetto dei loro capitali, politicamente vi è sempre motivo di preoccupazione n. Orbene chi ha avuto occasioni più frequenti che noi di preoccuparsi del capitale tedesco e della industria tedesca sotto nome italiano nei nostri giorni di vigilia d'armi? Abbiamo promesso a noi stessi sobrietà di esempi giacchè siamo costretti a sobrietà di spazio, ma un esempio soltanto possiamo dare. La guerra che ha escluso dai mari e dagli oceani la bandiera mercantile di Austria e quella della Germania dava a noi via libera per creare e raddoppiare rapporti di traffici coi Balcani che per necessità o per simpatia o per l'una e l'altra ragione insieme ci attendevano. Il destino ci offriva in ciò una fortuna della quale l'avvenire ci avrebbe mostrato sempre maggiori proporzioni; e noi invece trascinammo al piede la palla della nostra serBiblioteca G ro Bianco

- 18 - vitù perchè le linee stesse di navigazione, come la soc età Puglia, che avrebbero dovuto battere incessanteme e il tricolore italiano dall'una all'altra sponda adriatica a camparono pretesti di i_mpotenzae di insufficiçnza e cr arono ostacoli di scali e di tariffe di scarico e scontent rono e irritarono i mercati balcanici· e tutto fecero per i pedire che la fortuna d'I talia trovasse subito - anche nell'attesa -- una non inutile strada. E tutto fecero e poterono fare - ecco il punto! - perchè esse compagnie di navigazione che battevano bandiera italiana e si intitolavano a regioni italiane ricevevano poi la parola d'ordine e il veto dai finanzieri tedeschi che ne erano prevalenti azionisti e avevano spinto l'audacia del loro giuoco fino a far sovvenzionare tali linee dal nostro Governo per poi spezzargliene in mano l'arma di ricchçzza e di influenza politica oltre il mare nostro. Non altrimenti l'influenza italiana in Albania che avrebbe dovuto essere pari a quella austriaca fu totalmente neutralizzata a beneficio di questa, perchè gli organismi bancarii e industriali creati colà per accordo italo austriaco avevano come rappresentanti degli interessi italiani gli uomini stessi che in altra sede agivano per le vedute e le influenze di Vienna e di Berlino. Questo programma bancario-industriale mirava ad impadronirsi delle fonti di nostra ricchezza; in grande parte, come abbiamo visto, il programma è stato attuato e lo scopo raggiunto sicchè l'Italia guardando oggi i suoi tesori naturali e i suoi organi produttori e la sua attività economica entro e oltre i confini e nelle colonie - pur esse insidiate e inquinate - deve domandarsi se veramente essa ne è tuttora padrona o non più altro è divenuta che ospite di sè stessa. E talora la risposta per esser veritiera è sconfortante anche agli inquisitori più sereni. La germanizzazionecolturale. Non però la ricchezza sola di un popolo come il nostro doveva possedere lo straniero per poter dire di esser nostro padrone. Anche la coltura e la lingua e la storia Biblioteca Gino B1c1nco

- 19 - d'Italia bisognava violentare e sofisticare e padroneggiare. La Germania ha capito che anche a questi essenziali organi di vita nazionale bisognava giungere col veleno e si è messa all'opera. Opera enorme per chiunque tanto è vero che ogni gente che vi si provò nei secoli fu domata essa stessa dalla nostra coltura ma la Germania misura ogni compito dalle proprie forze (che sono davvero grandi e organizzate come presso nessun po- • polo); non misura le proprie forze al compito. Perciò non comprese che l'opera era vana e vi si pose tenacemente come essa si pone ad ogni impresa. Ora è doveroso ammettere - ed è anche salutarmente ammonitore - che se lo scopo rimase remotissimo agli invasori, tuttavia essi ottennero risultati calcolabili. Certo i loro sforzi mantenuti nell'orbita della pace avrebbero naufragato nel nulla ma i tedeschi che si son fatti assertori della politica mondiale non contemplano mai alcuna invasione pacifica senza calcolarne nel programma una soluzione guerresca e per il giorno di una guerra contro di noi, di una guerra - intendiamo - mossa comodamente, scegliendosi l'ora ed il modo contro un'Italia isolata diplomaticamente (dato che essi avessero saputo rinnovare contro l'Italia il fortunato sistema bismarckiano dell 'isolamento del nemico) essi avrebbero certo potuto raccogliere qualche sacca di grano dalla prodigiosa quantità di semente sparsa ogni anno, ogni mese, ogni giorno nei solchi del nostro spirito ospitale. Il processo alla germanizzazione della coltura italiana, della scuola italiana t della scienza italiana trovò molti anni sono un precursore isolato in Isidoro Del Lungo ed è stato fatto ora da altri pochi (tra i quali ricordo· l 'Ojetti (1) per l'agilità del ragionare) ma si può ripeterlo in taluna parte e completarlo nelle parti che furono di proposito trascurate. Io credo che il più modesto insegnante italiano ha precisa, dinanzi a sè, la visione dell'introdursi lento o brutale, modesto o pretensioso, tacito o sonoro del metodo tedesco nei nostri studii che ne furono tanto snatu- (I) UGO OJETTI: L'Italia e la civiltà tedesca. - (Problemi Italiani - Ravà e C., Editori • Milano). B·blìoteca Gino B1c1nco

