Emilio Lussu - La ricostruzione dello Stato

Quaderni de « L'Italia libera » ---- 1 ---------- t LA RICOSTRUZIONE DELLO ST~TO di EMILIO LUSSU • {;ò 1,i y .;_ p J._, ecc,, ·tll · ll2j t d. () ',,o-l '--<- PARTITO D'AZIONE r· undazione Alffèd LeWJn Bibl oteca Gino Bianco Biblioteca Gino Biancò

t Vent'anni ·di regime fascista banno dimostrato a che punto può una dittatura abilmente organizzata stroncare iniziative autonome di individui e di gruppi e asservire la vita di una nazione. I-1 fa. scismo segna il trionfo d.?lla. violenza come forza generatrice di consensi. Operai, contadini, artigiani, piccola e media borghesia, tecnici, intellettuali hanno, gli uni dopo gli altri, capitolato di fronte alta forza. Solo una ristretta minoranza si è ribellata a ser• vire, ma ha dovuto pagare con la morte e con la persecuzione implacabile il suo atto di fede. Questo spiega perchè, dopo tre anni di guerra, che gli avvini• menti presentano all'universalità degli italiani come la certafdi• sfatta e la rovina del paese, non si è avuta ancora una positiva reazione popolare. È che il fascismo ha impedito il crearsi di correnti politiche talmente potenti da essere in grado di agitare le masse e condurle all'insurrezione nazionale. La fame, i sacrifizi, i bombardamenti col massacro dei civili e la distruzione delle città, la serie crescente di scacchi militari non sono sufficienti da sè soli, a far levare la bandiera della r~volt~. Senza un'avanguardia politica, capace di far passare fra le sofferenze delle masse un ideale superiore di libera• zione, non v'è insurrezion.e possibile sotto un regime di polizia. Quest'avanguardia comincia_ solo ora a formarsi, ancora senza coe• sione, disparata, -i quadri dispersi, ed è da temere che la disfatta militare del regime preceda le sue effettive possibilità d'azione in• surrezionale. Se così fosse, si· creerebbe una crisi che peserebbe su tutto lo sviluppo politico nazionale del dopo guerra, panmdo ben difficile che l'occupazione anglo-americana del su_olo nazionale possa permettere una libera azione politica. Non è facile pertanto vedere nel buio di domani, chè sflo ie forze politiche che agiscono creano l'avvenire. Nell'ora presente, lé caratteristiche sono l'attività di pochi, l'attesismo dei più, e il di• sorientatnento generale. Ma ciascuno, nei limiti delle sue possibilità, ha il dovere di contribuire a u'n'operà di chiarificazione. II Il fascismo non è, come alcuni liberali tradizionalisti amano credere, una svolta improvvisa nel corso della civiltà del nostro paese. Nè, come la letteratura degli esuli era portata a sostenere di fronte a un pubblico straniero, un male che Il popolo italiano -~- Biblioteca G.no Bianco

noli meritava. Il fasc\smo non è caduto dall'aito, come un bolide. Esso è stato il prodotto naturale della civiltà politica italiana, una malattia del popolo italiano, formatasi nel suo organismo e nel suo sangue. È stato la conseguenza del passato. Se su questa critica fondamentale non si concorda, è difficile pensare si possa essere d'accordo nel ricostruire l'Italia. Il fascismo è il prodotto delle forze reazionarie che hanno costantemente influenzato l' Italia fin dalla sua unità, malgrado le aspirazioni liberali. Mussolini è la ripetizione riveduta e migliorata ed aggiornata del fenomeno Crispi alla fine del secolo scorso. Vittorio Emanuele III è la ripetizione, anch'essa aggiornata, di re Umberto. La reazion~ e la monar.chia non si sono smentite. Il re si sentiva veramente padrone in casa sua. In altri paesi, altri re hanno .giocato di testa, e pagato della medesima, l'attentato alle libertà popolari. Da noi, la decadenza e la corruzione delle forze politiche della democrazia hanno creato l'ambiente favorevole, Come uno squadrone bene ordinato di corrazieri, i grandi dignitari dello stato, e i grandi burocrati, e i prefetti, e consiglieri provinciali, e sindaci e consiglieri municipali, tutti liberali e democratici, hanno accolto il colpo di stato monarchico che ha preso il vistoso nome di e marcia su Roma•, al i:rido fatidico di • Viva il Re l •, Lo stesso Aventino ' ha gridato a perdifiato per sei mesi : • Viva jl Re•· Non è per un accidente inspiegabile che il capo incontestato del liberalismo italiano, anzi la sua più fedele incarnazione, Giovanni Giolitti, è stato la )eyatrice patentata del fascismo. Lo stesso partito del proletariato e dei lavoratori italiani, il solo cui, in ultima istanza, spettava, storicamente, il co_mpito di spazzare dalle piazze le camicie nere e le azzurte, era uscito dai trionfi elettorali del dopo-guerra, idropico, diviso e senza senno politico. E fu incapace all'urto. Il fascismo è l'ortica spuntata dalle rovine della democrazia ital!ana. · Le responsabilità sono generali, in rapporto alle iniziative, alle complicità o alle deficienze di ciascuno. Azione positiva quella delle forze reazionarie che hanno pagato lo squadrismo e .finanziato la grande avventura, in testa la borghesia industriale e rurale; azione negativa quella della democrazia decadente. Esse investono tutta la vita dello stato nel dopo-guerra. Il fascis'Ilo va debitore del suo trionfo e a quanti l'hanno sostenuto per arrivare al potere, e a quanti, arrivato al potere, l'hanlle SFondazione P.Jfrçd Lewin Biblioteca Gino Bianco Fondo Gino Bianco

