Controinchiesta sulla morte di sette alpini in Val Venosta il 12 febbraio 1972

potesse estendere. Hanno capito cioè che si devono difendere soprattutto all'interno delle caserme, da coloro che, per esperienza diretta, sanno com'è la vita mifoare e perciò capiscono bene che colpe ce ne sono, e a tutti i livelli. E non importa che due ufficiali, in circo tanze di pericolo chiare e presenti, abbiano opposto un rifiuto ad e eguire ordini che potevano essere fatali (Batti,, Barletta lo scorso anno). Queste possono essere tutt'al piu manifestazioni di coscienze che ancora conservano un minimo di senso di re pon abilità, un'ultima forma di rispetto per la vita. Il meccanismo dell'esercito passa sopra alla disobbedienza personale, al singolo ufficiale che declina le sue corre ponsabilità all'omicidio. Questo non fa altro che aggravare la colpa degli altri ufficiali e nello te o tempo dimostra sempre più che solo con la disobbedienza collettiva, le masse dei soldati, possono salvaguardare i propri interessi. E' solo il «signornò» di tutti che taglia le gambe al potere degli ufficiali e può isolarli: guesto è provato dalla trage di val Veno ta, e que to è venuto fuori dalle discussioni e nelle as emblee nelle caserme, nei giorni dopo la tragedia. Il punto di vista del borghese e dell'ufficiale, che vede solo la fatalità ineluttabile che irrompe in un ordine normale e perciò «giusto» si è capovolto nel punto di vista dei oldati, motivato dai loro interessi, dalla loro rivendicazione di libertà e di vita. L'aspetto più chiaro di questa verità, che non è sfuggito a nessuno dei soldati colpiti dalla notizia è stato che anche nella morte ono rimaste le differenze di classe e i privilegi che sono di tutti i giorni, nella vita di caserma: «a pagare siamo sempre noi, sotto la neve ci sono rimasti compagni proletari, alpini semplici. Generali, colonnelli, maggiori, non c'erano». Intanto, per soddisfare !'«opinione pubblica», hanno detto che faranno un'inchiesta militare interna. Si sa in partenza che è un gesto platonico, che non porterà a nulla, perché gli alti comandi dovrebbero, in questo caso, iniziare con l'incriminare se stessi. Il 14 febbraio, 2 giorni dopo la strage, La Stampa di Torino comunkava per rassicurare le coscienze dei benpensanti che tutte le misure erano state prese per accertare la verità: (< Il IV Corpo d'Armata, per accertare eventuali responsabilità disciplinari nell'ambito militare, ha nominato una commissione 204

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==