- 20rati per quel loro rivolgersi assai più all'aspetto meccanico del sapere che non ai rapporti suoi con la vita dello spirito. A voler risalire per ogni suo rigagnolo questa marea -conclusiva della sci9nza tedesca straripata giù dal- !' Alpi vi 'è da perder respiro. L'Herr Professor tedesco imbottito di dottrine racimolate per lunghe ostinate letture, tronfio di modificazioni meccaniche appiccicate alla geniale intuizione di un latino, affannato a voler ridurre il creato e il saputo a certi dogmi preordinati germanicamente - cioè senza controllo di fondatezza - a puntello di tutta una concezione tedesca del mondo, I' H err Professor volta a volta erudito come una enciclop~dia di quarantotto volumi o polarizzato ridicolmente per tutta la vita verso una sola assurda inutilizzabile specialità, 1 'Herr Professor è stato, sì, oggetto di letteratura satirica e di decorazione umoristica ma solo, strano a dirsi, per il pubblico grosso, mentre il più spesso è divenuto l'astro radioso pregato adorato da una infinità di girasoli della nostra scienza. E ad essi l'Herr Professor impose, come le divinità asiatiche ai loro fedeli, i più profondi sacrifizi ed essi li compirono - come i fedelf d'Asia - serenamente. Donarono agli scienziati tedeschi la storia di Roma e quelli che si eran già presa la storia di Grecia e l 'avevan cincischiata, squartata, mutilata per punirla di non aver mai parlato nè previsto dell'impero tedesco, tagliarono nella storia di Roma, p9r le genti germaniche, uno smisurato posto di sovrani, di legislatori, di rinnovatori al cui . cospetto le più solenni figure del mondo romano impallidivano come ombre di gioco; donarono agli scienziati tedeschi la magnificenza italica dei Comuni, lo splendore tutto nostro della Rinascenza e quelli se ne pavoneggiarono come di cosa propria e si presero anche gli uomini del Rinascimento per concludere dal colore degli occhi e dei -capelli, dalla metratura della persona e dall'angolo facciale che se genii erano stati avevano potuto ~sserlo solo in quanto erano essi stessi di razza germanica. Ne corressero i nomi, ne storpiarono le origini, ne tedeschizzarono ,i castelli e si fecero delle nostre glorie più pure, di un Buonarroti o di un Vinci, un Bonroth, un Wink~. Qlalcuno tra noi sorrise, ma gli altri inforcarono gli B1bhotecaGino Stanco

