L'Unità - anno VIII - n.9 - 1 marzo 1919

L'UNITA I problemi del dopo-guerra li collegio di GlliliMli ; il solo, i11. mi siuw sfa/e falle le i!lt:WTli politit!u ,ul periodo della 1:eutralild: e furono falle sulla pialla/orma della neutralità o del/' iutuveu/o nella guena: per la neutralità ,m magistrato gioitllùwo. soste1111/o a vi: sitm alz'!_IO dai socio!iiti ujJicia/i; per l'i11ter- 11mto, il nostro amico, on. .De Vili de 1llarco. Fi'1ila la cucrra. t'I collegio di Gallipoli ·è il solo, in c11i fino a questo momento il deputato <Wbia se11tito il dmJert di presen/a,-eapt,· elello,·i, lealmmte., 4 J'i~/,,1ammle, le suè idee stti problemi della pace e dei dopo guerra, i11 queslo discorso, rhe ci sentiamo onorali di pubblicare, come docu– menlo mro rii coraggio e di p,obità. Qunldtt parte, dutiuala ai rapporti personoli e locali fra il depulalo e gli de/torr~ può sembrare, a prima vista, 110n adalla a quuto nostrogiOrnale, che è dedicalb /111/0 ai pr<>Olemi generali dei/,, nostra vita pubhlica. Afa a11che, amii soprolullo,disculmào argomenti ptrSfJnaii e /«ali, un uomod'ingegno e di cosrim:a ka il dovere di lellel'prese11tile lleussilà della vi/a 11n:io11aie e le esigmze del/a propria fede politica,· laddQVt rmdtt i problemi più grandi'osi della vita di ,ma twz1011t:, 911a11do capitano nelle tna11i di ,m polilica11/e volgare, vcngonp sabotali e soffocati dalia preoccupatio"e del collegio e delle det.ioni. Ii discorso lcmtlodai JJe Vili il 30gennai() scorso, ftr 11 metodoco11cui vi sonopresi ti, ton– sidertt::i'one i problemi !oc.alt~ha un interesse di taral~eregenerale, anche ti, 91ullepar1t: chepossono se#lbrarcinleressarc ùm,udiata,,unle i soli e/e/tori del collegiodi Gallipoli. Perdò non·dubitiamo che i ,un/ri lettori saranno conlt1tli' di conoscer/o mila sua ù,teg,:,'/1,. La vittoria. Ringrazio coloro - antichi amici ed antichi avversari - che mi hanno procurata la occa– sione di questo discorso. dal quale esula ogni ani-, t/1/lorale del domani. I problemi importanti del dopo guerra, sono, per noi del collegio di Gallipoli, problemi , dell' avanguerra. È questo un privilegio ·esclu– sivo nostro: poi'chè questo è il solo coUegio– d'Italia, che in sede di elezioni politiche ab– bia, nel periodo della neutralità, approvata la guerra; ed io sono il solo deputato, che sia stato eletto col mandato preventivo favorevole alla politica dell' inter\'ento. Nel mio discorso-programma del 14 marzo 1915, io indicai senza attenuazioni di sorta, quali, dal punto di vista. democratico, fossero i problemi della guerra, che si presentavano allora alla coscienza italiana, e quali i pro– blemi della pace, che oggi si dibattono a Parigi. « La crisi della guerra - dissi allora - <,;: arresta il lavoro, che avevamo pazientemente e iniziato negli anni addietro per sistemare i « bilanci comunali, per costruire edifici scola– « stici, per rafforzare i servizi civili, per co– « stmire ferrovie, tramvie, opere portuarie. « Per una fatale vicenda di cause ed effetti, « la guerra europea, non colpisce solo i paesi « belligeranti; ma colpisce anche i patsi neu– « trali, per i nessi di scambio che oggi colle– « gano tutte le nazioni commercianti; e col– « pisce specialmente 11 Italia per la gran massa '< di emigranti, che han dovtito rapidamente « rimpatriare aumentando all'inumo la disoc– ~ cupazione e il disagio. 41'. In Italia il disagio neppure si ripartisce « con peso eguale sulle varie regioni; ma col– « pisce meno gravemente l'Italia Settentrionale, « dove prosperano, accanto alle industrie col– « pite dalla guerra, anche quelle che a causa « della guerra profittano. Mentre nell'Italia « Meridionale, e sopratutto qui da noi, dove « mancano le industrie fornitrici dcli' esercito « e della marina, il danno prende forma acu a. « Se la guerra dovesse durare tre anni, come ·« molti prevedono, e l'Italia dovesse esser neu– « trale e armata, in fondo al triennio, io non « vedo che la liquidazione economica delle « Puglie. • Eppure questa pu0 dirsi la guerra delle « Puglie ! - è la guerra dal cui risultato di– « penderà in grah parte l'avvenire economico << delle Puglie. « La guerra attuale deciderà se agli Stati t: balcanici sarà. lasciata possibilità di vita na– « zionale e indipendente, o se saranno soggetti « alla influenza politica e commerciale del!' Au– .c stria e quindi della Cennania. I.'