La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 10 - dicembre 1995

On the road: Elogio delle rotaie · L'aria della città Sulla disobbedienza civile > ·,· Parlano i sieropositivi . / ,,.:_L'associazionismo nel Sud I giovani e la violenza

De Cecco, Fioravanti, Guarnieri, Melis,Merlini, Pedone, Pombeni, Rodotà, Romanelli, StoriadelloStato italiano dall'Unità a oggi a cura di Raffaele Romanelli pp. 528, rilegato, L. 50.000 [. Narrativa [ Antonio Pennacchi Palude Storia d'amore, di spettri e di trapianti pp. 208, L. 25.000 Nadia Fusini Uomini e donne Una fratellanza inquieta pp. 96, L. 16.000 Walter Lippmann L'opinionepubblica Prefazionedi Nicola Tranfaglia Traduzionedi CesareMannucci pp. XXVI-390, L. 45.000 KristofferNyrop Storia del bacio Introduzione di CesareCases Traduzionedi AnnalisaMerlino pp. XII-116, L. 25.000 DONZELLIEDITORE ROMA Klaus Schreiner Vergine,madre,regina I volti di Marianell'universocristiano Traduzionedi CamillaMiglio pp. XVI-208,illustrato, L. 55.000 Kirti N. Chaudhuri L'Asiaprima dell'Europa Economiee civiltà dell'OceanoIndiano Traduzionedi MariaBaiocchi pp. XXX-466, L. 100.000 Ivan Djuric Il crepuscolodi Bisanzio I tempi di Giovanni VIII Paleologo (1392-1448) Introduzione di MarioGallina Traduzionedi SilviaVacca pp. XVIII-348, L. 60.000 GoffredoFofi Comein unospecchio I grandiregisti dellastoriadelcinema pp. 304, illustrato, L. 48.000 lntervent Franco Marcoaldi Un mese col Buddha Dal Tibet all'Engadina pp. 96, L. 16.000 Libri di idee.

LA TERRA VISTA DALLA LUNA Rivista dell'intervento ~ N.10, dicembre 1995 VOCI sociale SINISTRA, Stefano Benni, A bassa voce (11), ARTE E PARTE, Wole Soyinka, a cura di Luigi Vaccari, La guerra al fondamentalismo e il prosciugamento dei cervelli (12) con una nota di Andrea Berrini (15), Mario Martone, Il fantasma di una donna. Napoli negli anni della guerra fredda (16), · Emiliano Morreale, Giovani in U.s.a. Società e immaginario (18). PACE E GUERRA. Gianni Sofri, a cura di Federica Bellicanta, Il posto di Gandhi, ieri e oggi (36), Jane Galin, "Cantate per la pace, non sottovoce ...". Una poesia (37), Mario Pianta, I pacifisti, la finanziaria e la politica grigioverde (38). · ~UONI E CATTIVI, Silvana Quadrino, Molestia, molestati e molestatori (57). • MIGRANTI, Giovanni Mottura, Cinesi: l'immigrazione silenziosa(58). · RICCHI E.POVERI, Giuliç Marcon, La strada del privato sociale (60), Marco Revelli, L'occupazione che non c'è (62). MEZZOGIORNO L'ASSOCIAZIONISMO NEL SUD Marcello Benfante, Le due facce del mettersi insieme (2), FrancescoRame/la, Elites cultura e impegno (5), . Antonio Perna, Il C.R.I.C.: uno strumento per la cooperazione Sud-Sud (10). BUONI E CATIIVI I GIOVANI E LAVIOLENZA ... Giorgio Trentin, In carcere (21), Marco Bernabei, Fattori di rischio (24), Laura Potì, Casi quotidiani (25), Maurizio Cavedon, Robin Hood e il sogno dell'adolescenza (29), Anna Savoja, Violenza "su" e violenza "tra" (32), M. G. De Vittorio, S. Rossi, M. Scognamiglio, M. Chahbane, Z. Durikovic, E. M. Oussouane, E. Marafioti, a cura di G. Consonni e G. Tonon, Il panottico rovesciato. Poesie dal carcere (34). LEZIONI SULLA DISOBBEDIENZA CIVILE Giancarlo Gaeta, Resistenza morale e cultura della pace (41), Piergiorgio Giacchè, Aldo Capitini e l'obiezione di coscienza (45), Marino Sinibaldi, Cittadini del mondo (50). ONTHEROAD ARIA E ROTAIE Augustìn Garcìa Calvo, Abbandonare le strade per il progresso della ferrovia (63), Carlo Andriolo, Carlo Giacomini, Storia e attualità del tram (67), Antonella Nappi, L'aria della città (74). SALUTE E MALATTIA SIEROPOSITIVI: UN FILM Maria Nadotti, Ritratti dal vero (77), Daniele Segre, Come.prima, più di prima, t'amerò. I dialoghi (78).. IMMAGINI Roberto Koch: Inside U.S.A (tra le pagine 42 e 43). In copertina una foto di Hulton Deutsch. I disegni che ilustrano questo numero sono di Ruggero Savinio. Direttore: Goffredo Fofi. Direzione: Gianfranco Bettin, Marcello Flores, Piergiorgio Giacchè,Roberto Koch, Giulio Marcon, Marino Sinibaldi. Segretaria di redazione: Monica Nonno. . Collaboratori: Damiano D. Abeni, Roberto Alajmo, Vinicio Albanesi, Enrico Alleva, Guido Armellini, Lucia Annunziata, Ada Becchi, Marcello Benfante, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Andrea Beretta, Andrea Berrini, Giorgio Bert, Luigi Bobbio, Giacomo Borella, Marisa Bulgheroni, Massimo Brutti, Monica Campardo, Mimmo Càndito, Francesco Carchedi, Franco Carnevale, Luciano Carrino, Marco Carsetti, Francesco Ceci, Luigi Ciotti, Giancarlo Consonni, Paolo Crepet, Mirta Da Pra, Zita Dazzi, Giancarlo De Cataldo, Stefano De Matteis, Elena Fantasia, Grazia Fresco, Rachele Furfaro, · Giancarlo Gaeta, Fabio Gambaro, Saverio Gazzelloni, Rinaldo Gianola, Vittorio Giacopini, Giorl$io Gomcl, Bianca Guidetti Serra, Gustavo Herling, Stefano Laffi, Filippo LaPorta, Franco Lorenzoni, Luigi Mancon1, Ambrogio Manenti, Bruno Mari, Roberta Mazzanti, Santina Mobiglia, Giorgio Morbello, Cesare Moreno, Emiliano Morreale, Marco Mottolese, Maria Nadotti, Grazia Neri, Sandro Onofri, Raffaele Pastore, Nicola Perrone, Giuseppe Pollicelli, Pietro Polito, Georgette Ranucci, Luca Rastello, Angela Regio, Luca Rossomando, Bardo Seeber, Francesco Sisci, Paola Splendore, Andrea Torna, Alessandro Triulzi, Giacomo Vaiarelli, Federico Varese, . · Pietro Veronese, Tullio Vinay, Emanuele Vinassa de Regny, Paolo Vineis. Grafica: Carlo Fumian. Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: Pina Baglioni, Claudio Buttaroni, Giuseppe Citino, Pietro D'Amore, Fabio Finesi, Ornella Mastrobuoni, Simona Zanini. I MANOSCRITrl NON VENGONO RESTITtJITI La Terra vista dalla Luna iscritta al Tribunale di Roma in data 7.7:'95 al n° 353/95. Direttore responsabile: Goffredo Fofi Edizioni La Terra vista dalla Luna s.r.l. Redazione e amministrazione: via Cernaia 51, 00185 Roma, tel. 06-4467993 (anche fax). Distribuzione in edicola: SO.O1.P. di Angelo Patuzzi spa, via Bettala 18, 20092 Cinisello Balsamo (MI), . tel. 02-660301, fax 02-66030320. . Stampa/StilGraf della San Paolo Tipografica Editoriale - Via Vigna Jacobini 67/c - Roma Finito di stampare nel mese di di'cembre 1995

