La Voce - anno II - n. 52 - 8 dicembre 1910

di rivoltarsi apertamente. lmbriani, Saffi, Fratti ecc. tengono discorsi nei moltissimi co– mizi. Si domanda in ricompensa Trieste. (Altri, monarchici, chiedono invece l'Albania. Anzi si parla d'un avvenuto sbarco di volon– tari in Albania; ma il governo smentisce). Si spera in un'alleanza latina. Si spera nell'ap– poggio dell'Inghilterra. Si ricorda che anche Malta e Nizza sono da redimersi. Si vuol su– bilo Trento e Trieste, ma si ammette che oc– corra prima un'efficace preparazione. Il primo settembre a Napoli l'Avezzana inaugura il 1' tiro a segno. Contro la politica monarchica nel granJe comizio di Roma si vota un or• dine del giorno pro suffragio universale. In mezzo a questa confusione d' ire e vo– leri i moderati, la Destra, cercano di restituire la calma e il lavoro serio. E Niccola Mar· selli, deputato al Parlamento lancia un opu– scolo : Raccogliamoci! « Lasciamo stare in pace Trieste, che rac· chiude una questione non solo austriaca, ma germanica, la quale unita con quelle di Nizza, Corsica, Malta e Canton Ticino, metterebbe I' Italia redenta in guerra con tutto il mon– do ». La rettifica del confine ~ettentrionale è ne· cessaria; ma sarà fatta col tempo. L'Italia ha molti problemi interni da risolvere, primo fra tutti il meridiùnale, di cui il Villari ha già mostrata la gravità. « Per la nostra au• torità morale e raccogliamoci in dignitoso silenzio I • Trieste s'è mossa. Il 78 è la vera epoca d'affermazione dell' irredentismo triestino, co· me per il Trentino il 66. La questione orientale è sua questione. Com'essa si prepara, si prepara anche l'agi– tazione irredentista: nel 76-77 si formano i primi gruppi irredentisti, e l'Eliseo Ii propaga in Italia. Nel 77, nello stesso anno della na– scita o rinascita dell' Jt,,lia degl' //a/ia11i esce a Trieste I' lndipendettte, caro alle forbici della I. R. Censura. Trieste deve ora dare cittadini per la guerra d'occupazione della Bosnia– Erzegovina. Trieste, fra le franchigie a\'ute dall'Austria, era anche esente dall'obbligo di contingente militare in caso di guerra. Ma una legge sul completamento dell'esercito le aveva tolto sostanzialmente questo privilegio. Il consiglio propone l'abrogazione della legge, ma senza risultato. Nella campagna bosniaca (30 luglio- 14 ottobre 1878) il 22° regg. fanteria Baron Weber aveva 2500 triestini. Come scoppiò la guerra, Garibaldi e Avezzana avevano lan· ciato il seguente proclama : Ai monti! Ai monti! Trentini, Triestini, Istria– ni, Goriziani ! Ai monti ! E non vi lasciate condurre contro gli eroici nostri fratelli dell'Erzegovina, che li• berarono l'Europa da un Impero orribile. Ai monti ! vi si sta tanto bene in questa sta– gione. - Ad opprimere schiavi vadano i Ma– giari - oggi seduti alla mensa d.el dominatore - ove si sono adagiati, aiutando a conculcare gli oppressi e dimenticando i )oro migliori cit• tadini appiccati dall'Austria. Anzi prendete esempio dai superbi figli delle montagne - ed imparate da loro, come si de– bellano i soldati dei tiranni. La gioventù Italiana non vi lascerà soli nei monti a combattere Austriaci. Noi vecchi andrem numerando le vostre im– prese al mondo e ne acquisteremo la siinpatia come la merita la causa vostra che i:. causa cli libertà e di giustizia. È proclama importante perchè mostra: come in Italia si sperasse in un moto degl' irre– denti simile a quello della Romagna (le montagne !); l'affetto per gli slavi di cui ho già detto; i primi accenni dell'antima:;iari– smo che deve ancora propagarsi in hai ia. Ed è importante perchè non ebbe nessun effetto. Effetto invece ebbero gli altri innu– merevoli proclami invitanti i triestini alla diserzione. Circa un venti triestini passa· rono per mare O per terra, i confini. Finita la g~erra il consiglio comunale di Trieste , . respinse con quattro voli di maggioranza la proposta Burgstaller di dare 5oo fionm per festeggiare il ritorno dei triestini ; e fu sciolto. Alla morte di Vittorio Emanuel_e molte botteghe e i teatri si chiusero, e Ca1- roli Francesco De Sanctis (vice-presid. della Ca~era dei deputati) rappresentarono I' Jrre- LA VOCE denta