Riccardo Levi - Le aziende autonome socialiste

B,b: otec;. lii o u A DE RN I DELl' ITALI A LI BERA lii RICCARDO LEVI (A. PARODI) tE AZIENDE AUTONOSMOECIALISTE 30 I .·;~,,~·-- - Fonòazione Alfrèd : . V - \J; /I ' r, ~ ( • f i- t ~ . ' , lii p A .R T I T o D ' A z I o N E lii

CO fmuftudefle Alfrt;d tewtlj iialieteca Gino Btanco

Il mondo moderno si dibatte alla ricerca di c;stituzioni politiche e socbli che concilino libertà e socialismo. Tutti i partiti esplicitamente o tacitamente tentano di raggiungere <1uesto fine. Il liberalismo classico.-, ritiene esaurito.,, ogni problema sociale nell'ottenimento della libertà. Per esso il bisogno sociale dell'uomo è appena concepibile come associazione concorde di libertà individuali. All'altro estremo il comunismo ritiene che solo il socialismo realizzerà la vera libertà, immagin~ cioè contenuta la seconda nel primo. Il p. d'a. ricerca un socialismo antitotalitario, nega cioè che una sola dellè due esigenze sia senz'altro sufficiente all:ottenimento dell'altra, ma ritiene che soltanto alcune particolari forme ,di socialismo e di libertà, siano effettivamente conciliabili fra loro. Per gli spiriti 'jr>assionati è evidente che solo questa terza postulazione può essere vera, anche se in sè stessa _indefinita e ·insuffidente. Di fatto il mondo della libertà borghese non soddisfa evidentemente le esigenze sociali, se, da più di un secolo ormai, sono sorti partiti socialisti per denunciare l'insufficienza di questa libertà; e d'altro lato i tentativi di socialismo fascista; e più seriar,ente, nazista, hanno prodotto gli stati più illiberali che la sto.la moderna rico"rdi. Tuttavia la ricerca di un socialismo antit~talitario è una programmazione indefinita, negativa, ihe esclude particolari forme di so~ia~ismo, ma non ne afferma in sè stessa una nuova. 11 p. d'a. crede di ritrovarla nel- ·1•economia a due . settori,. cioè _nella coesistenza di una parte della società a struttura liberale e di una parte a struttura so- . cialista .• Occorre a!"zitutto osservare che la società a due, anzi a più settori, è ~~c~ii, come il mondo: perchè mai si è potuto e si b ot , no 8,;::ico

potrà costituire una sccietà a struttura uniforme. E per stare ancora alla situazione attuale, il più accanito liberalista sarà sempre costretto ad ammettere una parte di servizi pubblici più o meno esplicitamente socializzati; e l'eC:onornia comunista dovrà pur lasciare un m:nimo di proprie'tà privata, per permettere ai singoli il godimento dei beni materiali. Per entrambi tuttavia l'eccezione è un male :iecessario dcvuto ad esigenze pratiche teorical'!lente trascurzbili; mentre invece è la realtà che rifiuta sempre gli schemi. S,cchè la formulazione del p. d'a. da un lato è la più vera e real:itica, dall'altro è la meno consistente, perchè con essa v:ene a mane.are un punto d'orientamnto, una norma sociale. La norma invero sarebbe l'esistenza o meno del monopolio, degenerazione del reg:me di concorrenza nell'ambito di economie chiuse; e che i liberali negano, contro ogni evidenza; e i comunisti vogliono riso~vere),J1el monopolio di stato. Ma la norma discriminativa del monopolio è criterio esteriore, interessa cioè i consumatori, la generalità dei cittadìni, non è intrinseca all'azien_ da, non è cioè in sè stessa un criterio persuasivo pe! spostare i rapporti tra cepitale~ e lavoro; ma piuttosto un criterio per ~pestare i rapporti tra l'azienda e il mondo che la circonda. D'a:tro canto tutti i sisttmi socialisti, in quanto ricorrono a un intervento esterno d, un po~ere politico, soffrono di una grave ambiguità sull'estensione di questo; urtano cioè contro ,e barriere neziona!i, che non coincidono affatto, o perchè troppo grAndi o, talora, perchè troppo piccole con le effettive esigenze di social:tà. E ci fatto il comunismo si è sempre proclamato interr.azionalista, perchè solo un bisogno di socialità esteso a tutto il mondo è s::evro di incoerenza: ma lo stato unico comunista, comprenc'ente tutti g'i uomini e tutte le tradizioni, è. almeno p~r oggi, e nei decenni a~venire, totalmente' utopistico.' 11 monopolio in sè stesso è economicamente sempre un male. Esso è di fatto un regime economico nel quale non si conoscono più i costi delle merci, nè è più possibile il paragone delle loro qualità, e si ;gnora quindi se la produztone sia stata condotta in modo efficiente, e se i prodotti siano stati convogliati verso 2 B b bi o B _, CO

i mercati di maggior bisogno. Fare monopolista lo stato può essere un mezzo per evitarne gli inconvenienti economici, ma forse per. aggravarli. Di fatto lo stato monopolista di molti o tutti i prodotti non sol tanto ignora i costi delle singole produzioni, ma non riesce più a sapere quale prodotto sia conveniente. O meglio lo decide con mezzi illiberali e antidemocratici, affidando la decisione ad esperti e togliendola al mercato, che è viceversa la sede elettorale in cui tutti i consumatori sono ammessi e tutti possono dare il loro voto. Vero è che talora sul mercato si creano situazioni in cui alcuni elettori hanno voto privilegiato, o, come si dice in termini commerciali, alcune persOne o alcuni enti dominano il mercato. tqa allora siamo di nuovo di fronte a~ un cas.::> di monopolio, il monopolio del consumo e non più della produzione; e tornano a valere le considerazioni precedenti. Torna cioè a valere il fatto che, se moncpolio ci deve essere, è meglio che il monopolista sia lo stato; il quale, se non è economicamente controllabile, lo è almeno politicamente, mentre il monopolista privato ncn lo è in nessun modo. Ma tutto ciò non toglie che, dal punto di vista economico, il moc,opolio sia sempre nocivo; e quindi da non ricercarsi volontariamente, se non avendone ben presenti gli inconvenienti. C~ludendo, la statizzazione dei settori economici monopolistici è il minore dei mali; la statizzazione degli a1tri settori può essere da taluno ritenuta un bene dal punto d;' vista sociale, ma è un inutile danno da quello economico, e sì risolve quindi sempre in un impoverimento generale, una limitazione nella libertà di scelta dei produttori e dei consumatori,• una forma di socialismo inconciliabile con la libertà. D'altra parte la"sciare il regime privatistico in tutti i campi in cui vige effenivamente l'economia di· mercato {perchè non esiste nè monop.olio di produzione nè di· consumo) può essere ancora una forma di libertà inconciliabile col socialismo. Di fatto il detentore dei mezzi di produzione e di smercio, il capitalista in una parola, pur avendo bisogno dell'opera fattiva dèi suoi collaboratori, tecnici, operai, impiegati, venditori, ecc., nega ad essi la compartecipazione all'atto economico' li esclude dall'atti3 n 6 neo

