La Voce - anno II - n. 52 - 8 dicembre 1910

('01110 correufc <'On la A. 882. S • Pesta. (e •g. A vv. Tomm ,T osenza) as~ .. , uoletti S. Giovanni ; F. (Scade 31_12 _910 ) n 1ore Esce ogni giovedì in F' irenz:e, via dei Renai, U ..,, Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINI ~ Abb · onamento per ,1 Regno. T renro. Trieste, Canton Ticioo L. 5 00 U • , • n numero cent. IO, Anno II "' N.° 52 _,. 8 Dicembre l9JO. L'IRREDENTISMO con articoli di SCIPIO SLA T APER - ANGELO VI– VANTE - ~UGGERO TIMEUS - G. PREZZOLINI Carta geografica (Venezia Giulia) - Nota statistica, ecc, . ~iamo. rosiretti dalla quanlilà di male, ia a d1fJJ.~tre _,1 numero ._su I' lrrede11lis1110 i11. due pari, . d1 otto f>agine ciascuna, lasciandone Però il pretto a ,,,,,. ve,,/i l>er i flOn abbo– flab, pcrchè ciasc1111adi quesl~ parli co11lie11c es,1/~nme11t_e la materia d'1111 opuscolo di 11ormtla pagwc, d, qurl/i che si t·endo110 a ciflqua,,la etnlcs 11111• Il uumero prossimo conterrà: S. St.AT,\PER: /.,'11'rede11lismo - A. Si•Ai:--:t: I n~a~;i11ia11i di 1n·es/e - G. A. IlORGESE: La /J0/1/ua 11a:io11ale in Lituania. e Dalma:fo _ A. BuR1c11: La Giovane Fiume - S. S. : / confini - G. SALVEM!Nr, G. MAZZINI, G. AscOLJ: /dee - F. Sui>PAN: Carla del Trentino, Carla det co11fi11edelle Alpi Giulie - /Jiblio.trrajia. Un , po di storia. L' irredentismo ha mezzo secolo di vita. A prima vista par che sia una sfida e una promessa di vendetla dei violi. Lo si comincia a sentire nel 59, quando, conlro tutte le spe– ranze, Venezia rimane ali' Austria; si concreta dopo Lissa; diventa eroico quando l'Aus1ria annette amministrativamente la Bosnia-Erze– govina; impara a ragionare, passate le vampe di sdegno, dopo la seconda annessione. Quando iovece l'Austria aguzza in silenzio le unghie, l'irredentismo depone l'agguantata carabina, e se ne va a girellare da buon letlerato in corso Vittorio Emanuele, o, buon contadino, ripiglia la zappa per bonificare quelle che nel 78 il Baccarini avvertiva sono le vere terre irredente. Sembra dunque, a prima vista, la risposta dell'Italia impulsiva all'Austria machiavellica. Ma certo, come stato d'animo, esiste come realtà continua e abbastanza importante, ed è in tutti i casi un elemento morale e politico del nostro paese. Rappresenta, sentimental– mente, quel desiderio d'eroismo, che il po• polo non potendo aver coscienza di sè e migliorarsi altro che con l'azione, riflette da– vanti a sè, come poesia tangibile, dal proprio passato guerresco, e che le stirpi primitive mitizzavano nell'eroe rinascente quando i tempi ne risarebbero stati degni. E, cosi, è naturale che 1 1 irredentismo viva appena dopo fatta la nazione. Ma se lo con– sideriamo politicamente, la prima domanda è : cosa vuole ora queslo ritardatario? li gari– baldinismo è già leggenda; e i giovani di buon animo guardano con un senso di pietà lontana i poveri vecchi - camice rosse, che tornano dal corteo, sotto la pioggia. Com'è che è nato cosi tardi l'irredentismo, quando il ciclo della rivoluzione ilaliana è compiuto, e ormai sta formandosi quello della slava, minacciando, quasi per vendetta, la parte della nazione che non ha collaborato colletlivamente ali' unità della nazione? È che da poco tempo le provincie irre– dente hanno una coscienza nazionale. Per– dura ancora in Italia 1a brutta credenza su Trieste e Trento tedesche. Ma certo è si– gnificativa : Trieste e Trenlo, sono i punti dove l'Italia romana cominciava a diventar colonia romana : da dove i