La battaglia di Bezzecca

, F ~~·~·~·~·~·~·~·~·~···~·~·~···~·~·~·~i LA · BATTAGLIA DI BEZZECCA l (SEGUITO DEI VOLONTARI NE~ TIROLO) ,l ROMA E D o ARDo pER I N o, TIPOGRAFO• EDITORE Viq del Lq.vatore, 88 (sTABILE PRQPRIO} l 8 8 7

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LA BATTAGL t A DI BEZZECCA (SEGUITO DEl VOLONTARI NEL TIROLO) Bezzecca è piccolo paese, u~o dei meno simpatici fra 1anti se n'è vist1 in Tirolo. E posto alle falde di due ttene di poggi assai elevati, che s'innalzano a destra e sin istra del paes.~. I poggi a destr a erano gremiti di l ·striaci, quelli a sinistra erano occupati da tutto il 5o ~ggimento di garjbaldini comandato dal colonnello hiassi. Bezzecca era giù in mezzo a due fuo~. hi', e noi avevamo occupar1a a sostegno dei combattenti. Quando tirolesi ci videro, ed ~bbero indovjnato la nostra mossa, ~» mincìarono a tirare contro di noi. Non rispondemmo 11.b1to, perchè non potevamo arrivarli, ma con tutta la ~ r·za delle nostre gambe entrammo nelle vie a uguste del 1.ese, che per allora ci furono sufficiente baluardo. I tirolesi si vedevano veramente bene, con que' loro Lppotti bigi, con que' cappelli tradizionali. Chinandosi terra cacciavano dentro la canna la cartuccia, poi coh 1 bacchet ta che tenevano attaccata ad un cintolo la cal- ~vano : qualcheduno, per imprimere maggior forz.a alla ~rica, la batteva con una ~pecie di piccolo mazzuolo. 1i si alzavano tranquillamente, puntavano la carabina •n mica nei mucchi dei garibaldini, ma uomo per uomo

4 .BIBLIOTECA PATRI6TTICA dove li scorgevano separati, e raramente i col~i -vano. I primi mor·ti e i primi feriti furono quelli a brillavano sul berretto i galloni. Il povero co'on Chiassi, alla testa del re~gim~nto, mentre incorava i a tener fermo e rispondere a ccanitamente al fuoco, ven \ colpito nel . petto e stramazzò in terra. Corsero ~ s per soccorrerlo, altri ufficiali caddero in quel mo... .I..&."''.U: feriti : il colonnello era morto sul tiro. La posizione del 5o reggimento non era cattiva, ·quella degli austriaci, al solito, si potea dire molto gliore. Il poggio dove stavano i nostri era tutto st · nudo di qualsiasi pianta: daHa cima più alta fin alle falde nhe venivano a poca distanza dal paese, tutto un brulichìo di camicie rosse, sparpagltate in tena, ferme al loro posto come soldati avvezzi, giranti q'la e là secondo che paresse cp.e il fuoco rebbe stato più efficace e micidiale. La uistanza fino · monte opposto non era molta,_per cui le palle dei arrivavano.. ma costass1.'t i tirolesi s'ingegnavano a d1 dersi con le piante sparse sulle stradine del monte . Pi che ~l tro nei punti meglio coperti vedevamo canne di tucile brillare ai raggi del sole, poi sbuffi di fumo, e maledettamente precisi. Entranp.o poi in Bezzecca, tra il fumo ed i t rum delle fucilate, .sentimmo avanti a noi un bisbjglio cresceva e cresceva, poi un ::tpplauso e un urrà! una carrozza tirata rapidamente da due cavalli, e n carrozza il generale Garibaldi. Egli dirigeva ala ba glia1 e 1mpedito dalla ferita ·toccata il giorno 3 di mon· tare a cavallo, come avrebbe voluto, e spingersi quel suo mirabile . ardo1 e, che decise sempre della toria, contro i nemici, era costretto a starsene sulla maestra. Ma non stava inoperoso; e ritto sulla con gli occhi che gli fiammeggiavano, Jon la fisono tutta animata di quella trepida commozione inse bile da una battaglia, guardava da tutti i lati come cedessero le cose nostret si spingeva con la carrozza innanzi che fosse possibile, dava ordini a voce, seri anche su pezzetti di carta Un nerbo di ufficiali e Guide gli stava intorno armati tutti di revolver, e ogni momento due, tre di loro· si staccavano dal gru e fuggi vano via in varie direzioni. Del1a presenza di ribaldi si videro fin dal principio i buoni effetti. I ba

LA BA TTAGJA D.I BEZZECCA 5 ioni., le c<H.n.pagnie, i pelottoni si movevano ordinati , ~pevano dove andare; costretti a ripiegar e per la so.:. . ·rchia sproporzion~ del nemico che avev·ano 1nfaccia, riu- ::ivano facilmente a ran;nodars-i e tornare alle offese. In •el tempestoso e tumu ltuario dis ordine, che non ·Si può ansare nei combattimenti dei Volonta.rJ, v'era pur sem- ·e in cotesto giorno quatcosa di ordinato e di preciso, le rivelava una mente avv·ezz-a a sopravvegliare, una ·evidenza, una tattica, una ca;lma., insomma la presenza un uomo di guerra. Noi tutti lo sapevamo, e cotesto dava una maggiore sicurezza -nel combattere, ci met- ·va addosso una smania di coraggio insolita, perchè un og1o dl GaJ'ibaldi, uno 1 !i que.gli elogi come sa farli lui come nessun altro li saprebbe fare, ci pareva cosa nto preziosa e eata, .che per -meritarlo eravamo pron- )Simi a buttarei a qe:.' 1r--n'1 vle sbaragUo. In Bezzecca non era il più bello stare del mondo. Gli Lstriaci avevano qualche pezzo di cannone da m-onta· 1.a, e i loro tiri, dovendo passare al di sopra del nostro "ello per andare a raggiungere i garibaldini del 5° regmento, spessissimo eranl) t roppo bassi, e trovando inppo nei tetti, nelle cantonate e nelle pareti delle case, cevano un fracasso del diavolo, smantellando tegoli e :zzi di muro che ci piovevano addosso. Dall'altro canto nostri avevano anche essi un paio di battr.rie., e do- :udo fa.re i-n senso opposto la m.adesima strada, qualno dei tiri (però ben di rado) veniva .esso pure a farci ·a incomoda visita. Noi del resto eravamo, come ho detto, sei compagnie. i Sù, una do;.o l'altra, traversavamo H paese, e le prime hque fulono chiamate fuori ad o·ccupare alcu-ne posini. Ven ~Ae . o acco 'te da una salva micidiale di carae e di J a•.:!chette. RispondevHno cDme meglio potevano wstrl, quantunque -alle posi-zieni da occupare ci s'an- ;:se per una strada d'up. erta .canina. Molti furono i piti , e barcoll-ando to·rnavano ingiù a precjpizio, poi 'ivati in p<J..ese ·Btramazza v .aB. e a terra. La mia compa· a, l'ultima d c ' ba· rD glione, rimase 1n c~po della strada~ irando pur VJmalche colpo, 1eneva in .rj,s_petto, ins ieme i l'altre, 11n buon .nume~~o d,i WtJ. iche b1anche della teria aust , iaea. ·Si combatteva d~.pertuttù assai bene; on ostante che molto sangue .generoso fosse g.i~ .à .s.parso, lcuTle nobi liss ime vite fossero già immoJate o messe