----- vità di scelta, di rischio e di guadagno; nega ad essi la sociali!à del lcro lavoro, limitandola ai rapporti con-trattuali con lui, escludendoli dai con,atti col resto del mondo economico. Appare ormai chiaro che, mentre la stat1zzaz1one s, deve fermare alle attività monopolistiche, il socialismo deve estendersi ben di più, deve invadere anche' il campo, economicamente più sano, dell'attività pel mercato; deye entrare nell'interno dell'azienda a fore del lavoro di tutti quello che di fatto è, un'attività sociale, esercitata non per sè e per il padrone, ma per la società 1ut·o, che lo utilizzerà e la apprezze1ci sul I bero mercato_ Ma questo socialismo aziendale non è soltanto (chè sarebbe ben poco) una soluzione che soddisfa ad esigenze di politica teorica. E' una realtà psicologica che trova le sue radici nella vita stessa delle moderne aziende. La lavorazione in serie, deprecata dagli incompetenti e romantici sognatori dell'artigianato, è la vera e ·concreta fonte del senso de'la socialità del lavoro. Inserisce l'uomo in una catena di operaz'.oni che non ha un vero inizio e un vero termi!'le: non è un;, linea. ma un cerchio c.hiuso.. Ciascuno ha il senso di ecsere preceduto e seguito da altri lavoratori, ha il ·senso di soffrire delle manchevolezze e di giovarsi delle capacità di coloro che lo precedono e anche di coloro che lo seguono. La rete dei collaudi, sempre più fitta e minuziosa, getta una luce di moralità e di responsabilità sul lavoro. E il cerchio chiuso non comprende soltanto gli operai « di linea», ma tutti gli appartenenti all'azienda. Dal direttore tecnico alla direzione commerciale amministrativa, dagli uffici di progetto agli uffici tempi, tutti rispondono e reagiscono all'operato altrui e sentono giorno per giorno, ora per ora, la catena sociale che li lega, sentono l'unità dell'ente produttivo. L'uomo sente nella fabbrica l'interdipendenza delle funzioni, delle mentalità, delle intelligenze; in una parola, sente la socialità dell'uomo. Socialità non significa limitazione, ma valorizzazione della propria oPera in quella degli altri, comprensione. e assorbimento di quella degli altri nella • propria. Non significa necessariamente, come motti credono, ab4 Btb. oteca Gino B, "CO

brutimento, meccanizzazione, ma senso dei propri limiti, disciplina necessaria e quindi moralità: Ridurre questo complesso e vivente intreccio di relazioni umane a un mero insieme di rapporti individuali, come pensa il liberismo classico, o a un campo di battaglia di interessi e di classi contrastanti, come ritiene il sindacalismo puro, è visione monca e povera della realtà; entra,nbe queste visioni possono ben dirsi astratte muti!azioni della vita aziendale', ct,e è bensl somma di volontà individuai<, campo di lotta di interessi contrastanti, organo produttore di ricchezza, ma è sç,pratutto una unità complessa e multiforme, che trascende gli individui, trascende le classi, intreccia i fini pratici di produzione con le infinite sfumature dei contatti umani. L'azienda è un tutto unico, ~n· microcosmo; è la vera ,sede dello spirito sociale, la fonte iniziale e principale del bisogno di socialismo· dell'uomo moderno. 11 socialismo aziendale, !ungi dall'essere un'astratta creazione teorica, è dunque la · forma di socialismo più spontanea, 12iù sentita, più necessaria. E'. il riconoscimento che l'azienda, ~rgano economico e associazione· libera di uomini, è opern comune, che involge l'intelligenza, l'operosità e quindi la responsabilità di tutti. Comune è la fatica, e quindi di tutti il merito dei successi e la colpa degli insuccessi. 11riconoscimento che l'aspetto puramente economico del lavoro non deve soffocare il suo lato umano, che, se l'azienda è creazione di ricchezza da riversare sul mercato esterno, essa è non meno mezzo di vita, materiale e spirituale, di tutti i lavoratori, che solo a mezzo suo effettivamente forniscono il loro contributo all'opera sociale. Il riconoscimento che l'uomo· libero deve potere e sapere amministrare sè stesso; e che limitare tale amministrazione all'accettazione di un salario è un vendere una parte essenziale della propria personalità: che, l'opera comune dev'essere in comune amministrata; e che quindi, i'1 una parola, la gestione tecnica, amministrativa, sociale, dell'azienda dev'essere fatta in comvne da· tutti i lavoratori e da essi soli. Al .capitale, qualunque sia la sua provenienza, sia dello stato o dei privati o dei lavoratori stessi, ~etta un giusto. 5 8 t> ,tee c.,,n.o 81.. ,...éo

interesse, non il diritto alla gestione. Il sistema delle società anonime ha già tolto ai capitalisti l'•effettiva amministrazione, lasciando ad essi, caso mai, il gioco di borsa. I possessori di azioni non partecipano alla vita dell'azienda, non ne conoscono le difficoltà, e chiedono di fatto soltanto sicurezza di investimento e un certo interesse. Ben più appassionati alla vita dell'impresa sono i lavoratori, che ad essa danno tutti sè stessi, e ad essa chiedono i mezzi di sussistenza e la loro dignità di uomini. Il socialismo aziendale è dunque la democrazia nella gestione economica dell'impresa. Ma la democrazia può essere di due specie: quella diretta, plebiscitaria, e quella indiretta, a mezzo di un organo elettivo di governo. A prima vista,• al~eno da un punto di vista teorico, sembrerebbe superiore I.i democrazia diretta, eventualmente da scartarsi soltanto per le difficoltà pratiche <lelle continue votazioni. Bisogna osservare invece che anche ~I punto di vista teorico si deve preferire in questo, come nel campo politico, il sistema indiretto, la gestione cioè a mezzo del consiglio d'azienda. Di fatto soltanto cosi si eliminano i pericoli dell'irresponsabilità democratica; soltanto così si aUribuisce ad alcuni uomini un compito concreto di gestione, portandoli a far coincidere il loro interessamento (anche se non ìl loro interesse materiale) con quello generale; !e attribuzioni e la responsabilità di governo vengono in tal modo a soffocare gli eventuali interessi immediati privati. Alla generalità dei lavoratori spetterà invece la resp0nsabilità della elezione periodica del consiglio, che verrà quindi giudicato per il suo opera.lo complessivo, non per le singole sue decisioni, liberandole da preoccupazioni demagogiche. Organo dunque essenziale delle aziende autonome socialiste sarà il Consiglio d'azienda. Dopo l'abbattimento deUe monarch'e statali esso significherà la caduta della monarchia aziendale, e l'introduzione della democrazia nella parte più importante della nostra vita di uomini moderni, il lavoro associato. Come la democrazia politica iniziò col semplice controllo della tassazione, è possibile che la democrazia aziendale inizi col 6