- 21 - occhiali e discussero e ammisero non tutto ma una parte, una buona parte delle plausibili teorie del Woltmann e dei suoi compari di Allemagna. Nè questi si placavano; chè anzi la docilità nostra, il nostro entusiasmo per la loro scoperta, la gratitudine bambinesca per l'onore che ci facevano trovando meritevole di studio la storia di quella Roma che non aveva, in fondo, avuto mai un esercito paragonabile a ouel di Sédan, mostrarono agli agentiscienziati della politica pangermanista quanto sviluppo potevano ancora dare alla loro missione in Italia. Allora non ebbero più freno. Pretesero - ed ottennero - che i più riservati archivi fossero aperti alle loro ricerche e li si aprirono giacchè era compatibilp che fossero chiusi prima ai nostri modesti e incompetenti archeologi e paleo~rafi e storici, non a loro, chè ogni parola degli scienziati tedeschi poteva colmare secolari lacune nella interpretazione del mondo. E quelli frugarono, copiarono, lessero male, tradussero peggio, fabbricarono su un errore iniziale un edificio colossale di sofismi e poi per sostenerlo rivoluzionarono tutto ciò che già era stato riconosciuto esatto. Documenti, iscrizioni, palimsesti, geroglifici, carte intime, tutto passò nelle loro mani pesanti, traverso il loro cervello che nemmeno ebbe un fremito al contatto di quei puri tesori di tutta una civiltà dalla quale i loro antenati eran stati abbarbagliati e percossi come per uno splendore insostenibile. Le rapine artistiche. Tracce del loro passaggio sono dovunque. Di una tavola dipinta uno dei loro, il Rolfs. accetta, sul subito, la interpretazione fornita da un nostro studioso e la ristampa come sua in uno zibaldonp che vorrebbe essere d'Arte Napoletana e poi viene a sapere che una nuova interpretazione geniale ne è stata scoperta e si introduce in un Museo e corrompe o fa cianciare un impiegato, ne apprende poche cose, le crede sufficienti alla sua intuizione diplomata, le completa boriosamente, le pubblica Biblioteca Grno Branco

- 22 - prima che l'interprete originale sappia del sotterfugio. li risultato è miserabile; è schiacciante per la miseria colturale dello studioso tedesco : questo non importa; importa il fatto in sè come documento della sua disonestà. Un altro dei loro, il Frey, consigliere aulico superiore, professore di Storia dell'Arte a Berlino ottiene in lettura dalla Laurenziana di Firenze le carte Michelangiolesche si impegna sul suo onore di non pubblicarle e poi le pubblica arbitrariamente con tanti errori di versione da far inorridire un modesto nostro studioso. E poi ancora il delicato signor Frey avuta conoscenza di certa corrispondenza del Vasari scoperta dal nostro Poggi nell'Archivio del Conte Rasponi Spinelli, vi si precipita con trentamila marchi raccolti in Germania tra l'Imperatore, il Ministro della P. I. e gli scienziati pari suoi e taglia la strada al Poggi e assedia il Rasponi e pone in opera ogni· dialettica ragionante e sonante fino ad accaparrarsi la precedenza di pubblicazione della corrispondenza Vasariana che senza il Poggi non avrebbe mai visto la luce. Quanti nomi accanto al Frey, all'Eckharkt, al Rolfs! Ogni direttore di nostro Archivio o Museo può raccontare collane intere di aneddoti tra comici e briganteschi. Ma tutti questi cavalieri di arte, d'industria e - come vedremo - di politica non agivano per iniziativa individuale; facevano capo - giusta il metodo organizzativo tedesco - a un vero Stato Maggiore artistico-economico situato a B~rlino e del quale era grande capo il famoso Wilhelm Bode, l'elencator~ sistematico e presuntuoso dei tesori d'arte che si sarebbero dovuti razziare in Francia per le Gallerie tedesche e che non furono razziati per quel lievissimo errore di dettaglio che si chiamò Battaglia della Marna ... Ma il Bode, che citiamo in omaggio all 'ubi major, noi} solo curava -che i frutti delle rapine artistiche dei suoi luogotenenti in Italia varcassero la frontiera frodandola, ma adoperava con arroganza a difesa della sua frode il nome dell'Imperatore. Così avvenne p~r la cera - modellata dal Mochi - della statua equestre di Ranuccio Farnese, che è a Piacenza. L'Ufficio di Esportazione di Firenze vi pose il fermo e la cera fu comprata pel Museo del ~argello. Apriti cielo! Wilhelm Bode, l'Ambasciatore di Germania e altri insigni quanto deliB blioteca Gino 81dnco