barbari s'apparec– chiavano a calar in Italia: le marche d'Italia, insomma. Un'italianità mista, e malsicura; un' italianità che deve continuamente italianiz– zarsi, e che ringrazia a Venezia d'esser du– rata, e piit forte, dopo che l'impero romano non ebbe più capacilà di mantener assimilati i popoli su cui dominava. lo generale, la sloria delle provincie irredente è storia ita– liana infiltrata da interessi e preoccupazioni e sorti differenti da quelle dell'Italia. Vivono e soffrono la vita absburghese occidentale l'Au– stria e non la Spagna. I Borboni non' li ,.,__ nosciamo, se non che a Trieste ne sono .,,e: nuti a morire gli ultimi, esangui. A noi manca tutta quella che si chiama la prepara– zione letleraiia dell' uoità d' Italia, e che in– vece in fondo è molto più che letteratura 0 romanità, ma il perdurare d'un sentimento d' inquie1udine sociale che ogni tanto salla fuori, con poca chiarezza, politicamente e letterariamente in un'affermazione d'unità ro– mana. L'Italia è incontenta nella storia; e Mazzini è triste com' uno che soggiace perso– nalmente a quel dramma con1inuo che l'opera sua risolve in religiosità lirica. Le province irredente sono fuori da questa inquietudine: non hanno questa tradizione. Appena da po– chi decenni sono tornate col ricordo a Roma e ora c'è un tale affanno entusiastico nei proclamarsene figlie, e nel frugar tra i sassi e le catapecchie per ribadire con una nuova pie1ra, custodita giorno e notle da uo'impa– lala guardia, l'affermazione, che si vede bene il patimento di noo poter fare io pochi de– cenni ciò che l'Italia ha fatto in secoli. Ta– gliate fuori dalla vita italiana - parlo sem– pre in generale - non hanno avuto quello scambio ricco di coltura che mescolava e già riuniva idealmente le varie parti d' I– talia; e il principio del Risorgimento le ha trovate impreparate e disinteressate. E come, appena nascono i primi movimenti colturali, i nostri letterati emigrano in Italia per poler trovarsi io un ambiente proprio, cosl poi, per combatlere, i nostri uomini di fegato devono emigrare. L'Italia, dall'altra parte, non ha nessun interesse economico per le nostre provincie. Non pensa a esse. Gli unitari, naturalmente, devono cercare come primo fondamento le regioni e gli animi infiammabili, un centro d'irradi&zione. Assicurato il primo nucleo si tende subito a Roma, magari a costo di dover trascurare le provincie laterali: la spedizione dei Mille è, prima di tutto, per assicurarsi le spai le : dcordiamoci I' assurdo logico, voluto da Garibaldi, dello sbarco parziale a Tala– mone. Non è tempo ancora di pensare ai confini. E quand'è tempo Custoza e Lissa intimidiscono i nostri plenipotenziari. La Ger– mania concede, ma comanda. L' Italia non s'è fatta da sè. La condizione storica dell'Italia è d'esser alleata al più forte: dalla Crimea fino al 60 con la Francia, dopo con la Germania, dal 83 con la Germania– Austria. L'Italia, diplomaticamente, s'è fatta sfruttando gli odi e le mire delle nazioni europee. Ma, come pagamento, ha dovuto su– bire le loro volonlà: Napoleone Il! a Villa– franca, preoccupato dell'Austria, non dà Ve– nezia; Bismarck nel 66 non dà il Trentino. Finchè l'Italia è amica dei francesi l'irreden– tismo non esiste; se esistesse, nel 59 l'Italia rinunzierebbe per jor{a e 1110111enla11ca111enle al Trentino, preparando cosi quel quasi identico precedente diplomatico che nel 66 le assicura Venezia. Dopo il 66 la disfatta che rassoda l'irredentismo, lo rende inatluabile. La