COME RITORNIAMO IN AFRICA
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nanzi al fatto compiuto. Il piccolo machiavellismo da rigattieri non è
roba nostra; lasciamola ad altri, i quali possono almeno consolarsi con
un bel successo elettorale.
Non toccava all'organo ufficiale del partito repubblicano di rinfre–
scare la formula ormai frusta dell'Italia missionaria. E poiché non
è il
caso di fare complimenti, diciamo che è un'ipocrisia. Lasciamo alla mo–
narchia fascista, ed anche pre-fascista, questo frasario ormai troppo inin–
telligentemente scoperto.
Se è vero, come si dice, che dobbiamo iniziare, anzi ricominciare
in AIrica il ciclo della grande valorizzazione economica, abbiamo scelto
male come piattaforma la Somalia.
Non devono i repubblicani ingannare o contribuire ad ingannare
l'opinione pubblica. E non abbiamo potuto fare a meno di sorridere
quando abbiamo letto sulla «Voce» una difesa d'ufficio della nostra diplo–
mazia col tono di colui che era proprio sicuro di averla in mano. La tesi
è veramente burlesca.
Noi in Somalia ritorniamo per compiere un esame di riparazione
verso i somali che già ci conoscono. Ci ritorniamo per prepararli all'au–
togovernò. Il ministro Sforza lo ha dichiarato alla Camera e lo ha riferito
al Senato. Voi sapete, i somali sono un popolo di bambini, e non sanno
ancora camminare da soli nella vìa delia civiltà: noi insegneremo loro i
primi passi. Noi, dunque, siamo le bambinaie dei somali bambini. Signori,
unii ridete. E In risposta a coloro die alla Camera gli contestavano la
impossibilità per gli italiani d'acquistare terre in Somalia senza il preven–
tivo consenso della commissione di vigilanza dell' ONU, il ministro Sforza
esclamava trionfalmente: tanto meglio, cosi i somali saranno sufficiente–
mente garantiti contro eventuali tentativi di accaparratoti. Cosicché il
governo italiano si assume l'ingrato compito di difendere i somali contro
la rapacità dei bianchi. E ve li immaginate voi, a questi chiari di luna,
i pazzi di imprenditori italiani che fanno ressa agli sportelli dell'ONU
per accaparrarsi terre in Somalia? Gli italiani l'avevano
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mano da cin–
quantanni e non s'erano accorti dei tesori nascosti della Somalia che
soltanto oggi affiorano alla superficie per la generosità degli altri che ci
hanno aperto gli occhi.
Non possiamo raccogliere, per brevità, tutti i fiorellini c(ie occhieg–
giano nei prati lussureggianti della retorica nazionale, alla quale i repub–
blicani
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hanno mancato di associarsi con sconsiderata leggerezza ma
tutti gli argomenti apparsi nella frettolosa discussione parlamentare, in
omaggio alla procedura d'urgenza, ci dicono che il problema andava riesa–
minato a fondo. Fra l'aderire con molte riserve, come hanno fatto ì più,
e il dire di no, come hanno fatto i meno, il passo non è poi tanto
lungo. Si potrà magari discutere se non era preferibile astenersi piuttosto
che dire bruscamente di no, ma le piccole questioni di procedura non
infirmano la sostanza del grosso problema che dovrà essere ancora
ripreso. Governo e Parlamento dovranno riesaminare l'assunzione del
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