.-\u~tria mira « ad asservire al suo sbtcrna doganale, ferro– .e viario e portuale la penbola balcanica, esclu– « dendo Serbia e Montenegro e Albania dal– « l'Adriatico, e imponendo un sistema ferro– « viario da nord a sud, da Vienna a Salonicco, « e ostacolando le comunicazioni ferroviarie « da est ad ovest, dal Danubio e dal ~lar :>J'ero « all'Adriatico. « Questa triplice politica doganale, portuale << e ferro,·iarirt, tende ad assicurare all'Austria « il mÒnopolio economico nei Balcani con esclu– « :.ione dcli' Italia ; e sopratutto delle Puglie, .: che dalla posi7.ionegeografica, dalla vicinanza " e da precedenti storici sono chiamate a pro– << 6ttar di rapporti commerciali e cficultura, ehe, « in regime di libertà, si formerebbero certa– « mente fra gli Stati balcanici e l' l\alia. « È specialmente per le Puglie interesse « evidente che il blocco austro-tedesco sia « sconfitto, che le nazionalità balcaniche fac– « ciano tramontare per sempre la politica del– « I' inorientamento dcli' Austria, che tra noi e « gli Stati balcanici si stringano vincoli di ami– « cizia, che aprano la via alla penetrazione « economica dcli' Italia ucl vicino Oriente. << Nel concetto del Pangennanismo l'Austria ·«è la lunga mano della Germania nei Balcani « fino ali' Egeo. La Turchia è la lunga mano << d:lla Germania nell'Asia minore fino al Golfo «Persico.L'Italia è la lunga mano tedesca nel « i\fedi1erraneo occidentale. · « Tra l'Austria e l'Jtalia perciò, nel concetto « tedesco, non devono esservi rivalità: l'Italia << deve disinteressar~ì dell'Adriatico, e deve « lavorare nel Mediterraneo verso e contro le « colonie inglesi e francesi del Nord-A(rica, « per conto e nel!' interes$C della più Grande +: Germania. « Basta questo per comprendere quali sieno « i rapporti tra not e la Germania rispetto a « Trieste, in questo momento in cui la coscienza « del paese, improvvisamente il!umi.nata dagli « avvenimenti, ha mostrato il s1;10fermo pru– « posito di rivendicare la sua indipendenza di « Stato nazionale e sovrano cli fronte alle pre– « tese del Pangermanesimo. Noi siamo oggi agli « occhi della Germania un vassallo ribelle. E « la Germania più che mai considera Trieste « come il suo porto nell'Adriatico, e considera « l'Adriatico come il suo mare; perchè sola– « mente per Trieste e per l'Adriatico es!1:a può ·«scendere nel Mediterraneo sfuggendo al·con– « trollo inglese. Epperò chi a noi contende il do– « minio di Trieste e dcli' Adriatico, non è più « soltanto l'Austria; ma pil'.1 dell'Austria, ce lo « contende la Germania, « Di fronte a cosi formidabhe nemico, qual'è « la Germania, netto è il dilemma : - o noi « risolviamo il problema politico e militare, in « questo momento con accordi, e sotto la ga• « renzia dell'Europa nel prpssimo trattato di «,pace i o noi diventeremo pacificamente una « dipendenza del!' Impero tedesco! « Pensano, alcuni neo -conservatori, che « nella felice posizione di Stato vassallo della « Germania, godremo di un.a lunga e ben or– « dinata pace, in cui i nen~ici el;terni sararuio « spariti, e i nemici interni - la democ"razia « - saranno tenuti in freno e soggetti. « Invece avverrà di noi quel che già è « avvenuto dell'Austria e della Turchia. Lungi « dal godere la pace beata di un paese che « ha accettato il protettorato straniero, noi « saremo ,m1ilariz=ati e costretti ad aumentare « l'esercito di terra e l'armata di mare, che « sotto la direzione del Grande Stato l\fag– « giore tedesco saranno 'impiegati, non per « difendere Pindipendenza nazionale dell._i. pa– « tria, ma per la conquista del mondo a be– « neficio della pii, grande Gel'mania. « Dirò a grandi linee quali• sono i fini che « la democrazia intende raggiungere con la « guerra. - « Noi vogliamo che l'Italia non esca da « questa guerra europea senza che abbia, ·in « conformità