Unità proletaria - anno III - n. 12 - 24 giugno 1974

4 UNITA' PROLETARIA Lunedì 24 Giugno 1974 DOCUMENTO DEL CENTRO OPERATIVO PER IL CONGRESSO CrisidellaDemocrazCiaristiancao, mp 1) la crisi dellaDC Per un'analisi della situazione politica italiana conviene partire dalla crisi della Democrazia Cristiana, il partito che governa l'Italia praticamente da quasi trent'anni e che è a un tempo partito di borghesia e partito di pcpolo. Il referendum sul divorzio ha reso più manifesta la crisi del partito e l'ha resa più acuta, per il fallimento del tentativo di ricostruire - attorno al problema della famiglia. ricco di implicazioni e di richiami disciplinari e religiosi - la coesione della Democrazia Cristiana. riabilitandone Il ruolo di grande soggetto di mediazione nella società italiana. La Democrazia Cristiana ha sempre avuto piena coscienza del fatto di aver ereditato la funzione di direzione e mediazione politica e sociale che era stata della classe politica liberaldemocratlca dal 1860 alla prima guerra mondiale e del personale pclitico fascista Ira le due guerre. Per i democratici cristiani il fa. scisma non è mai stato una parentesi all'interno di un regime liberale. I cattolici hanno sempre considerato Il regime uscito dal risorgimento ~ me una sovrapposizione di una classe politica borghese a grandi e passive masse popolari, hanno sempre osservato e aiutato il logoramento di qual regime nel periodo giollttlano, quando II si• stema di equilibrio e di mediazioni sociali ara minacciato dai capitali&ti aggressivi e dalla classa operala impaziente, hanno visto nella grande guerra del 1915-18 l'occasione dell'uscita di grandi masse popolari sulla scena politica in con-- trasto con la vecchia classe dirigente, e nel f• scismo il riuscito tenta. tivo autoritario di ricompcrre quella frattura, di ricondurre le masse nella disciplina della clas• se politica borghese. Quando il fascismo cadde i democratici cristia• ni compresero benissimo che una restaurazione liberaldemocratica era impossibile e che spettava ad essi di assicurare la continuità. in forme nuove. def vecchio ordinamento. garantendo l'equilibrio Ira governati e governanti. fra classe politica e grandi masse che non era pcssibile né desiderabile ricacciare indietro. I cattolici non pensarono affatto di pcter avere I' esclusiva del movimento delle masse, essi capivano l'importanza del ruolo dei partiti marxisti. socialista e comunista. ma fin dall'inizio giudicarono i marxisti come rappresentanti della massa in rivolta contro quelli che le avevano sfruttate per ottant'anni. mentre pensarono di affermare se stessi come gli autori della riconciliazione delle masse con lo Stato. dei governati coi governanti. del popolo con la borghesia. Per realizzare quest'opera di sostan• ziale continuità i democristiani avevano bisogno di una solida e vasta presenza organizzata nelle masse e non potevano accontentarsi della presenza capillare della Chiesa. avevano bisogno anzi di affermare se stessi come partito di cattolici laici. autonomo dalla gerarchia ecclesiastica: naturalmente senza mai rinunciare a usare il ce• mento confessionale come mezzo di coesione. Presenza attiva fra le masse e autonomia lai• ca: queste due componenti della politica democristiana furono scambiate dalle sinistre come una grande rottura col passato, tale da configurare un'alleanza naturale con le forze marxiste mentre invece si trattava della manifestazione più razionale e coerente della continuità col passato. La Democrazia Cristiana seppe muoversi in modo accorto nell'immediato dopc • fascismo e nella stessa Resistenza. al fine di ristabilire l'autorità e le funzioni dello Stato. compromesso col fascismo e scosso dalle vicende del settembre 1943. introducendo rapporti democratici al per sto di quelli autoritari ovunque non pensasse indispensabile l'impiego dell'autorità al fine dell' inquadramento delle masse e del loro controllo ricostruendo o riabilitando tutto il tessuto delle mediazioni corporative Ira i capitalisti e lo Sta• to e affermando perciò in primo luogo la propria egemonia sulla burocrazia. Il secondo governo Bonomi della prima metà del 1945 vide affermarsi in modo esplicito questo ruolo della Democrazia Cristiana. Sul piano delle alleanze sociali il modello adottato fu il seguente: il partito cercava (ed otteneva in una misura non rilevante) una sua presenza nella classe operaia attraverso l'unità sindacale (patto di Roma del 9 giugn-, 1944) e al tempo stesso si garantiva l'isolamento della classe operaia nel suo insieme offrendo se stesso come cemento dell'alleanza Ira la grande massa dei coltivatori