Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

5 tervento nel ter ritorio romano, ma che intendevamo anche di essere giudici del momento opportuno per farlo. In quella discussione, signori, apparve evidente l'opinione di quest'Assemblea, poichè quantunque la nostra çondotta fosse diversamente giudicata, approvata dagli amici del Ministero, biasimata da' suoi onorevoli avversari, tutti gli oratori, purchè appartenessero f!,lla grande opinione moderata del paese, si accordarono nell'indirizzo generale a darsi alla questione romana. Tutti riconobbero che questa quest ione poteva essere suscettibile di una soluzione graduale; e che se, come test è accennava il m_io onorevole amico il deputato Guerrieri, fra il Governo d'Italia ed il Gov~rno di Francia esiste una differenza di vedut e, dirò anzi una differ enza di convinzioni intorno all'avvenire del potere t emporale del Pontefice, intorno alle vere ed efficaci guarentigie che questo potere temporale può dare alla sua indipendenza religjosa, però il Governo francese avev~ più volte, e ne' suoi documenti diplomatici, e per bocca istessa dell'imper-atore, riconosciuti dei principii, assentiti dei diritti, indicate delle transazioni le quali potevano servire di base ad un accordo. "Diffatti, o signori, il Governo francese ha p"iù volte dichiarat o e tuttavia dichiara, che l'occupazione francese a Roma è un fatto anormale il quale solo si spiega per la straordinaria importanza degl'jnteressi che toccano da vicino la Francia, e pei quali la Francia domanda delle guarentigie. Il Governo francese ha riconosciuto che Roma non è urla manomorta della cattolicità (Bravo!), che il Go-

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