23 - cati fornitori dei Musei tedeschi bussarono ad ogni porta e andarono fin dal Ministro a sostenere che la cera doveva passare la frontiera perchè ia desiderava pel suo Museo l'Imperatore! La legge italiana?! che cosa poteva contare di fronte al voglio del Kaiser? Quasi quasi il Ministro di allora pencolava a riconoscer~ che quel voglio era irresistibile, ma il prof. Giovanni Poggi serenamente ostinato, come sempre, nella difesa del patrimonio di nostra arte non cedette e l 'Imperator~ attende ancora. ConsolaU artistico• miilitari. Ma non bastava a questi studiosi calare tra noi e frugare e appropriarsi e talora adontarsi se i nostri coscienziosi rettori di Archivi e di Bibl_ioteche richiamavano la loro prepotente disinvoltura al rispetto dei comuni regolamenti. Fermi sempre nella coscienza di dover dare una finalità politica alla loro attività colturale essi vollero avere in Italia le l,pro opere avanzate di attacco ed eressero sotto la specie dell'arte o della stoda altrettanti baluardi di germanesimo ai quali convenissero i loro sparsi emissari nei quali raccogliessero il frutto di investigazioni talora illecite (come quello che per studiare gli avanzi dei castelli degli Hohenstaufen richiedeva alle autorità locali in ordinati questionari una serie di informazioni di carattere topografico militare) nei quali - non ultimo scopo - si invitassero gli studiosi italiani a riunioni tutte pervase di spirito germanico del quale una parte almeno si sarebbe introdotto sottilmente nello spirito degli ospiti ad influenzarne il modo di .sentire e di pensare rispetto alla coltura tedesca e quindi ali 'Impero tedesco. Se non ad altro tali riunioni avrebbero servito a creare rapporti di cortesia, di frequentazione e - domani - di involontaria complicità tra i nostri studiosi e gli studiosi appartenenti a quegli Istituti tedeschi che ai nostri aprivano annualmente le sale offrendo loro di poter leggere comunicazioni e memorie alla eccezionale accolta dei professori tedeschi. Non altra funzione hanno avuto in Italia l'Istituto Germanico di Roma e l'Istituto GermaBiblioteca Gino BlclnCO

- 24 - nico d'arte a Firenze; non altra funzione che di diffondere le idee imperiali tra noi, di piegare gli studi italiani ad una valutazione sempre più germanica della nostra stessa storia e dell'arte nostra, di coprire poi col paravento degli studii i più politici e militari tentativi di intromissione. Anche questo è un rilievo esatto e lo sanno coloro che improvvisamente videro richiamati in Germania e nel Belgio invaso uomini che fino a ieri erano tra noi in veste di innamorati sognatori del paesaggio italico, di maniaci collezionisti di cose artistiche e là, in Germania e nel Belgio insanguinato, essere incaricati di funzioni militari importanti e delicate che mostrano chiaramente come anche in Italia l'abito del tourista e la zimarra dello storico avevano celato costantementp la cotta del guerriero e il portafogli del diplomatico. Della oualità predominante di agente segr~to politico di questa gente posso testimoniare io stesso circa il von Manteuffel ultimo direttore dell 'Ist. Germanico di Arte a Firenze. Nipote del Maregliallo Von Manteuffel, ex addetto d'Ambasciata. frequentatore dei convegni segreti tedeschi tenuti a Firenze in una villa hotel (proprietà di un ... filantropo svizzero che la coprì ultimamente con la bandiera americana) l'origine critico di arte fu una notte dello scorso aprile segnalato alla Ouestura per atteggiamento sospetto. Fermato e interrogato in mia presenza negò assolutamente di essere soggetto a servizio militar.'!, ma, perquisitolo, gli si trovò un attestato del Comando Generale tpdesco che lo indicava inscritto alla Landsturm e autorizzato a rimanere in Italia fino al 15 giugno 1915 per affari speciali che non erano certo quelli dell'Istituto di Arte. Che questi Istituti avessero per la Germania un'importanza che superava il sereno campo degli studi era provato dal loro riconoscimento ufficiale categorico, dalle somme iqgenti che il Governo tedesco vi destinava, dal- !'interessamento personale che vi portava l'Imperatore Guglielmo, del quale sono troppo note le affermazioni sull'arte e sulla scienza quali forze politiche perchè si dubiti della sostanza politica del! 'interessamento imperiale, a questi consolati artistico politici in terra nostra. E giacB·blioteca Gino 81dnco