MEZZOGIORNO L'ASSOCIAZIONISMO NEL SUD Marcello Benfante Francesco Ramella Antonio Perna LE DUE FACCE DEL METTERSI INSIEME Marcello Benfante Raccontare il Sud e rendicontare sulle sue reali condizioni sta diventando sempre di più un optional della nostra pubblicistica. Alle pittoresche e abbozzate inchieste giornalistiche delle grandi firme calate dal profondo Nord, il cui capofila è il solito_ambiguo Bocca, si affianca una produzione "indigena" (vedi Claudio Fava) non meno superficiale, fatta di schizzi di viaggio, inconcludenti e ridondanti· chiacchierate fra i soliti noti e consuete litanie politologiche e dietrologiche (dietro le quali c'è il nulla più assoluto). Di sostanza, insomma, neanche l'ombra. Al meglio, come nel caso di Deaglio, alcune notazioni sparse capaci di cogliere per exempla (ma più grazie ad mtuito, empatia e mestiere che a una sistematica disanima di fatti) un'atmosfera, una tendenza, una linea d'evoluzione. E invece, quello che veramente servirebbe per un intervento serio e costruttivo nella realtà meridionale è una lettura scientifica della sua base socio-economica. Un ritorno, se vogliamo, all'approccio originario di Franchetti, Sonnino, Fortunato, Salvemini, Colajanni, Villari, per fare solo alcuni nomi eccellenti dietro i quali c'era un pensiero e un metodo oggi soppiantati dagli imperativi dell'instant-book, della mafiologia nazional-popolare, di una libellistica di pseudo-denuncia che usa materiale statistico grezzo, se non addirittura inattendibile. . Un lavoro, invece, che ci fornisce materiali validi e concreti per avviare un dibattito ed approfondire l'analisi del Mezzogiorno è sicuramente l'indagine condotta da Carlo Trigilia, coadiuvato da Ilvo Damianti e Francesco Ramella, per conto dell'Istituto meridionale di storia e scienze sociali (Imes) e in collaborazione con il Formez. La ricerca appare nei Saggi dell'editore Donzelli col titolo Cultura e sviluppo. L'associazionismo nel Mezzogiorno, MEZZOGIORNO (pagg. 243, lire 40.000). Si tratta del primo c;eris1mento sistematico del vasto e variegato feno- · meno dell'associazionismo culturale meridionale, ed è un'analisi che non manca di offrirci risvolti sorprendenti che possono essere interpretati, con un po' di buona volontà, come segnali di un risveglio del nostro Sud. Risvolti sorprendenti - si diceva - non solo se considerati in relazione a certi stereotipi o a una tradizionale chiave di lettura, ma anche rispetto ad analisi recenti come ad esempio quella di Renato Bru.netta che nel suo (successivo) Sud, edito sempre da Donzelli, afferma che "in una realtà come quella meridionale l'elemento strutturalmente distorsivo è rappresentato da una troppa debole e, spesso, inesistente. società civile, incapace di .comportamenti realmente coor,erativi". Inutile dire che Trigilia non afferma 11 contrario. E però ci mostra, per dirla con le ~arole di Sergio ~oppi, che fi~ma la presentazione al volume, un Mezzog10rno lontano da quella fissità immutabile che di continuo ci viene rappresentata". Secondo Trigilia e i suoi collaboratori, uno dei limiti maggiori del meridionalismo del se-,. condo dopoguerra è stato certamente la sua impostazione rigidamente economicista, che ha indotto a trascurare il contesto istituzionale interno, sia socio-culturale che politico, del Sud. Più che un'esclusione di tale sfera istituzionale, si è trattato di una sua interpretazi~ne (e sottovalutazione) come variabile dipendente, cioè come un'implic_ita conseguenza, logica e cronologica, del sottosviluppo economico. Non è difficile individuare•in questa unilateralità dell'approccio analitico il vizio antico e l'influenza predominante di un certo determinismo economicista marxista, sempre tendente a una enfatizzazione della struttura economica e a una subordinazione degli elementi sovrastrutturali. Trigilia pone giustamente la questione del rapporto fra cultura: e sviluppo in termini di interdipendenza e di reciproco condizi.onamento, intendendo per cultura un "insieme di risorse cognitive, normative ed espressive, che orientano l'interazione sociale". È ovvio che in questa prospettiva l'associazionismo culturale assume le caratteristiche di un decisivo e discriminante "indicatore della vitalità sociale e culturale". Non si tratta, evidentemente, di una cartina di tornasole di immediata e inequivocabile lettura, che possa cioè consentire una metodologia meramente quantitativa e descrittiva. L'associazionismo culturale è anche, e in misura non indifferente,

effetto ed emanazione di quella che Trigilia definisce la "colonizzazione politica della società", e non sempre questo fenomeno esula e si distanzia da quel "familismo amorale" (ovviamente adeguato ai tempi) che è l'elemento tradizionale del solidarismo meridionale. Occorre dunque non limitarsi al dato nudo e crudo, ma integrare l'analisi con un'interpretazione qualitativa dei fenomeni. I numeri, co- · munque, sono di per sé molto eloquenti: circa seimilaquattrocento associazioni culturali basa- . te sul volontariato (escluse le strutture pubbliche e le associazioni religiose) che coinvolgono circa settecentomila soci e tre milioni di utenti saltuari. Un fenomeno di massa, dunque, la cui innegabile vastità assume intrinsecamente, al di là di ogni ulteriore interpretazione, caratteristi- · che di dinamismo e un senso di trasformazione dei rapporti sociali che getta una luce nuova e diversa sulla· realtà meridionale. Ovviamente, non tutto q_uelloche luccica è oro. Tuttavia è possibile affermare che siamo di fronte a un fatto nuovo per il Sud: a un bisogno e a una volontà di stare insieme a cui si aggiunge una crescente capacità di auto-organizzazione nella legalità e comunque all'interno della dimensione civile, della polis. È troppo poco per sbilanciarsi in ottimismi statistici, ma è abbastanza per affermare che il Sud non è . una realtà immobile e stagnante; che invece ha un'evoluzione, per quanto lenta e peraltro non priva di settoriali accelerazioni. Il fenomeno dell'associazionismo è infatti recente ed è stato caratterizzato da uno sviluppo rapido: gran parte delle associazioni sono sorte dopo il 1980, e una significativa quota risale appena ai primi anni Novanta. · Questo movimento così rigoglioso può essere a sua volta foriero di ulteriori dinamismi soci~li in grado di sca~dinare il familisn:io, il fatalismo, la carenza di un comune sentire la "cosa pubblica", la sfiducia nelle istituzioni, la deficenza di un senso dello Stato, l'inibizione atavica dello spirito di intraprendenza: può essere cioè volano di uno sviluppo autonomo, tutt'oggi zavorrato non solo da ritardi strutturali, ma anche da retaggi culturali e ideologici. Ancora una volta dobbiamo usare però il freno della prudenza. L'associazionismo-da solo non può innescare una sorta di moto perpetuo, ma solo favorire le condizioni e le probabilità di attuazione di un circolo virtuoso. Né d'altra parte, esso è immune (siova ripeterlo) da quei vincoli di assistenzialismo, clientelismo e consociativismo che costituiscono i mali incancreniti della realtà meridionale. Bisogna allora discernere il grano dal miglio, pur valutando