La Voce - anno II - n. 44 - 13 ottobre 1910

414 LA VOCE tare alcuno di questi sforzi, ridotti nell'arena parlamentare a contare sulle loro sole forze senza alcun vigoroso consenso delle moltitudini che stanno fuori della Camera - non è fatale che i deputati socialisti si accontentino di qua– lunque concessione, anche minima, faccia il Go– verno, visto e considerato che il Governo po– trebbe anche non farla, non essendovi nulla che realmente lo costringa ad essere « democra– tico • ? non è naturale che i deputati socialisti facciano la figura di cani affamati intorno a una tavola imbandita, della quale possono distur– bare i tripudi, e da cui reputano gran ventura poter afferrare di tanto in tanto qualche briciola o qualche osso per portarlo a chi sta fuori a digiunare? non è naturale il cosi detto « gio– littismo • del Gruppo parlamentare, che tende a perpetuarsi anche al di là dello stesso Gio– litti, che non è precisamente il ministerialismo, ma è piuttosto la riluttanza a passare all'oppo– sizione : riluttanza determinata dalla sfiducia nelle forze extraparlamentari del Partito, e dal desiderio di non mettere a repentaglio con una opposizione, di cui si sente la debolezza e- la innocuità, anche quei piccoli scampoletti di ri– formette, che il Ministero dà e potrebbe non dare? E d'altra parte, quale ministero sarà cosl rammollitamente conservatore da negare anche lt: piccole leggine, anche i piccoli provvedi– menti e le piccole benevolenze ammini.strative, quando con esse può « ottenere il perdono » di questo o quel gruppo di lavoratori, e come conseguenza ~i questo perdono verrà il bene– stare dei deputati socialisti, l'abbandono di quel controllo sistematico, risoluto, intransigente sul– l'opera giornaliera dei ministri, che è la forma più temuta dell'opposizione parlamentare? Dal momento che il Partito socialista è diventato una congregazione di carità e il socialismo si è ridotto ad un affare di ordinaria amministra– zione, è naturale che conservatori e socialisti, maggioranza e opposizione, sieno tutti una fa– miglia. È una degenerazione universale del nostro movimento "politico, di cui siamo tutti, chi più chi meno, responsabili e nello stesso tempo vit– time. Nè vale recriminare sul passato pill di quanto sia strettamenJe necessario a renderci conto delle nostre vere condizioni e ad illumi– narci nella ricerca del rimedio. E questo rimedio non possiamo trovarlo se non in un ritorno sincero e attivo a quella che è la tattica autentica del nostro Partito. È necessario che il Partito abbandoni i pic– coli viottoli, in fondo ai quaJi non si trovano che piccoli compromessi per piccoli provvedi– menti utili a piccoli gruppi di lavoratori, e mova le sue forze e le moltiplichi nella con– qlj)sta di grandi riforme di interesse generale per tutta la classe lavoratrice : dei piccoli prov– vedimenti frammentari lasciamo che l'iniziativa venga dai partili conservatori sotto la pressione che faremo noi per le grandi riforme. Quanto più energici e più risoluti saremo noi nel pro– muovere gli interessi di tutta la classe lavora– trice, tanto piò larghi saranno i frammenti di privilegio che i partiti conservatori andranno via via seminando sulla loro strada per salvarsi dal naufragio. È necessario che il Partito abbandoni la pra– tica di chiedere disordinatamente e inorganica– mente ora queSta ora quella riforma, non insi– stendo mai seriamente su nessuna e lasciando il Governo arbitro di scegliere lui le briciole da concedere ora dell'una ora dell'altra alle invo– cazioni umili e flebili dei deputati socialisti i ma dalla moltitudine delle infinite riforme e ri– formeue desiderabili occorre sceglierne un grup– po bene determinato e logicamente concatenato e rispondente ai bisogni di tutta la classe lavo– ratrice, e organizzare intorno a questo grande progtamma d'azione un'opera di propaganda