\ semplice. Fostrollo dei bilanci. Ma l'una e l'altra devono sfociare n~I pieno autogoverno. La monarchia costituzionale è un istituto sopravvissuto, e la forma finale non può essere che la repubblica. Così il compito finale dei Consigli deve essere la gestione diretta da parte dei lavoratori. Gestione non vuol dire direzione. La direzione generale, tecnica, amministrativa, commerciale, sarà incarico dei relativi direttori; esse sono una specializzazione professionale come un'altra, come i! ::::,-,ire del tornitore, la contabilità del ragioniere, il progetto del disegnatore. Il C<>:1sigliodovrà nominare i direttori, controllarne l'operato, approvarne i piani preventivi, dare ad essi indirizzi generali e le direttive da seguire. ,. Già in altro scritto si sono esposti• per ~teso i compiti dei consigli di gestione e qui vogliamo soltanto riassumerli. Essi possono essere: 1° L'esame e l'approvazione del bilancio. 2° La fissazione delle paghe individuali. 3° L'assunzione, il licenziaménto e la destinazione del personale. 4° Il controllo sull'andamento dell'azienda, cioè la fissazione dei programmi e delle modalità generali di lavoro. 5° L'amministrazione delle istituzioni sociali. 6° La nomina· dei procuratori aziendali, che abbiano possibilità di trattare a nome del Consiglio. Resta inteso che sarebbe utopistico supporre che il sistema consiliare porti alla soppressione o all'inutilità dei sindacati. conflitti tra individui e categorie da una parte, e il Consiglio dall'altra, si ripresenteranno al posto di quelli tra padronato e lavoratori, ma senza più l'asprezza e l'incomprensione reciproca della lotta di classé. Saranno un caso speciale di éonflitti tra interessi privati e tra interessi privati e generali. Anche nel campo politico e ·amministrativo la democrazia prevede la possibilità di urto fra cittadini singoli e lo stato e altri enti pubblici, e prevede i modi e gli organi per dirimerli. Cosi in questo nuovo campo sociale-economico, i singoli lavoratori potranno fare appello ,.ai sindacati di categoria per la tutela dei l0ro interessi; e si 7

dovranno prevedere una legislaziG>ne e u,:,a magistratura apposite. A titolo di proposta e per fissare le idee, accenniamo qui a un sistema concreto· elettorale del Consiglio. Esso dovrà essere eletto a suffragio segreto universale di tutti i lavoratori. L'elezione non avverrà per reparti, ma in modo che nel Consiglio ci sia almeno un competente per ciascuno dei sei compiti descritti. La competenza non è provata dalle attribuzioni · professionali, ma soltanto dalla fiducia dei compagni di lavoro. Di fatto si tratta sempre soltanto non di compiti di specialisti, ma di supervisione rispetto ad organi tecnici professionali, e di capacità di mante~· nere i contatti con la massa, fàcendola partecipe dei problemi stessi, ~"endone i desideri e comunicando ad essa le decisioni prese. E' necessario ora esaminare più profondamente i rapporti reali e giuridici che legano l'azienda autonoma socialista coi lavo7 ratori' singoli, col capitale e con lo stato. I rapporti tra iI singolo lavoratore e I'azien.da sono assimilabili a quelli tra un socio e una società in regime capitalistico. Egli ha pieno diritto di lasciarla, e percepir una buona uscita, nel momento stesso in cui rinuncia a tutti i diritti sull'azienda stessa. Questa buona uscita è decisa in contradditorio c;I Consiglio, o con persona o organi da questo delegati, secondo norr,,e legali di diritto pubblico o statuti particolari. Al dimissionano spetterà un'indennità dipendente dalla sua anzianità come misura del suo contributo all'opera comune; dal suo stipendio attuale come misura dell'importanza di tale contributo; e dalle condizioni finanziarie dell'azienda. Se il lavoratore viene licenziato contro sua volontà, l'indennità potrà essere aumentata come compenso al danno da lui subito, o diminuita come penalità ,id eventuali colpe o responsabilità personali del ·licenziato verso il sodalizio. Se il licenziamentò .o le dimissioni avvengono per invalidità o vecchiaia, l'indennizzo potrà essere sostituito da un vitalizio, ad esso equivalente secondo le regole normali delle imprèse assicuratrici. In questo caso il socialismo autonomista )( 8 B,b.·otec,, Gino 81<neo

realizza indipenoentemente da eventuali assicurazioni di stat_o o contratti privati ·assicurativi, un sistema gene.raie di assicuraz1on~ dei lavoratori. L'azienda risparmia per conto dei suoi collaboraton. I· rapporti tra i capitalisti e l'azienda sono caratterizzati da p:ani di ammortamento e dal servizio degli interessi. Osserviamo innanzitutto, come già si è detto, che qualunque sia l'erigine del capitale, sia cioè -dello stato, di enti pubblici o di privati, il socialismo autonomista gli nega, quando l'azienda sia in stato normale, un diritto alla gestion!· I capitalisti sono dei semplici ccrrentisti, con diritto a un giusto interesse, e al ritiro del capitale stesso, secondo eventuali obblighi di preavviso. Tuttavia uno sfato g'uridico spec:a!e bisogna prevedere P';J_Ja aziende di nuova formazione. Per esse il mercat~aYLJ"n responso positivo sull'opportunità della loro istituzione; per esst, il merito dell'imprend'tore in caso di successo, è le probabilità. di insuccesso sono molto mag~r~.~a~e~ ~~~s{~i-, '.µ., non henno ancora pagato sè stesse, e nulf!~a che'(la lor~ (.(.a natura capitalistica è ancora prevalente su quella ·socialistica. Per trovare un parallelo giuridico che aiuti a ritrovare il sistema di trapasso da questo regime iniziale a quello normai~. si può r'correre alla legislazione attuale relativa ai brevetti d':'nvenzìone. Capacità di intrapresa e capacità inventiva sono difatti entrambe attività spirituali, che in caso di successo tendon~ ad arricchire i singoli e la collettività. Mentre alla prima il regime capitalista _riconosce un diritto eterno <a mezzo dell'eredità) di sfruttamento privato ·del successo, alla s~conda 'a$cia un diritto limitato a circa 15 · anni, con piccole v,9riazioni da paese a paese. La disparità di trattamento può essere tolta. E precisamente. le azient'e di nuova costituzion~ possono essere costrette dalla legisla7ione socialista a un piano di ammortamento che entro un per'odo di 15 anni circa restituisca il capitale all'imprenditore. Il consiE?lio di azienda sa,~,àsubito costituito, ·ma avrà all'inizio funzioni esclus'vamente di controllo e avrà voce deliberativa r.•escente in rapporto al capitale già restituito. Alla fi.,o dP.I 9

