L'Unità - anno VIII - n.34 - 21 agosto 1919

L'UNITA La rotta di Caporetto La guerra Dello sfacelo di Ca.porctto è inncga– biJe che tutti siamo stati, più o meno, res1>0nsabili. Le classi dirigenti, spezzatesi fra neu– trnlisti e interventisti nel periodo della ncutrt:t.lità 1 tali rimasero anche durante la guerra. E in una prova cosl terribile e lunga, la d.isunionc delle classi dirigenti intensificò il disorientamento e la mala volontà. di nn popolo, per cni questa era Jn, prima, vera guerra unzionale ùopo quindici secoli di abiezione servile e di frazionamento politico. lJ fra gli inter– ventisti, troppa. gente s' immngiuò che la gnerra. si potesse vincere con la retorica degli ordini del giorno e con le goffe e balorda. mistificazioni dei giornnli; e con– siderò il soldato come bestia da soma senza pensiero, elio avesse l'obbligo <li farsi ammazzare sempre senza, rngionare mai. non è finita froutò la, guerra corno un tegolo che le fosse cnclnto sul capo: priYi nssolntamente cli sentimento nazionale come i mercenari del medio evo, - preoccupati sola,ménte di salvar la pelle e di accelerare la car– riera a spese dei «fessi» che si lasciavano ammazzare, - deplorando anche ad alta voce e in presenza. elci soldati che In, guerra fosse fatta ali' Austria invece che alla Francia, che sarebbe stata vittoria pit'l co– moclu. o più rapida, - pronti sempre a brontolare contro i st1periori, ma pri,~i di ogni sentimento di do,,.ere o di umanità verso gl' inferiori, - incapaci assoluta– mente cli puutnalit:\ nel loro lavoro (ò inaudita la impnntualità di quella gente, che i profani credono devota. proprio al culto della puutualit1\ !). Con quella gente 1:1ncho un genio napoleonico si sarebbe trovato paralizzato in qualunque inizia– tiva. carattere nazionale, o le durissimo prove sostenute prirnn. e dopo Oaporctto dagli elementi sani della unzione fino a.Ila vit– toria ultima - questo contrasto minaccia cli impedirci ht visione del nostro dovere di domani.Chi goardao ha.interesse a guar– dare solamente a, Cut>orotto, ne conchiucle che non dovevamo entra.re in guerra, che la. guerra. è stata uu disastro, che l'Italia è un paese buono a niente. Chi gunrcla o ba interesso a guardare solamente alla pro,-a. finalmente superata, ne conohiuclo che forse i mali nccaclùti non si potevano evitare e poichè in fontlo non hanno por– tato alla rovina, dobbin.mo rallegrarci di essere una. grande - i più bulorcli di– cono: la. pitì grande - unzione, e couti– nuia,mo pure allegramente coi vecchi si– stemi, che dopo tutto non hanno fatto ca.tti va prova. Contro questo dnpplice errore noi dob– biamo reagire con tutto lo nostro forze. La guerra. l'abbiamo vinta, è vero: ma ò stata una grande esperienza, che non de– ve essere avvenuta invano. Cn.poretto non è stata tutta la guerra, ò vero; ma è stato uu episodio della guerrn,, in cui, come sotto una lente di ingrandimento, si sono mostrate tutte le deficienze dolht. nostra coltura e dolln. nostra mornlit,\ nazionn.lo ; deficienze che lumno funzionato ancJJC noi momenti felici della gnerra, aumentando gli inutili sncriflci e paralizzando lo sfrut– tamento dei ,·ru1taggij deficienze, che si so– no rivelate in altre forme, sul terreno poli– tico e diplomntico, iu questi dieci mesi 175 di armistizio; deficienze, che si presente– ranno domani in altri cn,mpi e sotto altro forme; cloficionze che si debbono accani– tamente clennnciare, non por compiere opera di a.ntodemolizione, ma nffinchè sieno corrette da noi e dagli altri fluo ngli estremi limiti della possibilità. È necessario, insomma, che gli ele– menti sani e vigorosi della nazione, a cui si deve la resiRtenza e la vittoria, non abbandonino oggi il campo alle forzo del– l'egoismo e della dissoluzione. E' neces– sario che tenga.no presento sempre l'an– gosciu, il terrore, lo spasimo, In volontà disperata cli morire o il disperato dovere, che li obbligò a ,·h·ore, nei giorni del cli– sastro; ò necessario che ricordino sempre, sempre, sempre Caporetto, nftlnchò io ogni ora della loro vita il terribile ricordo li spingu. a. faro, senza. piet.