L'Unità - anno VIII - n.30-31 - 24-31 luglio 1919

fra magi;ioranze e minor.mze d'o3ni genere nel seno di ciaseuno Stato. E bene che un pae:,c Sta sensibile alla critica d'oltre confine e alle ripercussioni esterne, auuah e poten– ziali. della :..ua politica interna : ricorra, c,;au– rito ogni altro me1.1.o, a qualche Corte estranea di concilia1.ione cd arbitrato. 1>crdecidere di questioni b 'n definite, di fallo o di diritto po~itivu. 1\la ove si tralli di aspirazioni e di ideali, chi può arbitrare e come ,i può arbi– trare? Nella guerra di scccsl:iionc americana gli argou1enti pro e contro il <liritto di ..,:eccssione, ancbbcro potuto conti11uare all'rnfinito, se Lincoln n,,n ave-.~e negato il diritto di seces– ~ione e non avCS:,C vinto la gm:rra. )lolte conquiste e domina1.ioni. cl,c a contemporanei parvero tir.urne, ai posteri p;uvero fonti di \'Cra grandezza. Chi osa malc~-tirc alle cor,– qui<;te di Ro111r ? Quale Inglest: ma·cdice a Guglielmo il Con4u1i1t,u~m.:? Chi diLc che, m modo analogo in avvenir<.' come del r 8tO già moltissimi ora in India, in Irl.mda. nello ~tesso Egitto - inoltt non abbiano a ringr<tzi.ire il destino che l'Inghilterra non abbi:l ccdutù a nv>ti separatistica, pur se qua e lil !;piegabili con l'imperfor.ione d'ogni Governo, ~pecie in mo– menti critici, come l'attuai , in cui Governi e popoli so110come tra'!cinati Ua onde irresisti– bili di rea1.ionc nerv11sa alla tensione richiesta tlalla guerra mondiale? Tutto dipende dal punto di \'bta più o meno largo, lungiveggentc e comprensi\"O, da cui ci si pone. ln mJteri:'t di giudill di valore · egnuno Jeve a~umere la propria responsabilità pc:sonale di fronte alla storia, e Parbitrato non potrl. mai cs-,ere, in ullim,\ htan1.a, che quello della forza. Ne.:,:,una Lega potrà mai impedire la guerra, se qualcuno la ,•uole e s'l volerla in condi– zioni a. lui favorevoli : e ne:,suna Lega potrà mai durare, se in essa si vorrà da taluno im– porre qualco~m a qualche altro, ,·d es. questa o quella soluzione d'un problema di rapporti tra n,agg-ioran,.e e minoran1.e. La Lega può render p\l) facili e autorevoli i consigli dell1a– m,cizi 1.; ma l'amicizia e anche soltanto il reciproco rispetto tra Governi che si stimano, esc1udeno le imposir.ioni, le minacce, gli in– trighi. A~GFLO CRESPI. POSTILLA Noi siamo pienamente d'ac<.-ordocon l'amico Cre,p1 che non bisogna pretendere dalla società delle Nazioni la :toluzione unmediata di tutti i problemi, che travagliano l'umanità. E più volte abbiamo messo in guarda i nostri lettori con– tro il trucco, di cui si sono servili i na7iona– li:;ti e I siderurgici di tutti i paesi per demo– lire nella 1>ul>blira fiducia i tentativi fatti a Parigi per ccistruire la Società delle Nazioni, e che ha consistito net pretendere che questa garentisca immediat 1mentc a tutta l'umanit~1 la giusti1.ia assoluta, la eguaglianza assoluta, la felicità e la 1>ace perpetua: le otto ore di lavore e il disarmo totale, il sussidio di allat– tamento e l'eguaglianza delle r.1z1.e. il comu– nismo delle materie prime e la guarigione di tutti i gobbi. Jn questo trabocchetto sono cadute tutte le teste sventate della democrazia internazio– nale, che rifiutano il 1atto delle Società delle Nazioni, qual' è uscito dalla c, nferenza di Pa– rigi, pcrchè nr,n è perfetto dalla prima all'ul~ tima parola : e co:,i ,,·aiutano la grande con– quista de!rarbitrat1• 1 hhligatorio. che dopo tutto è rimasta l:on:-..'\cratanel Patto di Parigi: svalutano 1 1 altra grande novità del Patto. che com,ente all'Assemblea della Società delle Na– zioni di invitare, quando se ne pre!)enti la ne– cessità, gli Stati associati a riesaminare l'as:;etto internazionale per adattarlo alle nuove situa– zioni, clw na na :..lpossano e:;serc formate (ar– ticolo 1q). F 111111&1 avvedono· cosi, nella loro sctmpiag~nc urlatrice. d,e pretende d'essere libetti dcmocratil:a, d1 lare il gioco delle peg– giori forze militari!llte t· reazionarie! 81..ogna JL't :ett.uc .• la ::,,oç1etàdelle Nazioni anche nella r,1rma md1mentale e inadeguata, 1.he è u..c,ta dalla conrerenu di Parigi. e ap– phcarsi :..ulmo t;On tutte le forze a rafforzarla e pedez.iooarla - que.:,ta è ~tata sempre la nostra parola d'ordine. Ma leggendo I' articob ciel CreS-pi. sembra L'UNITA a noi che il nostro amico vada un pò troppo a,·anti sulla via della facile contentatura, e che egli si sia già accomodato per molti anni a conci;iderare la Società delle Nazioni come qualcosa di cosi fragile cd e\'anescente. che la !