- 25chè diciamo dell'Imperatore non è male accennare qui all'accentuazione imperiale che egli diede ad ognuna delle sue tante calate in Italia. Esse ebbero sempre come caratteristica la assoluta dimenticanza della nostra libertà... in casa nostra e assunsero sempre il tono di visite sovrane a fedeli vassalli; visite sovrane nelle quali nulla era dimenticato dalla lingua tedesca agli staffieri tedeschi, dall'inno imperiale alla precedenza data a sudditi tedeschi nell'avvicinare l'imperatore tanto che accadde più volte che un priore di convento tedesco fosse invitato da Guglielmo II in terra italiana prima che della stessa terra Guglielmo II ossequiasse o incontrasse il naturale sovrano, il Re d'Italia. Disinvoltura sgraziata e prepotente che si rifletteva anche nella cortesie, come nel donare a Roma una statua di Goethe con iscrizione tedesca, come nel trasformare i soccorsi alle vittime di Messina in una distribuzione campionaria di merci tedesche (listini di prezzi, ribassi, modi di spedizione, ecc.) ordinata dall'Imperatore, come nel distribuire goffamente al corpo sanitario della Croce Rossa siciliana una medaglia con l'indicazione indiscreta del luogo e dell'occasione in cui l'Impero tedesco aveva, degnato stendere la sua mano alla misera Italia.-.. La lotta linguistica alla frontiera. Nè con questo e col già detto è chiuso il programma dell'invadenza tra noi di quei professori tedeschi che credettero e credono di essere i continuatori e gli eredi del maestro elementare che foggiò i vincitori di Sèdan mentre non ne sono che la esagerazione barocca e sleale. Per altre vie, infatti, essi attaccarono il patrimonio spirituale d'Italia. Mentre nelle terre nostre soggette all'Austria le società politiche e colturali tedesche collaboravano spietatamente col Governo per negare scuole italiane agli italiani - anche quando i Comuni offrivano di sostenerne le spese - per imporre agli italiani leggi tedesche e lingua tedesca e vi{lcoli ferroviari o doganali B•blloteca Gmo Bianco

- 26o tributarii che ne fiaccassero la volontà di rimanere italiani e almeno li isolassero da o,gni possibilità di resistenza collettiva e di economico incremento, mentre nelle regioni pastorizie del Trentino veniva chiuso il passo alla emigrazione temporanea dei pastori rpgnicoli (affinchè al contatto di questi non si perpetuassero i rapporti linguistici ed etnici e sentimentali tra gli irredenti ed i liberi) e ad una scuola italiana di una piccola colonia italiana d'oltre confine si inibiva di tenere appeso nell'aula il ritratto del Re d'Italia - mentre tutto ciò (concediamo) era in loro diritto materiale di dominatori politici sulle genti nostre che la Storia a noi avversa aveva lasciate in loro sudditanza - d'altra parte essi compivano una vera e propria politica di conquista e di invadenza ripetendo tali modi di padronanza e di sovranità oltre il loro confine, nel seno stesso dell'Italia libera. Non altrimenti che sopruso ed ingerenza si può infatti chiamare l'azione continua subdola o violenta di tedeschizzazione delle nostre regioni di confine. A questa azione si collegano l'apertura di scuole tedesche nella regione bresciana del Garda, la diffusione della lingua tedesca (con esclusione della italiana) nel Verbano, nel Lario, nel Benaco, nella Riviera Ligure e Riminese, al Lido di Venezia per opera di insegne d'alberghi e di ristoranti, di indicazioni professionali, di orari ferroviari e di navigazione, di negozi estivi, di personale viaggiante e di servizio. Questa penetrazione linguistica che in certe regioni ci fa dubitare di aver già varcato il confine austriaco non è di comodità per la colonia austrotedesca villeggiante o dimorante in tali regioni, sibbene ha il suo scopo politico sostenuto anche da giornali redatti in lingua tedesca e che si dichiarano organi ufficiali di associazioni tedesche esprimenti a chiare parole nel loro programma l'intento di preparare con la tedeschizzazione di terre oltre confine nuove zone prima bilingui poi assolutamente tedesche che preparino alla coltura tedesca le ragioni future di un intervento annessionista. Questo lavoro lento di snazionalizzazione è intensissimo e sempre più lo diventa perchè mira ad uno dei punti più vitali di resistenza di una razza: alla lingua, a quella che il d'Annunzio diceva Biblioteca Gino Bianco

