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236

LA CRITICA

P O L I T I C A

hanno assicurato alle loro maestranze un trattamento economico e morale su–

periore a quello medio della

zona.se p

ure non ha raggiunto quello delle indu–

strie più moderne, ora ampiamente spiegato dalla « Illustrazione Italiana ».

I due Consorzi hanno dimostrato con il loro esempio che la man–

canza del pungolo di un lucro immediato e diretto non costituisce un

ostacolo allo sviluppo di un'azienda industriale, ed anzi lo favorisce; se

si fossero dati una struttura capitalistica, ponendo in primo piano il di–

videndo da conseguire a fine d'anno non avrebbero dedicato somme co–

spicue a esperimenti culturali, a impianti ammodernati, all'assistenza delle

maestranze, e non avrebbero suscitato cosi larghi consensi fra gli agri–

coltori e i contadini, allettati dai prezzi più remunerativi della cultura

del tabacco in confronto ad altre. L'aspirazione al dividendo avrebbe

costituito un

impedimento

a superare certi limiti nelle varie direzioni, e

avrebbe ostacolato ulteriori sviluppi.

II loro sorgere è stato favorito dal carattere monopolistico della cul–

tura dei tabacchi indigeni; questo carattere ha costretto gli agricoltori

ad associarsi, uscendo dal loro abituale isolamento; ma è evidente che

questa circostanza estrìnseca non esclude la possibilità di estendersi di

queste forme associative nel campo agricolo, ove del resto si hanno già

le cantine e le latterie sociali, le cooperative bozzoli, qualche fabbrica di

conserve di pomidoro, ecc.

È utile che questo esperimento cooperativo dell'Alto Tevere agricolo

sia conosciuto anche fuori della regione, mentre si parla con tanta gene–

ricità e con tanto superficialismo di riforma agraria, problema concreto

che non può essere risolto se non con una conoscenza sperimentale di

quanto avviene nella realtà quotidiana.

GIULIO PIERANGELl

Gli scherzi della statistica.

Sta facendo

il giro dei giornali

la

fola

che ì proprietari

dì terra in

Italia

sarebbero

ventidue

milioni,

e cioè ogni due cittadini

uno sarebbe

pro–

prietario

di terra e l'altro

no. Con i dati catastali gli statistici

sono giunti

a

questa strabiliante

conclusione,

che è in netto contrasto con i risultati

della

espe–

rienza

personale

di ognuno dì noi e che per questo dovrebbe essere

rettificata.

Il catasto è fatto

per comuni,

e quindi se uno ha la proprietà in

dieci

comuni

figura

dieci volte nella

statistica;

le ditte catastati

non sempre

si

riuniscono

nei registri

catastali,

e una stessa persona

ha o può avere pa–

recchie ditte catastali,

secondo le diverse

provenienze

dei suoi beni, e

quindi

altra fonte dì duplicazioni

; specialmente

per la piccola proprietà

parcellare

avviene che rimangono

iscritte nei registri

catastali

persone

morte da tempo

(perchè non si sono fatte

le denuncie

di successione

o perchè non sì

sono

eseguile

volture)

e persone che hanno ceduto ì loro

diritti

senza fare

atti

regolari

che consentano

le volture

stesse.

Il nostro

catasto

anche in questo

indica

e non prova:

la verità è che

in Italia

esiste una proprietà

polverizzata,

che ha importanza

economica

del tutto

trascurabile

e non serve a trasformare

i nullatenenti

in

beati

possidenti,

e che in Italia la piccola

proprietà è molto

diffusa ; ma da questa

verità alla statistica

ci corrono

molti

carri

di refe, e le statistiche

cata–

stali non servono

a dare una fotografia

della

realtà.

Gli uomini

politici

imparino

a non fidarsi delle

statistiche.'

Biblioteca Gino Bianco