La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

IL BEL PAESE Vuoto pneumatico. La nuova legge sulla custodia cautelare Giancarlo De Cataldo La nuova legge sulla custodia cautelare contiene alcune norme pregevoli - come l'obbligo di integrale registrazione degli interrogatori, che porrà fine ad annose controversie tra le parti, come l' abrogazione del potere del Pm di arrestare il teste falso - e altre, le più qualificanti, discutibili - come la nuova disciplina dell'accesso al registro degli indagati o il passaggio al Gip del primo interrogatorio dell'arrestato, chiaro preludio al vero cavallo di battaglia delle destre, la separazione delle carriere tra accusatore e giudicante e la progressi va attrazione del Pm nella sfera dell'esecutivo. Altre norme, decisamente amene, non sono state approvate: si pensi all'obbligo imposto al Pm di riferire al Gip tutti gli elementi utili alla difesa - vale a dire quelli a sé contrari - a pena di nullità. La nostrana destra, che ama definirsi "liberal-democratica", ha salutato l'approvazione della nuova legge alla stregua di una decisiva vittoria sull'odiato partito dei giudici, accusato di coltivare velleità politico-dittatoriali e di abusare del carcere come di un medievale strumento di tortura. L'enfasi appare eccessiva, se si considera che il testo definitivo è abbastanza dissimile dall'originaria stesura, che ricalcava, con sensibili peggioramenti, lo schema di quel decreto-salvaladri che il governo Berlusconi fu costretto a ritirare in tutta fretta, nel luglio del '94, sull'onda di un'autentica sollevazione popolare. Ma che la legge, nel suo disegno complessivo, sia improntata ad un conclamato disfavore nei confronti dell'accusa (il famoso "riequilibrio" tra le parti), è evidente anche ai non addetti ai lavori. E se non fosse evidente dalla lettura del testo, questa realtà balzerebbe comunque agli occhi a un sommario esame delle valutazioni politiche che sono circolate all'mdomani della sua approvazione. Stupisce, dunque, che al coro degli zelaton si sia aggregata buona parte della sinistra. La sinistra è stata per anni percepita come l'alleata naturale del "partito dei magistrati": ora davvero D' Aiema se n'è ghiuto e soli ci ha lasciato? Si è sostenuto, a sinistra, che la legge è frutto di un compromesso necessitato, che in qualche modo è stata imposta dal gioco delle maggioranze, in questo momento quanto mai precario. Questa tesi è cara a quella parte della sinistra - ancora forte ma minoritaria - che ha digerito male la legse. Ma non certo a tutta la simstra: ché, anzi, gli esponenti di maggior rilievo del Pds hanno gareggiato con l'evidenziare il senso di "conquista di civiltà" di questa legge e nel perorare il tema della "normalizzazione" dei giudici. La destra, in realtà, interpretava il dibattito in commissione come l'occasione di una rivincita per lo smacco del '94, ma chi si aspettava barricate da parte della sinistra o una rivolta popolare, è rimasto deluso. La sinistra è apparsa a lungo rassegnata e remissiva: alla mediaz10ne si è pervenuti quando è esplosa, al suo interno, una spaccatura non componibile tra ·chi si diceva insofferente del "potere dei giudici" e chi opponeva quelle ragioni di interesse generale sul terreno della legalità che appena un anno fa erano - o appar~v~no - le ragioni di tutta la sm1stra. Quanto alla "gente", gli unici a protestare, nel silenzio dell'effimero "popolo dei fax" che ha ballato una sola estate, sono stati duecento pubblici ministeri di prima linea, con un documento che ha fruttato le solite accuse di protagonismo. La spaccatura della sinistra, oltre a far crollare una volta per tutte il mito della presunta sponsorizzazione "rossa" di cui godrebbero i giudici, ha dimostrato che i prosressisti hanno, in materia di giustizia, le idee molto meno chiare della destra, o, quel che è peggio, beninteso entro certi hm1t1, che le poche idee chiare s_o_nocomuni a quelle egemom m campo avverso. Oggi la destra incassa un'altra vittoria, e la sinistra l'ennesima lacerazione. Ciò accade sullo scottante terreno che ha per og~etto la libertà personale:. se s1potesse rag10nare in termini esclusivamente tecnici e avalutativi, si dovrebbe concludere che qualunque anticipazione di pena in attesa di processo è smtomo di inciviltà e che nessuno dovrebbe assaggiare la galera prima di essere stato condannato con sentenza definitiva. Presentata in questi termini, la vicenda delinea una scelta netta tra autoritarismo repressivo e diritto di libertà d_elsingolo. Quind~, chiunque sia e s1 senta un smcero democratico, sa istintivamente da.che parte stare. Ma J?er ragionare in termini tecmci e avalutativi dobbiamo isolarci in un vuoto pneumatico che escluda varianti del tipo Mafia, terrorismo internazionale, crimina- . lità economica, stupro, serialkillers e via dicendo. Dobbiamo, insomma, dimenticare la nostra storia recente. La politica criminale,. in questo· Paese, oscilla da anni tra improvvise pulsioni garantisti~~e e massicci rigurgiti repressivi. Nei primi anni Settanta il caso Valpreda indusse una profonda modifica legislativa, e nel 1975 fu approvata la riforma penitenziaria, con i permessi ai detenuti e il lavoro esterno. Due anni dopo, l'emergenza-rapine e la nascita del terrorismo castrarono la riforma penitenziaria. Negli anni Ottanta abbiamo avuto la prima legge sui pentiti e l'art. 90, i braccet_ti della morte, I'Asinara, I'abolizione dei diritti per i terroristi detenuti. Nel 1982 la legge Rognoni-La Torre: lo Stato sembra mettersi sul serio a far la lotta alla Mafia, naturalmente dopo l'assassinio di Pio La Torre e del generale Dalla Chiesa. Nel 1986, la legge Gozzi-

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