ai funerali. A Trieste scoppiano, inno– centi, i primi petardi. Ma l'Italia era iotenla in sè, e cercava di stare in buona con l'Austria. L'Austria poi, ottenuto quello che voleva, e unitasi nel 79 con la Germania, tentava amori con l'Italia, per toglierla dalla costellazione franco-slavo– inglese. È il tempo d'incubazione della Tri– plice. Haymerle, ex-adetto militare all'am– basciata austro-ungarioa a Roma, propugna nel suo opuscolo ~ lia/icae res • un accordo fra le due nazioni. L'Italia rinunzi ali' Irre– denta. È subito tradotto i"n italiano contro le agitazioni e pazze e pericolose > dell' irreden– tismo. Suscita discussioni e attacchi. Ma l'agi– tazione irredentista si sta calmando. I repub blicani, da una parte inquieti, cercano di rin· focolarla contro la monarchia ; dall'altra co– mincian a dubitare se è utile lavorare per accrescere il dominio dei Savoia. Dice F. Albani parlando di quel tempo : e D'altronde la politica italiana era discesa cosi in basso, che - a parte il concetto nazionale - ben poco Trieste e Trento avrebbero guadagnato nel .:ambio del governo •· Risorge la preoccupazione di partito, e in– debolisce di scellicismo I' idealità. E sono queste le condizioni storiche in cui si pre– para Guglielmo Oberdank. Oberdaok. Guglielmo Ober,lank è fra i disertori del 78. Ora vi\'e a Roma poveramente. Quando si commemorarono i Cairoti, egli si fece avanti tra la folla, pallido: Non sapevo più quel che mi facessi. Salii sur un sasso e parlai. .. Non mi ricordo più quel che dissi: so che avevo le lagrime agli occhi, e che a un certo punto esclamai: ::"J'oi,italiani, esuli in terra italiana 1 alle esilanze della diplomazia, rispondiamo il no di Gavinann. \"ogliamo la guerra! È timido. Arrossisce come una fanciulla. Ha mani delicate; biondo; volto aperto. Ma negli occhi glauchi, incassati, c'è una durezza di fede e tormento. Ha un pensiero fisso, nostalgico: Trieste. Vive tra irredentisti, ma s'accorge che in fondo non sono convinti che Trieste voglia veramente la redenzione. Come premessa di qualunque possibile tentativo vogliono un moto serio a Trieste. Trieste è italiana; è neces– saria all'Italia; ma le manca una cosa percbè I' Italia non la dimentichi : il martirio. L' i– dea fissa di Oberdank, di fronte alla politica dell'Italia e al dubbio degl' irredentisti, torna in lui, scorata, e si rianima del suo calore. Tutti i testimoni dicono che la sua frase era: e la causa triestina ha bisogno del sangue d'un martire triestino ». Vede che se gli altri non fanno, uno può fare ; che uno deve fare perchè gli altri facciano. Tutta una storia senza sangue pesa su Trie– ste. L'equilibrio, la prudenza, il e dò quanto ci vuole perchè tu mi dia quanto voglio » è lo spirito triestino. Cinquant'anni di sacri– fici individuali per la patria ~on hanno scosso Trieste antiutopica. L'utopia realizzata la sve– glia, e quasi la rimorde. E il rimorso s' in– carna in Guglielmo Oberdank. Egli è venuto su da questo troppo contento in sè realismo triestino. È materialista, antiteista. Ama le matematiche: ma sono come il contenente preciso ch'egli impone alla sua nostalgia by– roniana. Mazzini l'ha tirato fuori dal suo ambiente, e l'ha fatto vivere tra i suoi com– pagni : i Bandiera. Parla di rado, e spesso di scienza. È freddo esteriormente, quando non parli dell'Austria 0 di Trieste. • Alle dieci in punto, Gugliel– mo riponeva i libri di poesia e si racchiu– deva nei suoi studi e ne' suoi calcoli di ma– tematica. lo (Menotti Delfino) pigliavo presto sonno e spesso m'accadde, svegliandomi alle , ' cinque, di vederlo ancora al tavolo tutt as- sorto ne' suoi calcoli ». Ha una vita tutta interna. Fa nascere negli altri simpatia e ri– spetto; non è ;postolo. Non è atti~o dell'at– tività di chi sente che la propria tdea deve aver collaborazione dagli altri per realizzarsi e riu~cire. Non sa imporre la propria volon– tà. A Saffi non comunica il proprio propo– sito perchè teme ne lo sconsigli. Ogni sua affermazione davanti ai dubbi degli amici, è: _ agirò, anche se solo. - E soltanto convin- ce ed entusiasma uno spirito malato, abulico, inventore di progetti : Donalo Ragosa, che