L'Unità - anno VIII - n.34 - 21 agosto 1919

di difesa (anche la seconda era d'attacco!), sta forse Perrore del vecchio Comando. V. - I siluramenti. Spesso, sopratutto nel primo anno di guerra, le nostre truppe erano costrette a restare in posizioni assurde, iosostenibili (p. e. S. 'Marco, S. Lucia, Oslavia). Nessun palmo di terreno doveva essere abbandonato, quasi che il va– lore del terreno non sia condizionato alle per– dite che bisogna subire per mantenerlo. Per evitare uno stillicidio continuo di morti, sa– rebbe stato opportuno spesso abbandonare poche centinaia di metri ; invece bisognava rimanere. La nostra guerra era a pezzetti e bocconi ; era guerra di corrosione. Il sistema danneggia più chi la fa che chi la subisce. È dannoso tenere ad ogni costo una mezza trincea, una mezza cresta, starsene a mezza costa sotto posizioni nemiche, se per mante– nere questi piccoli vantaggi bisogna fare degli immensi sacrifici. È molto più utile tenere le truppe in posizioni relativamente comode e sicure nei periodi di sosta, ed accumulare tutte le energie fisiche e morali per il momento dell'attacco decisivo. Spesso si aveva la impressione che certe posizioni assurde erano mantenute, perchè il Comando supremo non era consapevole delle reali condizioni, in cui le truppe si trovavano in tali posizioni. E certi attacchi contro certe posizioni erano senza dubbio ordinati, perchè gli alti comandi non conoscevano le reali con– dizioni, in cui l'attacco si doveva svolgere. Ecco in quale senso il Comando era distac– cato dalle sue truppe. Certamente a non far conoscere la verità, contribuiva la paura del siluro. Si sa a che cosa fossero ridotti i rapporl ini settimanali sulle condizioni delle difese e sulle condizioni morali delle truppe: tutto era segnato come ottimo, anche se in realtà era pes3imo. Se il Comando si basava su quei rapportini, si può star sicuri che conosceva il perfetto contrario della verità. Molti comandanti in sott'ordine confessavano di dare sempre la situazione co• me ottima, perchè se avessero detto la verità, sarebbero stati tenuli responsabili delle defi– cienze, oppure sarebbero stati accusati di man– canza di fede, e quindi silurati. Questa voce può essere stata sparsa da persone interessate; ma li Comando avrebbe dovuto far di tutto perchè non potesse venire nemmeno conce– pita, ed avrebbe dovuto ricorrere a tutti i mezzi perchè la ve~ità fosse detta sempre e ovunque. Bisogna riconoscere, però, che la questione dei siluramenti è a doppio taglio. Infatti, se è vero che silurando troppo, si gettavano nei comandi alti e medi un senso di paura e di nervosismo, era d'altra parte necessario di si– lurare molto, date le deficienti qualità di molti comandanti. Anzi si può dire che que• sto sia stato uno dei più meritori, per guan,o penosi, compiti del generale Cadorna. Via via che egli costruiva l'esercito sotto il fuoco ne• mica egli doveva depurarlo. Si attirava così l'odio di molte persone. Qualche ingiustizia certamente fu commessa, e in generale non si può dire che il vecchio Comando abbia fatta una intensa opera di concordia fra i propri dipendenti. Ma bisogna riconoscere che si deve agli abbondanti siluramenti fatti dal generale Cadoroa, se il nuovo Comando su– premo trovò nei propri dipendenti dei colla– boratori generalmente buoni. E sono oggi i silurati, e ben a ragion~ silurati, quelli che più sono feroci contro il Cadorna. VI. - II servizio di informazioni. Il ser\'izio d' informazioni del Comando Supremo era pessimo : è proprio la parola .adatta. È noto che I' Ufficio informazioni della I Armata aveva preannunciato esattamente l'of– fensiva austriaca del t 6. Ma I' Ufficio infor– mazioni del Comando Supremo, diretto allora dal famigerato colonnello Garruccio. che ha continuato come se nulla fos~e la sua car• riera, non ci volle affatto credere, e dimo– strava con ragionamenti tecnici come qual– mente fosse impossibile un attacco nemico nella zona degli altipiani. Un articolo del Gi4rnale d'I/11/ià, del maggio 1916 1 in cui si sosteneva che la minaccia del Trentino era un bluff del nemico, che ci vollero indurre a L'UNITA certezza, appena s'accorse che la sorpresa era riuscita, e