6 BIBLIOTECA PATRIOTTICA in forse di potere uscirne poi a salvamento, la v cornbattere cresceva e si propagava in tutte le fil Compresi allora (mi si perdoni fra tanto tumulto breve digressione) compresi che per avere un po' raggio in battaglia non ci vuol nulla. Ba.sta si v le cose camminare ordinate, basta si vegga un pri un' ombra di direzione oculata, intelligente, amo il resto viene da sè. Quel sapere che dalla nostra dotta di quel giorno può venirne a noi riputazione sdoro, e al paese che spera e che trema per noi prospera fortuna o una disgrazia irreparabile, e poi quel moto continuo. quelle evoluzioni per cogl t'allo iJ nem1co, quei colpi che si succedono e si r piano, e il fumo, le grida, la voluttà del sangue, cotesto ci mette in corpo un ardore, un fremito, pazienza, che non lascia posto a un sentimento m bile. Vediamo cadere vicino i compagui, sentiamo palla, forse destinata per uoi, rasentare I l'orecchio, pire I' armamento, toglierei anche il berretto di ebbene ? non ci meravigliamo punto d'esser rim piedi, piuttosto ci m~raviglieremmo che a noi sani gliosi di battersi dovesse venire, come ai compa d1sgraziati, un 1mpediment o fatale. Guai se entra In il sospetto (pure così naturalt;!) che da lì a un m si può essere distesi ,in ter1·a e stecchiti, con un' o pio!fibd ne1Ja t esta ! E finita: non si è più buoni a Alla provvida spensieratezza, che si poteva sbag il coraggio, succede un pàn1co, un terrore e una dazione, che n11lla vale a superare : bisogna vol calcagna, e si salvi chì può. Più forse che nella milizia regolare, l'esempio paura è contagioso nei Volont~ri, ùt specie se confusa e misteriosa la causa di quella paura. A cotesto durante la battaglia, dopo un po' di tem noi sostenevamo la nostra posizione di Bezzecca. Il gimento durava da un pezzo il fuoco contro i nemi nude ro~cie dov'era schiarato sipopol~vano di feri mortl. A un tratto alcuna delle schiere, Ja più forse alle scariche? ra1Jentò il fuoco, fu veduta d narsi, titubare quasi, ritrarsi lentamente con la rivolta agli oppost1 colli, poi scendere in t'retta il r fe venir giù correndo nella strada. I compagni orse che sopraggi ung~ssero rjnforzi al nemico~

LA BATTAGLIA DI BEZZECCA 7 avesse già occupato alcune posizioni degl'italiani ~ Non si sa ; forse non lo seppero neanche loro. Ma rotto quel pr1mo anello della catena che si distendeva in bell'or · dine, la catena si sf~sciò in poco tempo, e la ritirata di una parte del reggimento pose per un istante in forse l'esito dAlla giornata. Noi dal basso guardavamo accorati cotesta dolorosa scena; un mormorio corse nelle nostre file; quando un ordine netto e reciso ci viene comunicato; s' impedisca la ritirata dei nostri, si adoperino, dove occorra, le baionette. ~ ...... '

8 BIBLIOTECA PATRIOTTICA xxx. LA BATTAGLIA Quando ci si batte, gli ordini non bisogna discute1~li mai , anco se per avventura ci paressero crudeli. Spie· cato dunque l'ordine di ricacciare i garibaldini alla baionetta, ci mettemmo schierati sul fronte del paese e col fucile spia11ato. I fuggenti non s'attendevano cotesta ac· , coglien~a, ma il terrore ond'erano presi li rendeva ciechi a quel nuovo pericolo. Noi saremo stati poco più di settanta. N on oserei affermare che qualcheduno non sia stato violent emente respinto. Stemmo lì un poco a ricevere l'urto poderoso dei sopravvegnenti, ma tenerceli in collo per molto t empo non era cosa fattibile. Dietro ai fuggiti vi, scendendo passo passo dal monte, ordinate, serrate, compatte, venivano le muJ aglie bianche della fanteria austriaca , e a duecent o passi forse ci t~cero addosso una scarica terribile che mise in terra parecchi. Ci t ro v.ammo così involti insieme con quelli che se la battevano, e pure rispondendo a l fuoco ri nculammo di sordinati e confusi in fondo al paese. Ma v'era là Garibaldi, terribile nell'aspetto, con la mano alzata contro di noi, sul punto forse di pronunciare una parola di giusto rimprovero.... Oh, l non sarà mai che si debba arrossire in faccia al nostro generale ! Raccogliamoci, figliuoli; riprendiamo le file, torniamo al nostro posto. A vanti ! avanti! V'i va Garibaldi! Viva l'Italia! Fu un suvremo momento. I nemici erano lì lì per ent rare in paesf', nuove scariche piovevano sulla strada., quasi si ptnsassero di spazzare 11 terre L o delle odiate camicie rosse... Non sarà mai ! non sarà mai! Si levò un grido tonar1te che superò il rumore delle fucilate, agglomerati insieme ci avanzammo un'altra volta nella strada; eccoci in vetta al paese, ec<!OCl daccapo in faccia al ne·

mico, e lì u:na scarica geneml·e di tutti i garibaldini. Il l)ericblo del terrore era vinto, e il ctt<rre c:i. batteva per un sentimento di giustissi·m<!> orgoglio. L'amor proprio, per un ist~nte 'OFfeso, ripi.g1iava ora il su0 impe-ro. Le sparpagl[ate compagni·e d-el 5.0 reggimento~ cem.e erano state frettc:>lose a diseendere, con la rn.'edesima lena e con tJli piÙl santo al~dore si vendicavano {)ra spletrclidamente · di. quel prJmo insuccesso, e scaric~te le armi, sdegnando soffermarsi a rinnovare la carica., si avanzavano còrrendo a baionetta spianata. Gli austriaci hou s<e l'aspettavano : s'erano fatta sic~ra la vittoria. Meravi~iiati d1 queUa no-· stra. audacia (chè s'~ra jn nume·ro molte> inferior·e} rincularono essi alla lnro volta, ripr' 'Sero la via d-el monte, e i nosjir1 dietro per . un bel tratto. ·così dunque 1a battaglia si ristorava, e noi fedeli alla conse-gna rimanemmo alla custodia d'el paese, intanto che il reggimento del Chiassi e le cinque ·compagnie del mio battaglione ripigliavano e sostenevano gagliardamente le poHizit:Jni. ~< E quella la·g~gitl. che roba è~ » dissi io al foriere, stendenclo la mano verso un poggetto poco distante da Bezzecca (un terzo di m1glio forse) sul quale vedevo formarsi lenta lènta .una core>na di soldati. Guarda·mmo tutti da quella parte, e no-n s .i capiva berre se foss·er<:> ttrolesi o bersaglieri gari bald1ni. Alcuni credevano di riconoscere il colore del vestitb, e :giuravano che e~ano .n<:>sfri, altri invece sperg;uravah·o ·che e rano tirolesi nati e sputati. Era cos-a molto impòrt~nte che l~ d i'sputa si risolvesse presto, perehè d~ quel poggio, girando di fia-nco al quinto re,ggimento, ci potevano piombare addosso e cucinarci a quel dio. A qualeP,-ednno parve 'd i scorger~ che H modo cl.i car1carre il [ucil'e li tradisse per tirolesi ; e sicc·om.e in guerra non bisogna aver·e tanti riguar di, tre o ·quattro ci tirammo in d.1spa,rte e scaricammo ·contro quel m.uc·chio il fucile : sarà qnel che sarà. La medi'Cina fe-c'e l'effetto ; il nostro diS.paccio ebbe una pronta rispqsta a ·suono di palle. Non v'·era più dubbio: avevamo a .fare con truppe arri va te &i fre~co, ~le ·quaiq, ·ap.f>e·na ci videro, scaricati come in linea d-i avvertimentt!> alenni colpi, 'Si mossero adagio adagio ·scendendo alla no~t!'a volta. · Eramo, come ho dettt>, una settantina, e più che aH.' assalto bisognava pensare alla difesa, per chè i nemici. dovevano essere ·straboc·chevolmente superiori di numero. Cominciò allora un'animatissima 'e indiscipliti~ta 'Gi·iscus · ' "

