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I GIOVANI I N I T A L I A I N UNA I N D A G I N E D I S A L V E M I N I

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E

sono fatti s u l serio. S i dice, anzi, che sono fatti troppo sul serio

per proteggere coloro, che già esercitano le professioni, dalla con–

correnza dei nuovi venuti. I l paese è pertanto allagato d a m i –

gliaia e migliaia di persone che n o n sanno che farsene dei loro

certificati universitari. L'Università li h a traditi, traditi alla p a –

rola, per molti anni. D a più parti m i è stato detto che in quest'anno

passato sono apparsi i primi segni di convalescenza, cioè gli esami

sono stati fatti sul serio, finanche nelle scuole di legge e di scienze

economiche e sociali. M a le condizioni sono sempre tutt'altro che

soddisfacenti.

L e scuole elementari e secondarie non furono così disorga–

nizzate come le Università. I loro alunni non erano ancora arri–

vati all'età di vestire l'uniforme militare. Molti insegnanti, in queste

scuole, dopo la liberazione, hanno dato prova di vero eroismo.

H a n n o fatto scuola all'aperto, nelle stalle, nelle chiese, in case pri–

vate. G l i alunni hanno lavorato e studiato senza libro e senza carta

da scrivere. U n libro serviva a dieci alunni. S i scriveva a matita

su carta d a imballaggio. Corretto il lavoro di u n giorno, si can–

cellava la matita e si tornava a scrivere. L a convalescenza in questo

settore è assai più rapida che nelle Università. Ovunque fui assi–

curato che gli esami l'anno passato furono fatti sul serio.

Tutte le scuole — specialmente le Università — hanno bisogno

di u n a ricostruzione radicale sotto tutti i punti di vista:

mate–

riale, intellettuale e morale. Questo dovrebbe essere ritenuto il più

importante problema sociale italiano. Sfortunatamente ali'infuori di

Ferdinando Bernini, Tristano Codignola, Mario L o n g h e n a e pochi

altri che vengono dal corpo insegnante, pochissimi uomini politici

sembrano disposti a occuparsene. Pietro Nenni disse alcuni mesi

or sono che lui preferirebbe u n a piccola

riforma

agraria a una

grande riforma scolastica. È evidente che pensa non con la testa,

m a coll'intestino, ed è probabile che in questo non ci h a nessuna

idea di

riforma nè scolastica nè agraria.

U n fatto, che m i fu confermato da molte parti, è che molti

giovani, abbandonati a sè stessi d a università che non e^ano più

scuole, si sono fatti d a sè u n a buona cultura, rivelando una mera–

vigliosa capacità dì iniziativa individuale. F r a i giovani e le r a –

g a z z e s c h e io incontrai, molti erano certamente assai superiori dal

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