nel complesso la portata innovativa e propulsiva del fenomeno. È innegabile che il volontariato associativo è stata una risposta spontanea alla latitanza dell'intervento pubblico e delle istituzioni deputate, che ha colmato (parzialmente) un vuoto, offrendo nel contempo "un canale di partecipazione alternativo e compensativo" che in qualche modo riequilibrasse gli scompensi dovuti alla crisi di credibilità e di attrattiva dei partiti politici. L'arcipelago associativo - per gran parte costituito da isolotti e atolli - è comunque un universo assai difficile da scrutare per la sua precarietà, la sua frammentazione e la sua. incerta, mutevole configurazione. Tutti fattori di instabilità acuiti da elementi contestuali. Constatiamo quindi nel contempo "fragilità del retroterra associativo ed effervescenza del tessuto sociale", condizioni oppositive ma non contraddittorie. La metà delle associazioni è costretta ad operare con risorse finanziarie estremamente misere. Il che ci dà immediatamente un'idea molto nitida sia della fragilità economica. del fenomeno, sia della sua tenacia motivazionale. Se alla base di tutto c'è un incremento del reddito che ha favorito una crescita dell'istruzione e di conse_guenza della domanda di beni e servizi. culturali, dobbiamo anche registrare il significato extraeconomicò della realtà associativa, la sua vocazione politica e ideale in senso lato, che peraltro a sua volta concorre a incentivare e promuovere il consumo culturale. Va da sé che l'associazionismo si configura come una risposta autogestita alle difficoltà dei giovani di penetrare nel mercato del lavoro. Circa la metà dei soci non ha un'occupazione, un terzo è costituito da studenti. E tuttavia biMEZZOGIORNO·

sogna tornare a dire che non è tutto economico il propellent.e di questo movimento. L'ag,.. gregazione può essere intesa corrte tentativo di trovare una compensazione a una inadeguata collocazione .sociale. Le associazioni consentono anche strategie relazionali, processi di riconoscimento, collocazione, identità. Ma non solo questo: c'è una diffusa esigenza di condurre insieme ad altri un imeegno volto al miglioramento delle condizioni di vita nella propria comunità. C'è il desiderio di condividere attivamente esperienze, di perse~uire interessi comuni. Anzi, è proprio questo 11dato nuovo. Si consideri ad esempio che sono proprio le associazioni sorte. più di r~cente quelle che risultano maggiormente capacì di realizzare una più vasta e intensa partecipazione dei propri iscritti (è anche vero, d'altra parte, che talvolta una forte motivazione ideologica, come nel caso ad esempio delle associazioni ambientaliste, può dare vita più a forme di mobilitazione che di partecipazione). , · I.dati confortano· questa chiave di lettura: il 58 per cento dei responsabili delle associazioni si dichiara impegnato politicamente, e a costoro bisogna aggiungere un'ampia percentuale di soci e dirigenti che in passato hanno avuto esperienze di militanza. C'è quindi un'evidente matrice etico-civica, di intervento sociale finalizzato, in queste associazioni, le quali interpretano un ruolo pubblico di critica e di stimolo soprattutto nei confronti delle amministrazioni locali, ma anche della polìtica in generale. Se in passato l'associazionismo è stato considerato e usato dalle sedi tradizionali di coesione del consenso politico come un "sistema parallelo" di reclutamento, una sorta di integrativa cinghia di trasmissione intimamente connessa al "partito" inteso quale sede e sbocco di un processo formativo, oggi pare connotarsi come un'alternativa ai modelli organizza- . tivi e partecipativi della cosiddetta Pnma Repubblica. C'è una "elevata contiguità tra l'universo della politica e l'associazionismo", ma anche una radicale rottura nei com_portamenti collettivi, nei modi di concepire l'impegno e nella visione stessa della società. Gli interlocutori privilegiati restano quelli pubblici (Comune, Provincia, Regione e Stato), ma anche la scuola è un punto di riferimento importante. Gli ambiti tradizionali della politica hanno ancora una notevole forza di attrazione, ma c'è un 13% circa dei dirigenti (la percentuale - suppongo - sarà molto più alta fra i soci) che rivela in rapporto ad essi un atteggiamento che si potrebbe definire freddo e che va dalla delega passiva, al distacco, al rifiuto e perfino al disgusto. Il disincanto e il disinteresse per la politica (nella sua accezione e nella sua dimensione tradizionali) cresce in misura inversamente proporzionale al grado di istruzione, il che fa supporre nella base una vasta area di insofferenza. Anche la collocazione politica si differenzia ih base al livello di istruzione (più a sinistra la componente provvista di titoli di studio più elevati, tendente al centro-destra quella meno· istruita). Ma anche la data di fondazione delle associazioni è indicativa. In linea di massima, le associazioni più recenti sono orientate verso sinistra, mentre quelle più antiche, fondate prima degli anni Sessanta, propendono verso il centro-destra. Analogo discorso si può fare in base ai settori· d'intervento: a sinistra, ad esempio, le associazioni ambientaliste, moderate invece MEZZOGIORNO quelle che operano nel campo delle tradizioni culturali (fatto spiegabile con la necessità di muoversi in un campo ristretto e quindi di avere un rapporto tecnico-" amicale" con le istituzioni locali). Significativa è però anche la percentuale di coloro che si sottraggono ad una collocazione tipica nell'asse destra-sinistra. Ad ogni modo, il senso di appartenenza ai partiti si è fatto globalmente assai più blando, ed è diffusa la predilezione di formazioni politiche nuove o comunque più marginali nel panorama politico tradizionale. La nuova lea- . dership dell'associazionismo degli anni Novanta presenta caratteristiche diverse dal passato:. una cultura J?iùlaica, m~amaggiore_autonomia, una magg10re attenz10ne alle esigenze individuali, una ricerca di canali alternativi a quelli tradizionali, una predilezione per ambiti associativi piccoli. Da tutto ciò Trigilia ricava la conclusione che nel Mezzogiorno si è venuta consolidando negli ultimi anni una "mobilitazione sociale" che procede dal basso ed è a_utopropulsiva, nonché un ·processo di crescente "autonomizzazione della società civile". Lo stereotipo di un Meridione statico e apatico viene, se non altro, incrin,ato. Ed è una situazione generale a carattere "diffusivo" che riguarda sia i capoluoghi (dove opera il 46,8 per cento delle associazioni) che le province, e si articola in maniera interessante a livello regionale e provinciale (la Sicilia