La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

L. 9.000 n.7 I settembre 1995 LA TERRA VISTA DALLA LUNA RIVISTA DI·:LL'I:\JTI R\T'.\JTO SUCL\LI- ] ·--• MENSILEDIRETTODA GOFFREDOFOFI --- Dalla Cambogia un reportage fotografico di Daniel Schwartz

Biblioteca Kristoff er N yrop Storia del bacio lntroduzione di Cesare Cases Traduzione di Annalisa Merlino pp. XII-I 16, L. 25.000 Guido Cavalcanti Rime A cura di Letterio Cassata pp. L-174, L. 35.000 Alexis de Tocqueville Arthur de Gobineau Del razzismo Carteggio 1843-1859 Prefazione di Marco Diani Introduzione e traduzione di Luigi Michclini Tocci pp. LXXll-280, L. 38.000 Narrativa Barbara Trapido In bilico Traduzione di Maria Baiocchi pp. 300, L. 35.000 Giovanni Orelli Il treno delle italiane pp. 128, L. 20.000 Saggine Paolo Flores d'Arcais Hannah Arendt Esistenza e libertà pp. 130, L. 16.000 DONZELLIEDITORE ROMA Saggi Ivan Djuric Il crepuscolo di Bisanzio I tempi di Giovanni VIII Paleologo (1392-1448) Introduzione di Mario Gallina Traduzione di SilviaVacca pp. 368, L. 60.000 Domenico Carosso Il comunismo degli spiriti Forma e storia di un frammento di Holderlin pp. 80, L. 22.000 Karl Polanyi Europa 1937 Guerre esterne e guerre civili A cura di Michele Cangiani pp. 96, L. 18.000 Interventi Giovanna Zincone U.S.A. con cautela Il sistema politico italiano e il modello americano pp. 96, L. 16.000 Alberto Berretti Vittorio Zambardino Internet. Avviso ai naviganti pp. VIII- I12, L. 16.000 I centauri Aa. Vv. Società e metropoli La scuola sociologica di Chicago A cura di Raffaele Rauty · Traduzione di Caterina Dominijanni pp. 220, L. 38.000 Libri di idee

LA TERRA VISTA DALLA LUNA Rivista dell'intervento sociale ..... N.7, settembre 1995 LEZIONI Giuseppe Dossetti, con una nota di Giancarlo Gaeta: Etica e politica (p.2). VOCI Gianfranco.Bettin: Bosnia, buonismo e guerrafondai (p. 10), Piergiorgio Giacchè: Da Sarajevo a Mururoa (p. 11), Luigi Bonanate, a cura di Emanuele Rebuffini: Fragilità del pacifismo (p. 13), Mare Stears: Il nuovo corso dei laburisti inglesi (p. 34 ), Antonio Solaro: A Cipro l'ultimo muro (p. 35), Alexander Langer: Caro San Cristoforo (p. 52), Goffredo Fofi: Ricordo di Alex Langer (p. 54), Giampaolo Cadalanu: Ricordo diJoaquìn Sokolowicz (p. 55), Marcello Benfante: Pianeta scuola: gli insegnanti (p. 57), Carlo Carminucci: Le economie locali tra vitalità e nuove sfide (p. 61), Giancarlo De Cataldo: Vuoto pneumatico. La nuova legge sulla custodia cautelare (p. 64). LA CITI A' NAPOLIISCAMPJA Francesco Ceci: Un luogo estremo. Osservazioni su Napoli da Scampìa (p. 18), Rosanna Costagliola: Scampìa: un quartiere senza storia (p. 22 ), Daniela Lepore: Napoli: le cose che non convincono (p. 26), Peppe Lanzetta: Vorrebbero il mare (p. 23), Alma Megretta: Sciosce viento, e altre canzoni (p. 25 ). PIANETA TERRA CINA Francesco Sisci: La mappa del potere (p. 38 ), Barbara Alighiero: Un dissenso che non fa ancora paura (p. 42), Giorgio Trentin: Stato e mercato in anni di svolta (p. 45), Maria Rita"Masci: Nuova società, nuovi scrittori (p. 50). SUOLE DI VENTO/ 2 Stefano Laffi: Ogni giorno una scelta (p. 66 ), Carlo Drago: Anno scolastico '95-'96. Caro diario ... (p. 69), Emiliano Morreale: Giovani scrittori dalla cx Jugoslavia (p. 71), FUMETTO. Giuseppe Pollicelli: Situazione del "fumetto d'autore" (p. 73), Gabriella Giandelli: Storia di una coperta silenziosa (p. 74), Stefano Ricci: Un'ossessione chiamata disegno (p. 76), GIRO D'ITALIA. Giuseppe Mazza: Gulliver in Sicilia (p. 77), Riccardo Bruno: Catania che cambia (p. 80 ), Paolo Pagani: Milano vista dalla periferia (p. 81), Antonio Scrivo: A Volano, una di noi ... (p. 83). IMMAGINI Daniel Schwartz: Cambogia, una guerra senza fine (fra le pagine 42 e 43). La foto di copertina è di Silvia Sanziovanm. . I disegni che illustrano questo numero sono d1 Franco Matticchio. Direttore: GoffredoFofi. . Direzione: GianfrancoBenin,MarcelloFlores,PiergiorgioGiacchè,Ro!,ertoKoch, GiulioMarcon,MarinoSinibaldi. Segretariadi redazione: Monica Nonno. Collaboratori: Damiano D. Abeni, Roberto Alajmo, Vinicio Albanesi, Enrico Alleva, Guido Armellini, Ada Becchi, Marcello Benfante, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Andrea Bcretta, Andrea Bcrrini, Giorgio Bert, Giacomo Borella, Marisa Bulgheroni, Massimo Brutti, Mimmo Càndito, Francesco Carchedi, Franco Carnevale, Luciano Carrino, Francesco Ceci, Luigi Ciotti, Giancarlo Consonni, Mario Cuminetti, Paolo Crcpet, Mina Da Pra, Zita Dazzi, Giancarlo Dc Cataldo, StefanoDc Mattcis, Giuseppe Dossetti, Elena Fantasia, Grazia Fresco, Rachele Furfaro, Giancarlo Gaeta, Fabio Gambaro, Saverio Gazzelloni, Rinaldo Gianola, Vittorio Giacopini, Giorgio Gomel, Bianca Guidetti Serra, Gustavo Herling, Stefano Laffi, Filippo La Porta, Franco Lorenzoni, Luigi Manconi, Ambrogio Manenti, Bruno Mari, Roberta Mazzanti, Paolo Mereghetti, SantinaMobiglia, Giorgio :Morbello,Cesare Moreno, Emiliano Morreale, Marco Mottolese, Maria Nadotti, Grazia Neri, Sandro Onofri, Marco Onorati, RaffaelePastore, Nicola Perrone, Giuseppe Pollicelli, Georgètte Ranucci, Luca Rastello, Angela Regio, Bruno Rocchi, Luca Rossomando, Bardo Seeber, Francesco Sisci, Paola Splendore, Andrea Torna, Alessandro Triulzi, Giacomo Vaiarelli, Federico Varese, Pietro Veronese, Tullio Vinay, Emanuele Vinassa dc Regny, Paolo Vineis. Grafica: Carlo Fumian. Hanno contribuitoallapreparazione di questonumero: Pina Baglioni, Claudio Buttaroni, Caterina Carpi nato, Giuseppe Citino, Francesco Cristaudo, Pietro D'Amore, Stcfanv D'Atri, Roberta Peruzzi, Edi Rabini, Franco Ungaro, Simona Za111ni. I manoscritti non vengono restituiti La Terra vista dalla Luna Iscritta al tribunale di Roma in data 7.7.1995al n° 353/95. Dir. responsabile: Goffredo Fofi Edizioni La Terra vista dalla Luna s.r.l. Redazione e amministrazione: via Cernaia 51, 00185Roma, tel. 06-4467993(anche fax). Distribuzione in edicola: SO.DI.P. di Angelo Patuzzi spa, via Bettala 18,20092Cinisello Balsamo (MI), tel. 02-660301, fax 02-66030320. Stampa: StilGraf della San Paolo Tipografica Editoriale - Via VignaJacobini 67/c - Roma Finito di stampare nel mese di settembre 1995 •