diretti e il capitale finanziario industriale e agrario. Fin dall'inizio la bonomiana. l'organizzazione dei coltivatori diretti. fu lo strumento decisivo della frattura tra operai e contadini, mentre le ACli salvaguardavano la possibilità di una scissio. ne nella stessa CGIL unitaria. Più tardi il monopolio DC nella Federconso•- zi e negli Enti di sviluppo nonché negli istitu• ti di credito speciale avrebbe consentito il contemperare le esigenze sempre più rapaci dello sviluppo capitalistico con la stabilità sociale nelle campagne, realizzando così quel fronte rurale che saldava le masse contadine agli agrari e ai capìtalisti in generale anziché collegarle con la classe operaia. Certo. nell'immediato dopoguerra la Democrazia Cristiana ebbe il me• rito di avviare senza scosse la transizione alla Repubblica. neutralizzando l'oppcsizione delle campagne e della stessa Chiesa. ma ciò avv~nne ad un prezzo molto preciso e molto alto, e cioè che nulla venisse mutato nella struttura del vecchio Stato. che sul piano delle istituzioni sostanziali, cioè dei rapporti di potere fra governanti e governati. non ci fosse alcuna rottura. Si può quindi dire che fin dal l'inizio la base di massa della democrazia cristiana non fu. come hanno pensato molti, il connotato democratico di quel partito. che l'assimilerebbe ai partiti di sinistra. ma la condizione necessaria per il controllo del le masse, l'altra faccia Bib.. '"'~'"'vo~111vu1c:111vu dell'organizzazione del potere economico e politico della borghesia. Fin dall'estate 1946 la Democrazia Cristiana prepar◊ spregiudicatamente la rottura dell'alleanza di governo con socialisti e comunisti, sfruttando I' involuzione della s;tuazio ne interno1ionale, ma col fine essenziale di avere il controllo praticamente esclusivo dell'apparato di pctere. Già al!ora 2 sinistra era dlflus, l'idea che la Democrazia Cristiana fosse costretta a una politica di destra dal ric;,,tto di forza reazionarie e che il prob I ema fosse quello d1 liberarla ds quella ipotece e ridare spazio alle componenti popolnri. serza capire che potere capitalistico e base popolare erano nella DC due facce di un' unica realtà. 2) LaDC degli anni'50 Del resto la oersistenza di una base popolare non impedi alla Democrazia Crìstiana. neglì anni Cinquanta. di attuare una feroce politica repressiva e discriminatoria contro le sinistre e le loro organizzazioni politiche e sindacali. Lo strumento di dominio non fu tanto una separazione fra coltivatori diretti da un lato e operai, braccianti, coloni. contadini senza terra dall'altro. Ma proprio in quegli anni prese corpo il ruolo della Democrazia Cristiana nello sviluppo industriale. L'industria aveva ottenuto il massimo di liberalizzazione negli scambi esterni. (che doveva culminare nella costituzione del Mercato Comune) e al tempo stesso il massimo di protezione interna, per le concentrazioni e le conversioni. il sostegno del mercato, la disciplina della classe operaia. E' in questa funzione che nascono i grandi enti di e,. rogazione, come la Cassa del Mezzogiorno. e si sviluppa l'industria a partecipazione statale. La DC. non soddisfatta del suo controllo sull'amministrazione. riesce praticamente a ottenere il pieno controllo sulla spesa pubblica e sull'industria di Stato. E' in quegli anni. e poi in tutto il corso degli anni Sessanta, che la Democrazia Cristiana. da partito di opinione e di organizzazione e convogliamento di consensi elettorali diventa strumento di gestione dell' amministrazione e dell'economia statale. Essa dà un forte contributo. anche attraverso la sua divisione interna in correnti, alla feudalizzazionedel potere economico, alla divisione del potere Ira grandi gruppi industriali pubblici e privati .grandi banche. enti erogatori di spesa pubblica, amministrazioni locali. enti previdenziali e così via. a un inquadramento clientelare delle masse. Per questa via la crisi della Democrazia Cristiana avrebbe finito col coincidere con la crisi dello Stato. Nel corso di quegli anni la società contadina si era dissolta attraverso una gigantesca emigrazione. Il ruolo tradizionale di stabilizzazione sociale attraverso il peso demografico e anche il peso morale della proprietà agricola non funzionava più. Proprio attraverso la spesa pubblica la DC seppe negli anni Sessanta ridarsi una efficace funzione di stabilizzazione e una nuova base di massa. Lo sviluppo capitalistico degli anni del • miracolo •, centrato tutto sulla produttività delle imprese, cioè dei costi gra· vanti sulla società. aveva creato profondi squilibri e messo In moto un meccanismo di emarginazione ed estromissione di quote