e di agitazione extraparlamentare e parlamentare analoga a quella che fu compiuta fra il 1892 e il 1902 per la conquista delle libertà politiche fondamentali. E questa la ,·era via maestra del riformismo socialista ; il quale se si oppone alla vuotaggine inconcludente del rivoluzionari– smo convulsionario, non ha nulla da vedere neanche con la degenerazione del riformismo omeopatico, in cui ci troviamo oggi compro– messi ed arenati. Forse questo sforzo, che farà il Partito per ritrovare lo spirito di solidarietà e di combatti– vità del pP.riodo delle origini, susciterà moti di ribellione in qualcuna di quelle organizzazioni professionali o di quei gruppi locali, i quali hanno potuto meglio approfittare del ristagno socialista degli anni passati ; ed hanno impo– state le loro iniziative sulla aspettazione del mecenatismo go,·ernativo, e nello strappo, che dovrà fare il Partito di tutti i legami e di tutti i compromessi attuali, vedranno un danno ai loro immediati interessi. Ma il dolore, che pro- veremo staccandoci da uomini, al cui fianco ab– biamo combattuto tante buone battaglie, sarà compensato dal più sincero e pill forte senti– mento che avremo cli servire interessi veramente generali e degni d'essere serviti; ci sarà com– pensato con la fine di questa inquietudine irosa, che tutti ci turba, eia questo malessere vago che determina in noi la inorganicità e la sconclusio– n..1tezza della nostra opera attuale. E le perdite eventuali, che il Partito socialista farà degli uo– mini divenuti oramai troppo « pratici » per sen– tire la nobiltà e la vera praticità delle grandi iniziative apparentemente disinteressate, ci sa– ranno compensate ad abbondanza nella cresciuta forza di espansione, che acquisterà il nostro Par• tito in quelle moltitudini di la,·oratori, elle pur sono la enorme maggioran=a de/la classe /avora– lrice, ma a cui da tanti anni non giunge pilÌ la nostra voce, e a cui questa voce non può giun– gere se non attraverso una propaganda conti– nua e una agitazione intensa per riforme d 1 in– teresse generale, cioè per riforme che essi sieno capaci di sentire necessarie, per riforme che essi debbano con la forza della loro volontà conqui– stare. * Scrivendo le pagine che precedono, noi sap– piamo di essere, come si suol dire, usciti fuori argomento, e di avere invase le attribuzioni del relatore del tema precedente sull'azione gene– rale del Partito. l\la la deliberazione, che il Con– gresso prenderà sul secondo tema, la cui rela~ zione è a noi affidata, dipende strettamente dal voto, che concluderà la discussione sulla azione generale del Partito. Se avverrà che in questa discussione gli errori dei riformisti portino alla vittoria della tendenza rivoluzionaria, come nel Cougresso di Firenze la inconcludenza rivolu.tionaria die' causa vinta ai riformisti, è evidente che non ci sarà più luogo a discutere nè di riforma elettorale nè di altre riforme grandi o piccine. 11 Partito sarà impe– gnato in una opera di opposizione sistematica contro l'attuale stato di cose, i11dipe11denle1mmlt dal bisog-11011011, soddisfatto dell'1111ao de//'allra n/onna coucrela, e dovrà agitare tutte le rifor– me insieme, senza concentrare le sue forze in– torno a nessuna, servendosi di queste agitazioni non per alcuna conquista determinata immediata ma per alimentare il malcontento continuo dei lavoratori, esasperarne i bisogni, irreggimentarli in vista di un atto rivoluzionario risolutivo, dopo il quale la classe lavoratrice, divenuta padrona dello Stato, potr.