>Olacosa ragionevole che si possa fare è di non chiederle nuila, proprio nulla, assoluta• mente nulla. La Societ:\ delle Nazioni o è un semplice jlalmvocis, o deve occuparsi almeno di una fac– cenda OòJola: tv,1an 111101•r guerre, ed organizr.are il conco1so della mai.tgior massa pO$ibile di for1.e morali e materiali «'ontro c-hiunque pro– vochi una nuova guerra senza giui,;tificazioni, la cui rag.onevolez1.a sia riconosciuta da tutti gli c-,tranei alla contestazione. Se la Società delle ;'fazioni non Oc,·e servire neanche a que– !)tO,non comprendiamo più the cosa debba star pHt a fare. Or;t una delle cau!--Cpiù a~pre di guerra è data d:tgh irredentMlll: doè dalle k•tte tra minoranze e ma~ioranze nazionali entro i con– fini degli Stati. Sottrarre que:;ta materia alla conferenia. della Soc.·ietàdelle Na1.ioniè rhlurrc la Società delle ).'azioni a un bel zero. Riconoscere poi la competenza della Società delle Nazioni nelle questioni n;t1.ionnll di alcuni Stati, e non in quelle di tutti, è creare fra gli Stati associati un.t chsparità giuridica, che è in ·ornpatibile con I' csisten1.a della Socict:\. Che nei diversi casi si debbano tenere metodi cd espedienti diversi nel risoh-ere queMi delicati&Simi problemi, è naturale; che delle &tesse cautele, che si deb– bono prendere in certi paesi orientali per di– fendere contro la dibtn11ione le minoranze, non si debba parlare quando si tratta di Stati come l'Inghilterra, la Francia, I' llalia, è evidente. :\fa altro è dir questo, altro è dire che ognu– no de,·e es-.ere libero in ca!;a propria di fare quel che gli pare, :;cnza che la Società delle Na1.ioni debba far del ficcauaso ovunque; o peggio ancor;,, riconoscere alla Società de1le Na1.ioni il diritto di ficcare il naso in tutte le faccende. meno che in quelle delle Potenze ..,. insulari; o ammettere che essa può far da balia agli Stati neonati, ma deve lasciar cuocere nel loro brodo gli Stati antichi. E badiamo bene che nella Società delle Nalioni, quale è stata costruita a Parigi, sono appunto le Potenze maggiori e le più antiche, che hanno la prevalenza. Non c'è dunque pericolo, che sia il Nicaragua a intervenire ne– gli affari interni delt' Inghilterra. Si chiede solo che Inghilterra e Francia e Italia e Stati Uniti come si sono attribuito il diritto di ficcare essi il naso in tutte le faccende altrui. cosi rico– scauo sul ~crio il loro obbligo di sottomettere alla disciplina comune anche i loro problemi interni, qualora d,, usi possa ù,sorgere pericolo di guerra. Affermando che maggior,mze e minoranze hanno bisogno di una for1.a superiore a tutte, capace d' imporsi a tutte e di creare l'abitu– dine del ri-;petto reciproco, ma questa forza non può essere data dalla Società delle Na~ zioni, - affermando ciò Il Cre:..pi abbandona senz'altro le minoranze :il prepotere delle mag– gioranze, ovunque. Cioè condanna i quattro quinti dell'Europa ali' irredentismo io penna– r.en1.a, e alla guerra periodica. Salvo che non consigli la Societ.-\delle Nazioni ad elevare un muro intorno a tutti gli Stati. e dare a ciascu– no un termine ben definito, per es., sei mesi o un anno, perchè sieno :;eannate o,·unque tutte le minoranze nazionali, e si apra una nuova èra storica, in cui ogni ~lato entri con popolazione pcrfottamentc omogenea. Scn1.a dubbio, la Socìet:\ manca degli or– gani militari neccs:iari agl'interventi, che noi invochiamo. Ebbene questi organi noi li invo– \'Ochiamo. Se accettiamo e difendiamo la So– cietà delle Na1.ioni,anche rudimentale e ina• dcguata com'è uscita dalle manipolazioni pa– rigine, que:i.tòlo facciamo non perchè abbiamo I' intenzione di mettere il no11 plu.s ultra sul patto di Parigi, ma perchè \"Ogliamoprender questa prima, modestissima, conquista come punto di partenza per conqubte ulteriori. Sì, la Società ~ nella infanzia. Ma vogliamo la– sciarla :,empre nell' infanzia; o voiliamo met– terci subito al lavoro perchè pas:..;ineU'adole– -.cenza? L'opinione di tutti gli Stati non è an– cora preparata a intendere a modo