Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

48 Io credo, o signori, che noi dohbiamo seguitare le tradizioni di questa politica benchè certamente sia necessario applicarla secondo la diversità clei casi e le muta7.ioni portate dagli avvenimenticompiutisiin Italia. L'Italia ha dinanzi a sè due problemi di una natura eminentemente europea; essa non può quindi pretendere di scioglierli, se non seguendo quella politica, la quale ci ha. dato finora i mezzi di sc·ongiurare le ostilità dell'Europa. · )l nostro programma adunque non è il programma puramente rivoluzionario, non è neppure quello che intenda di fc1re una sosta nello sviluppo delle question,i italiane; non può essere il programma di una guerra immediata, come non può essere neppnr quello che ci ponesse dinanzi l'altro termine del dilemma. Noi non possiamo diment-icare che in queste stesse mura l'apparente fatalità di questo dilemma fu scongiurata a for:r.a di patriotismo e a forza di sacrifizi. Anche a noi, o signori, è grave questo periodo di aspettazione, noi pure ne sentiamo i pericoli. Ma non può dirsi per questo che noi siamo, come udii ieri, in un periodo di atonia e di marasmo ; io credo che. noi faremmo ingiusto giudizio di noi. Ammetto che l 'agitazione politica si sia alquanto calmata in Italia; ma non è nè marasmo, nè atonia, lo spet tacolo delle popolazioni italiane le quali si affrettano ad appropriarsi le nuove istituzioni, a creare i nuovi interessi del nuovo stato di cose, dando così all'unità nazionale una consacrazione definitiva. Non è in istato di marasmo l'Italia, ora che, se mi è lecita la frase, s'imbeve di unità e di libertà.

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