difeso consolidato e glorificato, si da farlo apparire come l1espreSsione 'storica delle aspirazioni nazionali. Fra questi ultimi stanno in primo piano non pochi ambienti politici resp_o~sab'.li di ~aesi stranieri che nel fascismo ihdividuavano, con g101a, 1 espressione più mod~rna delle forze dell'ordine: e il papato. Di fronte alla mol: titudine dei cattolici dell'Italia e del mondo, fino ad allora avversi ad uoa dittatura nata e vivente nel sangue, il. papato, accordandosi clamorosamente col fascismo, ha asservito la religione al regime. Non v'era più dunque ragione di rivolta morale. III Il fascismo è strettamente legato al passato: rompere col fasci• smo significa pert,mto rompere col passato. Pretendere, come più d'un' anima quieta fa, di ritornare all'Italia del 1922, è così assurdo come pensare di ritornare all'Italia del 1831 o del 1848. La ricostruzione sarà pertanto complessa, poichè non si tratterà di ricopiare, ma di creare. Il problema non è di sostituire, al governo, il partito fascista con un altro partito o con un'alleanza di partiti : il problema è la ricostruzione radicale dello stato. Con Mussolini, non crolla il capo di un partito; è tutto un regime che crolla. Si tratta dunque dì sostituire, al vecchio regime, un nuovo regime. La parola è vecchia; si tratta di creare un ordine nuovo. IV La monarchia italiana è finita. Non il re, solo, ha tradito l'Italia, ma la monarchia. L'abdicazione del re non può dunque risolvere la crisi. Il re, il principe ereditario, e tutta la costellazione di principi d, Casa Reale, sono tutt'uno. La. dinastia sabauda si è estinta vestendo la camicia nera. Teoricamente, la monarchia è possibile in Italia, alla condizione che sia portato sul trono un principe straniero. Ma, per quanto il popolo italiano sia caduto cosi in basso, esso nqn si avvilirà mai al punto di accettare con rassegnazione un simile dono. L'ipotesi di un principe straniero sul trono italiano n1>n è meno assurda dell'ipotesi di un qualsiasi principe sabaudo, erede dinastico, Conservare sul trono un Savoia, qu·alunque dei Savoia, equivarrebbe a sostituire Mussolini con Ciano, o con Farinacci, o con Bottai, o con Grandi, o con De Vecchi, o con De Bono. Il consiglio di reggenza, per un principino figlio di principe, sarebbe la più strana di tutte le ipotesi, chè i suoi membri bisognerebbe prenderli fra i generali inglesi, americani, o russi. -4B1bloteca Gino B,anco

Nell'impossibilità che si avrà di salvare la corona con un Savoia, noi correremo il rischio d'assistere persino alla candidatura, a causa della successione del reame di Napoli, di uno d~i cento principi borbonici, scovato in una « boite • di mercato nero, a Parigi o a Vienna. E la vecchia gloriosa reazione italiana, dura a morire, sosterrebbe anche quella, in mancanza di meglio. L'Italia è ormai entrata nel numero di quei paesi, in cui la monarchia sarebbe un anacronismo infamante o ridevole. Quando noi sentiamo Carlo Sforza, discendente di una famiglia regnante, imparentato con case reali, che ha passato tutta la sua carriera di diplomatico a contatto con re e principi, Collare del- !' Annunziata per giunta, porre, alla sua coscienza d'italiano libero, che intende vivere senza macchia, la pregiudiziale repubblicana, bisogna concludere che solo la peggiore parte del paese, moralmente la più'indegna e politicamente la più pericolosa, si fa ancora ~ostenitrice della monarchia in Italia. V Una repubblica vale una monarchia, e può valere anche meno, se essa non transforma, fin dalle radici, la vita del paese, in- ogni campo, e non la eleva. Se non si suscitassero nuovi valori morali e ideali, avremmo una repubblica ludibrio dell'Eur_opa. La repubblica presuppone la totale rovina dello stato fascista. Lo stato fascista non si modifira nè si adatta, come ha fatto docilmente lo stato liberale. Lo stato fascista può solo essere distrutto, in tutta la sua struttura politica, sociale, cùlturale, militare-poliziesca. Il compito degli italiani liberi non è quello di con- · - quistare lo stato fascista_ e di trasformarlo in-stato democratico,- più o meno gradualmente, madi distruggerlo e di ricostruire, ex novo lo stato democratico. Non s'instaura la repubblica in Italia, se non si eliminano radicalmente, insieme col fascismo, tutte quelle forzé che hanno dato vita e sostegno al fascismo, e dalle quali puo' scatenarsi, al momento favorevole, un ritorno offensivo. La repubblica che presenta le armi al re in fuga e che si limita a cambiare Je· coccarde al cap• pello dei carabinieri, e poi celebra con spettacoli pirotecnici e danze popolari sulle piazze la riconciliazione e la fraternizzazione generali, ha fatto la sua tragica esperienza in Spagna. La repubblica democratica italiana dovrà costruirsi su basi concretamente de~ocratiche. -6Bibl oteca G·no B anco

