DOPOLASTRAGE Dopo la morte dei sette alpini si assiste alla tragica commedia in uso in queste circostanze. Ipocrisie, menzogne, lusinghe da parte delle autorità militari; esaltanti discorsi ideologici su miti assurdi; ~iusti.ficazioni e comprensione da parte della stampa e delle voci ufficiali dell' « opinione pubblica»; tentativo generale di far passare un assassinio per una fatalità e riconfermare la fiducia nell'esercito. Ma contemporaneamente esplode anche la cnuca mterna alle caserme. Nessun soldato si sente estraneo alla morte dei sette compagni. Proteste, insubordinazioni, discus ioni e concreti atti di ribellione si verificano un po' dappertutto in Alto Adige. Volantini e documenti sulla trage vengono diffusi in tutte le caserme. Carabinieri e ufficiali si danno da fare, ma inutilmente, per mettere tutto a tacere, con la repres ione e i fermi per le strade, con le intimidazioni, con i permes i e le libere uscite negate. Ma la protesta di massa è troppo forte, e nell'insieme i comandi di tutta la provincia sono costretti ad accettare questo dato di fatto e a cercare in tutti i modi di smorzarne le conseguenze. Dopo la strage i mandanti hanno naturalmente cercato di lavarsene le mani. Hanno buttato tutto sulla fatalità, sulla di- ~razia. Hanno rivolto pensieri elevati alla memoria delle loro vmime, hanno tributato i soliti falsi onori. Lacrime di coccodrillo. Quello che più gli premeva però era di non restare coinvolti e q_uindi di lasciar capire che, se esistono responsabilità, queste ricadono sui gradi più bassi, cioè sugli immediati superiori della 49• Compagnia: il Ten. Palestro e il Sottoten. Muller. Strana logica: sono a capo di un meccanismo che si basa sull'obbedienza totale ai loro ordini e poi ritengono colpevoli coloro che obbediscono a questi ordini. Comunque in questo caso colpe, maggiori o minori, le hanno varie persone, dai mandanti supremi fino agli esecutori. Per questo hanno cercato di impedire che si sviluppasse la critica, che la rabbia e la protesta dei soldati si 203
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