detiene il maggior numero di associazioni, ma è la Sardegna ad avere la più alta densità associativa, e quest'ultimo primato a livello provinciale spetta a Pescara). È un quadro nuovo, che comunque va interpretato con estrema cautela. Vi è, infatti, ancora una forte dipendenza politica, sia finanziaria che organizzativa, dell'associazionismo. Così come si registra una persistente connotazione culturale piccolo-borghese a cui si affianca una nuova "borghesia di stato". che vede nella partecipazione associativa una stile di vita mutuato sul modello del circolo aristocra~co e usato come strumento per intessere relazioni finalizzate all'ascesa sociale. La crescita dell'associazionismo va ricondotta alla crescita del welfare pubblico. Ma questo processo è stato caratterizzato da un aumento delle capacità di consumo a cui non ha fatto riscontro una crescita della base produttiva. È una situazione di sviluppo dipendente che non manca di effetti virtuosi, ma neanche di aberrazioni. L'associazionismo culturale e le nuove figure professionali di elevato profilo tecnico-culturale sono ancora in questo contesto un polo di una dialettica di compromesso imperniata su vecchie logiche f, art1colaristiche e clientelari che regolano il unzionamento di istituzioni tenacemente irriformabili. Nell'associazionismo si riflette dunque "l'ambivalenza degli orientamenti e delle strategie delle nuove classi medie cresciute nella società meridionale". Eppur si muove, questo Sud, ma non sempre nella direzione giusta. · 4 L'associazionismo si presta sia ad essere strumento di un'integrazione di tipo clientelare a livello locale, sia ad essere grimaldello· di uno scardinamento di questa logica. Il giudizio dei ricercatori è che comunque in questa dinamica prevalgono gli aspetti positivi. Associarsi significa aggn~gare la domanda, partecipare, condivide,e volontariamente. uno scopo e unitamente perseguire fini comuni. Tutto ciò

avversa la cultura atavica del fatalismo e promuove una cultura moderna dell'intrapresa e della fiducia. Quest'analisi e questo giudizio . sono ovviamente condivisibili, oltre che confortanti (una volta tanto), perché basati s)I fatti. E tuttavia, forse per stonca propensione allo scetticismo, mitigherei queste conclusioni di segno positivo, ricordando nuovamente anche l'altra faccia dell'associazionismo culturale, la sua idoneità, soprattutto in provincia, al perseguimento di logiche parentali, il suo carattere assistito e spesso addirittura parassitario, il suo farsi ricettacolo di ambizioni velleitarie pronte a scagliarsi contro· ogni politica di rigore, giustamente selettiva, e perfino contro la logica stessa del mercato. Stiamo attenti, allora, bisogna distinguere: c'è pure un associazionismo marcio e squallido che vive (o magari vivacchia) di finanziamenti a pioggia in un sottobosco clientelare, che è sempre pronto a saltare sul carro del vincitore o di chi promette la manna e gli sperperi di una società-spettacolo con troppi circensi. .. ♦ .. ------~------------ ELITES, CULTURA E IMPEGNO Francesco Ramella Francesco Ramella, insegna sociologia economica presso l'Università di Urbino. Tra le sue pubblica- . zioni, L'Area Rossa, in Milano a Roma, Donzelli 1994, e Cultura e sviluppò, Donzelli 1995. ♦ Nel periodo più recente si è riaperta la discussione sulla diversità di cultura politica e civile che contraddistingue il Sud rispetto alle altre zone d'Italia. L'occasione è stata fornita dall'uscita dell'ultimo libro di Putriam sull' esperienza del regionalismo italiano1 . Al fine di spiegare le carenze di "rendimento istituzionale" del Mezzogiorno, Putnam richiama l'attenzione sul deficit di tradizioni civiche che .connota queste regioni, condizionando in negativo tanto la qualità della vita pubblica locale che i rapporti di cooperazione e di fiducia tra i cittadini. Si tratta di un punto molto discusso nella pubblicistica sul Mezzogiorno sin dalla ricerca condotta da Banfield negli anni Cinquanta su un piccolo paese di provincia di Potenza. In quello studio grande importanza veniva attribuita a una.sindrome socio-culturale che, secondo lo stµdioso americano, caratterizzava gli abitanti di Chiaromonte ed era una delle cause primarie dell'arretratezza della zo- .na: quella del familismo amorale. Come è noto, si tratta di uno spec_ifico èthos che ostacola l'organizzazione collettiva dei cittadini, spingendoli a porre davanti a tutto gli interessi della "famiglia", nell'implicita -assunzione che ogni altro cittadino seg\la lo stess? crit~r}.o,L-.a co~s~guen~a, ~elle pa~ole_di Banfield, ·e l mcapacita degli abitanti di agire per il bene comune o, addirittura, per qualsi- . voglia fine che trascenda l'interesse materiale immediato della famiglia nucleare" 2 • In un contesto simile, in cui sono dominanti logiche di azione ispirate da criteri di "razionalità familistica", è dunqu~ ovvio riscontrare una debo_lezzastru_m~r~l~d~so~ida~ietàallargate e di onentamentl civici imratl al bene della collettività". Leggendo le conclusioni dello studio di Putnam, a quarant'anni di distanza, emerge un quadro immutato di difficoltà a proposito del coinvolgimento collettivo dei cittadini negli affari della comunità locale e nel controllo delle autorità. Così, nonostante il tempo trascorso e il notevole aumento dei livelli di istruzione e di benessere economico, poco sembra essere cam- .biato per quanto riguarda lo spirito pubblico e l'azione solidale delle popolazioni del Mezzogiorno. Ancora oggi la scarsità di associazioni presenti nella società è assunta come uno degli indicatori più rilevanti .del deficit di tradizioni civiche che affligge le regioni del Sud. Dà Tocqueville in poi sappiamo che un articolato tessuto di associazioni intermedie costituisà un elemento chiave per il sistema democratico, esercitando un'azione benefica sia sul governo locale .che sui cittadini stessi. La partecipazio- . . ne associativa, infatti, diffonde e rinforza orientamenti di cooperazione e solidarietà sociale che, oltre a rappresentare delle· risorse importanti per il buon funzionamento delle istituzioni, sono altresì un efficace strumento di controllo e di salvaguardia dell'autonomia della società civile nei confronti del sistema politico. Si tratta, come è superfluo sottolineare, di questioni di vitale importanza per la convivenza collettiva e per la qualità della vita pubblica. · Si capisce perciò come mai negli ultimi anni sia notevolmente aumentata, anche sul piano scientifico, l'attenzione per questi fenomeni. Specie alla luce del fatto che mentre si sono moltiplicati gli indicatori di una disponibilità verso la