rilevantissime di capacità di la,oro. In altri termini la concentrazione produceva anche dispersione e a un certo punto lo Stato comprese che non bas·tava aiutare la concentrazione, bisognava anche controllare e regolare la dispersione. La caduta incessante dei seggi di attività ma• schera una sostanziale disoccupazione; prolungamento pletorico dell'impiego statale e parastatale, moltiplicazione di attività a bassissima produnività nel settore terziario. lavoro a domicilio sottoretribuito, eccetera. La spesa pubblica sostiene disoccupati e inoccupati e ne promuove anche una parte per uti• lizzarla come personale di inquadramento della massa. La Democrazia Cristiana è strumento pri• mario, attraverso enti locali e amministrazioni statali, aziende a partecipazione statale ed enti previdenziali e cassa ed istituti vari, della spesa pubblica e della creazione di nuove forme di inquadramento sociale. E' allora che non si parla più della Democrazia Cristiana come del partito del contadini, ma come partito dei ceti medi, e si configura il suo nuovo ruolo storico, di mediatrice Ira Il grande capitale sempre più concentrato e le masse numericamente crescenti del ceto medio. E' allora che la proposta politica di una alleanza dei partiti operai con la democrazia cristiana (il cosiddetto compromesso storico) non si giustifica più col carattere contadino della democrazia cristiana. ma con la sua presunta funzione di rappresen"I nte del ceto medio. Ma il controllo democristiano sul ceto medio ha lo stesso fine che aveva avuto il controllo sui contadini. quello di isolare la classe operaia. Lo stesso concetto di ceto medio presenta una profonda e voluta ambiguità. I lavoratori autonomi, quelli cioè che dispongono del loro mezzi di produzione e realizzano il valore del loro lavoro attraverso il mercato (artigiani, negozianti. contadini, profesionisti), le categorie di stipendiati che dlspcngono di un certo status sociale (impiegati pubblici e privati. tecnici), i piccoli imprenditori e così via. non sono categorie omogenee, e piu' che le sensibili dilferen• ze nei redditi conta la diversa posizione verso le imprese capitalistiche e i centri di potere: vi è la grande massa che. nonostante l'apparente autonomia. dipende interamente dalle decisioni altrui. e vi è chi è integrato e strumento compartecipe delle decisioni capitalisti• che, strumento di inquadramento altrui. Il concetto unificato di ceto medio è quindi una mistificazione, che pretende di nascondere reali conflitti di interessi sotto il velo di un'unica condizione non proletaria. Il ruolo della Democrazia Cristiana è stato quello di unificare il ceto medio. e quindi sottometterlo al grande capitale. La crisi della Democrazia Cristiana sta in gran parte nel logora• mento di questa 09erazione. Sono questo aspetto serobra quindi illusoria la speranza di saldare ceto medio e classe operaia mediante una alleanza con la Democrazia Cristiana. 3) le componenti dellaDC Naturalmente le componenti della crisi democristiana sono molteplici. Vi sono componenti ideologiche e culturali. Fanfani per esempio ha creduto che la società contadina. dissolvendosi, lasciasse tuttavia soprawivere la sua etìca, e particolarmente l'etica (con la gerarchia) della famiglia. cellula ideale di una società dispersa e soggetta al controllo della Chiesa. l'avventura del referendum dimostra quanto si sia sottovalutata la socializzazione della coscienza operaia nel centri urbani, quale Inverosimile cecità si sia dimostrata verso le lotte a partire dal 1968. Influisce sulla crisi anche, in misura rivelata dai risultati del referendum. l'interiorizzazione diffusa della coscienza religiosa, la sua crescente inassimilabilità a discipline temporali, un modo nuovo e diverso di essere credenti. Lo stesso laicismo cattolico. che stette alla base del• la Democrazia Cristiana delle origini, è malamente compromesso dagli interventi di una Chiesa nella quale peraltro l'interesse per l'Italia dovrebbe diventare sempre più periferico. E ancora dal referendum è emersa una spaccatura generale profonda, con uno schieramento giovanile scoraggiante per la Democrazia Cristiana. I fattori del logoramento della capacità di mediazione della DC stanno principalmente nella crisi economica e nella resistenza della classe operaia. La risposta capitalistica alla crisi e alla resistenza della classe operaia è l'inflazione insieme con la deflazione: la decurtazione dei redditi di lavoro. la minaccia della disoccupazione delle produzioni nelle aree dota• te di minor capacità di autodifesa e di tutela sindacale, la riorganizzazione del lavoro e natu• ralmente. e