LA S E D I Z I O N E DI S . MARTINO
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che in lui si manifestano più come espressione dì un giudìzio libero, che
trae spunti dalie cognizioni del tempo e non dimentica la moralità del
messaggio cristiano, che non quale esigenza di spirito settario. Qui si vuol
dire che è impossibile scindere la personalità dello scrittore nella tratta–
zione dei vari argomenti e nella figurazione dei personaggi (individui,
popolo, secolo, ecc.) come se essa riflettesse duplicemente una educazione
laica ìllumìnìstisca e una ispirazione profondamente cristiana. I giudizi
pessimistici del Manzoni sono quindi organicamente collegati, si riconnet–
tono al suo atteggiamento fondamentale rispetto al passato e, in genere,
all'umanità, sono la risultante non solo del dispregio degli illuministi per
le generazioni precedenti, che sarebbero vissute nell'errore, ma anche i l
riflesso di una spietata autocritica, che non si esaurisce in sè medesima
ma investe tutti gli uomini, e vede passato e presente al liime, si, della
ragione, ma anche sotto l'impressione dell'umana insufficienza, a cui non
basta la riabilitazione del progresso, se l'uomo, creatura raziocinante e
e impulsiva, non semre si sottrae all'influsso dell'ambiente e raramente
sente vigoreggiare in sè il fuoco della grazia illuminante e serenatrìce.
Sentiamo nelle parole dello scrittore un phatos più intenso, una vibra–
zione più accorata, se non l'esultanza degli illuministi di fronte alla « raison »
e la loro amarezza nei casi di persistente ignoranza. Abbiamo insomma
nel Manzoni non questa o quella particolare tendenza volta a volta pre–
valente, ma un pensiero, che accoglie gli aneliti dell'anima e di essi in–
veste la recente cultura, che ne esce vividamente arricchita e spiritualizzata;
un pensiero che, esprimendo esigenze di una umanità rinnovata, pervade
di un palpito di operante religiosità quelle creature di un'epoca passata,
alle quali forse la storiografia e la pubblicistica illuministica avrebbe dato
l'orpello di vieti pregiudizi e di vane e inulse iattanze. Se non vi è nel
nostro scrittore allineamento con la storiografia romantica e se non si
può in lui svincolare il concetto di svolgimento dalla tradizionale nozione
della divina provvidenza e dalla
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necessità di non lasciare pendenti i pro–
blemi della vita e della storia ma di fissarli nei loro elementi e di risolverli
in concreto, resta il dramma della coscienza umana nel suo svolgersi entro
i lìmiti del pensiero cristiano; per cui pensiamo, col Croce, che si addica
al modo manzoniano di guardare gli avvenimenti e ai personaggi delle
sue opere la definizione di «critica morale».
Pure vi è un'ombra che grava sulla accogliente atmosfera della «cri–
tica morale » manzoniana alle pagine, che abbiamo fatto oggetto dei nostro
studio. Nonostante l'assillo del nostro scrittore dì trovare una risposta
soddisfacente agli interrogativi che si pongono ai suo spirito di studiso
dei problemi storici, al suo senso di umanità, alla sua anima salda nei
convincimenti religiosi, egli non risolve la questione cardinale dei fatti
che narra in relazione alla sedizione di S. Martino ; questione, che soltanto
l'animazione della polemica aveva in qualche modo attutita nei suoi ri–
flessi economici e morali. Se condanniamo, d'accordo coi liberisti e col
Manzoni, la polìtica economica degli amministratori milanesi del seicento,
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