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LA CRITICA
P O L I T I C A
hanno assicurato alle loro maestranze un trattamento economico e morale su–
periore a quello medio della
zona.se pure non ha raggiunto quello delle indu–
strie più moderne, ora ampiamente spiegato dalla « Illustrazione Italiana ».
I due Consorzi hanno dimostrato con il loro esempio che la man–
canza del pungolo di un lucro immediato e diretto non costituisce un
ostacolo allo sviluppo di un'azienda industriale, ed anzi lo favorisce; se
si fossero dati una struttura capitalistica, ponendo in primo piano il di–
videndo da conseguire a fine d'anno non avrebbero dedicato somme co–
spicue a esperimenti culturali, a impianti ammodernati, all'assistenza delle
maestranze, e non avrebbero suscitato cosi larghi consensi fra gli agri–
coltori e i contadini, allettati dai prezzi più remunerativi della cultura
del tabacco in confronto ad altre. L'aspirazione al dividendo avrebbe
costituito un
impedimento
a superare certi limiti nelle varie direzioni, e
avrebbe ostacolato ulteriori sviluppi.
II loro sorgere è stato favorito dal carattere monopolistico della cul–
tura dei tabacchi indigeni; questo carattere ha costretto gli agricoltori
ad associarsi, uscendo dal loro abituale isolamento; ma è evidente che
questa circostanza estrìnseca non esclude la possibilità di estendersi di
queste forme associative nel campo agricolo, ove del resto si hanno già
le cantine e le latterie sociali, le cooperative bozzoli, qualche fabbrica di
conserve di pomidoro, ecc.
È utile che questo esperimento cooperativo dell'Alto Tevere agricolo
sia conosciuto anche fuori della regione, mentre si parla con tanta gene–
ricità e con tanto superficialismo di riforma agraria, problema concreto
che non può essere risolto se non con una conoscenza sperimentale di
quanto avviene nella realtà quotidiana.
GIULIO PIERANGELl
Gli scherzi della statistica.
Sta facendo
il giro dei giornali
la
fola
che ì proprietari
dì terra in
Italia
sarebbero
ventidue
milioni,
e cioè ogni due cittadini
uno sarebbe
pro–
prietario
di terra e l'altro
no. Con i dati catastali gli statistici
sono giunti
a
questa strabiliante
conclusione,
che è in netto contrasto con i risultati
della
espe–
rienza
personale
di ognuno dì noi e che per questo dovrebbe essere
rettificata.
Il catasto è fatto
per comuni,
e quindi se uno ha la proprietà in
dieci
comuni
figura
dieci volte nella
statistica;
le ditte catastati
non sempre
si
riuniscono
nei registri
catastali,
e una stessa persona
ha o può avere pa–
recchie ditte catastali,
secondo le diverse
provenienze
dei suoi beni, e
quindi
altra fonte dì duplicazioni
; specialmente
per la piccola proprietà
parcellare
avviene che rimangono
iscritte nei registri
catastali
persone
morte da tempo
(perchè non si sono fatte
le denuncie
di successione
o perchè non sì
sono
eseguile
volture)
e persone che hanno ceduto ì loro
diritti
senza fare
atti
regolari
che consentano
le volture
stesse.
Il nostro
catasto
anche in questo
indica
e non prova:
la verità è che
in Italia
esiste una proprietà
polverizzata,
che ha importanza
economica
del tutto
trascurabile
e non serve a trasformare
i nullatenenti
in
beati
possidenti,
e che in Italia la piccola
proprietà è molto
diffusa ; ma da questa
verità alla statistica
ci corrono
molti
carri
di refe, e le statistiche
cata–
stali non servono
a dare una fotografia
della
realtà.
Gli uomini
politici
imparino
a non fidarsi delle
statistiche.'
Biblioteca Gino Bianco