La battaglia di Bezzecca

:34 BIBLIOTECA PATRIOTTICA io mi trovavo a Storo (digiuno ancora dalla vigilia della bat tagl ia) accadde una scena che persu:tse ~n che me a svi~narmela. I medici e i farmacisti avevano p teso l'abitudine di andarsene appena fosse buio, ]asciando lo Spedale alla balìa di tre o quat tro mascalzoni paesani di Storo. Cotesta sera era già buio da un pezzo, e ·non vedevamo alcuno girar per le stanze. Un ferito, due, tre, ·-tvevano consumato la porzione dell'acqua destinata a bagnar·e le loro piaghe, e cominciarono a chiamare i guardiani. Nesguno rispondeva. Ci avevano abbandonati a n ' i stessi, padroni di andare, di stare, di morire a ndstro bell'agio. Alla voce di que' tre che domandavano acqua si aggiunsero le g·rida di tutti i pazienti, sicchè lo spedale pareva un finimondo. Passò dalla strada un garibaldino, e sentendo quel diavoleto salì di sopt•a dubitando che pigliasse fuo co la casa e toccò a lui di a,ttin · ger·e aequa per tutt i, di portarta via via ai feriti che ne abbisognavano, fino a che a notte inoltrata non giunsero i custodi avvinazzati e assonnati. Si noti che a Storo ci doveva essere il Quartier generale dei medici ! Fatto giorno, non volli più saperne di quella tregenda. Al prjmo 0arro che sentii fermarsi all'uscio del!o spedale, chiesi mi portassero a basso e ottenni subito la grazia. Altri dieci o dodici ·seguirono il mio es~mpio. Fu un disastroso viaggio. La strada difficile, e in molti punti tagliata sopra precipizi. ci co~tringeva spesso a chiu - dere gli occhi nell'aspettativa d'un gran ~apitombolo, percbè il conduttore e ìl cavallo fact1vano a chi ne &apeva meno. Camminammo ore e ore che ci parvero l'etRrnità: vedemmo sparire il sole dietro le montagne, e nel buio della notte si andava a casaccio per la prirna strada che s'incontrasse, e qualche volta eravamo costretti a sdrucciol :; re dal l·arro in terra, percbè le ruote s'erano impigliate o nei massi del monte o nei rigagnoli o nei tor·- renti, e ci voleva del buono e del bello per ritirarje fuori, Cammina cammina giungemmo a costeggiare il lago dl Gat·da, passammo il ponte del Cuffaro , rasen tando la Ròcca d'Anfo. t> ntrammo finalmente in Vestone quando all'orologio della chiesa sonavano le due dopo mezzanotte; in che stato di Spll·ito e di corpo, è più f<1cile immagjnare che dire. Ma le nostre tribola~ 1 oni non erano finite ancot~a. Dovemmo starcene in mezzo di piazza per una buona mezz'ora, con una brezza acuta che incipr1gni va le ferite ..

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