10 BIBLIOTECA PATRIOTTICA sione : ognuno di noi voleva farla da strategico. « - Bisogna raggiungere le altre compagnie, e attenderli di piè fermo appoggiati alle nostre posizioni. - Eh no! eh~ non ci daranno tempo: è meg·lio fortificarsi .nelle cast:: e aspettar li in paese. - Sono troppi! non l i vedet~ ? arriveranno a un miglia1o. Bisogna ritirarsi a Pieve di Ledro. - Chi parla di ritirarsi è un vigliacco ! ricacciamo i ti- ' rolesi con la baionetta ! » E fra questo frastnono di cozzanti proposte non si ve niva a capo di nulla. Chi di qua e chi di là, la microscopica compagnia minacciata da così serio incontro accennava a sbandarsi stjn.za provvedere all.a sicurezza proprja, perocchè i !lemici s'avanzavano sempre, tu·ando di tanto in tanto qual che còlpo come preludio allc-tscariche cbe ci preparavano. Bisognava risolversi. O dentro o fuori: o una resi· stanza disperata, o una foga vergognosa e poco proficua. Il nostro capitano, bravissimo uomo e pieno di coraggio, ebbe un'idea singolare1 Dopo aver gridato invano che c1 raccogliessimo, vedendo che nessuno dava retta, con un vocione che supe·rava le voci discordi di tutti, esclamò con accento rjsoluto: «Foriere, faccia l'appello; e chi non risponde. io gli prometto e lo giuro sul mio onore c~he lo farò fucilare ». Allora ci quetammo, e fu possib,le rannodarcì. Rispondeva il foriei·e: «ma che dice davvero? vuole l'appello in questo momento ? » « Sicuro ! ') rephcava quel t'altro. E il foriere, intanto che in mucchio ci riunivamo dietro una casa, cavò di saccoccia la nota, e già apriva bocca per leggere il primo nome, ma una fucilata ben nutrita venne appunto a scaLtucciare gli angoli delle pareti, e le palle ci piovevano giù ai piedi come i confetti al corso di carnevale. Non si parlò pjù d'appello e ognuno si dispose alla lotta. Il tenente, che continuerò a chiamare Berebe, con una temerità inaudita, era corso per le stradine del paese a vedere un po' come le cose mettessero, e nientemeno venne a dirci, dopo quella scarita inaspettata, che i tirolesi divisi in due geuppi erauo a poca distanza da noi, che ci avrebbero p r·esi in mezzo, che intanto un gran r. umero s'era affac~jato all'estremità del paese e sarebbe venuto . . 1nnanz1. L'alternativa era semplicissima: ò vincere rapidamente, o rimaner tutti quanti alla schiaccia. Non era il caso d'in-

LA BATTAGLIA DI BEZZECCA ]l vocare soccorsi. Stava ancora, a breve distanza del paese, H generale Garibaldi, ma non aveva truppe disponibHi, e forse quel nostro piccolo nucleo dovea salva·do, o ve ., nìre involto con lui in una comune rovina. Cor8e voce in quel supremo frangente che il nl)no· reggimento comandato da Menotti avesse Jmpegnata anch'esso battaglia, non molto discosto da noi; se dunque ci fosse bastato l'animo di sfondare H grosso dei nemici che s' avanzavano, forse avremmo potuto ricongiungerci coi soldati di Menott1. Il qu1nto reggimento e le c1nque compagnie del nostro battaglione erano occupa.te altrove. Non v'era dunque altro scampo. Attenti agli ordini, con eane alzato, silenziosi e guardinghi, ci disponemmo a gruppi di sei o sette dietro le case, attendendo 0he i ti r oles1 fossero in paese . Stemmo così qualche mjnuto , potete immaginarvi con qual tre· pi lia aspettativa. Ci sentimmo per un istante ritornare uomini di questo rr1ondo, e mentalmente, con quella lucidità di spirito che permettevano le circostanze, ricordammo le persone più ca v e, Jnviammo un saluto al nostro paese, sentimmo in cuore come l'ultimo palpito dei nc:str1 affetti. Indovjno negli altri quello che succedeva in me ; perchè vi so dire che in quel momento l' idea di uscjrne sani e salvi non passò per il capo a nessuno Però la paur a non venne, e non venne appunto perchè In quel caso lì ci avrebbe fatto incappare in maggiori per1coJi. Er·av.amo circondati. La fucilata sostò per un poco . Allora qualcheduno dei più impazient i si affacciò sulla strada, e vlst o in capo al paese un gran mucchio di tedeschi, spjanò il fucile e lasciò andare la botta. Pareva proprio cbe aspettassero cotesto segnale Urlando certe parole che non capivamo punto, si mossero cor·rendo contro di noi. Allora il capitano nostro gridò: « Tutti sulla strada! scar·icate le armi ! coraggi o, e alla baionetta! » . Dopo un mezzo p1inuto eravamo tutti schierati In sulla via. Innaozi a tutti, con la sciabola nella mano destra e . nella sinistra il revolver, camminava il capitano e jnc.itava coll'esempìo e con la voce la compagnia a seguitarlo. Dopo di lui veni vano quattro garibaldini, fra cui il bravo foriere, cbe s'era cacciato in t asca la lista dell'appello e impugnava una carabina, tolta a forza ad un

t, 12 BIBLIOTECA PATRIOTTICA tirolese nella giornata del serlici. Nella seconda fila, pure di quattr0, mi c'ero cacciato an~h' io: poi Hempre per quattro il rimanente della compagnia. Correndo a furia e gridando Italia! Itt llia ! scaricammo le nostre armi. La d1stanza era brevjssìma., e molti fra i tiro-lesi caddero colpiti dal nostro piombo: « Avanti! avanti! » badava a gridare il capitano: « non perdete tempo a ricaricare le armi! la baionetta! la baionetta!» Ma una furmidabile scarica dei nemici scompaginò le nostre file~ ferì 1 primi quattro. « Avanti ! avanti! » ripetevamo tutti allora con quanta se n'aveva nella strozza; e io, rimasto così in 1 ~rima fila, vedevo una frotta di ti· rolesi che ci veniva addosso. Appena qnaranta passi ci divi dcvano. Raddoppiammo la corsa, e a baionetta spianata ci auguravamo dt giungere in tempo prima che una seconda scarica colpisse anche noi. l th·oJesi infatti sostarono un momento, incerti, titubanti, paurosi; già già qualcheduno s'era rivolto all'indietro e se la dava a gambe, la distanza spariva sempre di più, e dietro a noi sentivamo l'onda dei garibaldini che premeva e premeva, :fiduciosi com'erano tutti di sgominar e il nemico e ricaccìarlo nei monti con 1e baionette alle reni. Nessuno di noi sospettava cl:e una nuova scarica, a venti passi di distanza, poteva ammazzare una buona metà dei nostri; invece ciascuno studiava il luogo dove avrebbe dovuto cacciare la baionett;a, e 10 per mio conto avevo già adocchiato un patatucco lontano appena un quindici passi, quando mi sentii un gran colpo nella gamba, c· ome d'un sasso cbe mi fosse scagliato con vi o. leni a. Non ci volevo badare, e tu1,to infervorato nel correre feci ancora cl.ue o tre pa;;si, poi la gamba mi s' irrjgidì e ~caddi ginocchioni per terra. Ero fe1·ito sicuramente. Mi ritrassi carpone in disparte con la rabbia nel cuorB; altri tre, altri quattro c.addero a pochi passi ·da me, ma H grosso del la compagnia raggiunse i nemici, li attaccò alla baionetta, li respinse, ne sostenne l'urto quando rannodandosi t t=>ntavaoo di ritornare all'assalto; s? impegnò insomma una lotta accanitissima ·Urli feroci assordavano l'aria, ìl cozzo delle baionette si mesceva al rumore delle fucilate, di quà e di là molti cadevano; più che una battaglia ·si poteva dire un duello sanguinoso, nel quale i