\ nò per sò nè per n,ltl'i, il proprio dovere, a lottare con YOlontt\ cli ferro contro le forze ùcl male, a preparare per lo genernzioni che vor– ranno, nnn. Yita intellettuale e monllc e una organizzazione stata.lo , mono infetto. cli quelle, con cui dovemmo precipitarci nella grande prova cli ieri. Solo a questo patto i nostri morti non saranno morti invn.no. La guerra, che cominciò noi 1915, non è finita ancora. Continua. sotto altre for– me. La. guerra esterna per In. sai vczza è diventata lotta interna por la riorganiz– za.iionc del paese. Guai a noi, se venia• simo meno ni nostri nuovi doveri. Allora s\ che diventeremmo gli assassini dei no– stri morti: porchò contribuiremmo, con la nostra iner.1.ia, 11 far sì che fossero morti invano. IlUNITÀ. Gli uomini ,li goYerno o non vollero In. guerra (giolittinni, socialisti, cJericn.li), e c1uar1to più questa si ri ,·chwa lungo, e difficile, tanto più essi si compiacevano di non averla voluta, preparando le ven– dette contro gl' interventisti, e così con– tribuivano a intensitlcn.ro lu. Hn.ccbez1ia. del paese: - oppure dopo, ltvore voluta. la guerra, riconoscendone la necessità, no temevano le rcsponsabilit,\ (Orlando), e speravano di n.ttoouarle, mostrandosi re. missivi verso gli u,vversari della guerra; e cos\ 1 contribuirono anch'essi al progres– sivo inftacchimonto deJlo spirito pubblico; - oppure ebbero il coraggio di assumere le proprie respou1rn,bilit1\ (Sa.landra, Son– nino), ma non sentirono la guerra che come guerra di « sacro egoismo :t, paren– tesi nella storia della Triplice, dopo la quale, ottenuti i territori contestati, nulla avrcbhe impedito ali' ltnlia di ritornare nella Triplice, so l'Intesa non avesse pa• gato una softiciootc mancia coloniale. Cos\ da un lato impostarono moralmente la J;t"nerrn.cli fronte al popolo in una. ma– niera ohe il popolo non poteva sentire. o compreodendoln, doveva sentirne ripu– gnanza; o dall'altro le dettero un orien– tamento diplomatico, da cui nacquero lnnghc o sanguinoso difficolti\ militari (illusione di fare la guerra all'Austria evitandone lo smembramento o nccordnn– dosi con ossa n, speso degli Slavi, quindi trattato di Londra. che rnfl'orzò l'Austria, spingendo verso di essa cron.ti o sloveni, o disorientò serbi e greci: - divieto fatto a. Cndornn. di mnndnro 75 miln. uomini in aiuto della Serbiu. nell'ottobre 1915; impo– sizione, in ,·cce.dolladisgraziati-.. operazione di Dnrnzzo per avere nelle mani un"" pc:– gno » negoziabile per il momento in cui, m:rncnta la. vittorin. decisiva, occorresse venire n, compromessi; - non avere a.p– pog,::into nel gonna io 1917 Cndornii o Bis– solnti, concordi con Lloycl Gcorgc, contro gli Stati ~Inggiori cli Francia o cl' Inghil– terr:1., o n.Yererinunziato :1una. concentm• ziono di grandi forzo allento snl nostro fronte, che avrebbero dato ben altro re• sultnto alle offensivo del maggio o a,;.?o– sto 1017; ma. In « nostra guerra» don,vn rimunero tnle, nnìnchò fosso possibile nel– l'ora dello trattative cli pnce prcscntnrsi in condizione di« neutralità armata• fra. gl' Imperi ccntrnli non disfatti e l'Intesa non vincitrice; - avere sostenuto in Grccin il regimo costantiniano contro Ven izelos, ccc. ccc.). Il Comando Supremo, che ebbe almeno In. fortuna di essere diretto dn un uomo di alta. coscienza morale, di ferren. volon– tà e di eminenti attitudini organizzatrici - Cndorna: oggi gli sono addosso moltis– simi cl1e una volta gli lecca.vano le scar– pe; noi non lo lodammo mai quo.udo era. potente, non intendiam9 attenuare oggi nessun suo errore, mo. non siamo vili, e ne riconosciamo e ne affermiamo le qua– lità buono o le benemerenze - il I Co– mando Supremo aggiunse uu orrore stra– tegico fondamentale proprio nlle deficien– ze cli tutto l'orgauismo civile e militare della unziope: non a'Veremai pnn,teduto a mia bmma sistemazione difensiva tlelt'e– sercito per la eventualità cli uua fortunata o;Q"e,isiva 11emica. I precedenti La. gerarchia. militare, qnnlc si era, costituita in un cinquantennio, in cui a,·c,·l\ goduto di piena, autnrchin, ave, 1 a. assorbito e organizzato, specialmente nei gradi superiori, tutti altro che In « parte fliù sana.