nostro la Societ3. Lo sappiamo, purtroppo! Ma l'opinione pubblica ha torto, e noi abbiamo ragione, e dobbiamo farle intendere la ragione, e non darle ragione. La difficoltà, che presenta in molti casi il problema delle minoranze nazionali, la incontentabilità di certe minoranze nazio– nali, non sono argomenti contro 11 intervento della Società delle Nar.ioni in questi pro– blemi: sono, caso mai, un motivo di più per determinare quest'intervento, se non altro affin– chè le minoranze riottose e indisciplinabili siano ufficialmente sconfessate e perdano ogni appoggio morale nell'opinione pubblica degli altri paesi, male informata da propagande ten– den1.iose. Errori, scn1.adubbio, ne sarebbero comme3:,i anche dalla Società delle Nazioni: errare ltu– manu,,, tsl. Ma aboliremo la magistratura per– chè è soggetta a errare? Gli interventi della Società delle Nazioni nelle questioni interne di uno degli Stati associati, possono dar luogo non solo ad errori, ma anche a manovre di– soneste. E vero. Ma jlnche i magistrati, inter– venendo negli affari dei cittadini privati, giu– dicano talrnlta disonestamente. Non per questo si nega la giustizia pubblka ! Nè - badiamo bene-sarà mai possibile impedire a uno Stato di intenenire disonestamente e sott'acqua negli affari Interni di un' altro Stato! Oggi siamo giunti al momento in cui ptr la gara11sia della pare 111011diale si chiede che 1 in caso di bisogno, la intera Società delle Nazioni possa intervenire apertamente in t1ualunque Stato per la tutela delle minoran1..c nazionali, che sieno mes.ie sotto la protezione e la garanzia della SocieL'I. Si, le minoranze - dice giustamente il Crespi - hanno il solo diritto di diventar maggioranze, se possono. Ma in questa for– mula è implicito il concetto che le maggio– ranze non debbono con la violenza impedir loro di fare il possibile per diventar maggi~ ranzc. E l'intervento della Societù delle Na– zioni nelle questioni nazionali deve essere di– retto appunto a garantire alle mino~n1.e le li– bertà di riunioni, di associazioni, d1 scuole, di lingua, ccc., aflinchè esse possano essere moralmente obbligate a sentirsi parte del tutto in cui sono incluse, e a rispettare le maggio-· ranze. Fra l'atteggiamento del Senato americano, che vota ordini del giorno sulla questione ir~ landese, e quegl' inglesi, che minacciano gli americani di occuparsi dello stato giuridico dei negri, c'è questa profonda differenza: che tutti sentono che ·questa seconda minaccia è una pura e semplice rappresaglia Improvvisata sen– za sincerità e senza nessun vero interessamento alla sorte dei negri; mentre è naturale che la questione irlandese interessi milioni di cittadini americani, che :..ono irlandesi di origine e di sentimenti. E il giorno in cui da questa si– tuazione di cose dovesse nascere un pericolo di guerra fra Stati Uniti e Inghilterra, in quel giorno l'intervento della Societ'A delle Nazioni nella questione irlandese diventerebbe per tutto il mondo una neccssit:\. L'argomento, che nc.-;sungo\"emo inglese o americano avrebbe ventiquattro ore di vita, se ammettesse l'intervento della Società delle Nazioni nella questione irlandese o in quella dei negri, - quell'argomento non ci fa im– pressione affatto. Discutendosi il Patto della Società delle Nazioni a P.uigi, i rappresen– tanti dell'Inghilterra proponevano la esclu– sione dei rappresentanti delle piccole potenze dal Consiglio della Soc;età ; e mettevano avanti Jl argomento che il Parl:i.mento in– glese non avrebbe mai accettata un'altra so– luzione. Venizelos rispose che neanche il '.'>UO parlamento avrebl)e accettato una soluzione, che desse tutto Il Consiglio della Societ,.