VI Una trasformazione politica che seguisse il crollo del fascismo, senza essere accompagnata da una trasformazione sociale, lascerebbe i grandi problemi della democrazia italiana, senza soluzione. L' Italia avrebbe, a breve scadenza, dopo un periodo di conf.usione e di disordine, di nuovo la guerra civile, e un fascismo N. z o N. 3, in camicia bianca o gialla. La cosiddetta crisi dello stato, nella civiltà moderna, altro non è, sostanzialmente, che l'incapacità dello stato liberale a evolvere costituzionalmente e legalmente verso quelle che erano e. che sono le aJ!pirazioni socia)iste del ventesimo secolo. Non si sottrarranno a questa crisi nè gli Stati Uniti d' Am~rica, ove il proletariato co• mincla solo ora a formarsi una coscienza politica, e neppure I' In• ghilterra, malgrado la psicologia essenzialmente tradizionalistica del suo popolo, e nonostante il proletariato graviti attorno ai grandi interesssi dell'impero. Gli avvenimenti del dopo-guerra europeo dimostrano che questa crisi è sociale, e non è suscettibile-d'essere risolta con espedienti di riforme costituzionali. La grande borghe• sia, quella finanziaria e agraria in prima linea, non accetta di essere spodestata in omaggio alla libertà. Per quanto il fascismo sia ancora considerato da noi un fenomeno complesso, storicamente esso apparirà ben semplificato domani, e sarà esclusivamente considerato com.e la rivolta armata della borghesia alle rivendicazioni del lavoro. Lo stato sarà sempre in crisi finchè le forz~ della reazione non sa• ranno. definitivamente sconfitte. Lo stato liberale, cosi come si è formato sulle correnti ideologiche e politiche del XVIII e XIX se-· colo, è destinato a spari.re. In Italia, esso è finito.Esso è già scomparso. Ma questa sarà una fase di trapasso; l'essenza spirituale del liberalismo si salverà solo in una società socialista vittoriosa. VII ' In Italia il problema principale dello stato e della democrazia è questo: far coincidere, con le radicali trasformàzioni politiche, le radicali trasformazioni sociali. Queste devono essere simultanee. Senza di che, la democrazia combatte senz'armi e lavora nel vuoto. Per noi, il problema non è solo di valore politico;· è anche una aeCHSità tecnica di ricostruzione. L'Italia uscirà dalla guerra este• auata economicamente; con le sue industrie ingolfate in una produzione autarchica, la flotta mercantile affondata, non poohe città 6Bìbl oteca (3 rio B 1rco

distrutte. Che 11 grande capitale pieghi-all'esigenza nazionale di contribuire alla salvezza del paese. · · Tutta la grande industria dovrà necessariamente essere nazio nalizzata, e la gestione passare ai sindacati operai e tecnici, sotto il controllo dello stato. La nazionalizzazione delle banche, grandi e piccole, dovrà procedere di pari passo. Senza queste misure preliminari, si dissanguerebbe ancor,1 il paese, per speculazioni di singoli e per salvare aziende in stato fallimentare e si rimetterebbe in sella il nemico di domani. Che la collettività assuma i rischi : ma anche i profitti dell'organizzazipne industriale e la inquadri verso una nuova produzione di pace. Questa non puo' che costituire, in linea di principio, un'operazione di esproprio senza indennità. La espropriazione, senza inde~nità, della grande proprietà terriera, con la formazione di grandi e piccole aziende collettive nelle terre ove il processo di produzione è già spinto, di piccole proprietà indivlduall nelle altre, dovrà essere la realizzazio11e parallela. Essa segnerà non solo la esterminazione definitiva del fascismo rurale, ma contribuirà a sollevare la sorte dei braccianti e dei contadini poveri che il regime fascista ha aumentato con una stolta politica demografica, per poi affamarli e sbarazzarsene sui campi di battagl_ia. Queste dovranno essere le prime conquiste della democrazia, che renderanno partecipi della vita dello stato le masse operaie e contadine interessandqle direttamente al suo sostegno e alla sua difesa. Una democrazia che non sia domani sostenuta in Italia dalle masse popolari sarà una pseudo-democrazia : essa conterrà nel suo seno i germi della reazione. VIII · Tali obbiettivi non possono essere raggiunti, nè, raggiunti, po· tranno mai essere solidamente conquistati, se il proletariato italiano non ridiventa un'attiva e consapevole forza politica. Alla violenza squadrista e alla tirannide del regime, il proletariato ha piegato eome tutti gli altri, e ha perduto, comè massa, la sua coscienza di classe e la sua autonomia. Ma non puo' essere dimenti- . caro che è contro il proletariato organizzato, non solo nei suoi partiti politici, ma nei sindacati, nelle camere del lavoro e nelle cooperative che il fascismo ha scatenato la sua prima e più grande offensiva, con soddisfazione larvata o palese di non pochi demo• cratici autentici e liberali puri. ·La violenza fascista ha dimostrato che, caduto il proletariato come forza politica, cessano la resistenza ... 7B1bl oteca G no B anco