piano, cioè dopo 15 anni, l'azienda· avrà raggiunto pieno assetto socialistico. A questa proposta si possono muovere varie obiezioni. La prima e pi0 grave è di carattere funzionale. Il capitale restituito viene tolto dall'azi~e e non può qui~di essere riinvestito in questa, rallentando ..al'espansione. Osserviamo tuttavìa che l'ammortamento non esclude il riinvestimento di una parte dei profitti. qualora questi riescano a superare le quote di· ammortamento. In secondo luogo la maggior lentezza d'espansione sarà un tributo che l'azienda dovrà pagare pel pro'prio riscatto; e il ,aojtale restitu'to potrà ricomparire nel ciclo produttivo sotto t_cr_ma '4di.,. nuo'Vi investimenti dell'imorenditore, normalmente pers.0.,R o:irti,-,...l~rmente adattp all'iniziativa industriale. ;. Di oit', il c;1oit;i1ista ootrà anche, se vuole, riimorest;:1re le c,•.1otPd'ammort~mGll>to alla azienda; ma allora ei:ili diventer~ u" ~~ c;.~r.7,·f,<:~ r.'?rrP~,fsta. a. ~pi spe_tt.;rà un interesse. ma ne~sun ...f:,.itt('\ f'ln tzestione. 1 ~ ~ernn,J;a obiP7hnP. è rhe l'allett;imento àll'iniziativ:t :ndu- ...t?•:-1a, c::,..,..,.. ~ .... "'u,:,c:-to c::rh,,m-::t. c:.~r~ trnoon riirco 1o. ('),-;i "i:u·.,.o. rhi:? h u., rP~ime di soonressione o riduzione del dirHto ererlitMio. un ind•viduo çhe abbia accumulato col suo lavoro v"l ,::aoit:il~ P. un'ec::,.,eri~nzr1sufficien•e. avrà probabilmente raePiunto i .~e; anni. Sicchè all'irrtorenditore 'viene lasciata una oos;_ , ;"ne F"~1n.,~ all'attuale negli anni di maggiore efficienza. dai 35 ai 50 anni. ni oii',. !-P. e?li saorfl: be11· dirii:1ere tecnic;:1mente e rfr1 1 ourit"' di v'sta umano la sua azienda, è ben probabile che il Consi1?lio gli confermer~ la sua posizione direttiva. Egli o~trà imporre il suo ncme all'a7.ienda e rag<?iungere tutte le s~disfazioni soc;aJmente accettabili. che un imorenditore possa desiderare. Se infine oueste istituzioni distoglieranno coloro che, e sono mo'ti, si danno a intraprese per solo fine di lucro spropozionato e sete. di dominio, qu~sto è un male ~desiderabile. Coloro inveée che hanno il vero spirito eroico ed ammirevole dell'imprenditore, che vogliono e sanno dawero creare qualcosa di 10

vivo e di utile, accetteranho questa disciplina perchè vedranno la loro opera sopravvivere in un ente libero ed autonomo, che onorerà sempre in loro il fondatore ed il maestro. Ma occcrre ancora esaminare un caso sfavorevole. L'azienda in questi quindici anni di trapasso può mantenersi passiva e l'iniziativa dimostrarsi errata. Pare ev'dente il diritto al capitalista di ritirate, dopo congruo preavviso, il suo capitale, natura.mente per la parte non ammortata, allo scopo di non vedersi alla fine il capitale distrutto. E' certamente dolorcso, pei lavoratori, trovarsi di nuovo sul lastrico, ma altrimenti è necessario rinunciare del tutto all''niziativa privata, che in tanti altri casi li fa, al term:ne dell'ammortamento, cooperatori indipendenti di aziende fiorenti. D'altra parte il cons'glit> d'azienda può rendersi conto per tempo della situaz:one. Opportune leggi tutorie pctranno proteggere l'azienda da ricatti dell'imprenditcre, ponendogli l'obbl'go legale di g:ustificare, in cotradd:ttorio, col Consiglio, dinanzi aila magistratura, la richiesta e le modalità di ritiro del capitale. Quanto ai rapporti tra stato (e enti pubblici minori) e l'azienda autonoma socialista, è necessario chiarire la differenza fra quest'ultima e le cooperative tradizionali. Queste ;ono bensì associazioni di lavoratori, ma il loro legame P. strettamente capitalistico, in quante essi sono proprietari, a tutti gli effetti giuridici, della loro impresa. L'azienda socialista è invece una specie di enfiteusi a tempo indeterminato, secondo la quale l'azienda stessa è affidata ai lavorator, ai fini esclusivi dell'esercizio. Essi rfon possono alienare il capitale messo a loro disposizione, per arricchire sè stessi come individui. L'azienda quindi, fino a che si mantiene attiva, non può mai cessare di funzionar.e. Qualora tuttavia essa risulti antieconomica, il consiglio deve presentare alla magistratura un'istanza motivata di messa in liquidazione a favore dei creditori e non dei cooperatori: i quali, tuttavia, quando abbiano già ammortato tutte il capitale aziendale, potranno dividersi l'eventuale residuo attivo. La messa in liquidazione non è dunque arbitrio del consiglio 11 B ,tee Gmc Fondazione Al~d Le~J, H'i ,lintP0::1 r.. ·",.:, q;::;nf'n

