Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

27 poco, e che hanno poi sempre il torto così grave, in politica, di essere soverchiamente generiche. Quindi io abbandono quella formala all'onorevole deputato Miceli pel quale forse quest'abbiezione non è così grave. Ma mi conceda l'onorevole deputato di chiamar indipendente una politica quando non entra nelle questioni se non nella misura dei propri interessi e dei propri principii, ·e di aggiungere che nello stesso tempo non eravamo isolati, perchè l'accordo colle potenze occidentali esisteva pur sempre nelle grandi ragioni morali che dominavano la loro azione diplomatica relativa alla Polonia. Non eravamo isolati perchè, applicandoci a rendere più intimi, a rendere sempre migliori i rapporti con quelle due poténze , sapevamo che esse mantenevano inviolata la guarentigia di quei principii all'ombra dei quali noi abbiamo così innanzi spinta la nostra impresa nazionale. Noi éamo rimasti stranieri acl una fase nell'esito , della quale non avevamo piena fìdt,cia, e per quanto gravi fossero le sollecitudini dell'opinione pubblica, sollecitudini di cui non potevamo nè maravigliarci, nè lagnarci, perchè a.vevano la loro sorgente in un legittimo sentimento, pure non possiamo pentirei di aver conservato questo contegno, perchè, se l'ostinazione è fatale in politica, è anche funesto, quando si scelse una linea di condotta, il deviare da essa acl ogni fuggevole apparenza. (Bene l B1·avo !) L'azione diplomatica relativa alla Polonia aveva avuto un risultamen~o negativo; le potenzenon avevano potuto accordarsi nè sulla sanzione a darsi ai loro uffici, e neppure precisamente sullo scopo a cui questi uffici si rivolgevano.

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