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LA CRITICA POLITICA
no tutto il diritto di difendere il ti–
tolo di cui si sentono orgogliosi
contro tutte le adulterazioni e tutti
i mascheramenti. La resistenza, che
ha avuto i suoi martiri e le sue
glorie, non deve diventare un'arma
contundente per le lotte di partito.
Processo alla Resistenza?
Ma c'è un altro compito a cuii ve–
ri partigiani possono e debbono sen–
tirsi chiamati: quello di affermare
e difendere contro ogni risorgente
pericolo e contro la debolezza,
quando non anche la complicità
dei partiti, l'ideale democratico per
il quale si sono battuti. Non è pos–
sibile restare indifferenti al risor–
gere e svilupparsi, senza freni e
senza limiti, di una propaganda ten–
dente a rivalorizzare i vecchi istituti
e a risospingere di nuovo l'Italia
nel baratro del suo passato.
Giustamente il manifesto si pre–
occupa della passività del gover–
no e delle procure della Repub–
blica dinanzi alle manifestazioni e
ai modi di certa attività, di cui i
fini vengono apertamente procla–
mati, e deplora i troppi casi in cui
singoli magistrati che, fascisti nel–
l'animo, si fan complici del fascismo
nell'esercizio delle loro funzioni.
« Se certi magistrati ad occhi chiusi
scoprono la
connessione
del delitto
fascista con le circostanze politiche,
altri si mostrano zelantissimi nel
non capire circostanze e necessità
— atroci spesso, ma necessità —
della guerra partigiana». Mentre si
è avuto gran fretta di chiudere il
processo a! fascismo, e gli ultimi
giudizi si sono trasformati addirit–
tura in riti celebratoti di Mussolini
e dei suoi gerarchi, si verifica ora
addirittura il fatto che si viene mon–
tando da tempo, pezzo per pezzo,
uno sterminato processo alla resi–
stenza, inquisita in ogni suo atto di
guerra, quegli atti stessi che un
decreto del
1945
dichiarava non pu–
nibili ».
Giustamente — e con riferi–
mento a quanto sta avvenendo in
Emilia — il manifesto dichiara che
si sta eccedendo e che gli episodi
delia resistenza — quando apparten–
gono alla resistenza — non devono
dare pretesto a colpire la resistenza
in generale, pertinacemente e sub–
dolamente. In realtà invece è contro
la resistenza che sì intende sparare.
Ora lo Stato nato dalla lotta di l i –
berazione non può condannare i !
movimento che lo ha generato!
E buona politica?
Fin qui quanto si riferisce ai
partigiani e allo spirito della resi–
stenza. C'è un'altra parte del ma–
nifesto che pure c'intetessa. Questi
partigiani — che vogliono restare
al di sopra dei partiti politici a cui
pure, molto probabilmente appar–
tengono — hanno anche accenti
molto severi per quello che si fa e
per quello che si osserva nella po–
litica generale. E' buona politica?
E' una domanda che essi si fanno,
come da tempo si fanno moltissimi
italiani. Lo strano è che a questa
domanda gli stessi italiani rispon–
dono preoccupati e addirittura allar–
mati quando se la pongorfb come
cittadini, mentre preferiscono non
rispondere o addirittura si mostrano
ottimisti quando debbono espri–
mersi nella loro qualità di uomini
appartenenti, e rappresentativi, a
partiti che partecipano al governo.
Bisognerebbe invece che le stesse
preoccupazioni diventassero parti–
colarmente attive nell'intento di
modificare la politica che si fa.-Ma
passiamo oltre.
Il rinnovamento non c'è.
Cosa lamentano i partigiani, i
veri partigiani che combatterono
per il rinnovamento democratico
dell'Italia, nelle istituzioni e nel co–
stume? Un problema intanto li inte–
ressava in modo particolare : quello
delle forze armate di cui, come com–
battenti per la libertà, speravano
di poter essere strumento di rinno–
vamento. Purtroppo, essi osservano,
il ritorno della mentalità di ieri, al
coperto della facciata anticomuni–
sta e dello spirito di casta tipico
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