L'Unità - anno VIII - n.9 - 1 marzo 1919

::i() che ingoia e per gli edifici che popola, quanto per gli ostacoli che oppone allo sviluppo della produzione e della ricchezza. Si &Cotedire ogni giorno, ron ragione, che dol>biamo produrre di più per sanare le pia– ghe della guerra. E poichb l'agricoltura è la più grande induslria nazionale per la masr,a di capitale e di lavero che impiega, ad essa è ~pecialrnente rivolto l'ammonimento . .Maggiore produzione per poter pagare le maggiori im• poste : questo è il motto fatale del dopoguerra. Ma la prima condizione per produrre di più, è di eliminare gli ostacoli alla prOduzione. Uno di questi O:,ucoli è la burocrazia in-– ,-adente. Ma non è il wlo. Non dobbiamo solamente produrre di pui: dobbiamo anche esportare di J,iu per pagare i debiti enormi. che durante la guerra ~bbiamo contratto all'estero. Ma come esix,rtare, come produrre di più, finchè ad impedire la maggior esportazione e quindi la maggiore produzione agricola. si ergerà l'ostacolo di un « regime doganale.,.., che, col pretesto di a~sicurare l'indipendenza economica e militare del paese, tende ~mpre più a paralizzare l'esponaz1one dei prodotti agricoli, e in generate lo sviluppo di tutte le industrie esportatrici? IL protezionismo doga– nale aggraverà nel dopo guerra il dissidio economico tra industria e agricoltura 1 tra Set– tentrione e Mezzogiorno, se non ci adopre– remo ad eliminarlo in tempo. Il regime do– ganale dcll'avanguerra, non che essere inasprito come vorrebbero alcune industrie parassitarie, deve c:;sere di molto alleggerito a vantaggi.o dell'es1>1msi6necommerciale di tutte le indu– strie esportatrici. Oltre alla rimozione dei due ostacoli del funzionarismo e del prote1.iohismo doganale, noi agricoltori del Mez1.ogiomo dobbiamo re– clamare che lo Stato dia il contributo, che gli spetta, alla noi,tra restaurazione economica, perfezionando i trasporti ferroviari e marittimi, affrettando i lavori di bonifica e di irrigazione, facilitando le concessioni di acqua per la produzione della energia elettrlca 1 che oggi può essere trasportata a grandi distanze, e che in Puglia potrebbe aver:si dalla Sila. Sono lavori cost 1 osi; ma rappresentano an– che un utilé investimento di capitali. Alle tre condizioni che ho detto, noi agri– coltori produrremo di piò 1 aumenteremo i red– diti netti, pagheremo le maggiori imposte. e forniremo i cambii per i pagamenti all'estero .. Il proleteriato e la ri– forma elettorale. E il proletariato ? Mi par di udirla questa domanda! Voi - mi dicono molti, - voi vedete e difondete bene l'interesse dei prn– prietari - siete un proprietario ! - ma non ,edete e non difendete egualmente bene l' in– teresse delle classi lavoratrici: ,·oi siete il deputato dei sig,wri contro i coJJ/adù1i / Udite: - o la politica 1 per la quale io lavoro, è politica democratica, ed essa deve giovare al maggior numero, e quindi ai lavo– ratori : o non giova a questi. e allora non è democratica. Da questo crudo dilemma. non si sfugge. Ed io non sfuggo. Anzitutto. come semplice punto di par– tenza, convenite con me che la •fotta di clas– se, tra lavoratori e proprietari, non si mani– fe'-ta nel momento della produzione. A tutti giova, al proprietario, ai contadini. ai brac– cianti ed anche agli artigfani di città, che ah-asia la produzione e alto il prezzo dei prodotti della terra. Epperò la mia azione in difesa. della pro– duzione agricola meridionale. gio,·a a tutt~ le classi $OCiali,comprese quèlle dei contadini e artigiani. La lotta di clas:,e :,i manifesta nel mo– mento della ripartizione del prodotto tra pro– prietari, contadini e artigiani. Questi cercano di ottenere più alti salari. quelli cercano di tenerli pitì bassi. Ebbene, nessuno mi ha mai sentito de• plorare che il livello dei salari fosse alto, in confronto della rendita del proprietario o del profitto del fittuario ! I lo deplorato e deploro, bensì, che i no– &tri contadini non lavorino una giornata di 8 01e per realizzare un salario corrispondente a ~ ore dì lavoro, ma si limitino ad una gior– nata di 6 ore contentandosi dì un salario corrispondente a 6 or~ di lavoro: l erchè questa u,anza diminui"1ce la produzione to- L'UNITA tale a danno di tutte le claS!