- 27 - ieri « la più alta testimonianza della nobiltà originaria dei popoli, l'indice supremo del loro sentimento di libertà e di dominio morale ». E' impossibile che alcuno non avverta dunque il pericolo di questa. propaganda tedesca ai nostri danni come è impossibile che valutando i rapporti tra la Germania e noi non si tenga conto della odiosità di tale propaganda in uno Stato libero non solo amico della Germania ma della Germania alleato leale e... ingenuo anche nelle ore in cui dall'alleanza stessa ritraeva in politica estera e coloniale frutti amarissimi di indifferenza e di ostilità e di tradimento come dural)te la campagna di Libia. Lo spionaggio sistematico. Altri motivi di apprensione e di paura ci sono forniti da questa metodica avanzata tedesca n91l'Italia; e sono quelli che si connettono alla attività impressionante della spionaggio. V'è gente che a sentir parlare di spionaggio sorride scetticamente come di avventure Lupiniane e se arriva con uno sforzo di buona volontà ad ammettere che la Germania ha un 'organizzazione spionistica eccezionale ci avverte però che noi corriamo troppo nel confonder lo spionaggio militare con la invadenza colturale ed industriale. Sta bene, da una parte, la spia che corrompe e striscia e ruba e sorprende; sta bene, dall'altra parte, il filologo e lo scienziato che vogliono arricchire di tesori nostri il patrimonio intellettuale storico scientifico della Germania; sta bene - accanto a questi - il banchiere e l'industriale che (magari compresi di politica pangermanista e di diritto tedesco alla espropriazione delle razze incompetenti) scendono tra noi ad arricchire (qualcuno dice ad arricchirci e non è vero) ad organizzare la nostra vita economica secondo la formola di successo dell 'impero tedesco. Ma tutte queste categorie son differentissime e disgiunte e si ignorano tra loro; a volerle confondere, a voler affidare ad ognuna di esse la stessa odiosa funzione c'è da cadere nell'eccesso incivile di una germanofobia non dissimile dalla ridicola odierna anglofobia Biblioteca Gino B1dnco

- 28dei tedeschi che almeno ne traggono ragione cruenta dalla guerra che li preme da ogni parte. Questo dicono gli scettici e dicono - così - con le più pericolose parole, le più errate cos 9 , quelle che non direbbero se sapessero i principii fondamentali dello spionaggio tedesco, principii che non ci è lecito qui esporre ma che si possono rilevare da ciò che stiamo per dire. Noi non neghiamo affatto che i banchieri, gli industriali. i negozianti, gli artisti di Germania non esercitino qui prima di ogni altra cosa la loro professione; anzi la esercitano tanto più attivamente ed audacemente quanto più ~ssa può rendere a loro e alla Germania un utile continuo progressivo e notevole e quanto più - aggiungiamo - tale sfruttamento, tale assorbimento economico di paesi stranieri è nel concetto tedesco un equivalente rispettabile della conquista militare. Ma noi affermiamo un'altra cosa altrettanto vera dicendo che questi scienziati e questi finanzieri, accanto alla loro apparente professione, un 'altra ne esercitano per loro persuasa coscienza di buoni cittadini di Germania (della Germania di Bismarck e di Treitschke, se non di quella di Kant è di Goethe) e per esplici,to mandato del loro Governo al quale essi si sentono tanto più legati e debitori di fedeltà e di servizii quanto più lo rappresentano (anche se non ufficialmente) in paese straniero. Tale professione (che giudichiamo già benevolmente chiamandola sussidiaria) è quella della spia. Non si tratterà sempre della spia intenta a carpire piani militari e segreti navali, ma si tratterà pur sempre di un cittadino tedesco che non dimentica MAI - nulla dies otiosa! - di investigare sulle risorse economiche, sulle direttive politiche, sulle forze militari (se il caso è favorevole) del paese straniero che lo ospita; e tutto ciò regolarmente annota, confronta, completa e manda al suo Governo talora direttamente, talora attraverso società particolari (come quella degli studenti tedeschi villeggianti all'estero), che del Governo sono agenti diretti. E' certo che le due categorie di spionaggio differiscono tra loro ma differiscono per sfumature non per essen- • ziale sostanza. Il banchiere o l'industriale che inviava a Berlino il suo rapporto mensile o semestrale sulle riserve Biblioteca Gino Bianco

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