•~ dcJla nazione: sah·o mn~nificho mn. rare eccezioni indivi– duali, che avevano snpnto salvnrsi dalla corrnzione del sistomn, la uflicinlità per– manente del vecchio esercito, specialmente - ripetiamolo - nei gradi superiori, nf- Tutti, dunque, fummo colpevoli. An– che ohi hn, cercato di fare sempre il suo dovere, non può scrutare la propria co• scienza. senza riconoscere anche in sè macchie, più o meno lart.he , di compli– cit:\ - il suo dovere lo fece proprio sem– pre, lo fece proprio tutto f - Ognuno l1a il torto di voler accusare gli altri seuzn voler riconoscere i propri errori e le proprio colpe. Con tutto questo, per due anni e mezzo, cl11Imaggio 1915 all'ottobre 1917, il nostro paese tenno duro in una guerra spaventosa. E dopo Caporetto, si riprese in uno sforzo meraviglioso cli restaura– zione moro.lo e militare; o seppe resistere disperatn,rucntc, fiochò Ii-.. compagine dello Stato nemico non si sfasciò nella dispe• razione di ,·enire a. capo della nostra. di– sfatta. Questo rnol dire che non tutta la unzione era imbelle o corrotta. Questo vuol dire che gli elementi vitali, i quali erano andati elaborandosi nel mezzo se– colo di unit:\ nazionale, per quanto nu– mericamente inferiori alle forzo di inonda o di dissoluzione, avevano in sè energie suflìcienti per superare, sia, puro attra– ,·erso tragiche esperienze, la. durissima pron1. Anche in questo caso furono i meno, che soffrendo o spasimando riusci– rono a trascinare i più. Nò bisogm~ di– menticare che disfatte come quella. di Caporctto toccarono iu questa guerra an– che nel altri eserciti, famosi per In bontà, del soldato, come il russo, o per il saldo sentimento nazionale. come il francese: ccl errori o deficienze gravissimo si ri,·e– lnrono nel fnnziorn1meoto di macchine nuziounli, come la Francia. o l'Inghillcrra, costruite da ben pilÌ lungo tempo che la nostra. :s'è. dopo tatto, dobbiamo ignorare o far lo viste di ignorare che l' Itnlin. ha superato l'insieme delle pro,~e d'esame, pur nttravcrso a grandi errori o a terri– bili angoscio; mentre l'Austria, la coi compagine militare fa.con1,l'ammirazione e la. paura di tanti nostri neutralisti civili e militari, si è alla fine sfasciata. ?i.la appunto questo contrasto fra la rotta di Cuporetto, a detcrrninnre la quale si associarono tutte le malattie del nostro I. - Gli errori inlziatl. Nei primissimi giorni della guerra, è ac– certato che una più rapida avanzata delle truppe di copertura contro i I 2 battaglioni austriaci, che difendevano la linea da Monte Nero al Mare e verso il Trentino, ci avrebbe certamente dato il possesso del primo ciglione del Car90 e smussato profondamente il sa– liente Trentino. Sulla mancanza d'audacia nei primi giorni di guerra si può far parlare il nemico. Nell'istruzione sul combattimento in pianura « del il Corpo d'Armata austro-unga– rico riportato nel fascicolo N. 11 della pub– plicazione • « L.1 battaglia del Piave», 15•24 giugno 1918, dell'ufficio informazioni della nostra III Armata, si leggono queste parole : « Bisogna avere bene presente che allo scop– pio della guerra l'esercito italiano, appunto con una lenta avanzata metodica contro le nostre deboli forze di copertura alla frontiera, perse del tempo prezioso, ed ebbe poi a lottare più di due anni per il possesso dell'altipiano carsico del quale allora avrebbe potuto flui/men/e impadronirsi». Sono parole the fanno pensare ed anche soffrire. Gli esempi maggiori di questa indecisione sono: la condotta della prima divisione - ca– valleria del generale Pìrozzi (ponte di Pleris), condotta pietosamente timida, dovuta alle in• formazioni fantastiche del colonnello Tamaio, nelle quali le batterie di Medea erano .... sem– plici tronchi d'albero; c le azioni di Col di Lana, Logazuoi, Sief, Sasso di Strio del Gene– rai Marini nel giugno 1915. 