LA BATTAGLIA DI BEZZECCA 13 miei cornpagni, for se tre volte inferiori di numero, det· tero prove mir~bili di valor·e. Ci fu un momento che i tirolesi, di cui una parte occupava i poggi più vicini, ebbero il sopravvento sui nostri, e già cominciavano a riconquistare l'insanguinato terre no ingombro ·ùi morti e di feriti ; ma dal fondo dell a strada si sentì il noto ru~ more d'una car·rozza, si vide Garibaldi seguìto da poche gui 1i e e da suo figlio Menotti lanciarsi 'erso quei prodi, ravvivarne il coraggio con infiammate paPole. << Avanti, figliuoli! » diceva egli: « se ave t.e coraggio, la giornata è nostra. Le posizioni sono state riprese dal nono reggimento: dobbiamo avere . vittoria su tutta la linea! » Fu un sublime momento . I miei compagni si aggrupparono ancora, scemato il numer o pareva ~be r addoppiasse in loro il coraggio, quasi volessero combattere anche per i caduti; eccoli nuovamente ord:nati, eccoli sulle mosse, si lanciano, par che volino, sono a ldosso ai nemici con tal~ un impeto, che sfondale le file gli en,. trano in mezzo e con la baionett a ne fan no str·age. All )fa i tirol esi si volsero in vera e irrepàrabile foga, si sparpagtiarono sui poggi circostanti, e i nostri dietro gridando s empre Italia! Garibaldi! L' ~co dei monti ri':' p teva lontano lontano quel grido, che andava a morire e confondersi col r umor .delle fucilate e col rimbombo del cannone. Bezzecca rimaneva a noi, e •\iò doveva senza alcun dubbio agevolare il successo della giornata. Frattanto bisognava ch' io pen ~assi ai casi miei . La battaglia da cotesta parte era assiouratq,, ma nJn si poteva dire altrettanto dalla parte opposta del paese. Qualche centinaio fra garibaJdini e tirolesi, disseminati sulla strada e S!li poggi~ erano, a dir così, Pavanguardia del combattimento, il quale continuava accaniti ssimo fra gli avanzi del quinto reggimento a eui s'era unito qua~i tutto il nono, e le schiere degli austriaci che si rinnovavano sem;re. Io dunque, veduti allontanarsi i compagni, feci ogni sforzo per alzarmi su, e cangiat.o il fucile in g r·uccia mi r ecai zoppicando in . fo udo alla strada. V'era tornato Garibaldi con la sua carrozza, e di costi guardava con una contentezza visibile la piega che p rendevano le cose. Menotti mi scorse zoppicant e a quel modo, e spintomi contro il cavallo, « Di dove vieni ·e che cosa fi:ti? » disse con acc~nto che palesava un tantino di diffidenza. « Co-

14 BIBLIOTECA PATRIOTTICA lonnello, sono ferito e nvn posso più camminare » replicai io. « EbbPne vediam0 questa fdrita », soggiunse Menotti. Obbedii senza aggiunger verbo, ma un po' stizzito di coteRta supposizione oltraggiosa che io mendicassi pretesti per scapolarmela. Mostrài la gamba tutta intrisa di sangue: nella searpa si può dire che ve ne fosse una pozza. A m t tà della gamba una palla avea lacerato le carni, e toecando sotto la pal"te offesa sentii che la palla era rimasta dentro, « Vi bas ta Colonnello! » dissi io l guardando in viso ·Menotti. « Tu sei un b1~avo giovinotto! » replicò egli : « va', ritirati lontano, fi ;Jchè non giungano i carri dell'ambulanza ». E siccome due garibaldlnl mi s'erano accostati per sostenerm1, H Colonnello :lisse a. uno de' due: « Tu va' a comhattere : a reggere il ferito b::..sta quell'altro ». . Seppi più tatdi che Menotti aveva dovuto rimandare in campo alcuni fra i più sbuccioni, i quali fingendosi feriti, mogi mogi si allontanavano dalla battaglia. Appoggiato al braccif~ del compagno mi strascinai fuor del paese qualche trentina di passi, e mi posi sdr.,aiato sur un ciglione della strada un po' difeso da una folta siepe, in un luogo di dove si vedeva un bel tratto allo intorno. La battaglia era ineominciata poco dopo le sei del matt1no, e ora dovevano essere circa le undici. I nostri cannoni, mirabilmente diretti, avevano già fatto miracoli, erano riusciti a spazzare i oggi meglio gremiti d'au~triaci; ma i can11oni erano pochi al bisogno, e quei maledetti ripullulavano e salivano sempre su a torme come . le formiche. Di dietro alla mia siepe ·vedevo in alcuni punti compagnie intere di tuniche bianche sbandarsi e fuggjre per quelJ'ardue salite, e alle loro spalle spingersi a baione 1 ~ta spianata i nostri. Ma in altri punti e· rano i tirolesi che ricacciavano indietro i garibaldini, fulminandoli con terribili fuochi di fila. La battaglia era venuta a quel punto, in cui la direzione suprema biso· gna che sia supplita dal senno, dal coraggio, dal sangue freddo dei comandanti. Era un perdere e un r jcon-=- quistare terreno da tutt'e due le parti. e mfntre il grosso della battaglia durava con varia vicenda nell'alto, alcuni episodi m.inori si vedevano giù in basso, a pochissima distanza dal mio improvvisato giaciglio. Più lontano poi al di là del paese, su quell'altra catena di poggi,

LA BATTAGLIA DI BEZZECCA i5 -------------------- ------ - continuava la fuga precipitosa dei tirolesi, e l'insegui · mento vittorioso della ·mia brava compagnla. Intanto che aspettavo i carri dell'ambulanza, senza sentirmt troppo sicuro di non dovere esser fatto prigioniero, fni 8pettatore di un duello singolarissimo che per i suoi varii incidenti merita d'essere raccontato.

