Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

25 Per quanto, dopo la guerra d'Oriente, si fossero fra. l'Italia e la Russia stabiliti degli amichevoli rapporti, -e per quanto eonsiderevoli ne fossero i vantaggi, tuttavia, trattandosi di una quistione di principio, noi non abbiamo esitato a fare udire la nostra opinione. Io posso assicurare la Camera che il mio onorevole amico marchese Pepoli, nel trattare questa questione, la pose sempre sul terreno di quei principii di cui siamo i rappresentanti, e ben a ragione comprese che accampando il principio di nazionalità noi tenevamo un linguaggio più conforme alla nostra situazione e nello .stesso ~empo meno offensivo verso la Russia, che se ci fossimo presentati al fianco dell'Austria re- -clamando l'esecuzione del trattato del 1815. Ma quando la quistione diplomatica assunse un altro carattere, quando si venne fatta la proposizione de' sei punti, poteva il Governo italiano, il quale dei trattati del 1815 non può essere certo il più autorevole ~ostenitore, poteva questo Governo reclamarne l'esecuzione facendone anzi una interpretazione assai più restrittiva di quella di cui per avventura quei trattati potevano essere suscettibili? Poteva associarsi ad una proposta la quale, se fosse ·stata fatta alla Venezia, essa avrebbe sdegnosamente r espinta da sè, e che, se fosse stata fatta a noi, che siamo i rappresentanti dei dolori e delle aspirazioni dei nostri concittadini di oltre Mincio, noi respingeremmo per loro? No, signori, noi non avremmo tenuto il linguaggio ·che ci conveniva, anzi avremmo posto un precedente pericoloso, che forse un giorno avrebbe potuto essere addotto contro di noi.

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