soprattutto, la ristrutturazione settoriale con una intensa concentrazione della liquldità scarsa. e quindi delle risorse rese scarse. nelle attività dei gruppi dominanti. La ri· sposta alla crisi e alla lotta operaia comporta quindi duri conflitti ali' interno del grande capitale. Ira i maggiori gruppi finanziario-industriali. per l'egemonia e il controllo sui mercati. per godere i maggiori privilegi nelle commese statali e nei flussi creditizi e monetari. la concentrazione ha inoltre l'effetto di emar, gmare ed estromettere larghi settori di attività e proprio mentre l'industria chiede soldi ed entra in concorrenza con quella spesa pubblica che dovrebbe andare in soccorso dei ceti sacrifi• cati. Si aprono quindi contrasti fra il grande capitale e larghi strati di ceto medio e si incrina proprio quel blocco di potere che integra la politica della Democrazia Cristiana. La necessità di colpire in modo drastico la classe operaia per ricostituire ì margini di profitto attraverso una inflazione gigan• tesca ha finito inoltre col colpire duramente la fascia più povera del ceto medio. Soprattutto viene meno la condizione imprescindibile per la ricostruzione. dell'unità nel fronte borghese, e cioè che la classe operaia sia battuta e costretta o convinta ad accol· !arsi essa tuno il peso della ristrutturazione, in termini di costo e in termini di instabilità e di incertezze. Fanfani ha pctuto farsi attribuire il merito di avere conciliato fra loro. in occasione del rinnovo della presidenza della Confindustria, i gruppi dell'auto e quelli della chimica, Agnelli e Cefis. Il primo còlto dalla necessità di ristruttura. zione con un anticipo di molti anni su quanto previsto, il secondo già solidamente installato nelle strutture del capitale monopolistico di Stato e nell'intreccio con le correnti della Democrazia Cristiana. Ma. nella misura in cui questo accordo possa rivelarsi duraturo. esso lo sarebbe in quanto i due contendenti abbiano voluto tali impegni dello Stato per future commesse, attraverso le • concessioni • o appalti di giganteschi lavori, da condannare all'inattività un gran numero di imprese minori, da tagliar fuori le regioni e gli enti locali con il loro tessuto clientelare. aprendo così cri• si economiche e soprattutto politiche proprio in quanto si conciliano I contrasti dei potenti. La crisi della Democrazia Cristiana coincide quindi con la crisi dell'apparato produttivo italiano e con quella del quadro istituzionale che lo governa. Estremamente ingenuo si è rivelato il tentativo di Fanfani di superare la crisi. che è crisi di strutture, con l'appello all'unità del partito attorno all'ideologia dell'unità fa, miliare o attorno al profilarsi di uno schieramento clerico-fascista. 4) Contraddiz1onc, apitalistiche operaie Il fortissimo aumento dei prezzi delle fonti di energia e delle materie prime ha accelerato e fatto coagulare la crisi di un tipo di sviluppo che mostrava da tempo segni profondi di logoramento. la moderna economia italiana si è costruita sulle seguenti caratteristiche essenziali: la produzione è regolata dal mercato secondo la convenienza dei valori di scambio: nel mercato si dà la priorità alla domanda estera dei Paesi capitalistici industrializzati; l'industria s.i organizza quin• di per la domanda dell Europa occidentale e degli Stati Uniti; la struttura dei consumi Interni viene modellata su quella dei Paesi capitalistici industrializzati (modello eurocentrico) con sacrificio di bisogni più essenziali per i quali però non esiste una domanda assistita da mezzi di pagamento: l'efficienza delle imprese è la legge suprema; milioni di persone sono costrette ad emigrare: la congestione dei centri urbani diventa esplosiva. Fino al 1962 questo tipo d, sviluppc, assistito dai bassi salari e dalla pace in fabbrica, aveva avuto un andamento molto sostenuto. Nel decennio successivo esso è invece entrato in una fase di stagnazione: stagnazione degli Investimenti, caduta del'occupazione, relativa stagnazione della produzione. La mancata soddisfazione dei bisogni sociali (mancanza dei servizi essenziali della vita civile) ha cessato di essere un costo unicamente a carico della popolazione (e dello Stato) ed è diventata anche un maggior costo per le imprese. La stagnazione non è stata naturalmente uniforme fra i vari settori e le varie imprese, anzi essa ha accompagnato, e in parte anche suscitato, una profonda redistribuzione di capacità produttive, di dominio sul mercato, di rapporti di tona economica, attraverso il doppio processo della concentrazione e della dispersione di capacità produttl· ve. Questi processi di ristrutturazione