non ebbe il coraggio di spingere l'azione a fondo anche se scoperto. In breve la brigata Campania non passò il torrente l\laro. Naturalmente il nostro b1ttaglione ci• disti si trO\'Ò isolato, il nemico si riebbe dalla 177 sorpresa, e distrusse il povero battaglione. Così, 1111 meseprima dtl nostro Capore/10 1 noi non riu– scimmo rer un nulla ad infliggere un Capo– retto agli austriaci. Dietro al battaglione di « Paolin » non c'era infatti quasi nessuno! n. p. sguarnire il fronte Giulio, - queWarticolo fu dettato da un colonnello della segreteria del Capo. E più tardi il Comando si difese dal• l'accusa di imprevidenza, dicendo che non credeva ad una grande offensiva degli Alti– piani, pcrche faceva l'onore al comando au– striaco di non credere che questi avrebbe fatto un attacco così assurdo. Ma l'attacco era co-.ì assurdo che portò gli austriaci al Pria Farà, al Cengia, al Buso sopra Valstagna 1 e li avrebbe portati in pianura coi più cata– strofici effetti per noi, se l'offensiva russa non avesse risolta la situazione. E anche se la of– fensiva austriaca nel complesso fallì, essa portò i nemici in posizioni, da cui questi minaccia– rono sempre la pianura di Vicenza e di Bas– sano. La nostra situazione sull'Altipiano di Asiago fu il perenne bastone fra le ruote di ogni nostra offensh-a. Stralegùamenle la sto11- /illa di Caporello tomi,,cib ,u/ maggio 1916 sul– /' Altipiano di Asiago. Senza dubbio la sconfitta degli Altipiani resterà la massima colpa del vecchio Comando Supremo, colpa che pesò su tutto l'ulteriore andamento della nostra guerra. Ora quella sconfitta non si può certo attri– buire a caporettismo. Essa va attribuita solo al pessimo funzionamento dell'ufficio informa– zioni del Comando Supremo, al cattivo schie– ramento delle truppe, ed alla insufficienza dei lavori difensivi: quest'ultima colpa va attri– buita specialmente al comando genio I Ar• mata, che dava per fatte delle difese inesistenti! L'errore fondamentale VII. - Il fatto di Carzano. La responsabilità diretta di questo fatto non spetta al Comando supremo: essa è tutta del generale Etna e dell'allora colonnello Zin• eone, che non furono capaci di approfittare della magnifica occasione. D'altra parte non si può fare a meno di rimproverare al Co– mando supremo di avere affidata un'azione così delicata ed importante ad uomini inca– paci, e di avere lasciato che il colonnello Zin– cane - il maggiore responsabile - conti– nuasse tranquillaruente nella carriera, mentre avrebbe dovuto essere fucilato. Il fatto di Carzano consiste ali' ingrosso in questo. Già da tempo alla nostra I Armata si trovava un bravo maggiore czeco, che in– sieme al colonnello Finzi lavorava per aver degli utili « contatti • con le truppe austria– che. Verso la metà del settembre 191 i, un 11UU pnma di O,ponllo, si ebbe un utilissimo contatto di questo genere. Un capitano czeco, sopranominato Paolin, comandante il batta– glione di linea in Borgo Val Sugana, si pre– sentava alla nostre linee, offrendosi come guida per condurci attraverso al settore del suo battaglione, che non avrebbe combattuto. In principio la proposta suscitò delle diffi– denze i vi furono dei dubbi, perdite di tempo tanto più gravi in quanto il battaglione di « Paolin ,. avrebbe presto avuto il cambio. Alla fine l'azione fu decisa, e il Comando Supremo concentrò molti battaglioni di ber– saglieri ciclisti in Val Sugana. La prima on– data era costituita da un battaglione di ber– saglieri sulla sinistra e dalla brigata Campania sulla destra, proprio di fronte a Carzano. Col battaglione ciclisti si trovava « Paolin •· Nella aottt questo battaglione passò tranquillamente il torrente Maro. Il povero 4: Paolin • aveva fatto le cose veramente bene: molti suoi mi. traglieri erano stati avvisati, e non sparavano; i pochi fedeli agli Absburgo furono rapida– mente messi fuori combattimento; le comuni– cazioni con le artiglierie erano completamente soppresse. In breve 11 nostro battaglione era penetrato ben dentro alle linee nemiche, senza che il battaglione cieco sparasse un colpo e senza che l'artiglieria da campagna s'accor– gesse di niente. Ma sulla nostra destra la bri– gata Campania comandata dal