16 BIBLIOTECA PATRIOTTICA XXXI. DIETRO LA SIEPE , E SUL CARRO. Vidi dunque, intanto che me ne stavo sdraiato e mezzo . nascosto dietro la siepe, vidi che più qua e più là, fra gar·ibaldini e tirolesi st,andati s'era impegnata una lotta corpo a corpo. A venti o trenta passi da me, nel bel mezzo della strada, sbirciai un garibaldino, che dopo avere scar.cato il fucile senza colpire nf' ssuno, correva a baionetta spianata contro un tirolese . Questi era intento · a cavare dalla giberna il fulminante , o la capsula come si dice nel linguaggio dei militari , ma l'altro non gli lasciò il tempo. e giuntog-li addosso gli vibrò un colpo di baionetta che lo avrebbe passato da partf! a parte, se quello con un rapido movimento a sinistra non schivava la punta micid1ale. Mi rizzai sul gomito per assistere a a quel singolare duello. Il garibaldino era un pezzo di giovanotto tanto fatto, in sui trent'anni, senza berJ~etto in capo, e Ja camicia rossa lacerata in più punti. Il ti- . rolese pure era grosso e nerboruto, e con una faccìa turchesca e un paio di baffi di capecchio insegato. Però, dovendo anche egli incrociare la baionetta, mi accorsi che Ja sapea maneggiare a dovere, e otteneva sull'avversario la superiorità d'un sangue freddo ammirabile. Non c'era verso: uno d~i due bisognava che rimanesse sul terreno, si cchè i movimenti dell'arm.e erano diretti piuttosto a ferire ed uccidere che a difendersi, molto più che il fucile non è maneggievole come una sciabola da schermitori, Durava da qual che minuto la lotta, senza che una parola si mescesse al rumore secco delle baionette, quando ad un tratto H t irolese, mis•1rata una finta al viso dell'a.vversarjo, abbassò velocemente l'arme e poi la ritrasse insanguinata : avea ferito il garibaldino in una coscia. Questi allora, reso cieco dal dolore, fece un gran passo in avanti appuntando la baionetta al petto del fe·

• LA :BATTAGLIA DIBEZZECCA 17 ritot·e, ma il feritore scostandosela violentemente con una mano potè con l'altra spingere la baionetta nel braccio sinistro del più debole avversario, e passarglielo da parte a parte come un crivello. Rinculò ìl misero giovane verso di me, e id gli gridai : « Coraggio ! » mentre mi sforzavo, sdraiato cotne erb, a caricare il fucile e con un bel colpo venire in aiuto al compagno. Questi alta mia p~­ rola si fece animo, e benché tutto grondante di sangue e urlando per il dolore, si disponeva a sostenere l'urto del tirolese, che ridendo in una sua certa maniera curiosa gli veniva incontrò ver fin rlo. A v evo già radcapezzata ùnà cat~tuccia, già l'abboccavo sulla canna, quando vidi carp· ..ne carpone nn altro garibaldino che s'avanzava dietrò al titolese. Quèsti pbtèva esfsere a cinque passi dalla vittimà predest1nata, n1a l 'altro garibaldino rizzandosi con tutta la pérsona e gridando : <~ A me! à me! » èon tln ultimo lancio fu addOStiO a l nemico e gl'infilzò la baiotl~tta nella schiena. Nòn ebbe tempo di voltarsi, e con tin sordo gèmito cascò giu p~r morto. Il garibaldino ferito, visto cessàra il pericolo imminente càricò in fretta il fuciJe; tna non potè più reggersi in piedi e cadde gitidt·~hioni. « su su! »badava a dirgli il compagno : < questa non è più arià per noi .: v'è là in distanza una quantità ii t~deschi : b'sogilà andar via, subito. » E con la matio aiutava il ferito a rìalzarsi. Ma che è che non è, quel tnalètto tddt:!Sco pallido cot:ne là morte e tutto intrjso dì sa:ngue, si àl·11a su:r un gihocchio, mette il fùlmi.- nante sul cane, piglià J!\ mira; ~ la palla viene a colpire nèllà ttuèa l'infelice gS~ribaldino poc'anzi sopravvenuto. H tiì'olese str ascinahdosi p~r terr~ come una lucertola badava ad allontanarsi; àllora a ti ch'io piglio la mira, il pritnò fèrito f~ lo stesso, e pàrtono insieme due colpi. Questà volta o io o lUi tirammo dtritto, perchè l'ostinato tedesco cadde giù per davvero con la testa letteralm.entè fraca.sstl ta. Qu~i ~~e _ colpi littiraro~o l'att~nz~?ne ?e i n~mici che ci sovrastavano da un poggio; e sentn v~hll"mi 1ntorno una ,.randjnattll di p:tlla Cbiaìnai i due garibaldini n1a non mi rispòndavanò, e spérgeìido il capo ftlor della Siepe gli vidi di ste ~i per terrà l'ubo accànto all'altro, forse svenuti, fo~s 'anèhe rt1drti. Ma ferito anch'iò e bisognoso di aiutò, non era 11 caso di verificare s~ c'era bìsogno di soécorrarli. Prési il mio bravb fuèilé, ·e chiòttò chiottu cam 2 - Be~zecca.

18 · BIBLIOTECA PATRIOTTICA minai un bel pez7o nella via, fino a che non vidi un barroccio fermo che parea (lestina.t.o a trasportate i fedt . Non ne potevo più: chiamai il carettiere che mi aiutasse a sal1re sopra, e quegli dandomi una mano diceva: «Andiamo v1a subito, pe1·chè qui non si sta punto bene. :. Infatti qualche palla sì sentiva arrivare, e a due passi dal bar1·occio scorsi un povero gariba ~ dino con la frusta in mano, ucciso pochi momenti jnnanzi mentre guidava H eavaJlo. E il cavallo pure era ferito in sulla groppa, e gli clava pet· le gambe un sangue nero nero. M'assettai alla m.eglio sul carro dove c'erano già due Inortj, o megUo due gai·ibald1ni che mi parevano morti. Di lì a pochi minuti ~ op1·avvennero altri feriti ben più gravi di me~ e dovetti cont~ntarmi dì sedere sulla stanga del. bar·roccio con le gambl~ che m1 spenzolavano di fuori. ,La strada non mi pa1·eva punto sicura, e il barrocciaio, che la pensava precisamente come me, badava a picchiare ben bene il cavallo perchè (~orresse, e io l'aiutavo battendolo <"On la bacchetta del fucile. Ma la povera bestia ansava maledettamente) spasimava e sbuffava per il dolore della ferita: poi a un tratto S1inalberava quando incontravamo sulla via qualche cavallo ucciso. A una certa voltata, sopr~ un rialto a venti passi da noi, quando meno ce l'aspettavamo, eccoti dieci o dodici tirolesi (spun- · ,~avano dappertut to come i fungh') col ginocèhio a terra e formati in quadriglia coi fucili volti sopy-a di noi.« T1ra via! t ira via! >> gr-idavano i ferit; al barrocciaio : « QueRti cani rJnnegati non r >spettano n(jancbe i mor·ibondi. » Ed era tant o vero, che più d'una palla venne a ronzarci nelle orecchie. Io teneva sempre nel saccapant Ja pistola carica - che avevo comprata in Lnmbardia - la cavai fuori, e profittando della. poca distanza sparai un colpo, il cavallo trottava come poteva meglio. Vidi uno dei nemici cadere, poi un secondo ed un terzo, e ci accorgemmo allora che un gr·uppo d1 garibaldinL appostati su un altro poggto, ci vendicavano tirando colpi bellissimi. In quer;;t(."l fra.ttmepo uno di que' due che trov d. i sul carro distesi e che parevano morti, fece un movimento con le labbra, poi feee sentire un lamento. Lo sciagurato aveva quattJ·o larghe ferite nella testa: due palle, ent randogli da una parte dietro la nuca erano uscite dalraltra parte, e SÌ pUÒ jmmaginare che COSa dOVtSSe natire. Pur non ostante arrivò vivo nello spedale, e l'ebbi compagno qualche giorno in un letto accanto al mio.