dei suoi interessi, conquistato, con « le anni della diplomazia _o dell'esercito, i « suoi confini naturali ,·erso l'Austria-Ungheria « e nell'Adriatico. A_ garenzia di questa con– « quista, noi non \'Ogliamo che dal presente « conflitto l'Italia esca isolata, alla mercè po– « litica e militare della Germania . « Cl' Imperi centrali hann1J iniziata e pro– « seguita la guerra \'iolando i trattati. i priÒ– « cipi ciel diritto delle genti e della umanità, « la proprietà dei privati, 11onoredelle donne. « la vita dei fanciulli e dei non combattenti. ... '( E noi non vogliamo che questi sentimenti '< barbarici s'impadroni 0 tano di nuovo della « umanità e sommergano In civiltà europea. « Noi vogliamo che dopo questa immane « e folle guerra ~ia assicurata una pace lunga ,~a tutti gli Stati europei, grandi e piccoli. « 'Noi vogliamo che il nuovo trattato di « pace obblighi tutti gli Stati d'Europa a « ridurre le spese militari. « )loi voglÌamo che nel nuovo trattato di « pace tutti gli Stati civ-ili d'Europa si olr ,$. blighino a ridurre gradualmente le barriere << doga.ali. -\ « Noi vogliamo che nel nuovo trattato rli « pace sia ricono,ciuta la libertà dei mari. « ~oi vogliamo che nel nuovo trattato di << pace sia adottato il principio della porta ~ aperta in tutte le colonie appartenenti a• << Stati europei. « Questi sono i problemi della pace futura » (Unità, 19 marzo .1915, riprodotti nel volume La guerra mro/ua). Ho ricordato quanto allora dissi, perchè il corpo elettorale non dimentichi ciò che per e:iSOdovrebbe essere titolo di sano compiaci– mento, di avere doè approvato pre\'entiva– mente il pro$'ramma della guerra antigennanica e il programma della pace democratica. Ora, la vittoria italiana, che è stata la pùì grande villoria della pliì grande grurra, ha con– sacrato ~ bontà della politica interventista. Burocrazia e protezionismo. Avrei creduto perciò - )asciatemi fare questa confessione! - che la vittoria avrebbe suggellato la più intima unione tra voi e me. Forse ho errat0,c Il collegio di Gallipoli, dopo la vittoria, minaccia di sconfessàre la politica dell'.intervento. i\le ne rendo ragione. Il cumulo delle sofferenze morali e materiali sopportate du– rante laguerra pesa ancora sull'animo del popclo. ~[a più pesa la falsa credenza, - da molti in buona fede o ad arte alimentata ~ che causa delle sofferenY.esia stata la 11u,rro italiana, e ·quindi responsabile il deputato che la guerra voluta. Non giudico e non recrimino. Con.stato. Il popolo è stato ingannato da chi ave\'a l'ob– bligo di illuminarlo. La verità. è che <::ausa unica delle isofferenze cli tutti, belligeranti e neutri, è stata la guerra europeae '1,011./iaie. i\la la guerra itali'a.f'a ha lenite le so·fferenze, che avremmopatite e fossimo rimasti neutri. Giac– chè1 durante la guerra mondiale, è stato per ra– gione della nostra partecipazione ad essa, eh; abbiamo avuto l'aiuto del tonnellaggio inglese - negato ai neutri-per il trasporto del grano, del petrolio e degli altri approvviggionamenti d'oltremare. .-\ coloro, i quali mi rimproverano la troppo lunga ass.e•za dal collegio durante la guerra, voglio per ora rispondere soltanto che il do– vere continuo del deputato, in questi anni, era di stare a Ro 0 ma. Le sofferenze delli guerra sono state accresciute dal Governo bu– rocratico. L·opera dei deputati - isolata e collet~iva - si doveva svolgere e si è svolta quotiliana a Roma, dove la burocrazia impe– ra\'a, distribuendo a suo piacimento favori e dolori. Dato il nostro :,.istema amministrativo, in cui si deve ricorrere alla ~racc,...mandazione», alla pressiol)e, alla sollecitazione, non sola,– mente per ottenere l'ingiustizia, ma anche per ottenere la giustizia; - e dato il dispotismo burocratico instauratosi con la guerra; - la funzione del deputato, penosa e logorante funzione, è consistit.t nel fare da intermediario giornaliero fra la burocrazia e i privati e gli enti locali, per una infinita varietà di opera– zioni: concessioni, acquisti, trasporti, riforni– menti, ecc. Su questo non val la pena di insistere. Solo un chiarimento