\ alle sole grandi poten,e. E alla fine anche i op– presentanti inglesi consentirono che le piccole potenze avessero quattro su nove membri del Consiglio. Per quel che riguarda il problema irlandese, c'è un precedente caratteristico. li 15 marzo 1<}16 1 Lloy<lGeorge, discutendo alla Camera dei Comu111la legge per l'autonomia irlandese, spiegava: e L'opinione pubblica a– • mericana apprO\'a e riconosce giusto il bi/I <t sugli effettivi, a condirio,u ,1,, tm GfR.iernoau– ~ lonomo sia offerlo al 'Irlanda. E vitale per noi, • nel momento attuale, che l'America venga • io n~tro aiuto con uua delle più notevoli « decisioni che mai siano state prese da un « potere esecutivo. La decisione del Presidente 161 « ,Vilson non era priva di difficoltà, ma era « la sola maniera con cui l'America poteva re• « carci un aiuto reale nella battaglia. J\'ulla « concorrerebbe più nel/, circoslanu olluali od « ollenere l'aiuto amenCano ,i, /ul/a la sua « eslen.sio,u, c.he la decisione del Parlamento « britannico di dare al!' Irlanda un governo « autonomo in una misura che soddisfi l'opi– « nione pubblica americana ragionevole ... Dun– que quando ciò era necessario per ottenere l'aiuto americano contro la Germania, il Go– verno inglese ha già. una volta riconosciuto la. opportunità di adattare il suo programma ir– landese alle esigenze della opinione pubblica di un paese estero. Il mantenere la pace è forse meno impor– tante che il vincere una guerra? Va da sè che noi non pretendiamo che tutti gli inglesi ac– cettino a gloria un' intervento della Società delle Nazioni nella questione irlandese: i na– zionalisti inglesi non sono meno bruti dei na– zionalisti di tutti. gli altri paesi. Non ad essi noi chiedi~mo che consentano alla Società delle Nazioni di occuparsi della minoranza ir– landese del Regno Unito, come della mino– ranza slava della Venezia Giulia, come della. minoranza italiana della Dalma1.ia, come della minoranza tedesca e magiara in Transilvania, t così di seguito. Questo lo chiediamo alla Jo.. gica della democrazia Inglese. E abbiamo fede di non chiederlo invauo. Pcrchè si tratta di sapere se la Socict:\ delle Nazioni deve esistere davvero, o se deve essere un nome senza SO· stanza. L'UNITÀ. I parassiti della scuola Se v'è un lavoro che deve essere lasciato libero nella sua piena esplicazione (espressione, arte) è proprio quello di chi insegna. Avuto il suo diploma e il posto, il maestro deve sot• tostare ad un periodo di prova di tre anni. ln questo tempo si capisce il controllo che viene esercitato sull'opera sua (veramente più che l'opera, bisognerebbe considerare le sue qualità di uomo, il suo fondo morale); ma no• si giustifica per niente un esercito di inquisi– tori e controllori e consiglieri, quali sono - secondo la stoffa originarla - i direttori, gli ispettori, i vice Ispettori e gli ispettori centrali - che gli hanno messo alle costole successiva.– mente certe nostre stupidissime leggi. Una intelligentè funzione di coopcradoD.e. non di vigilanza da parte di un superiore, si poteva capire, quando nella scuola elementare insegnavano maestri improvvisati o con studi insufficentissimi. La preparazione del personale insegnante non è ancora quella che dovrebbe essere, d'accordo (ma alla larga dallo scienti– ficismo e dall'utilitarismo che Impronta i prc– getti Credaro e Bereninl I)Pure si va formando nei maestri una ptù profonda coscicn1.a 1 quindi un incentivo allo studio, malgrado certe scuole normali e certe pagine dei giornali cosidetti scolastici. Ebbene, l'esercito dei runzioriari scolastici. che non fan~o scuola (e poi cl si lagna tutti della rarefazione dell'irutegnante maschio!), dei funzionari che inquisiscono, dei funzionari che vanno a togliere periodicamente serenità e li– bertà a chi vive l' intero anno coi fanciulli (qui a Milano è molto ricordato un Ispettore e del più alto gradino, per le mortificazioni inflitte nelle sue rapide visite proprio a ch1 più lavorava per gli scolari) tende ad aume•– tare. E venne aumentato notevolmente proprio con la disgraziata legge del 1911 1 legge che creando l'Amministrazione scolastica Provin– ciale, toglieva agli ispettori il non indifferente lavoro che loro davano le amministrazioni co– munali. Si sta elaborando, è vero, - ormai da qual– che anno - la riforma dell'Ispettorato scola• stico, ma da notizie apparse sui giornali si ha ragione di arguire c-he non si cambierl rotta, anzi si avrà un rimaneggiamento del personale ispettivo. Fra l'altro i vice-ispettori creati colla legge Credaro - e si dice voluti dallo stesso Credaro - t0rnerebbero direttori, quali erano prima:ammirabile davvero questo giocherellare coi nomi del Ministero della P. I. E si dà per certo che le nicchlette per I parassiti della. scuola saranno ancora aumentate, G. Cei;:;1\RE Pico.

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