>i,e limita i guadagni degli stessi lavoratori. Gli altt salari sono la condizione dell'ele– vamento materiale e morale della claSl>elavo– ratrice; ed essendo questa la classe più nu'.De– rosa, il suo elevamento porta con sè automa– ticamente l'elevamento d1 tutto il pae~; e quci,to rifluisce nuovamente a beneficio. anche economico. di tutte le clas.:ii. rompre .. j i pro– prietari. Ed è perciò che &0no :,empre stato e sono fautore della libertà di organizl.:lzione e di sciopero. Questo diritto proletario. anzi. forni il programma della mia prima campagna elet– torale fortunata in questo colleg10, quando I'on. Giolit:i - per rifarsi una verginità par– lamentare - !:te ne era fatto banditore nel Ministero Zanardelli del I()Ol. Allora la libertà di organizzazione e di sciopero non era accet– tata dai padron.i e dai proprietari, o dai si– g11ori. che poi mi dettero il \'Oto l Non basta. Ho combattuto sempre ad ol.f. tranza il dazio sul grano, uell' interesse esclu– sh•o della classe la\'oratrice, pure essendo io ste&:,0 un granicultore. li che non sigoifica che ho fatto - come dWe qualcuno - un sacrificio materiale :,ull'altare dei principi de– mocratici: ogni agricoltore intelligente deve sapere trasformare le culture, in modo da mettere il suo interesse particolare in annonia con l'interesse generale: solo gl' incapaci si fOS:,ihzzanonelle ,·ecchie culture non più re– muneratrici, e chiedono dazi doganali, per rincarare le derrate di conSW'Q.O popolare. Non basta ancora. Vengo alle leggi so– ciali, specialmente a quelle assicurative, che oggi &iconcentrano nella proposta delle pen– sioni alla vecchiaia. Su questo argomento &ono stato spc:,so in lotta col Partito socialbta italiano. E il Par– tito socialista ha cercato di farmi passare per avversario della legislazione sociale in genere. La verità è, invece, che io combattevo e com– batto il rnetodo 1 che segue il Partito socialista italiano, per i suoi fini politici ed elettorali: metodo che consìste nel propugnare le prevvi– denze :lociali per i soli operai organizzati delle fabbriche, tra$curando il proletariato non 't>rg3'-– nizzato delle campagne. n Partito socialista ha i,empre domandato la legislazione sociale come un privilegio per un gn.tpJ>Oregionale della classe la,·oratrice, gli operai delle indu– strie settentrionali. Ecco ciò che ho sopratutto combattuto. E anche oggi il vero punto della contesa fra i socialisti e me, è questo : - che le pensioni e le previdenze assicurative debbono essere date a tutti i lavoratori, a quelli delle fabbriche e a quelli della terra., agli organiz– zati e ai non organizzati; e non debbono es– :,ere limitate - 1011/0 ptr comù1ci11rt, come so– gliono graziosamente dire in questi casi i nostri socialbiti - agli operai delle fabbriche settentrio– nali. Poichè iu tal caso le pensioni agli ope– r.::i i della Ditta Pireti i, che sono elettori del- 1 'on. Turati, sarebbero pagate - tanto per ,om,iuiare / - dai contadini del collegio di Gallipoli. che è rappresentati dall'on. De Viti! Dopo la guerra, se si \'UOIproprio seguire ancora la tattica del /,mio pt, comincia,-,, le pensioni bisogna comù1C1Jrl, dai braccianti del Mezzogiorno, che hanno rappresentato la enor– me maggioranza dei combattenti in trincea. Infine constato che il primo effetto politico della guerra democratica è stato di estendere a. tutti il diritto elettorale. Di esso i contadini e i soldati si serviranno per muovere alla con– quista dei municipii e per rafforzare la lvro influenza nel governo centrale. Di ciò sono lon~ano dal dolenni: anzi mi basterà ricordare che sono antico fautore del suffragio universale esteao anche alle donne, e dello scrutinio di lista, almeno per provincia, o per gruppo di provincie. Deploro che le donne non conquistino il diritto elettorale. Di i:he t: responsabile la democrazia, la quale teme - ma apertamente non dice - rhe la donna diventerebbe stro– mento elettorale del prete: e non pensa che, :se la guerra è stata da. noi voluta per estir– pare la pianta del militarismo ed assicurare la pace duratura, noi abbiamo il maggiore interc!