d'az'enda. ma esc'usivamente sentenza della magistratura. D'altra parte, anche nei periodi di esercizio normale, qualsiasi alienazione di capitale (vendita di macchinario, di terreni, ecc.) deve comparire nel bilancio annuale e avere· l'approvazione di sindaci nominati dalla magistratura al di fuori del personale e dell'azienda. Le aziende autonome socialiste sono dunque organismi pienamente responsabili e liberi d'intraprendere e di rischiare a propri; profitto. Tuttavia la severità delle leggi economiche, mentre alletta gli uomini che amano l'~utonomia, l'affermazione di sè stessi, e che quindi spingono il sodalizio di cui fanno parte ad affrontare i r:schi della lotta, per ottenerne i premi del successo, spaven!ano coloro che antepongono ad ogni altra considerazione la sicurezza, e accettano per questo una vita più limitata. Costoro hanno di solito una produttività assai più bassa, e il loro gua- ~ dagno non potrà essere che proporzionalmente minore. Ebbene, per soddisfare 1é tendenze di questi ultimi, lo stato e gli enti pubblici minori dovrebbero creare aziende senza fini di profitto, aventi per scopo tecnico lavori di pubblica utilità nelle quali i lavoratori godranno di uno stato giuridico analogo a quello attuale · degli impiegati dello stato. In queste aziende potranno •trovare occupazione anche i naufraghi del mondo d'ella concorrenza nei periodi di crisi. Accanto dunque alle aziende autonome ve ne dovranno essere · altre contro''.ate- dallo stato (aziende monopolistiche), e infine altre totalmente gestite dallo stato, per soddisfare le esigenze e le attitudini di coloro che rifuggono dai rischi e dai vantaggi della concorrenza. La coesistenza di questi sistemi produttivi determinerà i corrispondenti rapporti di guadagno medio dei lavoratori; _e questi guadagni medi determineranno a loro volta l'affluenza degli individui nei vari settori. 11 confine tra questi non deve essere fissato a priori, ma lasciato al libero gioco delle forze economiche e delle volontà individuali. -Naturalmente i rapporti tra lo stato e le aziende autonome non si esauriscono nella tutela, da parte del p;imo, del capitale aziendale. Nulla toglie che, ove sia necessario,. lo stato, previa 12 B,b; otéca Gino B, "CO

deliberazione di . assemblee democratiche elettive, imponga fa realizzazi:lne di determinati piani produttivi e distributivi. La ~ianificazione, secondo lo scr·v3'!'1te, va· tuttavia ri Jotta al minirr.J possibile, perchè essa apre fa via che porta facilmente al capitalisco di stato e all'oscuramento della libertà. * * • Chiarito ormai quale sia lo spirito informatore delle aziende autoncme e socialiste; quale l'organo fondamentale .su cui sono fondate; quali i rapporti giuridici con i singoli lavorator.i, col capitale e con lo stato, sarà bene esporre alcune delle critiche più gravi che vengono teoricamente mosse contro· questa forma sociale, e far osservare come queste siano sostanzialmente infondate, o almeno eccessive. I difensori dello spirito privatistico sostengono che le atiende socialiste sono destinate al fallimento commerciale, e quindi socia'mente al ritorno della proprletà privata d all'assorb'mento in quel!a statale comunis'.a. Essi osservano· a questo riguardo che nell'azienda capital:sta, i gestori, anche se di fatto non coir1cidenti coi proprietari, a parte gli errori umani, condurranno l'amministrezicne in modo da chiudere gli eserdzi in attivo, anzi coi massimi margìni d( profitto, p~rdiè tale è l'interesse evidente dei proprietari; quest_i profitti, almeno in parte riinvestiti, assi- • curano la vita e l'espansione dell'azienda. Nel regime cooperativo-socialista, i lavoratori invece, avranno 7 piuttosto tendenza ad, accrescere i guadagni individuali, sacrificando gl'interessi aziendali. I profitti, divisi tra i lavoratori accresc·erebbero così poco le loro private entrate, da cessar di essere un fine concretamente perseguibile dai lavoratori, che rapidamente, per dirla alla buona, si _mangerebbero il capitale. A questa critica si possono opporre molte valide obiezioni. Pri,:.,a di tutto non è vero che i profitti, divisi tra i lavoratori, s;ano per questi praticamente trascurabili, e che le spese di mano d'opera siano così prevalenti, da rendere trascurabili le variazioni delle altre voci di spesa. Basta pensare che nelle aziende moderne le spese di mano d'opera scendono spesso a un quinto o 13 B,b. ::itecaGino B1.:r-co

a un sesto delle spese complessive. E che quindi, a parte i profitti, che sono conteggiati in più di queste spese, c'è largo margine di manovra per aumentare I.e quote-salari, senza alterare troppo il bilancio aziendale. E, senza affermare con demagogica faciloneria, che le dette spese genera'ii siano effettivamente improduttive e 'acilmente riducibili, si può tuttavia riconoscere che i lavoratori hanno ben il diritto di vedere chiaro in queste spese; come pure il dovere di ;;;,dersi conto della loro necessità per quanto essa ci sia effettivamente. In secondo 1uogo, nessuno può negare che l'ingordigia dei subiti guadagni possa portare i lavoratori ad inaridire le fonti stesse del loro lavoro; ma la stessa cosa può avvenire e avviene veramente anche coi gestori capitalisti. In entrambi i casi, la moralità severa delle legii economiche di mercato varrà ad avvertire e punire i cattivi amministratori. E se q·uesti, o gli uomini che ad essi succederanno, sapranno tener conto delle dure lezioni dell'esperienza, potranno raddrizzare le finanze aziendali. In caso contrzrio la sentenza di condanna del mercato sarà esecutiva, e l'impres~ cesserà di funzion·are. Motivi assoluti perchè i gestori capitalisti siano più avveduti, più sensibili non ce ne sono. Ci, sono anzi validi argomenti per sostenere il contrario. Anzitutto, quando il bilancio passivo non sia dovuto a fredda e colpevole incoscienza ma a errori umani di valutazione (e si tratterà forse della maggioranza dei casi) la soluzione capitalistica, ancorata com'è al diritto di proprietà, è assai meno elastica F\el rinnovo degli . uomini incapaci; mentre il sistema elettivo è il più adatto al ringiovanimento dei quadri dir~ttivi. In secondo luogo il- regime capitalistico porta in sì, una grave tara pel retto ançlzmento aziendale, ·1a lotta di classe. Contrapponendo cronicamente gli interessi degli amministra.tori, rappresentanti del capitale, con quello dei lavoratori, porta questi ultimi proprio a quel.la posizione spirituale di disinteresse alla vita dell'imoresa, che i privatisti denunciano nelle imprese socialiste. I lavoratori cioè si fanno forti delle loro armi politiche e sociali per · richiedere aumenti di paga indipendenti dalla 14 Bib. oteca Gino 81· "CO