partecipazione sociale (dalla crescita del volontariato alle molteplici forme di asso- . ciazionismo), nel contempo si è registrata anche una. notevole caduta della partecipazione politica, in particolare nelle sue forme più tradizionali, quelle mediate dalle grandi organizzazioni collettive. · Ma cosa è successo nel Sud? Come è stato rilevato, per quanto la possibilità di dar vita a uno sviluppo autonomo3, i processi di crescita degli scorsi decenni hanno assunto un volto . contraddittorio. Ciononostante i mutamenti avvenuti sono tali da mettere in discussione un'immagine troppo statica e immobile della società meridionale e segnalano invece una crescita e un rafforzamento della società civile. In particolare alcuni di questi cambiamenti riguardano lo sviluppo dell'associazionismo, che fino a oggi è stato oggetto di indagini episodiche e poco approfondite. Infatti, per quanto sia cresciuto lo studio di questi fenomeni, le ricerche effettuate si sono prevalentemente concentrate sulle regioni centro-settentrionali, ritenute tradizionalmente più "forti" non solo sotto il profilo economico ma anche della diffusione associativa. Il Mezzogiorno si

è a lungo contraddistinto per una carenza di partecipazione politica e associativa e per livelli di azione collettiva particolarmente bassi se comparati à quelli del Nord (Catanzaro 1983). Un dato, questo, da collegare con ogni probabilità alla minore forza con cui hanno agito nel Sud i processi di mobilitazione e di identificazione collettiva nella fase cruciale della strutturazione della politica di massa, ostacolando il formarsi di forti solidarietà allargate. Ciò detto resta da chiedersi fino a che punto tale quadro, che in passato ha descritto adeguatamente la realtà meridionale, non risulti oggi fuorviante. In particolare, l'interrogativo che ci poniamo è se nel Mezzogiorno questo deficit di "mobilitazione sociale" tenda a riprodursi inalterato anche per quanto concerne le ·nuove forme di partecipazione collettiva, spe~ cie a fronte della crisi che ha investito le maggiori agenzie di mobilitazione di massa. I risultati di una recente ricerca sulle associazioni culturali del Mezzogiorno, sembrano gettare più di un dubbio su tale eventualità 4 • L'indagine svolta tra il 1992 e il.1994 ha consentito un'analisi approfondita di questi gruppi e delle loro attività, nonché la realizzazione di un censimento sis.tematico e ragionato delle associ;i.zioni presenti nel meridione. Ne emerge un quadro per molti versi sorprendente, che contrasta con l'immagine opaca e statica con cui si tende a qualificare usualmente il fenomeno associativo nel Sud. Il censimento, infatti, rileva la presenza di ben seimilaquattrocento associazioni culturali, tre ogni diecimila abitanti. Un dato superiore a quello che altre indagini attribuiscono al Nord. I contenuti attorno ai quali si concentrano gli interessi della gran parte delle associazioni sono due: le iniziative in ambito artistico, cinematografico e di cultura varia, e le attività culturali con finalità prevalentemente ricreative. Hanno poi incidenza analoga due tipi di associazioni che fanno riferimento al medesimo oggetto di riferimento - il territorio - da differenti punti di osservazione: quelle volte al recupero e alla valorizzazione dell'identità e delle tradizioni locali e quelle indirizzate verso la tutela dei beni e delle risorse ambientali. Percentuali J?iù ridotte, invece, si hanno in settori dì attività che rappresentano interessi più specifici e che sottendono usualmente ,prerequisiti di conoscenze e competenze piuttosto selettivi: "studi storici sociali ed economici"; "cultura e formazione politica"; "promozione e diffusione della cultura tecnico-scientifica"; infine una categoria residuale in cui prevalgono le organizzazioni di immigrati. Accanto all'entità del fenomeno, ciò che colpisce è il suo carattere "diffusivo": più della metà dei gruppi risiede nei comuni non capoluogo, segno di una notevole dispersione sul terntorio e, parallelamente, di vitalità della periferia. Questo non significa tuttavia che la diffusione regionale delle associazioni sia uniforme. Tre regioni da sole esprimono più del 60% delle associazioni censite: la Sicilia (con il 31% del totale), fa Sardegna e la Campania (che raggiungono entrambe una quota pari al 16% ). Questi valori, tuttavia, non tengono conto della diversa consistenza demografica delle regioni. Per una valutazione più accurata di questi fenomeni si deve perciò risalire dai valori assoluti a un indicatore della "densità associativa", rapportando il numero delle associazioni a quello della popolazione. Emerge allora con maggiore chiarezza la diversa "vocazione" regionale alla partecipazione associativa nel settore culturale. I valori più elevati, in questo caso, si riscontrano in Sardeg·na, 'tAbruzzo, Basilicata e Sicilia, che si collocano t1!tte al disopra del valore medio del Mezzogiorno. L'aspetto di gran lunga più impressionante, però, è costituito dal dinamismo del fenomeno. Quasi i due terzi delle associazioni sono nate dopo il 1980 (in particolare i gruppi che si occupano di tutela ambieptale). Un dato che sottolinea come il tessuto associativo nel Mezzogiorno abbia registrato un processo di rinnovamento molto profondo, più ampio di quello sperimentato in altre realtà del Nord. Ciò rafforza l'idea che nel periodo più recente abbia avuto luogo una grande espansione di quest~ esperienze che, tuttavia, si sono innestate su un retroterra più instabile e in un ambiente più difficile rispetto a quello presente in altre zone del paese. Si evidenzia così la faccia ambivalente della crescita associativa di questi ultimi anni, che se da un lato testimo'nia una effervescenza carica di segnali positivi, dall'altro mette in luce anche la maggiore fragilità di questo fenomeno, nel senso del minore "radicamento storico" e della maggiore precarietà dell'associazionismo al Sud una volta confrontato con le. esperienze più consolidate del Nord. Ciononostante, quello a cui si deve prestare la dovuta attenzione sono i segnali di novità •provenienti da questi dati, che indicano una linea di tendenza che va in direzione del raffor- . zamento e dell'autonomizzazione della società civile meridionale. Si tratta di processi che possiedono una matrice sociale ben identificabiles. Innanzitutto, tra gli iscritti si nota un elevato numero di giovani: oltre i tre quarti hanno meno di quarant'anni. La presenza femminile, per quanto più contenuta rispetto a quella maschile, risulta più o meno in linea con quella rilevata da al~ tre ricerche su scala nazionale e tende a riequilibrarsi nelle