e la lotta politica in forma ·collettiva: la rr.assa abbandona la·Jotta, e solo la continuano indi\'idui e gruppi sporadici. Dove il proletariato è batruto, non v'è più lotta politica per la libertà e per la democrazia: esse scompaiono per rivivere solo, più· profonde ma sterili, nella coscienza di pochi: Tutta l'esperienza dei dopo-guerra ci ha mostrato che, contro il fascismo, non si è battuto senza quar• tiere, quale classe, che il proletariato: avan·guardia eroica in Austria, esercito popolare ,n Spagna. L'avvenire della democrazia è nel suo cuore e nella sua forza. È ben per questo che le speranze degl'itaiiani liberi sono agitate, per la prima volta dopo vent'anni, non. dalle au,tacie e dai sacrifizi, spesso snblimi, di singoli, ma dai re• centi scioperi degli operai di Torino e di Milano. Senza proletariato, ridivenuto forza politica, vano è parlare di conquiste sociali o politiche o di democrazia italiana. IX La crisi che ha abbattuto il proletariato italiano non è da'attri• buirsi al fascismo. È vero il contrario. Il successo del fascismo è da attribuirsi, in larga misura. alla crisi del proletariato italiano. La crisi del proletariato precede e contribùisce a consent re il fascismo.· Quella·che segue non è crisi, ma disfatta. Un cataclisma politico elimina partiti, ne mette altri ·,a:J vaglio dell'auto-critica e dell'azione, ne crea dei nuovi. Cosi è awenuto e avviene in Italia, dopo il trionfo del regime fascista o il dise• gnarsi' della sua fine. Le correnti socialiste, e per tale s'intende anche· quella. comu--. nista, che hanno ra ppresen tat9 la maggioranza ·del proletariato ita• ·· Jiano, sono quelle che maggiormenfe e ininterrott.amente hànno teso a riaffermarsi. Vecchie e nuove, sono quelle che si presenteranno ideologicamente e psicologicamente fra le più preparate ai grandi compiti cui le chiama la eliminazione del fascismo e la ricostruzione del paese. « Giustizi~ e Libertà• vi ha il suo posto di respon• sabilità e di lotta. Sono esse che prenderanno posto fra le avanguardie delle forze rivoluzionarie del!' Italia che si appresta a risorgere. Il partito comunista costituisce uu problema fra i principali, cui sono legati e l'unità d'azione politica del proletariato italiano e il successo della ricostruzione della democrazia. Preoccupazioni profonde esistono in molti campi sulla sua azione futura. Noi affer• miamo subito che il « pericolo comunista», che l'Asse e i suoi amici 8-..;...· Bibl oteca G•no B•anco