situazione patrimoniale; mentre i padroni adopereranno i mezzi a loro disposizione per comprimere le pzghe stesse sotto, spesso, i limiti dell'efficienza umana, ~ delle esigenze della pace sociale. L'azienéa socialista invece riduce la lotta di classe a semplici rivalità di categorie, e porta tutti gli elementi della produzione a ritenere coincidenti i propri interessi con quelli aziendali. Infine, se anche forse è vero che un sistema p!ebiscitario di gestione darebbe spessò luogo a un'amministrazione imprevidente e pericolosa, per l'impreparazione delle masse e la scarsa capacità degli individui di spingere lo sguardo più in là della busta paga settimanale, il sistema di democrazia indiretta, cioè la gestione a mezzo dei consigli elettivi, elimina questo pericolo Difatti i consiglieri sono uomini che, se non fosse altro per la dignità verso sè stessi, tenderanno a una corretta amministrazione e si sforzeranno di presentare bilanci fiorenti. Mentre_ i loro elettori, cioè la massa lavoratrice, sarà chiamata alla scelta sulle loro capacità generali e -consultive, e non su decisioni concrete, in cui forse sarebbero più facilmente trascinati a uno spirito di miope egoismo. Del resto anche gli azionisti sono tentati di scegliere amministratori che promettono i più alti dividendi, e sono trattenuti tuttavia dalla preoccupazione di salvare il :.:>ro capitale. Così i lavoratori sentiranno pure, e probabilmente con maggior evidenza, la necessità di salvare la prosperità dell'azienda che per loro è l'unica fonte di vita. Per chiarire ancora meglio l'infondatezza dell'obiezione, non sarà male un paragone storico. Quando furono stabiliti i parlamenti elettivi, e poi successivamente il suffragio venne sempre più allargato; fino a divenire universale, i conservatori fecero le più nere previsioni sui guai della democrazia. Invece la democrazia superò le sue prove. Così la democrazia aziendale saprà sfatare le previsioni pessimiste. Aspettare la prova della capacità per concedere la libertà e millennario artificio reazionario. Perchè la prima ·,on può essere che conseguenza della seconda. Entrambe attendono invece la necessaria congiuntura storica e oggi è l'ora dei lavoratori, che devon""I>assumersi le respon15 B1 110I Cd e :, B1dnc

sabilità decisìve, e prima di tutte quella che li tecca più da vicino, la libera gestione del proprio lavoro. Un'altra grave obiezione vien~ sollevata dai sostenitori dell'economia privata alle aziende sccialiste. Essi negano che i lavoratori vogli2no concedere la minor;:zione delle loro paghe individuali a favore di nuovi impianti e nuove assunzioni. Sotto questo aspetto questo tipo di sodalizio si chiuderebbe in un gretto egoismo, ·rasformandosi ;,, un istituto · di privilegiati, senza valore ideale e senza capacità di sviluppo. Sarebbe sciocco negare a priori questo pericolo. 11 miope egoismo inganna ,spesso gli uomini e li porta facilmente ad agire contro il !oro stesso interesse qualora questo si presenti in un primo tempo sotto l'aspetto di vantaggio per gli altri. Tuttavia uno studio più aprofondito della questione rivela che anche questa obiezicne non regge sostanzialmente perchè esis_tono forze efficienti che agiscono in senso contrario. Quando in un organismo produttivo vengono fatti nuovi impianti e nuove assunz:oni, il profitto, riterit~ a ogni lavoratore, può in conseguenza cell'ampliamento aziendale crescere o diminuire fino a divenire negativo. Se diventa negativo, è evidente che l'avvenuta trasformazione è un errore eccnomico che, salvo gli umani errori di valutazione, nè i gestori capitalisti, nè quelli dei lavoratori, saranno indotti a mettere in atto. Ta~e errore potrà tuttavia avvenire in regime monopolistico, sia privato che di stato, per l'impossibilità di riconoscerne l'esistenza. Se il profitto è positivo e crescente, la operazione è economicamente vantaggicsa; e qualsiasi sistema di gestione deciderà favorevolmente ad essa. In particolare q~1esto caso significa, in regime di socialismo autoncmistico, che i lavoratori occupati, nel dar lavoro a personale disoccupato, rfèsccno ad accrescere• contemporaneamente le proprie paghe o meglio la prQPria quota di partecipazione agli utili. Questo caso si verifica tutte le volte che un ampliamento aziendale riduce i costi unitari per la diminuzione relativa delle spese generali, senza un equivalente ~men!o di spese di vendita perchè i prodotti troàn: un assorbimento non sensibilmente diminuito. 16 Brb oteca Gino 81_,.co

Vi ,può invece veramente essere divario nei criteri di gestione, tra l'amministrazione capitalistica e quella socialistica, quando il discusso ampliamento provochi una diminuzione del profitto riferito ad ogni lavoratore. Allora può avvenire che il minor profitto unitario moltiplicato per un maggio~ numero di operai, dia ancora un profitto complessivo accresciuto in m-◊do da costituire un effettivo allettamento ·per il capitale, pur essendo contrario all'interesse individuale dei lavoratori. Cioò si verifica in pratica in tutti i casi in cui il mercato è prossimo alla ~aturazione di . prodotti, e si rifiuta di assorbirne in maggior quantità, se non previa una riduzione di prezzo. Dunque solo in questo caso la trasformazione sociale provoca, per si;' stessa, una nuova legge di espansione produttiva. Ciò ' significa -che in regime socialista la corsa agli investimer,ti sarà più lenta, più guardinga e la differénza in meno dei capitali di nuovo investimento verrà piuttòsto devoluta a un aumento nei guadagni indlviduali dei lavoratori. Si tende così a creare un regime economico più stabile di quello capitaiistico, in cui vi è maggor squilibrio tra produzione e capacità d'acquisto. Si potrà sperare quindi una riduzione della gravità e frequenza delle crisi economiche, e dei periodi di disoccupazione; e pe"r conseguenza delle crisi politiche interne e internazionali. Tuttavia è doveroso riconoscere che il riassorbimento della mano d'opera eventualmente ancora disoccupata sarà più lento. Un'altra causa non economica, P"9. non per questo meno vera ed efficiente, varrà ad attenuare l'eventuale tendenza dei consigli d'azienda a chiudere le porte in faccia al personale 4jterno. Chi l;,a vissuto in fabbrica sa che ogni lavoratore ha un figlio, un fratello, un amico, da proporre per l'assunzione. E agirà sul consiglio per indurlo a recedere da eventuali decisioni troppo restrittive. Non si creda che questa si=1una considerazione secondaria: nelle aziende moderne, che trascendono per durata la vita attiva di un uomo, si creàno vere dinastie di lavoratori, che riproducono, dal punto di vista delle masse, lo spirito familiare del capitalismo originario. 17 B,b. otec, Gino 81<" o