LEZIONI Giuseppe Dossetti Giancarlo Gaeta ETICA E POLITICA: PRINCIPI GENERALI Giuseppe Dossetti Pubblichiamo una conversazione di don Giusepre Dossetti, tenuta a Modena il 6 giugno de, '93 su richiesta di alcuni giovani per _l~ più cresciuti in stretto contatto con la com_un_ita monastica monteveglina; contesto non irrilevante - lo si avverte soprattutto nella parte dialogata - per coglierne il ton~ e l? spirito. Dossetti risponde alla domanda circa il rapporto tra morale e politica posta da giovani educati ai valori cristiani, e tuttavia evidentemente incapaci di far fronte alla crisi morale del paese attraverso una loro autonoma riflessione e presa di posizione. Vorrebbero dall'anziano Padre indicazioni pratiche e f o~se, soprattutto,. ess~re rassicurati. Vengono piuttosto sollecitati '!' prendere coscienza del dramma: attuale _(~l "grande disastro") attra:1erso la _ril~tturacritica della storia repubblicana e infine bruscamente invitati a farsi carico in prima persona della situazione attraverso lo studio e l'azione; infatti, egli dice, "non v_ila:s~iamon~ssuna eredità, se non qualche principio generico che do-_ vrete voi riappro{ondire, esplicare", a fronte di una crisi culturale inedita. Peraltro, i ''principi generici" a cui Dossetti si richiama in questo intervento, si riducono, mi sembra, a uno soltanto: perché si dia composizione tra la sfera della mora~ee que~ladella politica occorre che non vi sia conflit~o tra morale e pubblico, o che almeno esso sia per quanto possibile Ji';lit'!'to e ~i'.coscritto?e dunque occorreràche l agt:e p~lttico non sia co_nce-_ pito come una sfera ritagliata a parte. Di qui l'affermazione centrale che il so_ggettorr:~rale non è divisibile, che la sfera etica è unificata dall'unitarietà soggettiva. Affermazione niente affatto sorprendente da parte di un cristiano_ cheparla ad altri cristiani; ma se_condoDo_ssettt una moralità fondata solo sul rispetto dei c_o~ mandamenti non basta a fondare la moralita del cittadino, come è dimostrato dallo sguardo impietoso rivol~o '!'lnostro ca~tolicesim~._Ilcittadino per sentirsi tale de7:ericonosce~s~in_una moralità più universale di quella a cui ispira la J.rZJ..QJ:fJ. • propria condotta privata; come cittadino d~ve essere educato a valori di convivenza sociale non occasionalmente affermati ma pubblicamente prescritti e riconosciuti. . In tale spirito, ricorda Dossetti,fu ~laborata la prima parte ~el~anostra _G_ostit'!'zio~e,ma in mezzo secolo di vita non si e mai attinto ad essa per sviluppare una educazione diffusa di diritti e doveri in quanto cittadini. L'attuale crisi, morale e civile a un tempo, va imputata a questa mancanza, anche se infine è stata aggravata da una serie di fattori esterni oltre che da una intrinseca debolezza della seconda parte della Costituzione stessa. Questo per l'essenziale il nodo culturale che, avverte Dossetti, rischia di soffocare ogni possibilità di f utu:~ vita democratica nel nostro Paese. E di qui il suo invito a opporsi ~on deci~ionea _t~ntativi di soluzione seducenti, perche, drastici quanto semplicistici, quali quelli ,offerti dall'.em~rgente cultura neo-liberale. D a'ftraparte, e chiaro che egli né intende riprop~rre il passato n_éoffrire ricette per il futuro. Piuttosto cere'!'_di '.en~ere evidente la crisi nella sua complessita e invita a scegliere consapevolmente i punti di partenza per ricostruire, sapendo che coi:rzunquedov~à trattarsi di una nuova costruzione. Il dubbio angoscioso è se siano disponibili energie di pensiero e di azione adeguate alla gravità del compito. (Giancarlo Gaeta). • Anzitutto, per parlare di etica e politica bisogna partire da una ~onsi~erazione, mi _p~re: cioè che il soggetto etico, rispetto a)la P?h~1ca 1 si allarga, si espande, aumentano 1 dmtt1 e_1 doveri. È facile e intuitivo capire il perché: m una comunità più vasta, più organizzata, più articolata si moltiplicano le relazioni e i doveri. Si moltiplicano i diritti e si moltiplicano le obbligazioni corre~ative. ~o_n ~ sol<?l'uomo o il cristiano da considerare: e 11ctttadmo. Per quanto, già qui ci trovia~,o _difron~e a una prima diff_ic?l~à:sapere, ~h1_e_11Clt~a1mo o~gi è molto d1ff1c1le,perch~ 11dmtto d1 ~1~tadmanza è un diritto che subisce una mod1f1cazione per molti aspetti - o la sta subendo, Rerché ancora non s1 sa quale veramente sara la sua direzione e il suo esito completo. La cittadinanza di che cosa e rispetto a che cosa? Per molti decenni anche nel nostro Stato, nonostante la sua evoluzione ed espansione dalla unità nazionale in avanti, è stato però abbastanza fermo - sia pure èon delle riserve c~e aggiungo subito - il rapporto fondamentale rispetto a questa realtà statuale, nazionale, co-

me si era venuta definendo in vari stadi della nostra vita nazionale. Ma c'era un punto di riferimento sostanzialmente fisso, o creduto fisso. Bisogna però dire che anche all'interno e in rapporto a questo punto di riferimento - lo Stato italiano o la nazione italiana - c'è stata una notevole evoluzione del diritto di cittadinanza, della "cittadinanza", cominciata, come più o meno tutti sapete, con l'unità nazionale in modo molto restrittivo, perché i cittadini a pieno diritto erano relativamente molto pochi. Ancora al principio del secolo non erano certo i milioni d1 italiani di o~gi. Forse, le cifre esatte non le ricordo, ma s1poteva parlare alla fine del secolo scorso di un numero di cittadini a pieno diritto molto limitato: due o tre milioni al massimo. Poi c'è stato, già nella prima decade, un allargamento che ha raggiunto alla fine del secondo decennio un ulteriore allargamento, ma un allargamento che almeno in un senso non era completo. Non era completo perché tutta l'altra parte del cielo, e cioè le donne, non erano comprese nella cittadinanza a pieno diritto, non avevano diritti politici, non avevano l'elettorato, né attivo né passivo. Comunque il punto di riferimento era abbastanza stabile. Oggi siamo in un momento di profonda crisi. Non si conosce quale evoluzione si abbia rispetto al punto di riferimento fondamentale: lo Stato. Quale sarà il nostro Stato? Che cosa sarà? Coinciderà, non