strombazzano, non è che la ripetizione della trista campagna che ha, portato al potere Mussolini in Italia e Hitler in Germania. L'Italia è il paese d'Europa in cui una soluzione socialista della sua crisi meno si può avvicinare al tipo totalitario della rivoluzione sovietica, senza crearne la rovina. I comunisti italiani- hanno fatto anch'essi la propria esperienza e trarranno dalla necessità della autonomia nazionale della loro azione la b'Uida indispensabile per par• tecipare alla causa comune. Per noi, il comunismo russo è il marxismo interpretato nelle esigenze sociali e politiche del popolo russo. La Russia è una realtà storica, l'Italia è un'altra. La Russia non ha vissyto che l'autocrazia, dai principi di Suzdal' e di Mosca in poi, e non· ha conosciuto l'umanesimo. La questione della terra, così fondamentale nella rivoluzione sovietica, non ha nessun riscon• tro con quella dell' Italia. In Russia, i contadini, dal Medio Evo alla passata guerra, incominciarono con l' essere liberi e finirono schiavi: l'opposto è il processo dei contadini italiani, malgrado che il bracciantato, socialmente, non sia che una continuazione della schiavitù. I comunisti_ italiani sono anch'essi chiamati, pena l'universale discredito, a far proprie le esigenze della <lemocrazia post-fascista. Dopo il vassallaggio imposto all'Italia dalla Germania nazista, alla democrazia italiana più consapevole ripugnerà non solo una domi• nazione, ma persino un'eccessiva influenza di una potenza straniera sul nostro paese. Il peso che le grandi nazioni vittoriose esen;iteranno sull'Europa contin,entale sarà per sè stesso immenso in ogni .campo: dipende da noi non contribuire a renderlo eccessivo. Noi_ sappiamo fin d'ora che l'Italia non sarà mai libera, se non sarà libera da ogni egemonia. X 'una trasformazione antifascista radicale così come sarà imposta dalle esigenze della ricostruzione del paese e· dall'organizzazione della democrazia non possono presumere di realizzarla le sole correnti s.ocialiste. ·Una alleanza durevole e un'identità d'azione politica legheranno queste a tutte le altre correnti, vecchie e nuove, della democrazia· italiana, avverse alla reazione. Liberali-repubblicani, democratici-repubblicani, cattolici-repubblicani, repubblicani-tradi• zionali, sara0nno portatì dalla necessità delle cose a formare questa unità d'azione politica insieme a tutte le espresaioni delle fon;e -9Biblioteca G·no B•anco

socialiste. Solo così, si potrà garantire il rispetto verso le realizza. zioni future di una democrazia progre~sista, nei limiti di quella costituzione che tutti, democrazie socialiste e democrazie non socialiste, avranno fissato in comune. Proletariato e contadini, arti• giani e tecnici 1 piccola borghesia. e non pochi strati della media borghesia, sono chiamati a costruire assieme l'Italia del lavoro. È da essi che prenderà forma e vita la democrazia repubblicana. Se quest' unità non resta solida neppure la rivoluzione antifascista potrà compiersi solidamente, nè si potrà consolidare l'essenza del nuov.o stato. XI Le varie fasi· e le modalità della ricostruzione dello stato nessuno può ancora prevederle. Se iniziative insurrezionali popolari batteranno il regime in una o più parti notevoli del territorio nazionale, avremo, malgrado tutti gli ostacoli, una libertà rivoluzionaria creatrice che eserciterà un'influenza insopprimibile in tutta Italia: se queste iniziative verranno a mancare, avremo dovunque gli eserciti di occupazione ed una libertà di secondo, grado, sorve• gliata e misurata. È permanente caratteristica dei vincitori conce• pire per i vinti una civiltà a somiglianza della propria: cioè un anacronismo. E questo ci creerà più di un ostacolo, Nòn. sappiamo niente di questo ipotetico futuro immediato, ali' infuori deJJa cer• tezza che avremo gli alleati, con le loro esigenze militari che do• mineranno tutto il campo politico. Non sappiamo neppure in q\18;) misura il popolo italiano potrà esercitare la sua sovranità. ·' Ma noi sappiamo quale è la nostra volontà e quale via dovremo seguire in ogni caso .. Mai, nessun compromesso con i responsabili del regime e dei 'disastri del paese. Non è solo Casa Reale. è -il Gran Consiglio, è il Senato, è la Camera delle Corporazioni, è l'Accademia d'Italia che dovranno chiudere le porte, nè solo i mi• nistri o i prefetti che dovranno partire. Finchè tutta la grande burocrazia di dentro e di fuori rimane in piedi, non si può parlare di vittoria della democrazia. Meglio valersi di inesperti che lasciare ai posti di comando autentici gerarchi che saboterebbero la rico-. struzione, o girella che voi tando casacca, renderebbero ridicolo il nuovo regime con l'enfasi della metamorfosi. Come la democrazia andrà al potere è tutt'altro che chiaro; ma è chiaro che essa non andrà al potere che quando potrà esercitare piena la sua sovranità. E che il potere dovrà essere esercitato, nel primo periodo, in fun• - 10 - Bibl oteca G,no Bianco

