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6o

LA CRITICA POLITICA

no tutto il diritto di difendere il ti–

tolo di cui si sentono orgogliosi

contro tutte le adulterazioni e tutti

i mascheramenti. La resistenza, che

ha avuto i suoi martiri e le sue

glorie, non deve diventare un'arma

contundente per le lotte di partito.

Processo alla Resistenza?

Ma c'è un altro compito a cuii ve–

ri partigiani possono e debbono sen–

tirsi chiamati: quello di affermare

e difendere contro ogni risorgente

pericolo e contro la debolezza,

quando non anche la complicità

dei partiti, l'ideale democratico per

il quale si sono battuti. Non è pos–

sibile restare indifferenti al risor–

gere e svilupparsi, senza freni e

senza limiti, di una propaganda ten–

dente a rivalorizzare i vecchi istituti

e a risospingere di nuovo l'Italia

nel baratro del suo passato.

Giustamente il manifesto si pre–

occupa della passività del gover–

no e delle procure della Repub–

blica dinanzi alle manifestazioni e

ai modi di certa attività, di cui i

fini vengono apertamente procla–

mati, e deplora i troppi casi in cui

singoli magistrati che, fascisti nel–

l'animo, si fan complici del fascismo

nell'esercizio delle loro funzioni.

« Se certi magistrati ad occhi chiusi

scoprono la

connessione

del delitto

fascista con le circostanze politiche,

altri si mostrano zelantissimi nel

non capire circostanze e necessità

— atroci spesso, ma necessità —

della guerra partigiana». Mentre si

è avuto gran fretta di chiudere il

processo a! fascismo, e gli ultimi

giudizi si sono trasformati addirit–

tura in riti celebratoti di Mussolini

e dei suoi gerarchi, si verifica ora

addirittura il fatto che si viene mon–

tando da tempo, pezzo per pezzo,

uno sterminato processo alla resi–

stenza, inquisita in ogni suo atto di

guerra, quegli atti stessi che un

decreto del

1945

dichiarava non pu–

nibili ».

Giustamente — e con riferi–

mento a quanto sta avvenendo in

Emilia — il manifesto dichiara che

si sta eccedendo e che gli episodi

delia resistenza — quando apparten–

gono alla resistenza — non devono

dare pretesto a colpire la resistenza

in generale, pertinacemente e sub–

dolamente. In realtà invece è contro

la resistenza che sì intende sparare.

Ora lo Stato nato dalla lotta di l i –

berazione non può condannare i !

movimento che lo ha generato!

E buona politica?

Fin qui quanto si riferisce ai

partigiani e allo spirito della resi–

stenza. C'è un'altra parte del ma–

nifesto che pure c'intetessa. Questi

partigiani — che vogliono restare

al di sopra dei partiti politici a cui

pure, molto probabilmente appar–

tengono — hanno anche accenti

molto severi per quello che si fa e

per quello che si osserva nella po–

litica generale. E' buona politica?

E' una domanda che essi si fanno,

come da tempo si fanno moltissimi

italiani. Lo strano è che a questa

domanda gli stessi italiani rispon–

dono preoccupati e addirittura allar–

mati quando se la pongorfb come

cittadini, mentre preferiscono non

rispondere o addirittura si mostrano

ottimisti quando debbono espri–

mersi nella loro qualità di uomini

appartenenti, e rappresentativi, a

partiti che partecipano al governo.

Bisognerebbe invece che le stesse

preoccupazioni diventassero parti–

colarmente attive nell'intento di

modificare la politica che si fa.-Ma

passiamo oltre.

Il rinnovamento non c'è.

Cosa lamentano i partigiani, i

veri partigiani che combatterono

per il rinnovamento democratico

dell'Italia, nelle istituzioni e nel co–

stume? Un problema intanto li inte–

ressava in modo particolare : quello

delle forze armate di cui, come com–

battenti per la libertà, speravano

di poter essere strumento di rinno–

vamento. Purtroppo, essi osservano,

il ritorno della mentalità di ieri, al

coperto della facciata anticomuni–

sta e dello spirito di casta tipico

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