LA HATTAGLIA DI BEZZECCA 19 Quando fui trasportato altrove, lo lasciai in uno stato che faceva pietà. Si chiamava Fr ediani Adarno di Firenze, nè ho saputo ~ncora se con un mi eacolo dell'arte sieno riusciti a salvarlo. Intanto si camminava sempre, e voltandomi indietro mi pareva di scorgere che la battaglia non ci fosse propizia su tutt.i i punti, e che anzi la ci andasse più male che bene. Vedevo garibaldini scendere e ruzzolare dai monti, saltare roccie e far capriole, e questo voleva dire che Sl riti ravano, perchè i Volontari van ben avanti ftnchè li serve il coraggio, ma ai primi suoni di ritirata perdono affatto la tramontana, e scappan via con Je gambe in te.sta. ~i sentivaoo ancora le tucilate, ma più distinto assai H rumor de1 cannoni; e cotesto ci consolava perchè eravamo stati testimoni di come lavorassero quei q.iavoli d'artiglieri. Tendendo bene l'orecchio, di tratto in tratto si sentiva pure in lontananza il noto grido di guerra: Italia! Italia ! e questo s ignificava che su qualche punto di quella sterminata scogliera di poggi i nostri andavano alla baionetta. La giornata adunque non era ancora decisa. Sarà stato allora il mezzogiorno; e quel cielo purissimo, e quel sole che illuminava splendidamente le pittoresche campagne, facevano brutto con r:rasto con le traccie di sangue che via via si trovavano, coi feriti che s'incontravano nella via~ e che salivano sul carro L.ntantochè ci fu pos 'o dove allogarli. Quà e là, i poggi più acuminati che si vedevano, eran.) t utti . gremiti di mon~ ture bianche e di cappotti bigi. Cotesta giot·nata insomma fu una vera battaglia, e una battaglia coi fiocchi.

20 BIBLIOTECA PATRIOTTICA XXXII. I FERITI. Un ferito arrivato degli ultimj, venne a porta1·ci la punto lieta notizia che i nostri andavano perdendo terreno sempre di più, e che uccisi già molti artiglieri, alcuni pezzi di cannone ers no eaduti jn man0 al nemico. Il reggimento di Menotti, comandato da questo degno figlio di Garibaldi, dava prove stupende di valore, avea. g1à ricacciato molte miglia ia di nemici, ma ai fuggenti sottentravano truppe feesehi ssime, e già settecento e più garibaldini del quinto reggimento erano stati fatti prigionieri. Se nessuno aiuto veniva ai nostri, se i comoat· tenti non si ·raggruppavano invece di scappare, la giornata bisognava tenerla come perduta, e i tedeschi sarebbero stati alla sera in Tiarno. Queste cose ci diceva il ferito, e c0n che amore noi l'ascoltassimo si può facilmen .e indovinare. A un tratto · davanti a noi, sulla strada cbe si apri va larga, lunga e diri"~ta, vediamo sollevars1 un gran pol verìo, ci par di vedare qualcosa che brilli a l sole: ordiniamo al carrettiere di fermarsi. Saranno italiani? Raranno tedeschi? Il tremendo dubbio durò un cinque minuti. La pol vere cresceva e si avvicinava: sentimmo rumore di cavalli e di ruote. e quel trabalzìo che fanno i cannoni quando corrono rapidamente. Saranno nostri? Anpuntiamo lo sguat·do, la polvere si d1rada, vediamo correre innanzi a tutti, come un baleno. un ufficiale con le mostreggiatur0 g1alle . col kepì all' italiana .... « Son nostri ! son nostr1 ! » gridiamo in coro, saltando dall' allegrezza e diment icand<' le fe· rite. Ed erano n0stri davvero; era una batteria chtamata in fretta da Tiarno, per venn·e in a1uto ai pezzi o perduti o vicini a cadere in mano ai nemici. Queìle p~ santi ruote non correvano ma volavano, passavano sopra ai mucchi delle provvigioni seminate sulla strada e abban-

LA BATTAGLI' DI BEZZECCA 21 donate dai nostri, pa-reva che un demonio le tras~ortasse . Uno di quei carri passò tanto accosto al barroccio dei feriti, che avemmo tutti un gran trabaUone, e una delle nostre ruote scivolò in un fossatello che costeggiava la via. Ne sentim,mo tutti le conseguenze. Alcuni gemevano lamentosamente, altri mugghiavano come tori per lo spasimo atroce, altri infine si chetavano e morivano. E se questo non fosse bastato, c'era la giunta di alcune palle h1viateci dai tedeschi sù in alto, che veduta la batteria ci vollero. mandare l'ultimo saluto prima di rintal'.arsi al sìcnro fra i loro monti. Ho sentito dire che in tutta la campagna nessun cannone venne mai così opportuno come quella batteria in quel preciso momento: tantochè furono cotesti sei pezzi, manovrati come va, che decisero della giornata. Onore dunque agli artiglieri italiani!~ H prode generale Garibaldi, che è tanto grande da poter essere giusto e imparziale con tutti, non ha trasandato mai occas ione, per rendere giusta t estimonianza di lode a que' bravi soldati dell'esercito italiano. Il no.me del maggiore d'artiglieria Dogliotti, che ebbe il comando delle batterie, rimar-rà caro e ven'erato nella memoria di tutti i miei compagni d'arme, come vivrà immortale nelle cronache di questa memorabile guerra. A quel modo che si potè meglio, tirammo fuori la ruota del barroccio e continuammo il viaggio. Si pativa tutti assai assai, tutti peggioravamo a vista d'occhio, e non era eerto un bello spettacolo quel vedersi, noi così malconci, in compagnia di tre o quattro cadaveri. ' Quando Dio volle, la povera bestia mezzo moribonda ci condusse in un punto della strada, dove a destra disposte in un. pratello si vedevano molte tende alla militare, rizzate come spedale provvisorio per i feriti. Ma noi gridar.ilmo che non ci volevamo stare, perch.è incerti· ancora dell'esito della battaglia, si temeva che da un momento all'altro scendesse giù un'orda di tirolesi e facesse una bella retata di prigionieri. Il condottiero adunque si rimesse in via 9er Tiarno di sotto, quel paese di dove ci eravamo moss1 alla mattina pieni di speranza e di gagliardia, e dove ora tornavamo concjati pel dì delle feste. !.fa non importa. Sentivamo l'orgoglio d'aver fatto il debito nostro, e vincitori o vinti ci bastava di non dovere arrossire. Di lì a poco vedemmo a bre·ve distanza i tetti aguzzi l \