associazioni nate recentemente, all'interno delle quali è più consistente la componente giovanile. Nelle associazioni, tuttavia, l'accesso ai ruoli di maggiore responsabilità risulta ancora una prerogativa tipicamente maschile. Accanto al profilo giovanile emerge anche una particolare provenienza sociale delle persone coinvolte in queste esperienze. È noto che le associazioni culturali costituiscono delle istanze di aggregazione per gruppi sociali che presentano un profilo socio-culturale piuttosto qualificato. Le associazioni del Mezzogiorno non fanno eccezione. Vi si riscontrano livelli di istruzione molto elevati e una rilevante diffusione di alcune categorie sociali specifiche: in particolare studenti e soggetti appartenenti ai ceti medi e superiori. Quasi la totalità dei dirigenti e i tre quarti dei soci possiedono un diploma di scuola superiore o una laurea. Circa un terzo degli iscritti sono studenti. Già da questi pochi dati emerge chiaramente il ruolo essenziale che la diffusione e l'allungamento dei percorsi formativi esercitano su questo aumento dei potenziali di partecipazione culturale. Se poi consideriamo esclusivamente i soggetti in condizione professionale, quel che balza agli occhi, accanto alla massiccia presenza degli strati impiegatizi, è l'elevata sovrara_ppresentazione dei ceti superiori: imprenditor.1, dirigenti e li-

beri professionisti rappresenta- • no una parte consistente degli · iscritti (circa un quarto) e so- \ .. prattutto dei responsabili. I ce- 11· ti medi autonomi, gli operai e , le persone in cerca di occupa- ~ zione detengono invece quote · più esigue a riconferma che il · ;f campo culturale, anche nella· J sfera associativa, mostra delle· ! b~_rrie~eall'entrata che per lo [ pm agiscono attraverso mecca- {; nismi di esclusione che si ri- 1 1 · producono seguendo le linee l!. ·· 1 • 1 della stratificazione sociale (sia J' ,.-., -'· in termi~i di livelli_di istruzio-,•~ . , . ·. · ·,: ;.f ne che di collocaz10ne profes- i ,4::.~- " sionale). t, -\~· 1. J ten~nc~ 1 ~:~d:sfa~l~n;,eit~a~:JJ ;/ii'{-·~' .-- t :,. porto tra associazioni e politi-I;), · \ . / t,j ca, che è stato oggetto di uni}~ ,:, ,4) J V il particolare a[ap~ofondimento' 'i · ì :1 1j ; i 1 ~f i~y~~}!l; ;;~:::;~:~J, .. -1. •;)\ ·fi1 1 ;i cizzazione dei dirigenti delle. ' 1 'i' '\ · \ ·i ; , /f t· I ·t , associazioni studiate6. Il 41 % . . / ·· • · ji.,, ' , ' i · ,. · , 71 t l!ij. r,c ·; L:, , ?.~i responsabt ~i definisce · ft f ,. 1 , !/ ; ii ;{i 1 ~t impegnato. po 1t_icame_nt~"e i \ ~ .-·...:!• .\ ·.. uf: /' ./ _t; !.'~/ ;:- un numero superiore dichiara t , ► , ·: _i) 1 l', • t l; - •· , di. ten~rsi i~f<;>rmatosulle que- tfij : . !.'. »•'·/.··~•, t}/- )ì L,r ~ \ 1 , stioni politiche, pur senza f;! · ✓' 'J'J .·.,,; tt, ' · 'l ' ' . prendervi parte dire~tamente. :\; lf,iì· 1, ;~:~ t{ ,\.'\ \1 _ { '1 :~/ Una quot~ ele".ata, inoltre, è J - 7 __;;,~ /~L'\.. t '1l...,1./·. . stata candidata in qualche ele- rr /,,-~. .,. ' .. ~ -~ . t . ' ~ ~ y ,...._✓ t ! . ~~".( i--- / $ \ zione pubt?tlica e risulta isctritt 1a_ -J~_;; 1 ·,, i,__ l.\. t,.,',· . :.:.! . '·'/ .\. __..,/. a un par i o; u_napere:? ua e ,\ -.. . . .. ( d 1 I. ' ·\\ ' / ancora magg10re p1u e . , \ !.. \ / -.,. 50%), infine, ha dedicato del d'. " ·,../ tempo in passato alle attività di f t ; un partito o di un'organizza- j•2'>...... "7· zione politica. Questi dati ri- "· ,, __ sultano a ·prima vista sorpren- · denti considerando che stiamo parlando di associazioni che svolgono in via primaria attività di tipo culturale, e sollevano non pochi interrogativi sul carattere più o meno endogeno e spontaneo dello sviluppo dell'associazionismo nel Mezzogiorno. Uno sviluppo che anziché segnalare la vitalità della società meridionale negli ultimi anni, potrebbe al contrario indicare una forte penetrazione del sistema politico nei momenti di autorganizzazione della soc~età civile, secondo Una logica di colonizzaz10ne. . Senza escludere del tutto questa possibilità, i risultati della ricerca lasciano intravedere una realtà diversa, così come si desume, tra l'altro, dalla scarsa dipendenza finanziaria che l'associazionismo culturale mostra nei confronti dei contributi pubblici. Vari elementi sembrano avallare un'interpretazione tesa a sottolineare i caratteri innovativi di queste dinamiche sociali, collegandole ai bisogni espressivi che a·gitano la società civile. Bisogni che assumono talvolta vesti esplicitamente politiche ma che soprattutto danno vita a nuovi canali .di fartecipazione alla sfera pubblica, anche per i tramite di associazioni che non sono mosse, in via primaria, da finalità politiche dichiarate. Intorno al 40% delle associazioni studiate, infatti, sono state classificate all'interno di una categoria che abbiamo denominato di "mobilita-· zione pubblica", poiché le attività che esse svolgono le vedono impegnate in azioni collettive di vario genere: marce, dimostrazioni, campagne di sensibilizzazione, iniziative giuridico-istituzionali verso gli enti pubblici, atti- . vità propriamente politiche, ecc. Questo tipo di iniziative risultano più diffuse in quelle associazioni i cui responsabili si dichiarano foliticamente impegnati. Tra questi, però, i numero dei soggetti non iscritto a nessun partito rappresenta ampiamente la maggioranza (circa il 60% del totale), ed è proprio all'interno delle loro associazioni che il ricorso a iniziative di mobilitazione pubblica è più frequente. È chiaro perciò che questi dati segnalano l'emergere di modalità di partecipazione sottratte al diretto controllo dei partiti e che sembrano anzi delineare la ricerca di canali di mobilitazione politico-sociale alternativi a quelli tradizionali, capaci di esprimere le domande e le potenzialità emergenti dalla società civile. Come è possibile interpretare i risultati emersi dalla ricerca? Qual è il significato di questa forte mobilitazione sociale, specialmente negli strati più giovani della popolazione, alla luce dei mutamenti che hanno investito negli ultimi decenni la società meridionale? L'ipotesi che possiamo fare è che il processo di crescita e rinnovamento del tessuto associativo culturale è stato favorito sia da fattori di ordine generale e di lunga durata che da elementi MEZZOGIORNO