Ger– mania non può agguerrire una futura nemica dandole confini naturali; nè l'Italia può chie– derle paesi che la Germania ormai considera - per il tramite dell'Austria - propri. To– glier Trieste ali' Austria significa, per la Ger– mania, impedire a!l'Austria di diventare quella potenza balcanica, slava, che Bismarck vuole per potersi annetlere un giorno anche i te– deschi del Danubio. BiblotecaGino Bianco • Compiuta, l'Italia deve pensare ai confini e al dirimpetto adriatico. sempre più austriaco. Nel 78 a Berlino non può far altro c:,, ;1(– fermare il diritlo d'autonomia dei popoli balcanici; ma come sempre più s'assesta in– ternamente, sente tanto più forte di doversi assicurare esternamente. La Triplice è una lunga necessi1à per I' Italia, ch'essa non può rompere se non con una nuova alleanza, prodolla da due preparazioni: capacità militare dell' ltalis, e risollevamento della Russia a potenza temibile: cioè alleanza finanziaria con la Francia, rinunzia, di fronle ali' Inghilterra dell' inAuenie extrasiberiane, e sopralullo af~ fermazione d' u11a volontà slava, nell'Europa. E poichè queste due preparazioni stanno com– piendosi, è naturale che l'epoca più seria dell' irrede11tismo sia la nostra. Primi tempi. Nei primi tempi del nostro Risorgimento il Trentino, il Friuli, Trieste, I' Istria sono provincie austriache a cui nessuno pensa. Negli scritti dei patriotti Trieste e T1ento compaiono come prime tappe dell' inoltra– mento forzato in Tedescheria. Di Trento si sa che è italiana, ma tirolese. Di Triesle si sa che è cosmopolita, in Carniola o Illiria .. Il Trentino è stato fin poco fa dominio ecclesiastico, ed è inzuppato di clericalismo. 11 ritorno dell'Austria ha voluto dire pace, dopo l'esorcizzazione di satana Napoleone. Andrea Hofer è l'eroe nazionale. Ma a Trento (bisogua sempre distinguere le valli, austria– canti, da Tren10, italiana) c'è già una tra– dizione di coltura, la quale comincerà pre– sto a sentire cos' è l'unione amministra– tiva col Tirolo (1814). Già s'afferma ita– liana. - Per Trieste l'epoca napoleonica è stata disastro della sua seconda vita com– merciale, e nascita dello spirito. Ma lo spirito è nato in una forma equilibratissima (Domenico Rossetti), in cui son già conciliate le aspirazioni intellettuali e nazionali con la necessità storica e attuale della città. - L'Au– stria deve favorire il suo commercio I - E i più avanzati aggiungono : - e rispettare l'autonomia nazionale. - E siccome l'Austria non ascolta molto volentieri, c'è un malcon– tento riformista, completamente statale; non, naturalmente, una tendenza antiaustriaca.Come il sentimento italiano nasce, s'accorge di non aver scuole italiane. - L'Istria veneta ri– corda la prosperità al tempo della Repubblica. Continua a esser unita, commerciaJmente, col Veneto. - Del Friuli non si parla. Il 48, !'anno in cui l'Austria medioevale di .Metternich s'è trovata impreparata di fronte alle nazioni dominate, non ha trovato nelle provincie irredente una forte coscienza nazio– nale. È il momento in cui l'Austria, in ri– voluzione, deve mutare la propria forma po– litica: gli slavi la vogliono federale, gli un– gheresi dualistica, ma condizionatamente, i tedeschi centralistica; il Lombardo-Veneto vuole esser libero. Ma a Trieste alcuni cit– tadini aspettano sulla strada di Vienna la corriera, danno l'annunzio della costitu2ione, e la città, democratica, abbatte allegramente il ritratto di Metlernich. Il governatore au– striaco incarica