Nulla toglie• infine che lo stato riservi a sè qualche potere di controllo sul movimento del personale nelle aziende autonome, e impedisca con provvedimenti d'eccezione l'eventuale comportamento egoistico e anti-socizle di alcune di esse. 1 Mi pare di possa dunque ritenere ingiustificato il timore che il regime di socialismo a.utonomista porti a un inaridimento della capacità di espansione e a una perdit3 di solidità economica delle singole aziende. Si potrà piuttosto prevedere un andamento più calmo e stabile con minori ascese vertiginose; e in genere si potrà sperare un più felice p,.arallelismo tra reincremento produttivo e l'aumento della capacità d'acqc•isto delle masse. Cosa che, anche volendo astrarre da ogni considerazione di giustizia / ~ociale, è l'unica via per eliminare dall'economia moderna il pauroso susseguirsi ciclico delle crisi di sovraproduzione, delle guerre e delle successive crisi di miseria. I difensori delle soluzioni pianificate e in· genere a sfondo comunistico, obietteranno che una stabilità cncora maggiore si otterrà con la creazione di una econç>mia pienamente controllata. Ma questa opinione pur cosi largamente diffusa e a prima vista giustificata. mi pare fondata su un'ipotesi tacitamente ritenuta evidente, e che invece nella realtà è sostanzialmente falsa, l'ipotesi cioè che un comitato di esperti possa fare dei piani più aderenti ai bisogni di quanto sia capace di produrre, in via automat=c-a, il mercato. L'autonomismo socialista è a questo riguardo un liberismo più vero e più completo di quello capitalistico. L'uno e l'altro affermano la superiorità del libero gioco delle forze economiche su qualsiasi studio statistico. La differenza fra i due stz nel fatto che il liberismo tradizionale scaccia abusivamente e illiberalmente dal mercato proprio il fattore oggi più importante, la massa lavoratrice, ritenendola senza motivo incapace di partecipue in proprio e direttamente alla definizione della congiuntura economica. L'autonomismo socialista vuol rendere veramente democratica l'economia di mercato, anzi ritiene di potere esso solo ripristinar\'\:! prestigio e la capacità funzionale. Fiorisce oggi una nuova ventata di pianismo mercantilistico ,che 18 B,b:oteo:1Gino B1... co

pare rifiutare alla base le leggi della libera concorrenza. Essò invece non è altro che la denuncia storica dell'impossibilità di funzionamento di un mercato di privilegiati in un mondo economico di masse. Non più i borghesi sono arbitri della vita moderna: e non p•iù quindi può funzionare un mercato esclusivamente nelle loro mani. Di qui gli sforzi mercantilistici di correggere con provvedimenti di imperio gli errar: e le incongruenze di un me~canismo economico ormai inadeguato. Ma tali sforzi, salutari c~. :.e rinnegamento di quello che è• caduto nel campo liberale, sono a loro volta goffi e faticosi arttfici che dovranno cedere il passo di fronte a un nuovo meccanismo automatico di scelta economie~. ada(to alla struttura della società moderna. E questo meccanismo automatico. ben più savio, accorto, previdente, giusto di qualsiasi ministero dell'economia o ufficio di piani, è ancora il libero mercato, su cui si affacciano e in cui ape~ non più . . soltanto pochi privilegiati, incapaci ormai di essere effettivi portatori dell'interesse generale, ma tutti i lavoratori, come forza effettiva, operante a mezzo di propri organi r~ppresentativi. Nasce così un moderno liberism:> socialista, che ripete in sè quanto vi è dT definitivamente acquisito di entrambe le esigenze moderne, la libertà e il socialismo. Finalmente accordate, non più attraverso un artificioso accostcmento, ma intimamente, in modo che l'uno non limita l'altra, ma invece la sorregge e la invera; di fatto la nuova economia sarà libera perchè socialista, e socialista perchè libéra. Osserviamo ora che, col diminuire delle dimensioni dell'azienda, fino a giungere a quelle artigiane, l'elemento socialistico svanisce o almeno si attenua: la personalità individuale riprende a spiccare in primo piano. Praticamente l'artigiano, sia esso il fabbro, il falegname, l'elettricista nel campo industriale; il coltivatore diretto in quello agricolo, il padrone di negozio in quello commerciale, è sempre colui ché sostiene la maggiore e più difficile parte del lavoro intellettuale e manuale. La forma consiliare non ha senso 19 B1b.. oteò Grno 81.."co

tra poche persone; ed è sostituita vantaggiosamente dai rapporti amichevoli· e spesso da maestro ad allievi che intercorrono anche oggi tra artigiano e lavoranti. Pare quindi giusto per motivi pratici, sociali e politici, conservare e impegnarsi di garantire in questo campo il pieno diritto privatistico. L'eccezione ,alla norma genérale non deve_ spaventare purchè contenuta in una legislazione precisa, anche se alquanto variata da località a località per tener conto dei casi concreti e di consuetudini talora ,milleparie. Già si è >detto che nella realt.'i l'economia è sempre a molti settori; e il settore privatistico artigiano non contraddice di fatto il grande settore socialistico, o quello .delle azienc:le controllate o addirittura gestit~ dallo stato. Gli interessi dei lavoranti presso il maestro artigiano saranno difesi da appositi sindacati e dalla concorrenza delle ·aziende socialistiche. Di fatto il proprietario artigiano, rifiutando ai suoi operai il diri tt~ •d;' comproprietà, dovrà compensarli con paghe più alte o con l'insegnar loro un'arte specializzata, che non potrebbero apprendere altrimenti. La libera proprietà artigiana soddisfa poi i desideri di molti operai e contadini di grandi aziende, che vi investono i loro risparmi e vi dedic.3no le ore libere, o che trovano· in esse il coronamento della loro carriera di lavoratori. Infine dal punto di vista politico, la garanzia della libera proprietà artigiana è giusta richiesta di una vastissima classe di lavoratori, particolarmente importante in Ì talia. La possibilità di assumere un numero assai limitato di salariati, dà alle botteghe artigiane la necessaria , elasticità funzionale, mentre permette a questi ultimi, come· già si è accennato, d'apprendere mestieri e pratiche, che spesso conservane anche oggi carattere di piccoli segreti e tradizioni personali . • • • La gestione autonoma socialista è dunque l'unica soluzione ideologicamente coerente e praticamente stabile. Essa è l'attuazione dello spirito di autonomia nel campo di attività ec-0nomiche non più individuali, quali sono le aziende moderne. 20