\ attuare tutte le riforme richie• ste da tutti i suoi bisogni. E questa una concezione del movimento socia– lista, in cui non trova posto il nostro ordine di idee; e se essa prevalesse nel Congresso, non sarebbe più il caso clidiscutere se il programma immediato del Partito debba comprendere o no il suffragio universale : il programma immediato sarebbe la rivoluzione per tutte le riforme. D'altra parte, se la maggioranza del Congresso si dichiarasse soddisfatta delle condizioni attuali del Partito, e approvasse il presente riformismo omeopatico, e rifiutasse come « ciarla da pro– fessori • la proposta di richiamare il Partito alle grandi battaglie per grandi riforme veramente socialiste; e dichiarasse che le grandi iniziative d'interesse generale richiedono slanci trnppo vigorosi d'insieme, sono troppo diffici1i, obbli– gano a troppe piccole rinuncie immediate, per meritare le fatiche di un Partito di « uomini pra– tici•; e confortasse il Gruppo parlamentare a continuare nella stagnazione attuale i - neanche in questo caso ci sarebbe pil) luogo a discutere quali grandi riforme si debbano scegliere dal cosi eletto programma del Partito 1:>er farne l'ob– biettivo immediato del Partito. li Partito do– vrebLe continuare a chiedere tutto e a conten– tarsi delle briciole dì qualche cosa ; i singoli gruppi donebbero continuare nella tattica del si salvi chi può i il riformismo frammentario di• venterebbe il programma di azione non dei par– tili consen 1 atori contro i pericoli ciel movimento socialista, ma del partito socialista contro la classe lavoratrice; e a noi non resterebbe se non aspettare pazientemente che dalla putrefazione definitiva dal partit0 socialista nascesse o prima o poi qualche nuova formazione politica, la quale sapesse tenersi lontana non solo dal convulsio• narismo verbale t malpratico dei rivoluzionari, ma anche dalle nberrazioni antisocialiste dei ri– formisti troppo pratici. Le nostre proposte non potranno essere logi– gamente e utilmente discusse, se non nel caso che il Congresso, rifiutando insieme e gli err.ori ciel rivoluzionarismo e le degenerazioni del ri– formismo, riconosca e affermi la necessità di con– centrare le energie parlamentari ed extraparla– mentari del Partito su di un gruppo di poche grandi riforme ìmmediate di interesse generale da essere propugnate a preferenza di tutte le altre. Bibloteca Gino· Bianco Nascendo così il problema di graduare le infinite riforme, che sarebbero desiderabili, e cli mettere avanti, come più necessarie, come più utili, come più urgenti, alcune rifanne anzi che nitre, il Congresso avrebbe motivo di discutere la pro– posta nostra che 11elprogramma immediato del Partilo 11011 deve mancare la riforma e/cl/orale: e che la riforma e/cl/orale voluta dal Partilo deve avere come base i11dispe11snbileil su..Oi·n.f!'iO universale. G. Salvemini. II CoIIaredell'Annunziata. Lo hanno dato al conte di Aehrenthal : per quali criteri ? Il conte di Aehrenthal <leve essere un uomo di valore personale non comune : po– litico accorto, diplomatico colto ed abile, uomo di Stato tutto intento ad una seria opera cli con– servazione e cli ingrandimento al suo paese, egli merita certamente la stima di chiunque si sforza di recitare con impegno la propria parte sulla sce11a della vita. Ma per I' Italia egli è sopratutto, anzi soltanto: il 1Vemico. È il Ne– mico che intende sapientemente a procurare la sua rovina, è l'uomo che assurgerebbe dalla sfera della serietà a quella della grandezza il giorno in cui quella rovina fosse completa. Come Bismarck diventò un eroe storico sulle rovine della Francia, cosi Aehrenthal sarebbe consa– crato grande uomo di Stato sulle rovine cieli' I– talia. E a questa sperata grandezza l'uomo in– tende con ogni suo sforzo : consolida 1 'esercitu, crea l'armata, fortifica iJ confine e risveglia la più machiavellica diplomazia ai danni della pa– tria di Machiavelli. Ma questa lo insignisce della 1nassima onorificenza: quella che attesta le su– preme benemerenze verso lo Stato. Due anni fa, mentre il conte di Aehrenthal alternava con l' Italia i passettini consiglianti c.::d i suadenti accenni deglì scarpini da danza, si trovò qui da noi un giornalista il