alcuni triestini di portar la notizia a Venezia: e a Venezia scoppia la rivoluzione. Quest' è fatto caratteristico. Ma l'Istria e il Trentino s'affermano italiane. Da Trento A. Gaz10letti e L. Festi portano a Carlo Alberto una petizione d'annessione, con 600 firme. , Già nel 181S, non curando le proteste della Ba,•iera, l'Austria era riuscita a far en– trare nella confederazfone germanica come « possessions qui ont aociennement appartenu à l'empire germanique » il Friuli austriaco (Gorizia, Tolmino, Flitsch, Aquileia)• il cir– condario di Trieste; la contea p~incipe– sca del Tirolo coi domini di Trento e Bres– sanone. Cosi la casa d'Absburgo tentava di aver il predominio contro la Prussia. i\la i primi deputali alla dieta confederata delle nostre provincie, nel 48-~9, protestano, ed e in pari tempo essi intendono di garantire con ques1'at10 per lutto l'avvenire i diritti nazionali del loro paese > (mozione tren– tina). È un allo impor1an1issimo contro le mireger– maniche. - Una petizione di 36000 firme do– manda la divisione del Trentino dal Tirolo. E a Trento c'è una sommossa. i\la passa inutilmente la prima occasione• e cosi inutilmente la seconda: il 5 9 . Il sen: timento italiano è progredito, ma le prov. irr. s'occupano con scarso interesse delJa na– scita tormentala della loro nazione. L' Ita– lia già comincia a pensare ai limiti estremi: Garibaldi guerriglia nel Trentino ; ma i tren– tini non si muovono. Per i cont•dini delle valli, imbestialili dai preti, Garibaldi è il nuovo tìgliuolo dell'inferno. Dopo il 60. i\la nel 61 a Torino l'Italia s'è affermata nazione. E questo fatto, per contribuire al quale mancò nelle prov. irr. la ragione spi– rituale ed economica, s'impone ;id esse, e le obbliga per la prima volta a considerare che si sta preparando un nuovo futuro, e che perciò è necessario esaminarsi e prepararsi per non doverlo subire come improvvisa fa– talità. E specialmente : anche se la pace di Villafranca ha lasciato il Veneto all'Austria, ormai è chiaro che prima o poi l'Auslria Io dovrà cedere; e la gente colta a Trieste, Istria, Trentino presente cbe rimanere all'Au– stria senza Venezia e Padova, sarebbe uno stroncamento dalle fonti della propria col– tura. Ora si sente d'essere italiani. Ed è il momento perchè la preoccupazione colturale possa estendersi e concretarsi nel- 1' istinto del popolo. L'Istria ha poco com– mercio, ma quasi tutto sbocca oel Veneto. - Con Venezia!: è il motto dell'Istria, eroico, economico, intellettuale. Trieste, no. Trieste è antiveneziana, fìnchè Venezia vale. Quando è decaduta, le vuol bene, e va a farle una visita ogni domenica, portandole magari pa– recchie coroncine per gondole e baicoli; ma aspettate che Venezia si tiri su I ~la Trieste, nella metà del secolo passato, è trascurata dall'Austria. L'Austria ha guerre e som– mosse. Si comincia a dubitare dell'Austria scon– fitta a Sol ferino e che è continuamente scoo– volta dalle varie volontà nazionali. Le costi– tt1zioni si susseguono, senza risultato. L'atti– vità commerciale di Trieste è inceppata. Gli empori del nord, fiorentissimi, premono sulla sua vita. Trieste vuol prosperare bene e pacifica– mente. Già nel 59 la sua Camera di commer- cio invia rimostranze molto serie al governo austriaco. Scrive Carlo Combi : Fatatissimo fn l'essersi tardata l'apertura della ferrovia. Tutto ne solTer:;e, ma specialmente il commercio dei coloniali ... I Paesi Bassi ed Am-

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