più specifici, legati alle particolarità dei contesti locali. Limitandosi a considerare i primi, vanno ricordate sia le trasformazioni intervenute nella stratificazione sociale, sia l'innalza-· mento del reddito e dei livelli di scolarizzazione, che hanno allargato la presenza di sruppi sociali particolarmente disponibili nei confronti"della partecipazione sociale: specialmente· ceti medi dipendenti e studenti. L'aumento· dei bisosni culturali, la pluralizzazione degli stili di vita, la diffusione di domande centrate sulla qualità della vita, hanno generato in questi settori sociali una disponibilità partecipativa che - grazie anche al corttributo offerto dalle politiche culturali degli enti locali - ha favorito la proliferazione di nuove associazioni 7 • Da questo punto di vista, la "mobilitazione as- ~ociativa" dell'ultimo quindicennio costituisce una manifestazione della crescita sociale e culturale verificatasi nelle regioni del Sud, che ha alimentato un sensibile processo di autonomizzazionè della società civile. Questo aumento dei "potenziali di partecipazione presenti nella soci~tà "8 , nel contesto della crisi delle vecchie identità collettive e dei canali tradizionali di partecipazione politica, ha finito anche per dar luogo, in forme più o meno esplicite, a modalità parzialmente nuove di partecipazione civica. La crescita dell'associazionismo rappresenta così un elemento particolarmente importante per la vita pubblica locale e racchiude delle potenzialità innovative che merita.no di essere prese in attenta considerazione. A proposito. di questi sviluppi rimane f erò ancora da rispondere alla domanda su perché l'aumento delle risorse (d'istruzione, reddito, informazioni ecc.) che, seppure in forme squilibrate, si sia verificato negli scorsi decenni nel Mezzogiorno, si è tradotto in un simile dinamismo della partecipazione associativa. La risposta va probabilmente cercata nel ruolo che le associa- _zionie, più in generale, le varie forme di partecipazione sociale, svolgono nelle società complesse. Il settore associativo, infatti, può essere colto come uno degli ambiti all'interno dei quali si svolge la costruzione delle identità sociali, in un contesto in cui queste risultano meno univocamente definite dalla collocazione sociale dei soggetti e dalla posizione che essi occupano nella sfera produttiva. La pluralizzazione delle cerchie di apparte.nenza9 e la moltiplicazione dei modelli culturali che caratteriz- · zano le ·società avanzate, se da un lato hanno ampliato le possibilità di scelta e di opportunità espressive degli individui 10- svincolando in parte dai limiti della loro appartenenza di classe - dall'altro hanno suscitato anche nuovi bisogni di solidarietà e di appartenenza, che . tendono a bilanciare i processi di individuazione con quelli di identificazione.· Si tratta di esigenze che si manifestano con una particolare intensità tra i più giovani, ai quali le ass.ociazioni forniscono un ancoraggio di identità e un retroterra di micro-solidarietà e di relazioni affettive che contribuiscono a stabilizzare e strutturare iLprocesso di formazione della personalità 11. Per quanto riguarda più specificamente le· regioni meridionali, è possibile avanzare l'ipotesi che questa funzione di supporto e di definizione delle identità sociali assuma una particolare importanza a causa di un rapido processo di mutàmento che sconta la permanente arretratezza del sistema economico e il partièol~ris~o della_sfera po!i!ico-istitl:'ziona_le12. La diffusione dei mezzi d1mformaz1one d1massa, insieme all'innalzamento dei livelli di consumo e d'istruzione, ha infatti impresso un ritmo fortemente accelerato al cambiamento degli stili di vita e dei riferimenti culturali, a partire dalle ultime generazioni. Queste trasformazioni hanno determinato una rottura dell'isolamento della società meridionale iIJ.tempi particolarmente rapidi, generando una pluralizza-· iione dei codici culturali e dei punti di riferimento normativi,13 secondo linee che seguono in via primaria quelle del ricambio generazionale, ma che possono dar vita anche a forme di coesistenza e aggiustamento reciproco a seconda delle diverse fasce della popolazione. "Il risultato è una marcata eterogeneità sociale e culturale. Non deve essere dimenticato, inoltre, che i processi di modernizzazione hanno assunto nel Sud un andamento fortemente squilibrato e si sono espressi più sul piano degli _stili di vita che in altre sfere di attività. I giovani meridionali, in particolare, appaiono sperimentare una sfasatura tra i processi di modernizzazione culturale a cui sono esposti e l'arretratezza del contesto economico e istituzionale in cui vivonot4. Questo andamento asincronico dei processi di modernizzazione ha· teso così a suscitare una considerevole incertezza delle identità sociali in settori della popolazione che si trovano sottoposti all'influenza di codici normativi contrastanti: da un lato infatti sopravvivono, · modelli culturali e "di socialità chiusi e locali-- stici, in cui prevalgono orientamenti ascrittivi e particolaristici; dall'altro impostazioni più moderne e universalistiche, imp.ròntate a una maggiore apertura sociale e culturale. Un'ambivalenza, questa, che in parte ha radici più antiche15,ma che oggi è resa più difficile e conflittuale dalla maggiore esposizione ai flussi di comunicazione e di innovazione culturale che provensono ?al~'esterno del.c~rnt~stolo_cale.~i tratta di tensio·m e contraddiz10m che si ma.mfestano con particolare forza tra i giovani più scolarizzati, ma. che in senerale investono le categorie maggiormente inserite -all'interno dei mutamenti sociali e culturali verificatisi nei decenni passati, specialmente i soggetti più interessati ad affermare in termini innovativi il proprio capitale culturale nei confronti di un retroterra socio-professionale ancora fortemente improntato secondo linee di continuità tradizionale 16, È in situazioni di indeterminatezza e di ambivalenza normativa come queste, che tendono a manifestarsi processi di mobilitazione collettiva che rispondono al bisogno di ridefinire i parametri di una identità divenuta incerta, sia sul piano sociale che su quello indivi~ duale, in seguito a un processo di mutamento, particolarmente accelerato17 • La ricerca di luo-- ghi di aggregazione secondaria e di canali di partecipazione rappresenta con ogni probabilità anche una risposta a questo stato di cose, volta a creare reazioni sociali e momenti di identificazione che costituiscano dei nuovi .punti di riferimento culturali e normativi 18 • Una ricerca di luoghi di partecipazione che permettano di affermare un'identità sociale maggiormente sintonica con i processi di modernizzazione culturale delle società avanzate e che trova notevoli ostacoli nel Mezzogiorno a causa delle difficoltà di sviluppo e della resistenza di orientamenti tradizionali e particola-