zlone di libertà, ma duramente. La difesa del nuovo stato non può essere affidata a nessuna delle organizzazioni armate esistenti. Milizia· e polizia dovranno sparire, e l'ese'rcito, fascistizzato nei suoi quadri, in tanti anni di corruzione politica, non andrà riformato, ma rifatto. ~II La Carta costituzionale che il popolo italiano sarà chiamato a darsi liberamente, non sarà che la conclusione delle modalità con cui il paese potrà esercitare le sue libertà. Essa sarà presumibilmente preparazione di anni, esperienza vivente delle nuove realtà politiche e sociali. Non presuma un «club• di cultori di diritto fissare fin d'ora l'avvenire. La costituzione sarà l'espressione diretta dell'effettiva democrazia italiana. Poichè è lo stato che biscgnerà ricostruire, rispondente alla vita di una democrazia del lavoro, e quindi tale che profonde modificazioni saranno portate all'essenza stessa nel diritto pubblico e privato delle legislazioni liberali. Una democrazia che ponga la soluzione radicale dei grandi problemi del capitale e della terra come sarà chiamata a fare la democrazia italiana, non può realizzare il suo sviluppo che illuminata da un ideale socialista e sorretta da una legislazione progressista. Se così non fosse, nel corso di una generazione si ricreerebbero quei privilegi, quelle ingiustizie e quei pericoli che si saranno voluti sopprimere oggi. Ma l'essenza dello stato deve restare democratica. I più fra noi non credono che lo stato sia necessariamente, secondo la tesi marxista-leninista e quella tradizionale anarchica, per definizione la tirannia della minoranza sulla maggioranza, espressione' eterna di sfruttamento e dominio di classe ; e che quindi ogni stato sia, per la stessa sua natura, oppressivo. Nè credono che la libertà esiga per la sua vita, la distruzione dello stato, d'ogni forma di stato. I più fra noi ritengono ciò utopistico e non credono neppure che la dittatura del proletariato in Russia sia una forma di trapasso tra lo stato zarista distrutto e il non stato marxista d'av• venire, quando, distrutte definitivamente le classi, saranno con queste definitivamente eliminati i pericoli di lotta di classe: un vero e prorrio stato. Lo stato va pertanto definito in altro modo. Lo stato in cui le grandi industrie sjano collettitlizzate, e il capitale finanziario sia qitindi co'zpito a morte, e le ba1whepassino tutte allo stato, alla regione, al comune, ai sindacali, e la grande proprietà Biblioteca Gino B,1mco i<'bhaazione Alff'èd Lewn.1 Bibhoteca Gino Bian:eò

ten'iera ve•ga a sparire come proprietà privata, non può essereoppressione di una minoranza sulla mag~ioranza. Esso costituirà l'org~nizzasione politica della maggiorama certa, lo stato della democrazia, A questo stato il proletaria.lo potrà con fiducia pffrire la sua obbedienza ; esso è anche il suo stato. PoicM il proletariato stesso avrà cont,ibu,to a crearlo, lo presidierà e lo difenderà. Questo stato gli consentirà, democraticamente, la realizzazione progressista del socialismo, senza possibilità di contrattacchi reazionari fascisti. È la lealtà verso questo stato e le sue leggi che bisogna porre come principio della democrazia di domani. Con il consolidamento dello stato prendono fine le misure ecc~zionali, la violenza e il governo rivoluzionario per c,dere il posto alla legalità cosl1/uzionale. Una minoranza che esca dalla legaUtà si pone contro la stato, nemica delta mageioranza e della democrazia. Ribellarsi alla maggioranza è fascismo. XIII La ricostruzione dello stato e del paese- porrà una vastità di problemi: fra i primi, quello dei quadri. Si tratterà di creare tutto: in ogni settore: del lavoro, del/' economia, della finanza, de/I' 11mministrazione, della cultura. E in ogni settore ha posto una competenza. Anche per i sostenitori tradizionali dello stato italiano centralizzato, la questione delle direzioni locali, si presenterà insopprimibile, Non è dal centro, ma dalla periferia, dai comuni, dalle regioni, dalle organizzazioni del lavoro, da tutti, che sorgeranno le difficoltà che reclamano soluzioni immediate, La soluzione è stil posto. La realtà, ben più che la dottrina, spingerà verso il federaUsmo. La dottrina ci dice solo che il fascismo italiano ha le sue radici nella centralizzazione dello stato monarchico, che l' Unità ha piemontesizzato, così come il fascismo tedesco, ha le sue nel/' avidità di potenza di "~a Germania prussianizzata. La dottrina ci dice che la rivoluzione francese si è installata nel centralismo de· lo stato assolutistico di Luigi XIV, come qt{C/lamssa nel totalitarismo dello stato autocratico. La dottrina ci dice che, per passare dal/' impero alla repubblica e per rendere più difficile un colpo di stato asburgico, nella confusione del dopo-guerra, la piccola Austria si organizzò in provincie federali, e che lo stato, così formato, ha potuto, in condizioni che nessun altro paese ha conosciuto peggiori; resistere non un.giorno, ma anni, Vienna dieci, agli assalti della reazione cui mancava tm punte d' appo:gio. La dottrina ci dice che la Spagna, paese che sotto molti aspetti rievoca il nostro, se avesse avuto il tempo di presentare al pronunciamento dei :e11.erali l'organizzazione f~d~mle della repubblictt, awellbe - 12 - 81blioteca Gino Bianco