coinciderà con il concetto di nazione? E il concetto di nazione: anch'esso ha subito in tutti questi anni un'evoluzione. Siamo in un periodo di forte transizione, non solo rispetto allo Stato italiano - certamente rispetto ad esso parecchio -, ma anche rispetto ad altri Stati. Da molte parti si tende a sostituire o a mettere in concorrenza con il concetto di Stato nazionale uno Stato federale, una appartenenza di cittadinanza limitata ad una zona di quello che era il nostro Stato unitario. E poi si fa concorrere con questa un'altra cittadinanza più vasta, rispetto a parti, almeno, di altri Stati nazionali; una cittadinanza federativa all'interno dei nostri confini attuali e una cittadinanza annettiva o super-federativa all'esterno dei confini dell'attuale Stato. Comunque un movimento di carte notevole che ho ap.Pena appena descritto, accennato a modo impressionistico, ma che non danno ancora un esito intravvedibile e sicuro. Tutti i concetti di Stato, di nazione, di fede-· razione di Stati, di Stato sovranazionale sono in continuo movimento, specialmente in questa nostra Europa. Si sono scritti in questi ultimi mesi parecchi libri al risuardo, da diverse parti, avanzando diverse teone. Si parla comunque di una crisi dello Stato nazionale, rapportato ad una nuova forma di Stato, in alto e in basso, superiore e incluso. ~-omu!1que r~sta che l'etica rapportata alla pol1t1ca s1 dovra confrontare· sempre con queste realtà, oggi in nuovo movimento, che accentuano il travaglio - non solo dal punto di vista politico, questo è evidente, ma anche dal pUnto di vista morale. Le appartenenze indefinite o mobili sono tali, si profilano tali da incidere notevolmente sulla consapevolezza dei valori implicati e sulla consapevolezza dei do"'.erie dei cliritti conseguenti. Seconda osservazione. Nonostante tutta questa mobilità e questa dinamica in corso, progressiva o regressiva a seconda del punto di vista che ciascuno può avere, resta - o dovrebbe restare - fermo il concetto che la sfera dei diritti e dei doveri etici dovrebbe sempre essere valutata in base al concetto che il soggetto morale, il soggetto etico è uno solo. Questa è già una affermazione che implica una grave diversità e discriminazione di opiniom e di atteg~iamenti. Ma io devo dirlo. Mi pare che anche m rapporto ad un concetto più o meno esteso, più o meno articolato di Stato o di nazione o di Stato-nazione, si debba sempre dire che moralmente, eticamente il soggetto considerato è uno e unitario. Quindi la·sfera etica è unificata da questa realtà della unitarietà soggettiva. Cosa 1mpli~a tutto questo? È enunciato come proposizione astratta, ma lo si vede subito nel concreto, che, siccome il soggetto è uno solo, non si può tagliargli delle fette di moralità:E oggi noi stiamo tagliando pacificamente, cioè unanimemente, ma non concordemente, delle fette di sfere morali. Specialmente dor.o le ultime vicende, è evidente che la sfera più emergente, più messa in rilevanza da tutti e rispetto a tutti, è la sfera della morale diciamo economica e finanziaria. Ma è la sola sfera? Questo per il cristiano, almeno, non può essere ammesso. La sfera della sua moralità è globale e unitaria. Non è solo la sfera dei rapporti di giustizia o dei rapporti connessi con la consistenza economica ciel soggetto, sia nei suoi. doveri, sia nei suoi diritti. Ci sono tanti altri rapporti. E particolarmente c'è il rapporto con la morale sessuale che non v:iene mai collegato alla sfera della moralità intesa dal discorso che oggi si va facendo. Per cui si vedono, con evidenza, dei giornali che sono notoriamente all'avanguardia nella critica della moralità corrente e nel propugnare una nuova morale rispetto alla gestione economica dello Stato o all'atteggiamento dei cittadini nei confronti dello Stato che - quegli stessi giorni e nello stesso atto - si fanno paladini di una assoluta mancanza di moralità e di riferimento nella sfera sessuale. Anzi si fanno attivi promotori di una amoralità totale in questo ultimo campo. Con una profonda contraddizione, perché, essendo solo uno ·il soggetto, pretendere che esso riesca ad essere come deve essere, cioè ad agire e ad essere eticamente in modo positivo in un campo, non è possibile se si libera da ogni obbligazione in un altro campo. È una battaglia già perduta, quella della moralizzazione in campo dell'etica economica, quando è scontato che il soggetto debba essere totalmente libero da ogni vincolo morale nel1' altra sfera, nella sfera del sessuale. È una battaglia perduta perché non ci si riuscirà mai, appunto perché il soggetto è unico. Se si comporta immoralmente in un campo, inevitabilmente finisce per comportarsi immoralmente anche nell'altro. E non c'è giustificazione possibile di un dualismo al riguardo. Non c'è siustificazione os~ettiva e neppure soggettiva. C'è l'impossibilità di essere quello che si dovrebbe essere. Va bene, possiamo anche concederlo, è stato ripetuto infinite volte, che per il cristianesimo è emersa in una maniera eccessiva la sfera della morale sessuale. Si è dato ad essa un peso che si dice non dovrebbe avere, o si è dato quasi esclusivamente ad essa peso. Si potrebbe discutere, si potrebbe discutere. Ma non lo voglio fare. Mi limito solo ad affermare che il soggetto è unico, e che quindi insistere per una ricostruzione· etica in un campo e non adeguatamente anche nell'altro è una operazione destinata già a priori a fallire. Se s1 è li-