BIBLIOTECA PATRIOTTIC..\ delle case più alte di Tiarno; il ·cavallo boccheggiante fece un ultimo sforzo per giungere alla meta del suo doloc·oso Calvario, ed entrammo in paese quando sentivamo dietro a noi i primi e fortunati colpi della batteria giunta di fre..: co. In Tiarno dra una confusione di gertte che andava, e veniva: garibaldini con la testa fasciata, che entrBvano estenuati dai lungo cammino a piedi: altri barocci che portavano com~ il nos t.ro un funeato car-ico di feriti e di mort1: guide a cavallo che entr·avano jn -paese e ne riu · scivano correndo ~empre (ho dimenticato di dire che lungo la strada ne trovammo qnalcuna stecchita in terJ'a, uomo e cavallo) e poi anche garibaldini sani che fumando t:ranquillamente e con il fucile in spali&. venivano in paese stanchi di battersi. Cotesti, quando le guide si potevano accorgere che non erano fer tti, venivano rjmandati sui monti dove la battaglia durava ancora. Si requjsirono paesani per aiutare .lo sg0mbro dei carri; e io vi so dire che a certe facce che faceva.no, a certi sgarbi un po' all'uso dei monatti, si dimostravano lontano un mi glio poco propensi per noi. Seppi più t ardi che cute~ti paesi del Tirolo inviano all'esercito austriaco una r iserva copiosa 1 atte le volte che scoppia la guet·:·a, sicchè era possibile che nella batt agl ia di quel giorno avessimo avuto cont~o di noi tirolesi itali::tni. Del resto anche in Tiarno, corne negl i altri paes i del Tirolo, avemmo dalla cittadinanza più colta testimonianze di affetto co~ì vive e sincere, che di megbo non potevamo desiderare. Vennero alcuni paesani al no ~tro earro, e j morti li portarono verso il camposanto, i feriti nella chiesa del paese ridotta a pedale. Due mi :vresero a braccia, ehè dopo i balzelloni del viaggio la gamba f.c: rita non m ·~ la sentivo più, tanto ell'era 1ntormen tita Innanzi a me due uomini portavano lentamente uua barella con un fer·ito sopra. Passandogli accanto, mi par- "~ e di riconoscere il paziente, tuT.tol~ hè sfigurato n viso (·' nero como H carbooe. Era que] mio povero amico ci vitave ~chiese, col quale mi trovai (chi sa se ve ne ricordate! ) la prima notr.e degli avamposti sul Jag-o di Garda. « Sei tu, Flam ,n io~ >> gli gridai facendo cenoo agli uomini di te ~ marsi: « e ferito tn pure, povero amico? » L'infeHce si volse dalla mia parte, mi ricor.. obhe, e tutto cornmosso mi str:nse la mano, domandandvmi se ero ferito grave. « Credo sia poca i l l

LA B'\ TTAGLIA DI BEZZECCA 23 1 cosa » gli replicai: ma tu, come ti senti? Sei ferito « molto?»- Eh amico mio. sarà un miracolo se arriverò « a domattina; » rispose Fiaminio con debolissima voce. E più coi gest1 che con le parole, mi fece intendere che una palla gli avea forato davanti la coperta, sfondato lo stomaco e la schiena., yoi riuscita di dietro alla coperta Egli era in una pozla ii sangue, e larghe striscie segnavano la via per dove era passata la barella. Non ebbi cuo1·e di fargli coraggio, e str·et tagli piangendo la mano 1 (egli pure s'era molto rimescolato al vedermi)., raccomandai ai portatori cbe andassero piano piano, e dissi a ~-,laminio che ei saremmo r tt rovati nella chiesa. Povero diavolo! Io mi ricordo che la sera jnn.anzi, in un crocchio d'amici, egli avea det to: « Ho fatto le campagne del c,nquantanove e del sessanta, e questa è la terza : se n'esco pulito, prendo H ripo3o con Hcenza dei superiori, mi butto al la vita del vecchio, e mi r itiro con la mia povera madre in campagna, in una bella villetta "'ul mare vjcino a Civitavecchia, dove verrete a trova rmi se Garibaldi vi porterà a Roma. » Ohimè ! come potrà egli seguitare quella sua inclinazione, se i medici non gli daranno che pochi giorni, for se poche ore di vita? Con qnesti tristi pensieri continuai H t r iste cammino. Il paese offriva un miserabile spettacolo. Dappertutto 1 feriti che s'avviavano alla ch·iesa; alcuni, perchè le forze erano venute loro a mancare, si appoggiavano alle par6ti de1le case, e piegavano i l capo in terra mezzi svenuti, mezzi morti. Quà e là si vedevano pozze di sangue, dappertutto gente che si affaceendava a supplire a tutto queHo cbe mancasse nello spedale, e mancava ogni ~osa; e si sentìa un lamentìo contuso, un gr;dar disperato, un imprecare, un chiedere misericordia : uno di quelli spettacoli funesti che non si diinenLicano p1ù per tutta la vjta Il fuoco della battaglia, il clangor delle tl'ombe, quel correre di quà e di là, la stessa barbara voluttà del ferjre e dell'uccide.ce hanno per chi combatte una at- -~,rattiva terr1bile e pur bella; ma oh ! di quanta pietà, di quanto terrore l'animo 8 invaso, quando svampati cotest i entus jasmi, vediamo da vicino che cosa è una strage. Io ritengo per una favola che Napoleone In rimanesse così atterri to quando alla sera, do po la battaglia di Solferino, vjsitò il campo insanguinato, che si affrettò a

24 BU\LlO.'.fiiCA P .1\ lRIO~TIC,A stipulare la .pace; ma ia vi confesso che tn cotesto me· morabile giorno del 21 h~glio c\ pensai, e mi parv;0 cl\e cotesta sp.iegazio.àe del mistero di Vi\lafré\nca pQtesse essere plausibile. l !

, . BATTAGLIA DI BEZZECCA 25 XXXIII. NELLO SPEDALE. Quando Dio volle giunsi anch'io ~Ila chies~ di Tiarno, già popolata di feriti e di moribondi. Di letti o qi pagliericci non c'era manco da discorrerne; per cbi sapeva adattarsi, v'erano le panche dove le b.igotte ~t~Jlno a pregare; agli altri toceava sdraiarsi per terr&. Fui di questi ancor'io. Mi strisciai pian piano fino agli scalini dell'altar maggiore, e cotesto fu iL mio cap~zzale, co.n la coperta attorcigliata che mi facea da cuscino. Dopo un buon paio d'ore mi s'avvicinò il medico : era il medico del paese, per chè i medici garibaldini gli vedevo affaccendati a tagliare ~ fasciare i feriti più gravi. Io di co stui, a dirvela, me ne fidavo poco, ma biso.gnava fare di necetisità virtù. Mi scoperae la gamba ferita, e presi certi suoi ferri gl'introdusse nelle carni, e vi sguazzava dent:po come se Ja mia gaQlba fosse div.~nt&ta un pezzo d'anatomia. Cacciav~ degli u1~li tanto fatti, poi mordevo la camicia fino a strapparla. Dopo cinque minuti di quell'ar.meggìo, il brav'uomo capì cbe c'er,a dentro la palla. Cbe bella scoperta 1 Se io mettevo un dito alla parte infer.iore della gamba, sentivo benone che la palla c'era, e guardando si vedev~ sulla pelle il rialto ch'ella facev.a. Passav.a in quel punto un medicp dei nostri, e parenrendoiQi alla facci~ fiorentino come me, gli gridai: « Oh sor dottore, venga un po' quà lei, e guardi che cosa mi può fare. » Il compiqcente dottore venne subito a me, trasse alcuni fer.ri dali?astucci p che teneva legato alla vit» con un ciptolo, come i paratori da chiesa quando mettono su le drapperie, e si accinse all'operazione facendomi mett~re boccoqi. Oon un suo coltellaccio, in pochi colpi tirati giù alla brava, praticè una larga ' , r