evitalo la disfatta, n•lloslanle gl, aiut, dati a, ribelli da ÀfussoÌin, t da Hitler. L'Italia, di centro politico vitale, non aveva che Roma. Presa Roma, il fascismo. pur ancora inviso universalmente al popolo dal Veneto alla Sicilia, si è considerato definitivamente trionfante. Noi non possiamo ricostruire quell'Italia. La costituzione di uno 11tato federale esige una coscienza generale federalista: altrimenti si costruisce sulla sabbia. Esige una tale coscienza nazionale per cui le regioni si considerino i baluardi più validi dell'unità nazionale. Se noi abbiamo questa coscienza nazionale, non del federalismo dobbiamo aver paura ma del centralismo. Bisogna che risorga, ricca e multiforme, la vita locale, e interessi sul posto tutti, compresi quei milioni di candidati alla bassa buro• crazia e ai piccoli servizi mercenari che il mezzogiorno e le isole ~llevano come parassiti del paese, e che le provincie scompaiano coi prefetti sì che non si senta più parlare di questi centri fittizi e corruttori di vita locale. E che si spogli Roma, diventata una città pletorica, di pretoriani e di .postulanti. La preoccupazione, che in taluni arriva fino allo sgomento, per cui lo stato federale sarebbe privo di autorità è degna di un commissario di pubblica sicurezza. L'autorità dello stato democratico non deriva già dalle cariche di polizia, ma dalla coscienza che ogni cittadino ha di essere partecipe della vita dello stato. Nello stato federale, il potere centrale coordina, influenza e dirige: ioverna, non d.omina. Il fascismo e l'impero hanno la loro tomba naturale nella repubblica federale. Lo Stato federale non salva obbligato• toriamente una democrazia dalla corruzione, ma le dà obbligatoriamente più centri essenziali di vita. Per l'Italia, esso si presenterà come l'organizzazione più razionale della democrazia post-fascista. XIV L'onore del fascismo che ha scatepato questa guerra esigerebbe che i suoi gerarchi scomparissero tutti sui campi di battaglia, ma li vedremo, pressoché tutti, ambire a conservarsi in buona salute e a vivere a lungo, nei paesi neutrali in èui li hanno già preceduti i depositi dei loro profitti. Giustizia esige la confisca della loro for• tuna_ e, se se ne avrà il tempo, delle loro persone. Un ordine nuovo non :potrà mai essere instaurato, se non saranno chiamati <1,llaresa - 18 Biblioteca G no Bianco

det conti tutti i colpevoi\, non di opinioni politiche, ma di cÌeÌltti concreti. Ogni città ed ogni 'villaggio ha il suo Duce. Ma un ordill,e nuovo è egualmente inconcepibile se la 'riconcilÌazione della maggioranza non ne segna l'inizio. Essa dev'essere cimentata in seno alle masse popolari : operai e contadini per primi. L'essere stato fascista non può essere imputato a ciascuno come un delitto. La fraternizzazione dei combattenti della passata e della presente guerra, gli uni e gli altri traditi nei loro sacrifizi, afier• merà che è ingiustizia far ricadere sulla generalità dei cittadini la responsabilità dei governanti. Gli anonimi ed infiniti atti di eroismo compiuti dai combattenti di questa guerra stanno a dimostrare quale generoso contributo avrebbe potuto offrire il popolo italiano nella difesa di una causa giusta. La fraternizzazione dei combattenti delle due guerre contribuirà a sollevare e a ricondurre verso l'avvenire la gioventù italiana che la delusione dell'esperienza fascista avrà spinto verso forme negative di scetticismo o di nichilismo. xv È sopratutto questa necessità moralEl e politica di una riconciliazione fra gli italiani che in;ipone la necessità di separare lo stato dalla chiesa. Sarà un bisogno immediato scindere là religione dalla politica in un paese conie il nostro, prevalentemente cattolico. Altrimenti, noi avremo lo spettacolo permanente di attentati a cardinali, a vescovi e ad altri grossi prelatò. che hanno, in processione e in chiesa, presentato ai fedeli il folle avventuriero come l'Uomo mandato dalla Provvidenza. E non si salverà neppure il papa. E, quel ch'è peggio, rivedremo rifiorire la bassa letteratura anti-clericalc, sul tipo di quella che ci aveva offerto sull'« Asino• Podrecca, di misera memoria, finito poi fascista e cattolico, ·naturalmente. E vedremo_, prospere e faconde, le loggie massoniche, che riposino in pace. Il problema può apparire complesso, ma anch'esso esige soluzioni radicali. Il gattato del Laterano e il Concordato, atti politici di reciproca compra vendita fra Vaticano e fascismo, non possono più rimanere in piedi. Il Concordato, d'altronde, cade per se stesso col cadere del regime fascista, e sarebbe anacronistico che, caduto il Concordato, il Trattato continuasse a vivere la sua inspiegabile vita. -14Biblioteca Gino Bianco

