Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

26 ~fa vi era alla nostra condotta una grave abbiezione, della quale, per parte mia, non ho·mai disconosciuto il valore, sopratutto se noi ci riportiamo alle preoccupazioni che erano in allora così vive nell'opinione del paese. Ci si diceva: lasciando anche da parte la questione di principii sul terreno pratico della politica europea frattanto si possono annodare combinazioni, si possono prendere deliberazioni alle quali voi rimanete stranieri e che riescano nocive all'Italia; voi le dovrete subire. Qui, o signori, incombeva al Governo un serio dovere, ed era realmente di vigilare e di assicurarsi che su: questo terreno pratico della politica europea non si formassero delle combinazioni che potessero tornar pericolose al presente della nostra politica e pesare sul suo ulteriore sviluppb. A questo dovere, signori, noi abbiamo la coscienza di non aver fallito. Io non posso, per quella riserva che la Camera comprende, addentrarmi in ulteriori dettagli, ma abbiamo la coscienza di esserci assicurati che il regno d'Italia poggia oramai sopra una salda base d'alleanze. Rimanendo estranei non già ad una questione, ma ad tma fase di questa questione nella quale noi no.n potevamo entrare, tenendo alta la bandiera dei nostri principii e de' ~nostri interessi, noi non praticavamo una politica d'isolamento. L'onorevole deputato Miceli mi ricordava ieri assai acerbamente una formola di cui mi valsi in una discussione che ebbe luogo in questo recinto. Benchè nè io abbia mutato d'avviso, nè pensi che la mia condotta sia stata da essa disforme ·, pure confesso di non avere una grande predilezione per queste formale o epigrafi politiche le quali spessa dicono troppo o troppo

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==