colonndlo Zin– cane, non passò. Le truppe di questa brigata, invece di trovarsi incolonnate in pitna valle sulle rive del Maro, da dove altre guide cze– che l'avrebbero guidate nelle linee nemiche, si fecero sorprendere dal giorno non ancora pronte per il passag ~io del torrente Lentizze: pare che l'intasamento nei camminamenti ab– bia procurato questo fatale ritardo. Col giorno, l'artiglieria austriaca. anche senu rice"ere co-– ~uoicazioni dalla linea, s'accorse che qualche cosa di anormale stava acca !endo, e apri il fuoco. La brigata Campania fu sorpresa da questo fuoco: il Comando fu preso dati' in- Ma la <t causa essenziale militare im– mediata » della catastrofe di Caporetto fu lo schieramento difettoso. Si può dire con sicurezza che se il vecchio Comando su– premo avesse dato alle sue truppe di prima linea la densità che dette loro il nuovo Co• mando, anche il vecchio Comando avrebbe avuto a sua disposizione una massa di uomini sufficiente per dare un buon schieramento in. profondità, almeno sui tratti \·ivi della nostra fronte. Nè si dica che essendo lo schieramento delll! truppe di linea di competenza dei co• mandanti di settore, è colpa di questi e non del Comando supremo, se lo schieramento era cattivo. Il sistema generale dello schieramento difensivo è cosa di tale imporlanza, da inte– ressare e rendere responsabile direttamente il Comando supremo. Nel non aver dat() ali' e– sercito un buono schieramento in profondità, consiste il principale errore militare del vec– chio Comando 'supremo. Esso, infatti, pur provvedendo alla costru– ~ione di parecchie linee arretrate, non lo gµar• nì preventivamente di truppe; ma confidò che le truppe di primissima linea potessero in caso di ripiegamento presidiare le linee retrostanti. Invece l'esperienza ha dimostrato che le truppe di primissima linea, nel caso di sfondamento della propr;a fronte, non ripiegano ordinata– mente, ma si sbandano spargendo il panico e la confusione, perdendo cosi la possibilità di riordinarsi per difendere qualsiasi linea retro– stante. Se invece tali linee si trovano preven– tivamente presidiate da truppe, che non hanno subito il primo urto nemico, la valanga dei fuggiaschi si arresta cd. anzi può riprendersi e contribuire alla difesa della posizione. In quell'errore sta anche la causa <e pura– mente militare » della semi-catastrofe di Asia– go nel 1916. Ricordiamo quello che è acca– duto ad Asiago. In questa zona i no.3tri na– turali pilastri di difesa erano: il gruppo del Col Santo, il gruppo di Monte Toraro, Campo Molon, Tonezza, Tormeno, Passo della Vena, il gruppo Monte Verena e il gruppo Monte l\fandriolo. Queste erano le posizioni, per na– tura veramente ottime, senza contare il retro– stante gruppo del Pasubio, Monte Giove, Monte Summano, troppo arretrato per dover essere preventivamente guarnito. Ebbene tutti i ba– luardi più avanzati, che abbiamo quì sopra ricordati, erano nel 1916 quasi completamente sguarniti, anche quando l'offensiva era sia/a più volle prta1'mmziata. Tutte le nostre, già scarse, truppe erano, invece, schierate 'a contatto im– mediato col nem:co, in posizioni difensivamente non buone, come in fondo a vnllc, e aggrap– pate a montagne in possesso del nemico. Un formidabile bombardamento sconvolse queste nostre prime linee; e dopo di queste il nemico trovò il vuoto, riuscendo a prendere cosi nei primi giorni d'azione con pochissima difficoltà posizioni stupende, come il Campomolon To– nezza e il Verena. Appena il nemico trovò nuova resistenza, ecco che la sua offensiva si fermò m posi'zi<>ni mollo meno/orli, come Val Canaglia M. Pau, M. Magnaboschl. Questo vuol dire che la di.:;fatta iniziale del 1916 non va attri– buita a caporettismo, ma esclusivamente al• l'imprevidenza del Comando. Posizioni, come il gruppo Toraro Tormeno e Verena, non do– vevano, in previsione di un'offensiva, essere la. sciate completamente sguarnite, tanto che su di esso l'offensiva nemica non s'arrestò nero• meno un istante. Nella battaglia del Piave, nel primo giorno di battaglia, il nemico riuscì in due panti - a Nervesa e a San Donà - a sfondare il nostro primo fascio di linee, per una profondità di circa 5 L:.ilometri,sgominando