appena Oberdank è arrestato perde ogni co– scienza, e scappa sen:-.a far niente, piange, accusa, nega, sfrutta Oberdank. Quando i circoli governativi di Trieste vollero festeggiare con un'esposizione i cin– que secoli della dedizione di Trieste all'Au– stria, gl' irredentisti volevano che Trieste mostrasse chiaramente la sua volontà. E Ober– dank, insoiferenle d' indugi, torna a Trieste, rischiando - era disertore - la vita. È pro– babile che sia stato lui a gettare la bomba del 2 agosto, per dimostrare che la ferma decisione di Trieste usa tutti i mezzi usali dalle rivoluzioni. Al 12 settembre è annunziata la visita dell'imperatore Francesco Giuseppe a Trieste. GI' irredentisti la considerano una sfida: sa– rebbe stato vergogna per Trieste lasciarla cadere senza una risposta. È il momento . .\la il partito d'azione si sentiva impreparato. È evident~ che mancava la fiducia e la possi– bilità d'un moto. Oberdank freme. Domanda una parola <lccisiva, e gli amici del DtJvere di Roma gli ,i. pondono : Xon potersi da noi - a Roma - formulare un criterio lisso a ta(t! riguardo se prima non si conosce,·ano le intenzioni di Fratti, di \"alzani.i e dei Comitati di Romagna: però solo in via di opinione personale nostra, e risen•ati i dettag:i a più t;f.rdi, credev.-t1110 di poter dare formale assicurazione ad 0berdank, a Ragosa e ai loro amici, che se fossero stati in grndo di far scop– piare a Trieste nei sensi prima accennati (re– pressione austriaca con complicità del governo italiano. Battaglia a Trieste ; dimostrazioni in Italia, repressione ciel governo italiano), a no• Mra volta, d'accordo con gli amici delle altre regioni, se non come Partito, però come inizia– tiva personale, ecc. ecc. (F. rlibani). È chiaro che questo don-abbondismo re· pubblicano voleva almeno almeno guadagnarsi un moto antimonarchico in Italia. Oberdank viaggia in cerca di consenso: va da lmbriani, a Napoli; da Fratti, in Romagna. Ma tutti consiglia110 d'aspettare. E allora Oberdaak dice: e Non foss'altro getterò il mio cada– '!_ere fra I' imperatore e I' /lalia, e la gioventù italiana avrà almeno un esempio •· Qui è tutta la decisione tragica dL Ober· danlt. Oberdank voleva sacrificarsi. Oberdank non ha agito com'uno che voglia ammazzare, ma uno che fermamente ha deciso d'esser ammazzato. Noo ho spazio per documentare.. ora que– st'affermazione a cui è contraria tulla la leg– genda comiziesca. 1\la in nessun altro modo si spiegano le incredibili imprudenze commesse nel valicare iI confine con la cassetta delle bombe. Quando l'arrestano tira un colpo di rivoltella che non ferisce il gendarme. Non tenta di scappare. Dichiara davanti ai giudici militari d'aver voluto uccidere l'imperatore. Fa di tutto perchè l'intenzione non dimo– strabile abbia l'evidenza come d'un fatto com– piuto. S'aggrava in ogni modo. Rifiuta alla madre di firmare la domanda di grazia. È impiccato in una trista alba di dicembre. Guglielmo Oberdank s.:onta la colpa an– tieroica di Trieste. È l'antitesi della nostra storia ; una logica apparizione d'ingenuità nella furbizia; di abnegazione nel calcolo. Il valore morale della vita ha dovuto aver un sacrificio a Trieste per affermarsi in mezzo alla cotidianità, stroncata da ogni senso d'e· terno· e un 53crificio 1 nella città praticissima, il pi~ antipratico. Il suo sacrificio è stato in· fruttuoso, come ogni tentativo individuale che tenti d'opporsi alle ragioni storiche d'una città. Trieste ha continualo la sua via, senza fermarsi a meditare davanti alla tomba di Oberdank. Così egli, invece di farla divam• pare, è stato la prova su cui I' antirredenti– smo triestino s'è mostralo chiaramente. Ma oggi a Trieste ogni giovane che creda _neno spirito, e per lui disinteressatamente vogha vt· vere in modo più tormentoso che non la nnuo· zia politica della propria vita, vede in Oberdank il tragico opposto di Domenico Rossetti. La Triplice. Nei giornali triestini dell'epoca accanto alle notizie sul « fatto di Ronchi » (dove Ober– dank fu arrestato) si leggono continui la· menti e memoriali per la minaccia del • lievo BiblotecaGino Bianco 451 del Pun1ofranco •· Tutti son concordi nel