xvi Se è difficile prevedere le realtà delle varie fasi per cui bisognerà passare per la ricostruzione dello stato, non meno difficile è prevedere il posto che prenderà l'Italia di domani nella ricostru• zione e nella sistemazione dell'Europa e del mondo. Ma noi dobbiamo cercare di vederci il più chiaro possibile fin d'ora. Se le nazioni alleate, vittoriose, confondessero il regime fascista con l'Italia, commetterebbero lo stesso errore di quelli fra gli italiani che hanno, · durante la guerra, commessa la stessa confusione. Non l'Italia, ma il regime va punito. Il popolo italiano ha le responsabilità che gli derivano dalla decadenza della sua democrazia, che· ha permesso il fascismo, ma nonostante le sue deficienze, esso si è espresso fino al 1922, nettamente contro il fascismo nella sua grande maggioranza, e, dall'avvento del fascismo al potere in poi, non ha potuto mai più es.primere liberamente la sua volontà. Idealmente, la sovrana coscienza di un singolo si può esprimere sempre liberamente; ma non si può esigere questo da tutto un popolo. Neppure il paese della libertà, quello da cui gran parte del mondo ha copiato gl istituti politici, ha potuto esprimersi liberamente sotto Cromwell. E il popolo spagnolo, che non è stato inferiore a nessun altro ·per l'eroismo collettivo· con cui ha difeso la sua libertà, non si può più esprimere liberamente da quando Franco lo domina. Noi non accetteremo mai la legittimità della pretesa che l'Italia possa essere mutilata d'una parte anche piccola del suo territorio. nazionale, tale qual' era costituito al momento dell'avvento del fa. scisma al potere. Così si colpirebbe l'Italia, non il regime fascista. È si creerebbero nel paese focolai d'irredentismo e volontà di rivincita,· mentre la verità politica che la democrazia italiana deve affermare è che il regime fascista ha perduto la guerra, ma l'Italia l'ha vinta. Alla Grecia, il popolo italiano libero, per co11111crare eterna un'amicizia che l'invasione fascist:.!, ha infangato, è obbligato a restitu)re plebiscitariamente il Dodecaneso, ch'è greco. Tutte le altre divergenze di frontiere e minoranze etniche non possono che essere risolte con spirito de!]locratico ed europeo, dai rappresentanti dell'Italia e dei popoli finitimi. Divergenze infime o nulle, se dalla pace sorgerà un'aspirazione all'unità politica dell'Europa. Chi osasse reclamare l'Abissinia o l'Albania dovrebbe essera punito per offese a nazioni amiche. Ma nei riteniame che il pro• -16 - 81bl1oteca Gtno Bianco

blema coloniale, quello ltaHano e quello degli altri paesi debba esse.re risolto come un problema d'interesse generale, europeo e mondiale, non con criteri imperialistici sostenuti dalla forza, o come sanzione penale contro un popolo vinto. L'era militare-mercantile del colonialismo è chiusa. Se il problema coloniale, che tocca i popoli colonizzatori e colonizzati, non verrà risolto nell'interesse di t11tti, dei popoli colonizzati innanz,tutto, e nell'interesse della pace durevole, esso costituirà nel prossimo futuro una sorgente di rivolta e di pretese da cui può nascere, ancora uua volta, la guerra, La pace che uscirà da questo. conflitto mondiale contiene gli stessi pericoli della pace uscita dal trattato di Versailles, se essa non subordina ali' interesse di tutti le ambizioni di pochi. Le nazioni unite hanno un posto di responsab,lità storica di fronte al mondo. L'Italia democratic<1 sa che l'imperialismo dei suoi avventurieri e il nazionalismo an ti-nazionale dei suoi siderurgici sono sepolti. Non alle passate glorie, perdltro discutibili, d'un impero remoto nei secoli e che non conobbe che un'oligarchia corrotta e un popolo decaduto, ni alla grandezza d'una nazione che presuppone la dbtruzione delle altre-, essa ispirerà il suo avvenire. L'Italia troverà la sua ascesa nel lavoro mirabile dei suoi operai, dei suoi contadini e dei suoi artisti, dei suoi tecnici e dei suoi scienziati, nella serenità del suo genio cNatore, nell'umanità del suo pensiero uni versale. Giugno z94J Bkcomti e Q(wtf.z(a t L·tbtrta • , ParUt<, d' Jzfont •ono la lttata e<nu. pvbblitMamo (11• Ugralment, ,mo 1crftto di Ev1Uio Ltcn" uppar,o in F-ra,u'4 clanck1ti110 mL g(ugl\o 1eor,o, .4tn:ien(mtntt improUtt sono «l-'tlthuti dopo (IUtlla data, ma lo 1crleto COMtrtta aempre impo,-taM4 ptr i probltmi /onàamentaH cM ,,,o pro,pethi. E ptn:fc) lo pubbHcMamo, oon11 contrCWCo aUa ci\iarljloaaione tùU'impHta.rion, i<lfologiça e poUUca. dfl partito. - 16006256 ('onctaz10ne Alfred Lew1n ~- ;..,, _, Biblioteca Gino Biancò ·

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