due nostre in– tere dh•isioni, la 58 e la 61. Lo sfondamento iniziale era, dunque, completo e minacciosis– simo (senza contare lo sfondamento di Col Moschin sul fronte della 18 divisione). LA ca– laslrofe fu evitala per il buo110sthùramenlo in profondiltl delle riserot e delle difese. I capisaldi arrelrati (Sosson, Capo d'Argine, Croce Gia– vera, etc.) già preudmlemenle presidiali: impe– dirono l'immediato dilagamento nemico, con• tenuto poi dalle riserve divisionali e di corpo d'armata 1 fino all'arrivo dei corpi d'armata di riserva. Per esempio nella zona del!' VIII Corpo d'annata, la situazione fu sah,ata dai battaglioni di riserva della 48 divisione, che sulla ferrovia Giavcra-Nervesa arrestarono la marcia avvolgente della I 7 divisione austriaca. 11tsomma anche in questa battaglia le prime linee furono subito sfondate, e la vittoria si deve allo schieramento in profondità ed alte riserve. Se tale metodo di schieramento fosse stato adottato fin d. prima, anche nelle minori pro• porzioni consentito dalla maggiore lunghezza di fronte, forse le catastrofi di Asiago e di Caporetto si sarebbero potute evitare o per lo meno ridurre. Tutte le posizioni si possono perdere, mf!. le migliori de\•ono almeno ritar– dare l'avanzala nemica. Quasi sempre un' of– fensiva nemica riesce a sfondare le prime lince della difesa. Perciò la sal\'ezza non può ve– nire che dalla resistenza dei capisaldi retro– stanti, a cui si devono aggrappare i contrat– tacchi delle r:serve. A difesa del vecchio Comando supremo si dice che il rapporto tra l'estensione del no-– stro vecchio fronte e il numero delle divisioni disponibili era tale da non permettere un buono schieramento in profondità (una divisione po– trà avere tanto maggiore schieramento in pro– fondità, quanto minore sarà la lunghezza della linea che dovrà difendere). E senza dubbio, la lunghezza e la caltiva configurazione del nostro vecchio fronte costituivano la maggiore difficoltà 1 contro cui doveva lottare il nostro Stato Maggiore. Il nostro vecchio fronte era lungo circa 6oo Idi. e per difenderlo il nostro Comando aveva 538 battaglioni alla fine del 1915, 700 bat,a• glioni alla fine del 16, e prima di Caporetto 887 battaglioni, equivalenti a circa 73 Divi– sioni, il numero comple~o era di 75, ma una di· visione era in Macedonia ed una in Albania) Sic• chè nel momento migliore il nostro vecchio Comando disponeva complessivamente di una divisione su ogni 8.6 Kil. Il nostro nuovo fronte dopo Caporetto era, invece, lungo 364 Kil., e le divisioni presenti erano 55 (giugno 1918): dunque il nuovo Comando Supremo di– sponeva complessivamente di circa una divi– sione per ogni 6.4 Kil. di fronte. Da ciò si vede quale grande vantaggio desse il nuovo fronte, sebbene il nostro esercito fosse dimi– nuito di 14 divisioni. Il vantaggio era an– cora aumentato dal fatto che la riduzione del fronte a\'venne tutta nella parte viva di questo non potendosi considerare come tale il fronte dallo Stelvio al Garda di chilometri 133. Per– ciò il fronte vivo del vecchio Comando (467 Kit. circa) era lungo il doppio di quello, alla cui difesa doveva provvedere il nuovo Coman– do (z31 Kil.) Inoltre i 133 Kil. dallo Stelvio al Garda immobilizzavano prima di Caporetto due sole divisioni mentre dopo Caporetto ne assor– birono 4. Ne consegue che il vecchio Comando ebbe per i 467 kil. del suo così detto fronte vivo 68 divisioni, e il nuovo peri231 kll. di fronte viva ebbe 51 divisioni: 467: 68 = 6.8; z31: 51 = 4.5. Dunque considerando le due fronti senza il tratto tranquillo Stelvio-Garda, abbiamo che il vecchio Comando aveva una divisione per ogni 6.8 kil., e il nuovo una divisione per ogni 4.5 kilometri. I vantaggi della nuova fron– te sono evidenti. Però bisogna fare altre considerazioni, che diminuiscono lo svantaggio del vecchio Co– mando rispetto al nuovo. La prima riguarda la configurazione delle due fronti. e l'altra riguarda la forza dell' esercito nemico. Quest'ultima considerazione non ha molta importanza diretta sulla questione dello schie– ramento, ma ha una grande importanza gene– rale. Infatti nel 1915 noi avevamo solamente

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