beri da ogni vincolo e da ogni freno di moralità in campo sessuale e anche in campo familiare non si può non essere congiuntamente liberi anche nel campo della morale economica e della morale relativa alla giustizia nei problemi attinenti alla moralità. Una terza osservazione, che dovrebbe essere fatta·.- e anche 'questa ormai non viene più fatta, perché vi si passa sopra - è che l'eticità del cittadino non si fonda solo sui campi in cui abitualmente viene in rilevanza o comunqye può essere in un qualche modo sentita dal singolo soggetto; e questi sono i campi, alla fine, se vogliamo proprio ridurli in sostanza percepibile da tutti, dei comandamenti di Dio, anche prescindendo da una visione accentuatamente coerente con il Vangelo. Certamente un punto di riferimento basale lo restano pressapoco per tutti, salvo· l'eccezione implicata dal secondo punto. Questa moralità del cittadino, oltre che dai comandamenti fondamentali, deve essere in modo particolare rapportata anche ad una cosa che non si nomina ormai quasi più: e cioè alla Costituzione. Semplicissimo. La Costituzione del 1947/48 ha definito dei rapporti fondamentali di diritti e di doveri che non sembrano facilmente modificabili in tutto questo sviluppo e in questo intrigo di spinte e controspinte. Almeno per alcune cose essenzi,1.li. Ed è qui, a mio giudizio, che non solo adesso in questi giorni, in questi mesi e in questi anni, ma da . sempre è mancata una particolare educazione che doveva esserci. Ed è qui, in questa mancanza, che è fallita completamente l'eticità e l'educazione data al cittadino italiano da questo regime che sta morendo. Chi mai ha preteso di sottolineare, come si sarebbe dovuto fare, che per una idea esatta dei doveri e dei diritti in quanto cittadini si doveva quanto meno partire con un riferimento alla Costituzione? Almeno in guei punti in cui è chiarissimo, là .dove viene dèlmeata una soggettività etica molto definita e particolareggiata. Questo è mancato totalmente. Si è faùo riferimento in qualche momento, da qualche voce, alla Costituzione, come punto di valutazione di certi rapporti intersoggettivi. Ma in un modo curioso, paradossale: o dimenticando completamente il lato della soggettività di doveri e soltanto formulando o contribuendo a far formulare urta cultura dei diritti soltanto, oppure in una maniera astratta, vuota, che non diceva niente alla coscienza della gente. Non solo non diceva niente alla coscienza degli operatori politici, ma non diceva niente in assoluto alla coscienza della gente, particolarmente dei cristiani. Che la Costituzione potesse essere un punto di riferimento per la individuazione di diritti e di doveri è stato mai detto al cristiano e alla sua moralità? E. che questo potesse essere fatto in una maniera molto concreta e molto solida? Se facevano per così dire cilecca i comandamenti di Dio, si poteva almeno fare riferimento alla Costituz10ne_ per inculcare con . serietà e pregnanza un'etica del cittadino e soprattutto di quei cittadini a cui si demandava un operare politico. Non è avvenuto. E in questo ritengo che noi cristiani abbiamo una responsabilità tutta particolare. E qui bisognerebbe aprire una parentesi che sfioro soltanto: quella della nostra consapevolezza in genere di una eticità statuale. Per tutte le note vicende - note o meno note - che [ LEZIONI i CO hanno segnato la nostra formazione nazionale e che hano segnato dopo l'Unità lo sviluppo del nostro paese, c'è stata una eticità statuale molto manchevole, perché, almeno da parte cristiana, c'è stato fin da principio un conflitto che mettendo in forse la nostra stessa appartenenza totale allo Stato ci ha reso diffidenti, non collaboranti nel campo statuale. E non collaboranti fino al punto da pensare che potesse essere per certi casi e per certi aspetti una cosa meritevole violare le norme dello Stato. Questa è stata una delle conseguenze più disastrose di quello che si è detto il "non expedit", cioè "non conviene" che i cattolici agiscano politicamente. Cittadini sì, ma renitenti, ma con riserva,· con riserva di riconoscimento di diritti da ]?arte degli altri e con riserva nostra di adempimento di doveri da parte nostra. Quindi un conflitto che sin dal nascere del nostro Stato unitario non ha permesso ai cattolici di situare realmente la loro posizione rispetto a questo Stato che nasceva e di cui tuttavia facevano parte. Questo Stato elle nasceva e che è nato in quel tale modo naturalmente era anch'esso da parte sua inadempiente, ma questa inadempienza reciproca ha fatto·sì che storicamente, per decenni, si sia andati avanti in una maniera che a dir poco era di frode reciproca. Una frode pia forse, come è stato detto, ma frode, e quindi non completa lealtà di una eticità molto compressa e limitata. C'è stata una breve parentesi, in qualche modo, almeno incipiente, realmente democratica nel primo dopoguerra, in una contraddizione profonda, anclie se.realmente democratica, con altre parti, con altri partiti. E poi è sopravvenuto, dopo brevissima esperienza, il dissidio. E qui c'è stato un grande inganno, proprio sul piano dell'etica. Una educazione a rovescio. Perché il fascismo ha ipertrofizzato certi obiettivi e conseguenti diritti del cittadino, trascurandone, anzi comprimendone totalmente altri. E quindi la stessa· immagine della cittadinanza e della globalità dei diritti e dei doveri è stata gravemente alterata. Per eccesso e per difetto. E non era tale che potesse essere in qualche modo aiutata a partonre, a generare una eticità consapevole e integrale nella vita del nostro paese. L'ipernazionalismo che ha caratterizzato fin dall'inizio il fascismo, lo sbandieramento di obiettivi non proporzionati alla nostra realtà nazionale e statuale: per eccesso ponevano l'accento su certi doveri e lasciavano del tutto in ombra non solo i diritti correlativi, ma anche altri doveri. Quindi il dovere militare, a cui erano prefissati certi grandissimi e ambiziosissimi obiettivi, sfasando poi la coscienza del cittadino. E arrivando così a quella doppia coscienza che ci ha caratterizzato durante gli anni della seconda guerra mondiale, per cui, come cittadini italiani, si auspicava la sconfitta del nostro paese. Questo dramma che ha veramente scisso le coscienze e che ha scardinato le basi di qualunque eticità, che si manifestava ogni giorno nell'ascoltare le radio straniere, nel compiacersi quando l'Italia era sconfitta, e così via. E poi nel passare necessariamente all'azione. Con l'avvento della democrazia si sono realizzate alcune premesse. Anzitutto si sono poste le basi, anche se poco esplicate e non adeguatamente giustificate e inculcate nell'educazione popolare, cioè nell' educazione del popolo, per una ricomposizione almeno in una certa unità dell'eticità. Non c'è stato più il dramma di un conflitto.