Tuttavia grandi sono le difficoltà psicologicl;,e, politiche e. t~cnich-~ per una immediata realizzazione · della piena· gestione con si I i are. Nel campo psiçologico, la passionalità di parte e i pregiudizi ancora troppo diffusi; nel campo politico,, la impreparazione e le ostilità dei partiti, lo sfavorevole e incerto rapporto di forze internazionali; nel campo tecnico il gravissimo Rerturbamento e le devastazioni della guerra. )..a realizzazione del socialismo aziendale nascerà probabi Imente da una progressiva trasformazione dei C.L.N. di azienda in consigli di controllo e di questi finalmente in consigli di gestione. Questo processo avverrà parallelamente e contemporaneamente al risanamento dell'economia da un lato, e all'allargamento dell'attività politica da gruppi di avanguardia alle grandi masse dall'altro. Il processo tutto probabilmente avverrà a strattoni, inframezzato da tentativi reazionari di destra e anche di sinistra, tendenti a strappare ai lavoratori il decisivo. potere economico per darlo a minoranze borghesi o a minoranze po1itiche. Esso in ogni caso avverrà tanÌo più rapidamente. quanto più i consigli sapranno essere sede di vita intelligente e creativa, e quanto più sapranno quindi raccogliere intorno a sè la fiducia e la partecipazione attiva delle masse. Tuttavia, almeno come orientamento, si può immaginare un ideale piol,no di trasformazione della struttura socialé dal caos attuale ar nuovo ordine. E in questo piano sembra essenziale che la detta trasformazione, pur es~ndo in sè un grandioso processo rivoluzionario, pure· sia regclato da norme che rispettino l'equità, e diano un fondamento morale e giuridico ai nuovi rapporti di proprietà. E la norma fondamentale, necessaria a garantire queste esigenze, è l'obbligo delle aziende, considerate come sodalizi di uomini avviati ad acquistare il pieno autogoverno di quanto li riguarda, di riscattare una parte del capitale, ora proprietà di individui privati, domani gestiti come proprietà del sodalizio. Tale riscatto avverrà naturalmente con un regolare piano d'ammortamento, esteso per un lungo periodo di anni, e avente inizio 21 Bib1otec. Gino B,r "CO

soltanto quando l'azienda avrà ripreso andamento normale in un mondo economico normale, quando cioè essa sarà tn grado di cre~re profitti ~ufficie~ti a sopportare l'onere del riscatto. Ciò non significa affatto che i capitali così restituiti debbano andare a vmtàggio dei cap'talisti iniziali a titolo d'indennità. Significa che essi saranno .a carico dei lavoratori, che dovranno versarli allo stato, che a sua volta li restituirà in tutto, in parte, o non li restituirà affatto, ai proprietari originari. Questo è un problema politico indipendente dal'a creazione delle aziende socialistiche, e sarà risolto in sede politica. l'addebito di una parté del capitale ai lavoratori è invece una norma necessaria per due motivi essenziali_ Il primo è dare ad essi il senso della responsabilità di quanto vien loro affidato, per accrescere il loro attaccamento all'azienda dì cui stanno per diventare o, sono diventati liberi gestori e praticamente proprietari. Il secondo motivo è la necessità di operare con equità nei vari casi che la pratica presenta. Di fatto ogni azienda oggi lavora per produrre questi tre risultati economici: 1 ° Ammortare i capitali impiegati. 2° Pagare i lavoratori. 3° Pagare gli_ interessi del capitale. Ora vi sono aziende _con grandi capitali é pochi lavoratori, e viceversa. E' ev:dente che le due "prime voci sono a parità di vantaggiosità dell'impresa, equivalenti in un caso o• nell'altro. Cioè i risultati econom:ci dell'azienda a grande capitale, come ad_ esempio le imprese idroelettriche, saranno tali che la quota d'ammortamento s;,rà forte e quella della mano d'opera piccola, ma le stesse condizioni permarranno ~nche nelle aziende socialiste e a questo riguardo i lavoratori dei due tipi di imprese avranno vantaggi e !!ravami analoghi. la terza voce, interesse del capitale, si estingue come voce passiva, al momento dell'espropriazione e viene trasferita tutta a favore dei lavoratori, come loro partecipazione agli utili. Ora nel caso di aziende a grande capitalc- e pochi lavoratÒri, questi si troverebbero a godere di un grande profitto da dividere tra 22 B,b. ::,tee Gino B,.....co

pochi individui, con vantaggio molto superiore a quello di cui godono i lavoratori di azi~nde a piccolo capitale, cui corrisponde oggi una piccola disparità viene eliminata imponendo alle aziende socialiste il riscatto di una parte del capitale, obbligo evidentemente compensativo alle differenze di condizioni in cui esse si vengono a trovare, in conseguenza dell'esproprjo dei capitali originari. In tal modo la partecipazione agli utili verrebbe pareggiata e il trapasso potrebbe avvenire senza ingiuste disparità~ • t< on.Gc~ -)()TI.é R)~ · _,'Ff'.o, .c·~lj_oteca Gino Bianèò' B,b· Olec Gino Bi. 0C~238

QUADERNI DELL'ITALIA LIBERA l . EMILIO LUSSU• Lo ricostruzione dello stato. 2 • Alle nozioni unite. 3 . Che cose è i! Comitoto di Liberazione Nozionale. 4 . NICOLA PARUTA • Lo crisi italiano. 5 . PIERO ~OTTI • Organizzare lo resistenza e lo vittoria. 6 . TOMMASO RUOTI . Lo lotto per le libertà. 7 . Piero Gobetti 8 . Carlo Rosselli. 9 • Antonio Gramsci. 10 . BARTOLO STRACCA . Aspetti politici del problema dello magistratura. 11 . ENZO MURALLA • Lo rivoluzione costruttivo. 12 • LUIGI UBERTI . le commissioni di fabbrico. 13 . CARLO ALTOVITI . Lo devostozione economico. 14 • BRUTO PROVEDONI • Lo rivoluzione agrario. 15 . EDGARDO MONROE • Stati Uniti d'Europa? 16 • PIERO PAUTASSI . Lo rivoluzione minimalista e l'avvenire della libertà. 17 . LEO ALDI . Socialismo di oggi e di domani 18 • FEDERICO . l'economia pionif,cote .. 19 • Per lo rinascite d'llolio. 20 • CARLO INVERNI • I partiti e lo nuovo realtà itolione. 21 · PIETRO GERBIDO • le. origini del Partito d'Azione. 22 · MARIO MONFORTE • Nozionolismo responsabile del fascismo. 23 • MANLIO ROSSI DORIA • Il problema politico itoliono e lo · spirito del Partito d'Azione. ?4 · MARIO FRESOL• Per une democrozio soclelizzete. 25 · LEONE PICCININI • Combattentismo di ieri e di domeni. 26 • EMILIO CHANOUX • Federalismo e eutonomie. 27 • Un anno di lotte. 28 • Esperienze internezioneli. • 29 • FEDERICO • Esperienze internozioneli del movimento ope· roio tre le due guerre mondiali. 30 • RICCARDO LEVI • le Aziende autonome Socloliste PREZZO L. 5, ·

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