'lipico il fallo dd Sa,so di Strio. - Ordinata l'azione, che doveva darci il possesso della Valparola, le nostre truppe (battaglione Val Chisone dei Capitano Trivulzio) occuparono di sorpresa il Sasso di Strio, sen=auna ptrdila. ln cima alla importan– tissima posizione non c'era che una stazione eliografica. La reazione delle artiglierie austria• che fu debolissima. Tuttavia vt:,me l'ordine di ahbamknare la posi'zione, sebbene anche sulla sinistra (Sief, Sette Sassi) l'azione fosse riu• scita. Non ci era neanche la scusa del saliente troppo audace. Tuttavia l'intera po5izione fu considerata troppo pericolosa, e venne, come dicevamo, l'ordine di ritirata. Ora anche un cretino sl fa questa domanda: se l'azione è riuscita, perchè ritirarsi? e se le posizioni erano troppo pericolose, perchè fu tentata l'azione? Mistero! Resta il fatto che il « Sasso di Strio ,. fu preso senza una perdita, fu abbandonato non si sa pcrchè; e quindici giorni dopo Si cominciò a riattaccarlo, ma non si riuscì mal a riprenderlo, lasciando molti morti sul terreno. li Generale Marini fu silurato; ma non basta. Dopo le indecisioni dei primissimi giorni le nostre truppe, supe:-ata la zona che il ne– miro ci aveva volontariamente abbandonato, raggiunsero verso il Carso la linea Sabotino• Podgora-S. Michele-Sei Busi-Mare, dove in– tanto erano giunti due corpi d'armata au– striaci. Questa linea era munita di trincee e di reticolati. Altra zona attaccata dalle nostre truppe fu S. Maria e S. Lucia dl Tolmino, e anche questa fortificata. Per i primi mesi, e specialmente ne\Potto– bre 1915 1 i nostri soldati andarono all'attacco di quelle posizioni con una debole prepara– zione di artiglieria da campagna, e con poche pinze da giardiniere per tagliare i reticolati, dietro ai quali erano piazzate molte mitraglia. trkl. Naturalmente i nostri attacchi non ot– tennero quasi nulla ; ma"' in quegli attacchi morirono i migliori soldati e i migliori uffi– ciali del nostro esercito. Son d'allora le fa. mose frasi, che alcuni comandanti pronuncia– vano (per esempio: « i miei bersaglieri stra1r pano i reticolati con i denti o col fegato,. e « si passi su un ponte di cadaveri»), come risposta ai comandanti in linea, I quali face• vano osservare la impossibilità dell'attacco. Ora pare impossibile che il Comando non si volesse convincere dell'impossibilità d'attac– care delle linee di reticolati quasi intatte col semplice aiuto di poche pinze, quando sci mesi di guerra di trincea in Francia a,•rebbcro do– vuto insegnare qualche cosa. Iavece sei mesi di guerra di trincea in Francia non avevano insegnato qnasi nulla I Esiste una circolare del maggio 1915, dove si legge: « Abbenchè il « carattere delle nostre eventuali operazioni e « la natura e la configurazione del terreno, « ov' esse si svolgeranno, facciano ritenere lm– « probabile che le nostre truppe debbano ri– ""correre ai suddetti procedimenti (di guerra « di trincea) - salvo che eccezionalmente, so– « pra estensioni piuttosto limitate della fronte– « tuttavia conviene che gli ufficiali conoscano « taluni dati dcli' esperienza, che, in seguito « della lunga guerra, il Comando Supremo « francese è venuto raccogliendo circa quc– « sta .forma speciale di azione». Ancora nel maggio 1915 non si credeva alla guerra di trincea!

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