Però quasi subito, anzi già nell'atto della liberazione e già nell'atto della guerra di liberazione, è nato un altro conflitto e un'altra scissione. Una grande parte di cittadini italiani ha creduto di seguire assieme con l'appartenenza al nostro Stato, con la nostra cittadinanza e con la sfera complessa di diritti e di doveri che si stava elaborando anche un'altra appartenenza, e cioè )'appartenenza al sistema comunista. E qui è nato di nuovo un srande conflitto, una grande scissione per quelli che vedevano come appartenenza paritaria o addirittura eminente sull'appartenenza alla cittadinanza italiana, un'altra appartenenza, non solo per loro ma anche per gli altri che non pensavano così. Ma le ragioni del contrasto erano tali che le stesse scelte fondamentali relative alla morale pubblica venivano effettuate in base a questa contrapposizione. E se ne è ricavata poi la conseguenza molto evidente, soprattutto in campo cattolico, che non tanto - non si è detto, magari, ma si è fatto -, non tanto si dovessero adempiere i doveri e i diritti unitari dell'appartenenza al nostro Stato, ma si dovesse soprattutto operare in qualunque modo per la vittoria su quei cittadini che erano considerati come praticamente stranieri in casa loro. E anche questo ha creato, specialmente in campo cristiano, in campo cattolico, una frattura nella coscienza unitaria della soggettiv_itàetica. Non sappiamo ancora niente di quella che è la storia vera di Gladio e annessi, ma senza arrivare a quegli estremi, è certo che molti, quasi tutti gli italiani non comunisti vivevano m pratica con doppia eticità: di riferimento al proprio Stato e insieme di riferimento alla necessità assoluta di non consegnare lo Stato nelle mani degli altri. Questo ha alterato tutta la visione, fin dai primordi, sin dai primi inizi. Ha avuto riflessigravissimi sulla stessa formazione della nostra Costituzione. Certe scelte costituzionali, soprattutto della seconda parte della Costituzione sulla struttura dello Stato, certe scelte costituzionali che anche oggi, in questi ultimissimi anni hanno gravato sulla paralisi del nostro Stato, sono dovute fra l'altro al pensiero che si dovesse assolutamente evitare tutto quello che poteva facilitare l'accesso al potere di un partito che aveva intenzioni totalitarie e dittatoriali nel caso si fosse impadronito del potere stesso. Quindi ne è venuta la conseguenza, nel campo della delineazione delle strutture, di una voluta intenzionalità nel delineare certe strutture non perché funzionassero, ma perché fossero deboli e non potessero quindi funzionare: il governo, innanzitutto; e poi sono state introdotte nella realtà costituzionale delle garanzie e dei congegni che il più possibile hanno cercato di fermare l'autorità e di garantire quindi contro una possibilità di degenerazione in uno Stato dittatoriale. Quindi la doppia Camera, con pari autorità ed efficacia, quindi un congegno legislativo che era per sé pazzesco, non poteva esprimere un'efficienza qualsiasi, quindi la Corte Costituzionale in un certo modo, quindi i referendum in un certo altro, quindi un reale considerare lo Stato come una realtà che dovesse essere insieme capace di adempiere certi compiti, ma nello stesso tempo così gracile da non poterli adempiere. Una contraddizione profondissima e insanabile nella nostra stessa struttura costituzionale, che adesso si paga, scatenando in senso divergente la coscienza dei cittadini e operando ancora una volta con un'etica perversa o un'etica - per lo meno. - della minore efficienza possibile. Mentre, d'altro canto, si assegnavano allo Stato, nella prima parte della Costituzione, dei compiti che doveva adempiere e si costituiva una figura di cittadino a pieno diritto che sempre più doveva emergere e che sentiva il bisogno di realizzare questi diritti. Senza peraltro che gli strumenti forniti allo Stato potessero realizzarlo. Quindi una confusione che adesso stiamo scontando. Però dicevo - riprendo dopo questa parentesi storico-ricostruttiva per sommi capi - dicevo che, nonostante tutto, la Costituzione, nella prima parte, fornisce una tavola dei diritti e dei doveri abbastanza chiara ed efficiente, sulla quale deve essere ricostruita la coscienza etica unitaria del nostro paese. Il dramma - come potete avere inteso da queste sommarissime linee - resta queÌlo di chiedersi a questo punto, quando si è operato in modo così diffuso, anzi diremo unanime - perché siamo tutti responsabili - in senso antietico, come fare a ricostruire una coscienza etica nella nostra realtà sociale, nazionale? Come fare? Tutta la gravità della odierna crisi politica si fonda. in ultima analisi su questo fondamento di grandissima confusione etica - universale, perché non crediamo che siano soltanto i politici ad avere fallito. Certamente la classe politica di tutti i partiti ha gravemente fallito - proprio sul piano etico. Ma in realtà poi sono stati tutti gli italiani che sono stati loro complici, loro mandanti, perché quello che hanno fatto i politici in realtà veniva poi compiuto con il consenso di tutti noi. A ciascuno per una particella interessava che si operasse così. Si chiedeva quella cosina che rappresentava una piccolissima eccezione, ma che poi di J.J2.l.Q/::{1

fatto, nella somma collettiva, era un'eccezione universale alla le~ge, alla configurazione sicura dei diritti e dei doveri. Tutti abbiamo per la nostra parte contribuito ad operare immoralmente. Tutti, tutti. Poteva essere in qualche cosina, anche per voi più giovani, l'immoralità scolastica, poteva essere per i vostri fratelli più grandi un'immoralità relativa magari al servizio militare. Poteva essere per quelli già inseriti nella vita, nell'economia, nel lavoro, un'immoralità che si prendeva delle libertà sul piano della giustizia nei rapporti con l'altro o nei rapporti con il fisco o nei rapporti sociali. Credo che in realtà nessuno di noi sia immune da una certa porzione di infrazione o di doppia coscienza. E come si fa? È qui che il problema è praticamente insolubile. Praticamente, a meno di un miracolo collettivo che collettivamente ci converta o ci rieduchi. Certamente la prima cosa è prendere atto che nessuno di noi si può dire innocente. La seconda presa di cosci~nza è che questa trasgressività quasi universale ha una accentuazione particolare nel caso di noi cristiani. Perché non deriva da episodi terminali di questi ultimi anni, o dei tempi cattivi, o da una corruttela che soltanto negli ultimi giorni si è resa evidente e palese agli altri. Ma deriva secondo me da un lungo periodo di trasgressività specifica cattolica. Per le ragioni storiche che ho accennato e poi anche per quello che avrebbe dovuto essere per noi italiani un punto di riferimento e di elevazione morale, ma che in molti momenti d'ella nostra· storia si è ridotto invece a un punto di cattivo esempio. E cioè il punto di possedere nel nostro Stato la sede apostolica. Anche questo ha contribuito in una maniera rilevante, secondo me, ad aggravare la nostra trasgressività. C'è una trasgressione o una inclinazione alla trasgressione tutta particolare di noi cattolici. C'è un cattivo esempio che scende dall'alto, bisogna dirlo. Come si deve affermare la cattiva coscienza universale, così si deve anche ammettere che c'è una trasgressività specifica a cui i cattolici sono inclini in una maniera particolare, proprio perché anche le buone intenzioni hanno dei retti fini, i quali pare