quale, armato di lo– gica hegeliana, volle dimostrare ad ogni costo che il ministro austriaco aveva tutte le ragioni dalla sua parte - che se, putacaso, noi le avevamo buscate, dovevamo restar tranquilli, anzi esul– tare, anzi sfiatarci a gridare che le cose meglio di cosl non potevano andare - perché se no, per dio! si toccavano botte da orbi - e quando il padrone alza il bastone, ben fa il cane a ta– cere e a rintanarsi. - Quel giornnlista, che sen– za aver scritto un rigo di filosofia ha fotto ere dere ali' Italia d'averne due trattati nel cassetto, mentre s'è limitato a far della filosofia l'uso che s'è detto, s'ebbe immediatamente una commen• da dei SS. Maurizio e Lazzaro - pochi mesi dopo gli trovarono un collegio nel Mezzogiorno, gli aprirono k- mangiatoie di tutte le com– missioni reali e ministeriali, ed ora c'è già chi pensa a promuoverlo ministro ! Da questi due casi tipici, si può desumere che I' Italia, per onorare qualcuno, vuole che questo qualcuno la schiarfeggi prima, l'umilii, l'avvilisca, le getti sul viso il fango sporco della strada. Ma allora come si spiega mai tanta indigna• zione quando qualcuno, che scriva per esempio sulla Voce, osa parlare cieli' Italia e degli ita– liani senza tanti compiacenti eufemismi, chia– mando le cose col loro nome, e dicendo tal volta che si sente per l'aria un cotal sentore di canaglia? Mi maraviglio forte di non aver visto ancora arrivare un carrettino pieno di ciondoli e di croci, di commende e di sciarpe deco'rative ! lo, per mio conto, non ho a mia disposizione un potente esercito ed una buona flotta da lanciare un giorno contro l'Italia per tentare di metterla in brandelli : e per ciò abbandono ogni speranza di diventar" un giorno o l'altro Collare della SS. An– nunziata. E mi vergognerei cQme un cane mi sentirei il più vile degli scribacchini, il più ~offa dei commedianti, il pili venduto dei gazzettieri di questo mondo, se mi mettessi a rompere i tittoni al prossimo per dimostrare che la politica estera dell' Italia è seria, onesta, e chiaroveg. gente, anzi soltanto previdente: e perciò non mi lu.:;ingo nemmeno di diventare, quando che sia, commendatore dei SS. Maurizio e Lazzaro - per non parlare di deputato e di ministro. Ma ho abbastanza fiato in gola per gridare le mille \'Olle che l'Italia, - salvo un'esigua minornnza che non deve costituire un alibi morale per gli altri, - è composta per nove decimi di una buona greggia di servitori senza ideali (i governati) e per un decimo di un miscuglio nauseante di inetti, di scettici ~ di faccendieri senza fede e senza coscienza (i governanti) : e perciò una com– menda ordinaria mi spetta, di pieno diritto _ anzi son certo che non mi lascieranno sospirar troppo a lungo l'ambito titolo di commendatore. G. A. .,.,.,,..,,..,.,,,..._,.,,,...,,,,..,,.,. ___ ..,,_,,...,.,_~ TBIBfono dBlla VOCE 28-30 Il " Credo,, della L. D. N. Curo /Jlfl.rri, quello che 111 dicesti nel congresso della L. D. N. sui principii del pro– gramma democratico e cristiano, e che ora trn– smetti al Prezzolini in risposta alla mia prece– dente, merita, per quanto sia generico ed inco– lore, una certa attenzione. Non stento a credere che nessun congressista ti abbia chiP.sto su quali fondamenti ideali poggi la vostra azione politica e sociale ; e credo pure che tu non sentissi il bisogno di esporli. Ma, vedi, una simile dichia– razione, anzi assai più precisa e ::ategorica ·d! quella a noi concessa, tu avresti dovuto farla per riguardo al pubblico, che segue l'opera tua, e che non è poi tutto composto di esseri spre– ge,·oli e trascurabili. Questa professione cli fede nessuno te l'avreb– be mai chiesta un dieci anni fa, a' bei tempi del- 1•idillio con Leone Xlll e col cardinal Rampolla. Si sapeva benissimo allora che spirito animasse il partito democratico-cristiano, da te fondato. Eravate cattolici, non solo, ma