26 BIBLIOTECA PATRIOTTICA l tura nella gamba dalla parte di sotto, e a furia di pinzette di forbici, di bisturì 6 soprattutto con le mani, dopo' una diecina di minuti che mi parv~ro l'eternità, cavò fuori la maledetta palla. Era palla d1 atutzen totta stiacciata e rotta, e siccome entrando doveva avere strappato non so che cosa nella gamba, uscendo contrastava violentemente con la carne. Il buon medico me Ja offri. in dono, e io lo ringraziai dell'operazione chiedendogli in quanto tempo sarei guarito. « Oh non dubitare (mi rispose ridendo) : fra un mese sarai in grado di marciare alla compagnia, e di beccartene un'altra. » Le due profezìe fallirono, perchè di lì a pochi giorni saltò fuori l'armistizio, e perchè oggi, dopo tre mesi lunghi lunghi, ho appena posato le stampelle e cammino zoppicando come un invalido. In chiesa continuavano ad arrivare feriti, e intorno a me er& un andare e venire di ·paesani con barelle e di garibaldini, che mi cascavano quasi addosso sullo scalino, rifiniti dalla fatica, dal dolore e dal sangue perduto. Io sentivo un frizzìo acuto, molesto, talvolta insoppoi:ttabile nella ferita, e desideroso d'un po' di quiete, dissi a qualcheduno che mi strascicasse lì presso ad un confessionale, dove entrai con la testa e con le ·~palle, mentre il resto della persona rimaneva disteso in terra al di fuori. In quel momento avrei regalata tutta la gamba ferita per una tazza di brodo, chè da due giorni quasi non avevo mangiato più nulla. Ma a chierier brodo a Tiarno non ci capivano neppure. Oppresso dunque dalla fattca e dagli strapazzi del la g1ornata, t-: dalla fame ·che s'era mutata in languore di stomaco, m'addormentai a quel modo, con la testa incassata nel confessionale. Dormii forse un'ora. Bisogna dire che fossi rimasto sempre immobile, perchè aperti gli occhi e guc... ~ dando , trasognato lì intorno, ~entii una voce che mi gridava : « To., ~o 1 o non ~ei morto? Ti s'era già fatto ito, a vederti In cotesta strana sepoltura. Se dormivi delraltro, scommetto cbe ti portavano tale e quale al camposanto. )) Chi parlava così era un caposcarico della mia compagnia, ferito come me in una gamba ma assai ptù grave, tantochè lo minacciavano di fargli l'amputazione. « Se me la tagliano (diceva scherzando quello sciagurato) mando subito la gamba con lo stivale e tutte alla mia dama perchè si ricordi di me e la conservi nello spirito di "V in~ .tìnchè non torno. »

' Ma chiesa era tut~a piena di gente, e offriva uno stra. nte spettacolo. I feriti giacevano per la magg,or parte nudo terreno, e intorno a loro si vedevano medici, rvienti dell'ambulanza, paesani Juriosi, e perfino qnaldonna, che dove c'è una parola affettuosa da dire , · ~ dolore da mitigare, qualcuna di queste angeliche crear e non manca mai all'appello. Ma oimè ! troppe parole 1 urelbtro bisognate, di troppe cure f'aceva mestieri ill . 1el recinto, dove erano accumulate tante cagioni di spamo e d'affanno! Alì'affaccendarsi di coloro che anda- ' ano d1 sù e giù, · si mescevano i lamenti e le grida degli tfeJicissimi amputati, o di quegli altri a cui nessun re- ~· :igeri0 potevano offrire gli uomini dell'arte. Guardando ,i ) tutto smarrito all'intorno, dimenticavo il mio stato ~ .er compiangere i fratelli d'arme orribilmente malconci. ~e vidi uno di cotesti sventurati, che girava urlando per a chiesa, e con le mani. in attitudine d'un forsennato, :;i reggeva Ja testa. Una palJa lo aveva colpito nel viso, · ~ fracassandogli i denti gli avea distaccato il labbro in- .:eriore, che spenzolava cinque o sei dita dalla bocca. Mi passò vicino più volte, e io chiudevo gli occhi raccapric- , ciando. A un tratto si ferma, si butta in terra, manda •, tre o quattro urli che dominano tutte le altre grida, poi non dice più nulla. Gli si avvicinar ono, ed egli già si . di batteva negli ultimi contorcimenti dell'agonia. A un altro, valoroso ufiziale che s'era battuto da eroe · alla testa della compagnia, · era toccata una palla nel ventre, e per !asciargli libera la ferita lo avevano nudato tutto. Gridava come un serpente, e con voce terribile domandava: Acqua! acqua! Più beveva e più gli cresceva la voglia di bere, e dalla larga fe rita gli calava un sangue rappreso di cui era bruttata tutta la persona. Vidi che un pover o prete gli s\ avvicinò peT raccomandargli l'anima, giacchè i medici dicevano non esservi speranza;. ma iJ moribondo gli fece cenn~ con la mano che si allontanasse. Le sue grida, diventavano ad ogni momento più fioche, a un certo punt o, siccome· egli m'era vicino, gli sent ii mormorare un nome di donna, e a quel nome gli si di pinse sul viso un accorament o dispet ato, quasi una r imembranza d'un bene, d'un8J feli cità che gli fuggiva per sempre. Portò una mano t utta sanguinosa alla bocca, se la (~acciò fra i denti, e spirò. Coteste e poi altre scene spaventose si succedettero in

l quel giorno. Via via che qualcheduno moriva. lo tras tavano fuori del recinto per far posto ai sopravv . che ve a1~rtvavano sempre, ed era un r-innovarsi di gti d1 dolori atroci che dilaniavano l'anima. Di fuori continuava H rombo del cannone, t gli ul venuti raccontavano che la giornata si volgea favore a' nostri, e che la batteria che avevamo incontrata s strada inseguiva le turme degli austriaci ricaccia.n al di là daì monti. Qualcuno .raccontò di aver vedut generale Garibaldi lanciarsi solo verso un cannone quale' correvano i t~rolesi per 1mpadr·ouirsene, e afferr raffusto volgerlo rapidamente indietro, tloo a che praggiu!lti molti garibatdini, il cannone potè essere s vato. Fu alloea, in quella ressa del correre, che un lite spingendo~i a.ddosso al Generale per difenderlo la sua persona, inciampò col piede nel piede ferito Garibaldi, talchè l'antica ferita s! riaprì e Jo fece spasimare per qualche mese In s·ulla sera 11 romore della battaglia era ce~sato iutto, e domandando al mio bravo foriere, giunto all allora tutto ttafelato dal campo, che mi desse ootiz della Compagnia, egli mi disse che s'e,·a condotta benis simo, che aveva inseguito pt>r lungo tratto di cammin i nemici, e che la giornata era definitivamente guadagnata alle armi italiane. Ma a ~uaL p1 ezzo, mio Dio av vamo ottenuto il guadagno ! quanto sangue generoso si era versato t quante vittime s'erano immolate inutilmente alla patria; inutilmen~e sì, pe ' occhè meotre l'Italia f~­ steggìa il riscatto di Venezia, quei paesi del Trentino, illustrati da tante magnanime sventur·e, patria di tante migliaia di generosi che anelano ricongiuugersi alla patria, rimangoao e rlmarranno chi sa quanto tempo ancora nelle mani dell'Austria, di quell'Austria Ghe pur dice di voler essere la nostra amica! In suUa sera di cotesto gio.rno nefasto~ la chiesa di Tiarr.o si ~oteva dire stipata qi feriti. Pooo più spa~io rimaneva per i medici e per il personale dell'ambulanza. V'erano pure alcune signore inglesi e alcuni medici fran· cesi venuti spontaneamente ad offrirsi ; ed è facile i m· maginare se il loro pietoso concorso fu con riconoscenza accettato. Vidi fra le altre una bella signora, assai giovane, con una bionda capigliatura biond& come l'ore. Parlava assai bene l'italiano, ma all'accento si tradiva in- ,

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