che giustifichino la trasgressione stessa. E sotto questo aspetto l'educazione che riceviamo, che abbiamo ricevuto è debole, non è capace di apr.licare con serietà e coerenza il principio che 11fine non giustifica i mezzi: siccome il fine è buono, i mezzi sono giustificati. E quindi c'è una inclinazione direi a peccare o a trasgredire, se vogliamo solo il piano etico e non quello del peccato (la legge fiscale, per esempio, certi doveri etici generali) a manipolare le operazioni di manifestazione del consenso. Cioè magari non con frodi conclamate, queste sono evitate dalla legge stessa o da un a certa garanzia reciproca che ci si dava tra partiti - ma ad operare in modo indiretto che finiva poi per essere una distorsione del consenso. Molte elezioni, in molti casi, sono state di qu·esto genere, più o meno, accentuatamente o meno, ma tali che non erano una retta espressione del consenso vero del popolo sovrano. E quindi c'è una compromissione grave, perché diffusa non solo a qualche centinaia o migliaia di politici di varie istanze, ma direi un po' di tutto il popolo. E grave perché ha inciso nei decenni profondamente nel fondo della nostra coscienza e ci rènde scarsamente sensibili dal punto di vista etico, poco 8 I UZlJJli.I. dotati di discernimento effettivo sul piano della morale. E come ricostruire? Secondo me la prima operazione è quella di confessare tutto questo. La seconda operazione è di non credere che la conquista del potere politico possa essere per sé un rimedio a tutti 1mali: non è il rimedio a questi mali morali, anche se in mani cristiane. La terza è inevitabilmente conseguente: non pensare che sia il maggior male se ci accadesse di perdere in maniera diffusa ogni ingerenza nel potere. Pensare che possa essere invece un necessario purgatorio, cioè capace finalmente di ricostruire un'etica dentro d1noi. Se l'obiettivo che ci dobbiamo porre tutti è quello di una ricostruzione del'unitarietà della nostra soggettività etica, in qualunque collocazione la si pensi domani rispetto alla collocazione statuale che si viene assumendo, evidentemente dobbiamo anche pensare che è il primo passo necessario in un certo senso, per una effettiva ricostruzione. Gli altri che si impossessassero del potere, non ci potranno mai fare tanto male quanto ce ne siamo fatto noi stessi con tutta questa vicenda di doppia coscienza. Giungo per ora a queste conclusioni e quindi mi fermo. Domande e risposte Si può parlare di un ritardo nella dottrina sociale della Chiesa per quanto riguarda l'intervento del cristiano nel sociale? Ma veramente io non so, adesso rispondo a prima vista, se mai per f recisare poi meglio. Ma di ritardo globale de magistero non direi. È vera una cosa, che i vescovi hanno cominciato a denunciare questa immoralità diffusa nel mondo politico troppo tardi, dopo esserne stati conniventi in un certo senso per molti anni. Però, il magistero come tale ha detto tutte queste cose; è che non le ha applicate, o non ha dato esempi forti, scendenti dall'alto, di applicazione coerente. Piuttosto è la pratica che è rimasta in ritardo, attardata appunto successivamente da diversi eventi: il "non expedit", poi l'avvento del primo socialismo, che ha determinato tante manipolazioni anch'esso, e poi l'avvento del fascismo compiaciuto e favonto. Poi, con l'avvento della democrazia, la scissione, la paura del comunismo, che ha indotto altre manipolazioni, o non ha saputo dare al cittadino italiano cristiano delle vedute forti, capaci realmente di alimentare una sua etica social.ee politica coerente e fedele. Ma il ma~istero ha parlato, in sé ha parlato, perciò siamo anche più colpevoli. La mia domanda è proprio sul diritto di cittadinanza. Uno dei grandi problemi, dei grandi fenomeni sociali di questi anni è il movimento dif opoli, uno dei fatti che stanno cambiando i mondo. Movimento di popoli per guerre, per carestie, per trasformazioni istituzionali di Stati, di blocchi interi di Stati, come · abbiamo visto nell'Est Europa. Di fronte a questo stiamo assistendo in queste settimane a decisioni che si vanno prendendo da parte del blocco occidentale di grande rilievo. La Germania chiude l'accessoagli stranieri, sono decisioni di questi giorni: una restrizione all'ingresso degli stranieri, limitato a coloro, mi pare, ai quali venga riconosciuto lo sta-tus di rifugiati politici. I giornali scrivono che tutta l'Europa si sta allineando, si allineerà, e che saranno prese delle determinazioni anche a livello di governo europeo. Per un cristiano che cosa è il diritto di

cittadinanza? Un cristiano che idea deve avere dei confini dello Stato nel quale si trova ad abitare? Per un cristiano quale diritto sipuò riconosceread un uomo che è senza terra, perché si stabilisca sulla propria terra a lavorare e a vivere? A mio avviso questo è poi anche il pro- . blema che in fondo, assieme a tante altre cose, sta agitando la Bosnia. Questa necessità di espellersi a vicenda. E quindi mi sembra che sia uno dei grandi nodi dell'etica moderna: il cristiano che cosadeve pensare? Questo problema è un problema di oggi, o piuttosto di domani, grave, sul quale cercherò di dare una risposta, ma non è un problema influente sul nostro passato, su quello che è Stato il nostro passato fino ad ora. Non c'è nessuna giustificazioné, nessun rapporto fra la decadenza morale che si è affermata - e che oggi è conclamata nel nostro paese - e gli sviluppi sociali e politici conseguenti - e guesto problema che' non si era ancora affacciato o che non era ancora nel nostro paese di rilievo· tale da attirare veramente delle decisioni in un senso o in un altro. Questo ritengo di doverlo dire perché non vorrei che, aprendo problemi sul domani, si sfuggis.seal problema dell'oggi e del nostro recentissimo passato. In secondo luogo, per sé il problema non è di facile soluzione, perché sono in conflitto due doveri: da una parte c'è certo il dovere di ospitalità e di apertura, specialmente in certe circostanze di emergenza, o di sopravvivenza fisica, economica, politica o militare; dall'altro l'emergenza non può giustificare un'apertura indiscriminata. È chiaro che si devono condannare tutte le manifestazioni di lotta allo straniero perché straniero, ed è chiaro anche, io credo, che queste disposizioni restrittive che si stanno prendendo in certi casi hanno una giustificazione in disposizioni costituzionali (come nel caso della Germania, la quale aveva e ancora sta avendo, forse per gli ultimi giorni, delle disposizioni costituzionali che intendevano il dirttto d'asilo del rifugiato politico in una maniera molto estesa). Ciò anche in corrispondenza della Costituzione dell'immediato dopoguerra e delle limitazioni alla sua sovranità che erano state poste dalla Costituzione stessa imposta dagli Alleati. Di fronte all'eccessiva larghezza indiscriminata o incondizionata, si sta ora tornando indietro: Ma la misura di questo tornare indietro può essere messa in discussione nei vari Stati secondo le contingenze e le emergenze proprie. Si può aprire, ma si può aprire solo fino ad un certo. punto e a certe condizioni. Non è neanche detto che la sola apertura possa risolvere il problema, perché grande parte di questo afflusso di stranieri del Terzo Mondo nel nostro paese non è solo consesuenza della mancanza locale di fonti di attivazione che devono essere cercate e promosse, non credendo solo che sia l'indiscriminata emigrazione la soluzione dei problemi del