>:,edi organizzare elettoralmente la forza pacifiMa della donna. Comunque ,,i arri,·eremo. In questo vecchio paese dei eompromes:,;i e delle paure abbiamo dovuto procedere a gradi. Per quanto mi :;petta, rammento che nel 1912, pure es)Cndo alla op– posizione, e pure avendo combattuto il progetto d1 legge sulle assicurazioni di Stato. nondimeno dichiarai di votare la fiducia nel Go,·erno. per– chè il suo capo a,·ea prome,:,:,0 il suffragio uni– ve~le. Cosi due sole volte, nella mia vita parlamentare, ho ,·otato la fiducia a Giolitti: una prima \'Olta, nel 1902, quando si trattava di assicurare alla classe lavoratrice il diritto di organizr.azlone; e nel 1911, quando si tratta\'a di assicurare ad e~ un primo passo verso il suffragio uni\'ersale. Due sole due ,·olte ho appoggiato il nefasto uomo di Dronero, le due volte m cui egli captò la libertà mia col pro– porre riforme politiche a favore del proletariato. Il suffragio allargato ai contadini e braccianti non riusci gradito ai s1g,ton· del collegio di Gal– lipoli! Pertanto non ho io colpa se la mia can– didatura trovò tolleranza tra i signori - avver-.. sione tra i contadini! e Certo io caddi nel 1913 per aver \'Otato il suffragio universale. I due maggiori problemi. 1-d ec... ·oci ai due maggiori problemi che nascono veramente dalla guerra: l'w10 di po– litica interna, l'altro di politica estera. L'uno addita a tutti coloro, che hanno vissuto questo tragico momento storico. la necessità di rin– novare la vita pubblica interna: l'altro addita a coloro sopratutto, che hanno vi~uta la guerra guerreggiata, e alle famiglie dei morti, la neces– sità di conquistare. nei nuovi rapporti interna– zionali, la pace durévole. Alla soluzione di questi due problemi la democrazia de,·e far con,·ergerc l'arma del vecchio è del nuovo diritto elettorale. Legge'"o testè che l'on. Turati in un re– cente comizio a M.llano ha detto che noi in– ter\'entisti abbiamo \·oluto e fatto lJ guerra ... contro Giolitti, e che faremo la pace... per Sonnino! La spiegazione per CO:,i grandi avvenimenti storici è alquanto piccina: l'amore del para– dosso trascina l'uomo. Per quel che riguarda la pace dell'on. Sonnino, dirò tra poco. Per quanto riguarda l'on. <,:;iolitti,la verità. è que– sta: che nelle giomate cielmaggio 1915, quando noi si premeva sul Go\·emo, perchè intervenisse nel connitto europeo contro l'aggressione del militari:,mo teutonico, incontrammo sulla nostra via - deciso ad attra\'erSarci il cammino, con ogni mezzo e senza scrupoli - l'on. Giolitti! L'uomo e la sua banda, trascinati fatal– mente da una lunga politica di corruzione e di affarbmo, aveano consapevolmente asservita l'Italia alla Germania, e non erano piò, essi medesimi, che docili 5trmnenti degli interessi tede:;chi in Italia. Cosi si delineacono, per connessione indis– solubile, due fini supremi della nostra guerra: a) liberare la nostra ,•ita pubblica interna dalla corruzione del governo giolittiano; b) abbattere la tirannide del militarismo tedesco, per assicurare la pa,ce durevole alle generazioni venture. ll giolittismo si materia\'a di piccoli, ma diffusi fa"ori personali, che il Dittatore !ar– giva dal governo alla turba dei seguaci. Era una forma tipiça di spoil-system, per eserci– tare il quale bisognava conquistare il potere. E il potere si conquistava con la cormzione e con la violenza elettorale. Cosi tutta la no– stra , ìta. pubblica restava inquinata, per rag– giungere un rcsultato relativamente meschino. L'on. Giolitti, per altro, non a\'ea mai concepito - almeno come sistema di governo - di basare la sua forza politica sulle orga– nizzazioni finanziarie e bancarie. Dalla guerra, invece, nasce appunto questa nuo\'a e pili moderna e più pericolo~'\ fonna di affarismo politico e di corruzione pub– blica. Le indu:strie di guerrn muovono alla con~ qubta dello Stato, poichè hanno bisogno di grossi favori legislativi per continuare a sfrut– tare il paese nel dopoguerra, come l'hanno sfruttato durantr la guerra. I grandi industriali sono legati con le banche, controllano la stampa, la rueuono a servizio di chi è dist>O– sto a servirli. E i nuovi arridsti fanno di questa forza, che ·si offre. la le,,a della 1 loro caniera politica ed anche patrimoniale. Si tratta di una organizzazione bancario•politica perfetta, che opera già nel campo elettorale. I suoi candidati sono facilmente ri<'onoscibili: - nulla hanno fatto per l' inter\'eoto d' [– talia nella guerra; spe:,so l'hanno aweuato; si presentano come dbpcnsatori di fa\'Ori delle banche: affermano che non esiste conflitto tra . l'indll.'ttria e l'agricoltura; dicono che l'Italia de,,e fare da sè. che <le\·e produrre in casa quel che prima importa,ra, anche il ferro cd il carbone che non ha... Il giolittismo è caduto sul Pia'"·e: è stato vinto dal ,·incitori degli austriaci. Spetta ai vincitori degli austriaci e del giolittismo, re– duci dal fronte. di combattere e vincere il nuovo nemico interno. . La pace giusta e durevole. Ecco l'ultimo: ecco il prohlema dei pro– blemi. Pace giusta ,·uol dire rfcono:;cimentq, e applicazione - con le dovute cautele - così ai nemici come ai neutri. cosi ai grandi come ai piccoli popoli, "degli stessi principi, pei quali le grandi nazioni democratiche e parlamentari del mondo hanno impugnate le anni. Ora la pace democratica è minacciata dalle vecchie e dalle nuo,·e tendenze imperialistiche. che si sono da per tutto riacce:,e dopo le grandi vittorie. Di fronte alla "oracit;\ annessionista e do– minatrice dCi giO\'ani Stati nati dalle rovine degl' Imperi degli Asburgo e dei Romanoff, o della Francia, o dei .Dominio,u inglesi, o della stessa Inghilterra. l'imperialismo italiano ha il torto di pre:,cntarsi in vesti alquanto po– vere: sembra il piccolo furto della sen·a. al paragone di quello del banchiere che prende il volo coi danari dei depositanti. Ma ta.nt ' è! Abbiamo avute parecchie disgrazie. L' impe– rialismo degli altri h!I esploso dopo la vittoria, e si è rivolto ai danni del grande nemico vinto. Il nostro è nato prima del!' intervento italiano; e si è rh-olto ai danni di piccoli popoli alleati. alla cui amicizia si legano inoltre interessi vitali dei nostri grandi alleati! Questa è stata l'opera del Trattato di Londra. Il quale avrebbe dovuto restare segreto; e per colmo di guai fu dato in pascolo alla pubblica discusqione, quasi subito dopo la firma ; cosi che la propagartda per e contro l'annessione di terre slave e greche ali' Italia ha pesato per quattro anni come un incubo Ml tutta la nostra azione politica e militare! Non discuterò i particolari di quel trattato. nè dirò la mia opinione personaJe sul modo come dovrebbe e.:;sere modificato nella sua consisten1.a territoriale, nel momento in cui siede la Conforcnza di Parigi. Le modificazioni fanno parte di un tutto, che sarà il Trattato della Pace, e 1>0tranno essere valutate solo in rapporto col tutto. Nè giova, cou la critka dei particolari territoriali, di infirmare in questo momento il valore che ìl Trattato di Londra ha nel fissare il nostro credito complessivo \'erso i Grandi Alleati. Nè il pubblico deve credere che vi sia vero dissenso in Italia circa i e fini nazionali» della guerr, : poichè noi tutti vogliamo che col ritorno alla Patria delle terre italiane del– l'altra sponda, ci siano a:,sicuratc le frontiere terrestri e la posizione militare in Adriatico, che ci consentano la indipendenza !X>liticapiù completa \'erso tutti. /Yoi ,/(bbi'amouscire da qutsta g11trn, pad,qni di sagli"err. la 11ostra politica esterodi doma11/; que– sto è il grande fi'ncJJa=ùmale della nostra guerra. L'assenza di confini militari verso l'Austria ci ha obbligati per 30 anni ad un'alleanza contro natura. Non intendiamo fare rùumciè, eh<:. ci espongano di nuovo a simile peritolo. Ma non dobbiamo neppure commettere errori contrari, che ci facciano, nella ricerca delle nuo\·e frontiere, prigionieri di ialtre alleanze, :t cui dovremmo far sacrificio di interessi pii'1 grandi. Fin qui siamo \utti d 1 accordo. E a parole tutti \·ogliamo anche che il « fine nazionale» sia armonizzato col fine su– periore e comune a tutte le nazioni, quello della pace mondiale giusta e durevole: - fine, che durante la guerra e dopo l'intervento americano è passato rapidamente, l'Cr opera di \Vilson, dal campo delle aspirazioni ideali in quello delle realiz1.a.zionipolitiche. Ma qui cominciano i dissensi; e qui io comincio a parlarvi come uomo di parte. Il primo dissenso verte :;ui metodi più com·enienti per risolvere il « problema nazio– nale». Noi. di parte democratica, pen&i:uno

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