nst1c1. Le associazioni, in ·questo senso, sono un ambito in cui le tensioni e le contraddizioni di un_l?rocesso di modernizza_zi~ne accel~r~to e sqmlibrat<;> trovano momenti di composiz10ne sia sul pia1;10_dell: id:nt}tà so~gettive ~h~ delle relaz10m di sohdaneta e dei modelli di socialità. Quanto detto, tuttavia, non deve indurre a credere che la partecipazione alle associazioni culturali possa essere letta unicamente in ter- · mini di apertura sociale e di potenziali di inno- . vazione. In realtà si tratta di fenomeni articolati in cui si riscontrano una pluralità di logiche. Alcune si pongono su una linea di maggiore continuità con il passato, altre rappresentano invece più chiaramente dei segnali di novità che possono produrre effetti positivi anche su un piano allargato, contribuendo al rinnovamento della società locale 19. All'interno dell'.associazionismo si muovono finalità diverse, alcune più orientate allo svago e alla socializzazione ricreativa, altre all'approfondimento di specifici interessi culturali, altre ancora all'impegno sociale e politico. Le stesse logiche sociali che ispirano la partecipazione risultano piuttosto polarizzate. Da un lato si notano pratiche associative centrate s.u domande culturali e di identità, che presentano un'apertura della membership tendenzialmente illimitata e un profilo prevalentemente giovanile e di classe media. Dall'altro pratiche più esclusive çonnesse alle esigenze di distinzione e di chiusura sociale di alcuni settori dei ceti medi ~ di quelli superiori, in genere nelle fasce d'età piv avanzate. . Si tratta perciò di processi complessi che assumono direzioni diverse e, dal punto di vista delle potenzialità innovative, in parte contraddittorie. Visti in quest'ottica, gli stessi fenomeni di partecipazione culturale di cui abbiamo parlato manifestano una spiccata ambivalenza, poiché se da un lato indicano chiaramente l'estensione di forme di socialità una volta riservate alle sole élites, dall'altro evidenziano anche la permanenza di consistenti soglie di esclusione dalla sfera culturale. La debole presenza dei ceti inferiori, delle persone meno istruite e di quelle ai margini del merca~ to del lavoro riconferma che il campo culturale, anche nella sfera associativa, mostra delle barriere d'entrata che seguono, per lo più, le linee della stratificazione sociale. · Note 1 R. D. Putnàm, La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano 1993. 2 E. C. Banfield, Le basi morali di una società arretrata, a cura di D. De Masi, Bologna 1976, p.37. 3 A tale proposito vedi il libro ai C. Trigilia, Sviluppo senza autonomia, Bologna 1994. 4 La ricerca svolta dall'Istituto meridionale di storia e scienze sociali (Imes) su incarico del Formez, è stata diretta da Carlo Trigilia .insieme a Ilvo Diamanti e coordinata da Francesco Ramella. L'indagine ha avuto per oggetto, in una prima fase, il censi-· mento sistematico delle associazioni culturali presenti in tutte le province del ,Mezzogiorno. La seconda parte è consistita nello studiò in profondità di un campione rappresentativo di circa 800 associazioni. Per i risultati della ricerca, vedi C. Trigilia (a cura di), Cultura e sviluppo. L'associazionismo nel Mezzogiorno, Roma 1995. · 5 Per un approfondimenti vedi F. Ramella, I caratteri della partecipazione: dirigenti, soci, utenti, in C. Trigilia (a cura di), Cultura e sviluppo, cit., pp.4786. 6 Per un approfondimento di questo aspetto vedi I. Diamanti, Le associazioni e la politica: un p;ofilo dei dirigenti, in C. Trigilia (a cura di), Cultura f sviluppo, cit., f p.113-161. · 7 Anche su piano territoriale si nota.una significativa relazione tra i livelli di reddito e d'istruzione, lo sviluppo dei consumi (di quelli culturali in particolare) e dell'offerta cultura!e,-da un lato, e la densità associati.va eresente nelle varie province dall'altro (I. Diamanti, Geografia e struttura dell'associazionismo culturale, in C. Trigilia, a cura di, Cultura e sviluppo, cit., pp.40-45). · . · · 8 R. Inglehart, Valori e cultura politica nella società industriale avanzata, Vicenza 1993. 9 G. Simmel; La differenziazione sociàle, Bari 1982. 10 Su questo punto vedi L. Sciolla, Identità e mutamento culturale nell'Italia di oggi, in V. Cesareo (a cura di), La cultura dell'Italia contemporanea, Torino 1990, pp.4O ss. .· 11 L. Sciolla e L. Ricolfi, Vent'anni dopo. Saggio su una generazione senza ricordi, Bologna 1989, pp.10-40. . 12 Sotto questo profilo i può parlare di una significativa asincronia dei processi di modernizzazione del Mezzogiorno. Per il concetto di mutamento asincronico vedi G. Germani, Sociologia della modernizzazione. L'esperienza dell'America Latina, Roma-Bari 1975, pp.69 ss. 13 A questo proposito vedi le considerazioni svolte da A. Signorelli, Famiglia, lavoro, potere: le trasformazioni culturali, in R. Catanzaro (a cura di), Società, politica e cultura nel Mezzogiorno, Milano 1989, pp.31 ss. . . 14Vedi l'intervista ad Alessandro Cavali in P. Botta (a cura di), Il mezzogiorno tra vecchi problemi e nuove sfide, Roma 1993, p.116. . 15 A. Signorelli, Diritti e favori, in F. P. Cèrase (a cura di), Dopo il familismo cosa? Tesi a confronto sulla questione meridionale negli anni '90, Milano 1992, pp.53 ss. . 16 A tale proposito vedi le osservazioni di P. Jedlowsk.i (Nuovi ceti medi nel Mezzogiorno.-fra clientelismo e professionalità, in "Inchiesta", 1990, , nn.88-89) e di C. Trigi_lia (Conclusioni: associazionismo e nuovo Mezzosiorno, in C. Trigilia, a cura di, Cultura e sviluppo, c1t.,pp.195-227). . 17 Riprendo qui un'ipotesi formulata da A. Pizzorno (Considerazioni sulle teorie dei movimenti sociali, in "Problemi del Socialismo", n.12, 1987) per spiegare la nascita dei movimenti sociali. 18 Stimoli a ricollegare la diffusione associativa ai processi di modernizzazione si trovano in Richard Rose (1954, pp.59 ss.), che richiama l'attenzione sulle "basi socio-psicolosiche" della formazione delle associazioni volontane. Come nota Rose, parlando a proposito dell'America, l'indebolimento della famiglia estesa, della chiesa e .della comunità locale, a seguito dei processi di· modernizzazione, avrebbe creato negli mdividui un'esigenza di rivolgersi a forme associative non solamente per soddisfare i propri interessi, ma anche per rispondere ai bisogni di appartenenza generati dalla perdita del1 'ancoraggio socio-cuhurale offerto dal contesto tradizionale;. . 19 Per un approfondimento di questi aspetti e un . ten~a~i,;70di tip_olog[zzazi?n~ d~lle varie "logiche sociali presenti nel! assoc1az10m.smoculturale meridionale vedi C..Trigilia ( Conclusioni: associazioni e nuovo Mezzogiorno,.cit.). ♦ MEZZOGIORNO

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