nostro paese. Sinora si è parlato di sviluppo dei paesi sottosviluppati, ma si è parlato di sviluppo in un modo molto equivoco, addirittura quando in certi casi non criminale, perché anche noi siamo colpevoli sotto questo aspetto di avere fatto un'operazione di sviluppo rivolta soprattutto al guadagno di alcuni e non al favore reale che si doveva P.romuovere per questi paesi al fine di uno sviluppo interno della loro società. Certo questo è un eroblema che si pone in modo urgente a tutti gli Stati, alla comunità internazionale, di promuovere uno sviluppo interno dei paesi sottosviluppati tale da trattenere gran parte, se ci si riuscirà, della popolazione. Perché poi non è solo la componente effettiva, oggettiva dei fatti, cioè l'iperpopolamento, e anche un'attrazione psicologica: visti dall'altra sponda, noi appariamo come paesi dalla vita facile. Basta entrare in questi eaesi, e quando ci si è messo un piede dentro si pensa che tutta la propria condizione vitale sia trasformata. E quindi è una realtà anche psicologica. Certo, gravissima dal punto di vista oggettivo, ma anche effettivamente con una componente psicologica molto forte che è difficile da arginare. Non è possibile risolvere i problemi dell'Africa del Nord soltanto aprendo le porte. Oltretutto, non solo provocheremmo un danno grave a noi, ma provocheremmo anche un danno, un'illusione fatale per queste migliaia e migliaia di persone. E qm poi è uno di quei casi in cui i problemi di moralità si mostrano nella loro oggettività unitaria. Quindi veniamo ancora a parlare di quello che ho accennato nel primo punto, nelle prime considerazioni. Il diritto di una certa selezione dell'immigrazione diventa più oggettivo e più forte quando lo Stato che dovrebbe accogliere ha una moralità sua che non è una moralità esclusivamente egoista. Invece noi ci stiamo comportando dal punto di vista della morale familiare in modo esclusivamente egoistico. Questo invecchiamento della nostra nazione, questa diminuzione sempre più forte delle nascite ci pone inevitabilmente in una condizione di inferiorità non solo effettiva, ma giuridica, morale, etica, rispetto ai popoli che non hanno da mangiare. E non è che aumentando noi si aumenterebbe il disasio generale; aumentando noi avremmo più titolo per difendere la nostra società e pretendere che anche coloro che pensano di venire entro i nostri confini ci vengano in un certo modo e con una certa consapevolezza dei rispettivi doveri. Alla base di quella doppia moralità di cui lei ha parlato, di quella scissione all'interno dell'etica degli italiani, in particolare dei cattolici, ma poi degli italiani in generale, non pensa che ci possano essere anche delle radici di tipo . culturale più antico, di un certo individualismo, di un certo relativismo, soprattutto in certe zone più che in altre? E che ciòpossa fare sì che le leggi siano rispettate fino ad un certo punto e con riserva? Parlo per esempio del meridione. Non so, questo non lo so. Tenderei a negarlo, veramente, anche se ci sono manifestazioni che possono considerarsi macroscopiche, ma che vanno accuratamente interpretate. Complessivamente nel nostro popolo direi che un certo relativismo è innato, ma è un relativismo che ha una doppia faccia, una faccia negativa e una positiva. Forse non erende tutto sul serio, ma anche non drammatizza, non porta agli estremi, non è conseguenziale fino all'ultimo. Quindi il positivo e il negativo sono bilanciati. In secondo luogo, quanto ad una distinzione di zone io non la farei. Conosco un poco tutta la letteratura recente e anche meridionalista. So quello che si può dire di male del meridione e della società meridionale, però c'è per esempio, almeno a certi livelli, una solidarietà fra gli individui, una solidarietà per esempio nel seno della famiglia e tra le famiglie, più forte di quella delle nostre grandi città del nord e forse anche più forte di quella pae-

sana nostra. Il meridione è Stato molto sfortunato e molto calunniato. Il risultato di questa sfortuna, che risale molto nei secoli, è che è Stato, come è ovvio nella sua posizione, più aperto a tutte le incursioni e a tutti i domini stranieri. In secondo luogo è Stato molto calunniato, per ragioni varie, anche calunniato in politica. E vero che gran parte della nostra classe politica era costituita da meridionali, ma erano meridionali in qualche modo transfughi, che si erano molto bene acclimatati al clima dell'Italia unita e funzionavano soprattutto con questa. E anche i grandi dell'Italia meridionale - cito qualche personalità, per esempio Vittorio Emanuele Orlando: ci ha portato alla vittoria nella prima guerra mondiale ... Io l'ho conosciuto nei suoi ultimi anni di vita. Però era un uomo che aveva una doppia personalità, quella di Roma e quella di Sicilia. Questo non perché fosse condizionato dall'essere meridionale. Era perché gli era un po' comodo, come a molti uomini politici dell'ultimo regime: quello di presentarsi con un certo aspetto, una certa moralità, una certa integrità sul piano nàzionale e di avere invece localmente un'altra moralità e un altro modo di agire. Questo peraltro era un po' inevitabile per chi voleva emergere dal meridione, per le condizioni effettive del meridione, e nelle condizioni che l'Italia unita ha fatto al meridione. Sempre condizioni di una certa inferiorità. Comunque, prescindendo da queste distinzioni che non mi sembrano del tutto fondate, anche se ci sono dei fenomeni che sono sempre accaduti, che .accadono tuttora (la mafia, ecc.), credo che certi aspetti della moralità del popolo meridionale siano più positivi di quanto noi pensiamo, abbiano ancora saldi certi valori, la solidarietà e il non egoismo. La non solidarietà e l'egoismo sono più camuffati quassù, ma in effetti più praticati. Entrando nel problema il discorso è complesso. Comunque non direi che si debba arguire per una censura generale del nostro paese. Abbiamo una responsabilità tutti, dicevo, peraltro ci sono ancora nel fondo della nostra realtà sociale, politica, etica, dei valori positivi che non mi fanno invidiare altre nazioni. È questione di rianimarli e soprattutto, per quello che penso io, dalla mia parte per così dire, è questione di riattivare la nostra Chiesa in una maniera corrispondente al suo dovere religioso e morale di questo tempo. E qui possono venire delle difficoltà particolari, in quanto può essere che alcuni uomini della nostra Chiesa, anche alcuni uomini molto influenti, forse non sono certamente d'accordo con le cose che io ho detto e non sono ancora nella prospettiva di una riattivazione dal profondo della nostra eticità e della nostra spiritualità. Pensano che possa essere rianimata con operazioni più superficiali e più facili sul piano essenzialmente politico. Mentre io ci:edo che debba essere affrontato il problema più in generale, senza calunniare il nostro popolo, ma più in generale e più profondamente, a livello più spirituale ed etico. Veramente, non con operaz10ni politiche, sia pure sane per sé e sia pure bene intenzionate. Una domanda provocatoria: Monteveglio, che tanto ha fatto, che tanto ha cercato di fare nell'ambito liturgico e nell'ambito biblico nella Chiesa e nel nostro paese, ha compiuto uno sforzo analogo per lo meno al suo interno in JJ.ZJ.Qt:JJ. ordine ai problemi da leiprima elencati? No, no. Se è no, o poiché è no, per lo meno per quanto riguarda quelli di dentro, muovendosi con estrema modestia e