clericali della più bell'acqua, in nulla distinguibili da quelli che, in seguito, hai sarcasticamente bollati per democratici-cristiani di sua Eminenza o di Sua Santità. Ma, d'allora in poi, se tu sei rimasto il me– desimo, col tuo bravo nome e cognome, soltanto per istrada, alla fine, lasciando l'aristocratico « don » e se teca è rimasto il tuo partito, ri– coperto d'un velo « nazionale » il suo nudo « cristiano.» e sciolto in una congiunzione pic– cola il vecchio e troppo stretto legame • demo– cratico, » parecchie vicende ruppero I' incante– simo de' primi amori. Le tue dimissioni dalla democrazia cristiana, asservita al Vaticano, nel 1903 ; la condanna da parte di Pio X del par– tito « autonomo • e la tua lotta contro il cleri– calismo; la sospensione a divinis, t: la scomu– nica nominativa, con la tua violenta lettera di ribelle al Sani' Ufizio e al Papa ; la elezione a deputato, dopo avere, nel teatro di Montegior– gio, abiurata· la religione democratico-cristiana, e offerto il primo sacrifizio democratico e cri– stiano sull'altare del socialismo e del radicali– smo, con l'espressa volontà di continuare l'opera di Felice Cavallotti; l'adesione al gruppo radi– cale in parlamento; il tuo nuovo programma di laicità religiosa, e di lotta contro e l'ecclesiasti– cismo » ; l'aver gettata finalmente alle ortiche la tonaca, tu già scandalizzato che l'avessi fatto io ; gli ultimi accenni, che leggo, ad e una gran– de concezione etica ed ideale Jella vita •• con • coscienze temperate ad un'alta temperaturn religiosa », per cui tu chiami oggi mai a fai parte della Lega protestanti ed israeliti, ideali– sti e panteisti; - caro Murri, tu dovresti con– v.enirne, che se tale è la tua vita, e quella del partito onde sei l'anima, e che docilmente ti segue, essa non è, come tu credi, e vorresti far credere, un « flusso di realtà, • ma una serie di salti mortali. Tu stesso, ormai, cominci a persuaderti che nel tuo fare, e in quello della Lega, qualche– cosa cli equivoco e di contradittorio c'è. Ma, nonchè subirla, tu coonesti la contradizione, e ci sguazzi a cuor contento, soggiungendo che il vostro movimento, espresso in formule succes– sivamente diverse, non pretende di giungere ad una formula precisa e definitiva, « poichè tali formule sono i sepolcri di un pensiero già vivo, e che, fissandosi, si stacca dal flusso della realtà e muore. » E qui è l'imbroglio. I sublimi con– trasti della vita, che trascende il pensiero qua– lificato, e lo supera in formule successivamente diverse, qui non han proprio nulla che vedere. Chi, fra persone serie, ha mai chiesto ragione a te o a me, venuti dal cnttolicismo ecclesia– stico, dei profondi mutamenti vitali, per cui la nostra coscienza è pervenuta ad esprimersi in formule successivamente diverse, e fra loro con– tradittorie? Nessuno ci vieta di raggiungere sempre più alte le cime dell' Idea, nè di espri– merle in sempre rinnovate forme di vita. l\la, nel caso, la questione è bc.::n altra. 51 tratta di fissare non il punto di arrivo, ma quell(, cli partenza. Occorre, cioè, stabilire da quali prin cipii, da qual concetto del mondo e della vita è mosso lt.ic ~t mmc il vostro agire. È un que– sito di logica mentale, la quale 11011 ammette contradizioni di sorta, se vi preme di essere chiamati, oltrechè animali in genere, in ispecie ragionevoli. Ed è qui che « fede e cultura, cat– tolicismo e democrazia, tradizione e modernità, » soprattutto « autorità e libertà ~ si escludono e negansi incompatibilmente. Non che l'autorità neghi ogni libertà, e il principio di libertà neghi ogni autorità. Ma si tratta, bc.::nsl,cli stabilire, se debba la libertà essere subordinata alla au– torità, o viceversa l'autorità alla libertà; si vuol fissare, uno e indivisibile, il centro di gravità di tulle le energie dello spirito.

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