temere che l'abolizione del più importante privilegio triestino sarebbe assolutamente la morte di Trieste. L' l11dipmdmle già chiama e quasi defunto> il nostro commercio: gl'ir– redentisti tentan di agire ritorcendo la cansa ch'è contro di loro. In realtà Trieste non è impaurita ; è, invece, inquieta. S'espande pro· sperosamente; sente un futuro prossimo di so,·rabbondanza; è presa dal suo moltiplicarsi febbrile: e vede che il governo austriaco è incapace di assecondarla. È come una gioventù che teme della \'ecchiaia a cui è agganciata. L'Austria, quando per l'influenza nella Confederazione germanica si illudeva di es– sere ancora la discendente di Carlo V e non aveva mire nell'Oriente, e doveva lottare ogni giorno con la Prussia tedesca, non odia– va gl' ilaliani dell'Adriatico. Sper3\•a, forse, di dominare sull'Adriatico servendosi della tradizione iraliana. Ne i triestini erano anti• austriaci. I rapporti fra iI luogotenente e i cittadini erano pii, che amichevoli. Al luo– gotenenle Stadion, per esempio, Trieste deve alcune iniziative nazionali. Gli slavi sono trascurati, o sfruttati con l'aiuto del governo. Ma dopo il 66 l'Austria deve rifare ancora una volta la sua politica. Respinta dall'occi– dente si volta all'oriente. È in questo mo– mento che la simpatia per gl' italiani si ca– povolge, tanto più che gl' italiani cominciano a mostrarle, qua e là, i denti. Contro gl' ita– liani a poco a poco meno devoti predilige gli slo\'eni: i devotissimi, i clericali. Siamo nel 78, l'anno dell'annessione; dei primi petardi a Trieste; del primo comizio sloveno nel ter– ritorio di Trieste. li quale vota: 1) cl' inviare un indirizzo di manifestazione di somma fedeltà, devozione e attaccamento ciel popolo croato e sloveno del Litorale alt' lmpe• ratore, di fronte alle tendenze di un piccolo e mal suggerito partito di altra nazionalità, <lirette contro la prosperità dello Stato. 1 V) di domandare l'aumento di scuole slo– vene a Trieste e nell'Istria e Ja non approva• 1.:ionedel regolamento scolastico proposto dalla Commissione scola,;;ticadel ConsigEo della Città di Trieste. La volontà slava è affermata. E di fronte ad essa si rifà più forte la volontà italiana. Il commercio, prosperando, ha ritrovato la sua in\'incihile tradizione 11aliana e ci ha co· stretti alla coltura. Sono gli anni che preparano la vittoria del partito liberale, il quale come rinascenza pro– gredita di spirito rossettiano, fa comunicare gli animi accesi con i vecchi governativisti, e dà un compito attivo, nazionale, legale alla ciltà. Si tratta di resistere agli slavi, in aspet– tativa di tutto quel che si voglia, ma con di fronte una realtà cotidiana che non aspetta. Cosi nel Trentino. E già il 18 marzo 1885 è fondato il Pro Patria, la prima società di resistenza italiana. È il sano e equilibrato spirito triestino che risponde a Oberdank. L'Italia gli aveva già dato una risposta in precedenza: proprio quand'egli si preparava, era staio firmato il trattato della Triplice (20 maggio 1882); un anno dopo, il famoso discorso del Mancini lo faèeva conoscere al– i' Italia. L'Italia non si muove. È vero che Fratti legge il testamento politico di Ober– dank nell'università di Roma e i repubbli– cani, eccitati, progettano un moto. Ma il moto si risolve ndla dimostrazione di piazza Sciarra e nei processi che, proforma, lo seguirono. Non occorre ricordare le pagine di Carducci (l'unico poeta che abbia sentito sinceramente l'irredentismo, e sapesseun poco di noi) nè i discorsi di Cavallotti. ' 11·· · Dal 83 ad Abba-Carima è il periodo de tm· perialismo italiano. La dinastia sabauda, arri– vata a Roma, nel l'intimità con ti nuovo Kaiser, tende a imperialirsi ; non accorgen– dosi che Bismarck già occupa l'unico trono imperatorio che l'Europa possa avere. Bi– smarck colloca Umberto nel giusto punto perchè, se guardi davanti veda, oltr~ la Sa– voia il berretto frigio della Francia, e se inor~idito si volli. dia in una Francia piantata, con cipiglio napoleonico, a Tunisi. li doppio babau esaspera Umberto. Ma Roma gli ha insegnato anche il modo della propria po- \

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