hanno • perto una serie di nuovi contrasti e contraddizioni fra i grandi gruppi capitalistici e tra questi e le vaste schiere di medi e piccoli produttori, contrasti e contraddizioni resi più acuti e di difficile soluzione dalla persistente conflittualità della classe operaia. Soprattutto negli ultimi anni. a partire dal 1968, le lotte operaie hanno assunto. nello scontro diretto di classe, caratteristiche nuove: 1) La spinta per aumenti salariali si è molto accresciuta. fino a provocare sensibili variazioni nella distribuzione del prodotto fra profitti e salari: la ricostituzione dei margini di profitto è avvenuta solo in parte attraverso l'aumento della produttività. in parte e soprattutto anraverso misure di redistribuzione ottenute con la politica economica e monetaria. in primo luogo con l'inflazione e la svaluta• zione della lira. Ora l'infla21one (che nell'ultimo periodo è stata In Italia assai più spinta che nel resto dell'Europa) apre nuove contraddizioni nel fronte capitalistico e colpisce in modo speciale strati diffusi di medio ceto. che tendono a proletarizzarsi; 2) anche quando I saggi di profitto vengono ricostituiti. per esempio come è awenuto con l'inflazione, un elemento di instabilità è dato dalla combattività operaia nei luoghi di lavoro, dalla difficoltà per i padroni di poter disporre tranquillamente della forza lavoro secondo le convenienze del mercato. Proprio su questo punto. sulla disponibilità padronale a prolungare o intensificare il lavoro umano, si è enormemente sensibilizzata la coscienza operiaia. Mentre la ristrutturazione capitalistica esige una crescente mobilità e docilità della forza lave ro. la classe operaia tende a irrigidirne le condi• zioni di offerta: la vicenda sindacale degli ultimi anni è tutta centrata su questi temi; 3) SI è manifestata in modo molto più intenso ed esplicito che per 11 passato la tendenza della classe operaia a non accettare che la paga dipenda dal rendimento. Questo è un motivo sempre presente nelle lotte operaie fin dalle origini, ma solo negli ultimi anni esso ha assunto un fortissimo rilievo. la classe operaia clo6 afferma cha il sai• rio è una variabile indJ.. pendente, collegata col bisogni operai e popol• ri secondo una loro auti> noma espressione, e non una variabile che dipende dalla maggiore o m~ nore produttività, e quindi da scelte dei capitalisti. In passato, anche in periodi di forti tensioni sociali. come nel biennio rosso 1919-20 o nel 1945-48, l'indirizzo politico prevalente era riuscito a convogliare le lotte sul binario della produtti• vità e del rendimento. I capitalisti dei giorni nostri hanno giustamente visto nella separazione della paga dal rendimento non già una tecnica retributiva, ma una scelta pclltica autonoma della classe operaia, In qualche modo una prefigurazione di una società diversa, non centrata sulla massima efficienza delle Imprese e sulla massimazione dei valori di scambio, ma centrata su una cosciente e --auter noma socializzazione della produzione e del lavoro che afferma la priorità di certi valori d'uso. secondo gerarchie di bisogni reali delle masse lavoratrici. Per la prima volta, nelle lotte dal '68 in poi, la contestazione del capitalismo non era solo nelle teorizzazioni politiche, ma dentro le stesse lotte. Di fronte a questo tipo di tensioni sociali, sollecitati dalla crisi alla ricerca di nuovi mezzi per rendere disciplinata ed elastica la forza lavoro, i capitalisti italiani si trovano a dover rispondere al quesito: qual è il quadro pclitico preferibile al fine di ottenere lo scopo voluto. cioè la dispcnibilità operaia ? L' organizzazione del consenso oppure l'organizzazione della repressione? Naturalmente si tratta di scelte prevalenti, non esclusive: quando si sceglie il consenso non si rinuncia mai ad un pos~ sibile impiego della forza (e anzi la si impiega comunque. se non altro per saggiare le resistenze). e quando si impiegasse Il metodo repressivo non si rinuncerebbe a qualche forma di organizzazione del consenso. La Democrazia Cristiana esprime la virtualità di entrambe le scelte ed al tempo stesso l'estrema difficoltà di scegliere. La sua bivalenza si esprime nella formula fanlaniana della reversibilità delle alleanze. Il tentativo di Tambroni nell'estate 1960, il governo Andreotti • Malagodi in coincidenza con l'ultimo rinnovo dei contratti di lavoro nelle categorie industriali per intimidire i lavoratori e incoraggiare i padroni: ecco due esempi ormai classici di sperimentazioni reazionarie lall,ti per la resistenza operaia e pcpolare L'ultimo tentativo in

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