con la coscienza dei riostri limiti, cioè per i nostri figli, o per i ragazzi più grandi delle nostre famiglie o per quanti altri hanno partecipato a vario titolo ai nostri incontri, cosa fare? Certo c'è tutta una sensibilità etica che nella Chiesa tanto si pers_egue in apparenza che poi di fatto, in concreto, quasi mai è obbiettivamente perseguita e compiuta, sotto tutti quanti gli aspetti: dall'etica sessuale, della quale tanto si parla, ma quasi mai con fondamento biblico e" quindi spesso in modo vano o comunque insoddisfacente, ad altri aspetti che addirittura non vengono mai toccati, su tanti àspetti della vita o del lavoro, della coerenza, di non accettare raccomanda,- zioni, di non concorrere a concorsi truccati. Tutti elementi che noi nel mondo del lavoro o addirittura già nella scuola avvertiamo con chiarezza. L'atteggiamento del cristiano è identico, per ~opi~ o in sostanza spesso ~iD1;ile? a quello degli altn. Posto che un certo tipo di lavoro per i figli delle famiglie di Monteveglio non è stato fatto e posto che Monteveglio si colloca all'interno della Chiesa, quid agamus? Come hai detto tu stesso, il fondamento biblico è fondamento di ogni cosa. Quindi non per scelta ma per necessità logica e metafisica abbiamo cominciato con la Bibbia, abbiamo perseverato con la Bibbia, siamo arrivati a un punto che è ancora insufficiente ....Però il fatto solo che io abbia accettato di venire qui oggi è già una cosina, una minima cosina. È certo che in questa grande disfatta dobbiamo pensarci e stiamo veramente pensandoci, perché io ne sto parlando gà almeno da un anno, anzi da più di un anno, di questo grande disastro. Sento che dobbiamo, nella misura delle nostre possibilità, provvedere un poco, però sento anche che non è argomento e non è tempo per una risposta accelerata come si vorrebbe. Non si improvvisa un orientamento o una qualche soluzione. Bisogna ricominciare e ricominciare peraltro in un modo un po' diverso çlaquelle che sono le cosidette scuole di politica che si vanno fondando un po' ovunque. Anche quello serve, ma non è il nostro modo, aedo che non debba esserlo. Quindi che si debba in qualche modo provvedere, sì. E poi, di fatto, anche il Notiziario ha una parte che prende in considerazione questi problemi, certo ancora in inodo non adeguato. Perché, a parte me, che ormai sono vecchio e che ormai dovrei proprio essere messo da canto .... ma anche tra i giovani, chi pensa? Mi sto chiedendo - una domanda che si sono posti in molti in queste ultime settimane - a chi rivolgersi? Perché, qui, approfondendo la nostra piccolissima, minina rassegna storica, che cosa sta accadendo oggi sul piano del pensiero? Sul piano del pensiero, delle divisioni d'ordine politicosociale, e anche etico-generale, sta accadendo che l'unico pensiero un po' vitale mi pare - e questa è una cosa che vi vorrei dire, anche se forse non è un argomento da cominciare ora, perché andiamo fuori tempo - soprattutto il pensiero neo-liberale, che trova molti rappresentanti della cultura favorevoli oppure allineati. Come quaranta anni fa molti rappresentanti della cultura erano comunisti o filo-comunisti, adesso i professori universitari - molti -, persone che cominciano a pensare e a operare nel retroterra della politica attiva, prepa-

mento. Per esempio in ordine all'ins~inamento sullapace, pace-guerra, di{esa-non dijesa. Non è un problema che io ho toccato ..... rando o cercando di preparare la politica di domani, sono di orientamento neo-liberale. Hanno compiuto una curiosissima operazione che adesso s1sta vedendo da varie parti: mettere tra parentesi quello che è accaduto in Italia Dietro questa moralità politico-sociale, dal 1919-22 a oggi. Quello che ha detto Ama- quale moralità cristiana sta a monte? Non mi to alla Camera, che dopo tutto non c'è grande faccio portavoce di una doppia moralità ma di differenza tra il periodo fascista e quello post- una doppia dppartenenza. C'è una doppia apfascista, è condiviso da molti. Panebianco, che partenenza perché noi apperteniamo a questo insegna scienze sociali a Bologna, è uno di mondo ma anche alla patria celeste. Noi siamo questi. La nuova rivista "Limes" è in questa sempre di fronte al grosso problema che dobdirezione. Ci sono anche fattori generali, in- biamo obbedire a Dio più che agli uomini. C'é ternazionali: è l'orientamento prevalente oggi, anche per il cristiano una conflittualità. Un aldall' America in poi: l'orientamento francese, tro esempio è la conflittualità con la logica del ecc. Ma anche in Italia - non so poi quanto sia mondo a cui appartiene, a cui è fedele finché effettivamente recepito dalle folle, dalla base, questo non contraddice la sua appartenenza per esempio dalle stesse Leghe, che hanno na- prioritaria. turalmente un pensiero molto chiuso, che Ho già risposto, senza nominare il probleprendono un po' da tutti e da nessuno. È que- ma, invitandovi a leggere la Costituzione. C'è sta emergenza culturale che adesso bisogna ri- chi og~i afferma che è dalla guerra che nasce la pensare. Ma è un'operazione che devono fare i dinamica della nostra società: è una delle perle giovani, non posso farla io a ottant'anni. Il giapponesi che volevo segnalare sul nostro Nomodo supino, attentamente supino con cui si è tiz1ario. La guerra: non si può ripudiare l'ossiaccettata nei · geno: dice tereferendum stualmente coques ta idea sì. Ma su queche il sistema sto il papa è. .maggioritario stato coerente è la.soluzione ed esplicito, di ogni diffi- altri meno. coltà, non è O È urgente stato criticato O richiamare alche da poche, cuni valori di pochissime U fondo, perché persone anche il fatto Rodotà per ç::t delle immiesempio. An- f; . graziani di cui che noi !'ab- / si parlava pribiamo accet- ma porrà semtato, basan- pre più a condoci su luo- franto non ghi comuni soltanto i fatti che non sono I ma anche le fondati. Per ,; grandi impoesempio che stazioni esiil sistema stenziali e ren:ia~gio~itario ligiose, come sta 11sistema si è riportato ideale perché anche nel Nocollaudatissi- tiziario . rimo da quello guardo ai muche è l'esem- su/mani di pio tradizio--------'--.J..-==============_.,__ _________ Bosnia, su canale di vita me l'Islam democratica, - concepisce i :::- __ e cioè !'In- -: Q problemi e i ghilterra. Ho - rapporti. La visto alcuni ~-----~ ~'v..--1.Y? nuova morale giorni fa su ~ politica dovrà "Repubblica" ' fare i conti una lettera con queste ,scritta dalla grandi morali. corrispondente romana dell' "Economist", che La conclusione pratica è che bisogna che ha detto: "Fate quel che volete, ma non è affat- voi, che voi che avete venti anni, o sessanta to così. Voi dite di farlo per imitare noi; noi meno di me, che voi studiate seriamente e vi però stiamo pensando di cambiare." Questo mettiate sotto a lavorare con il pensiero e con mduce tutti a pensare seriamente e siete voi, l'azione. È problema vostro, che dovrete rigiovani, che dovete mettervi in testa di soppor- solvere voi. Non vi lasciamo nessuna eredità, tare il giogo della fatica e del pensiero: questa è se non qualche principio generico che dovrete la verità. voi riapprofondire, esplicare, in contrasto e in Mi riallaccioallaprima domanda. Il discorso di un insegnamento morale ecclesiale:la Chiesa deve insegnare qualcosa al riguardo. Mi permetto di avere dei sospetti su questo insegnacontrapposizione a queste dottrine. ♦ U2J..Ql:JJ.

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