voglio dare sulla que– stiene d~l gra!lo, che più ha appassionato le nostre popolazioni. Nel penultimo anno di guerra la produ– zione del grano fu assai deficiente; nondimeno es~a consentiva un ~onsumo medio di circa 49 250 grammi a tc:.ta, - quanti appunto ne distr;buiva il Govern0. La q~antità era affatto insufficiente per reintegrare le energie fisiche del lav0ratore, che in tempi normali non con• ~uma meno degli 800 e ')00 grammi gior– nalieri. Per prpv"edere alJa dc~cicnza, nulla pote– vano le autorità locali. Nulla poteva il Sin– daco, nulla il Prefetto, nulla il Deputato. Bi– sognava, anzitutto, agire pre,so il GC.1verno in– glese e presso l'opinione pubblica inglese. che diffidava della verità delle statistiche italiane. Eù io ho potuto, anche nella qualità di Pre~idente della Lega Italo-Britannica, inter– ·vcnire presso l'Ambasciatore inglese ; ed I.o potuto incoraggiare una vigorosa <ampagna fatta in Inghilterra dal Timts a mez1:odel suo corrispondente romano, con dati da me con– trollati e forniti. Il mio punto di vbta era que~to: - che dal rifornimento di grano dipendeva, soprat– tutto nel )Ieu~ogiorno, la resisten1,a morale del paese nella guerra ; ciò che rapprèsentava un interesse di prim'ordine per l'Inghilterra e per gli alleati. L'opera di persuasione, a cui partecipai, ottenne il suo effetto. Abbiamo avuto il grano dall'estero. Ma quando abbiamo avuto il grano, la razi(!ne giornaliera nQn è cresciuta ! Il maggior consumo militare non basta a spiegare il fatto. Il cancro era nella fosipienza colposa della burocrazia romana. -""" D'onde la violenta campagna giomali~tica - di cui l'eco C arrivato a voi - fatta dal- 1' Unità contro il Commissariato dei consumi, che . ammassava grano nei magazzini e ve Jo lasciava marcire, ovvero distribuiva la stessa razione ai mezzadri dell'Italia settentcionaJe e media, che avevano tutti la loro provvista domestica, e ai contadini braccianti delle Puglie, che non avevano grano di riserva; - e l'altra campagna contro il Comm. Giuffrida, diven– tato il grande armatore dello Stato, il quale ai piroscafi che arrivavano io salvamento nel primo porto di approdo, ordinava di uscirne per scaricare in altro porto vicino, e li coo– dannava, nella breve rotta nota ai sottomarini, al siluramento sicuro; - e l'altra campagna contro i calmieri, posti a danno .sempre delle noiitre derrate agricole; - e l'altra per iJ libero commercio dell'olio. Nè diversa è stata la mia azione - iso– lata o aS:,OCiataa quella di altri colleghi - i!l altre numerose questioni locali, come per impedire il progettato disarmo deUa ferrovia già costruita, ma non ancora aperta all'eser– cii.io, contro i divieti di libere esporta:Uoni interne. di pesca, e via dicendo. Queste cose ricordo anche e soprattuto perchè dagli eccessi di arbitrio e di insipienza perpetrati dalla burocrazia durante la gu,erra, scaturisce vh'o il problema più urgente del momento: - la lotta contro l'invasione bu. rooratica nella vita economica del paese. La burocrazia- :.i propone di perpetuare nel dopoguerra le carpite e male edemp1utc fun– zioni di armatore, di commerciante, di indu– striale, di agricoltore. Solo per dar la\'oro alla l:rurocrazìa, si erano inventati i recenti moao– j,oli di merci esotiche. L'Opem .Va:ionole pei combattenti è in gran parte un doppione bu'ro– crarico. Sempre per dar lavoro alla burocrazia, al Ministero delle finanze si è deciw di costi– tuire un d,mamO per la coltivazione del ta• bacco, in sostituzione dei pri\'ati coltivatori, per cui si prevede una spesa di u" mili'ar"'1 di lire! La burocrazia non lascerà la preda, se non vi sarà costretta dalla indignazione e dalla insurrezione del paese. La recente crisi, che si· dice determinata anche da disaccordi su questo problema della burocrazia, non ci fa veder.e in alto nessuno sriraglio di luce. I ministri si succédono nu– merosi; ma tra essi manca l'uomo o il mani– polo capace, competente, deciso a liquidare la impresa burocratica che ha fatto bancarotta. I ministri, nonchè dominare la burocrazia, ne sono dominati. D'altra parte i deputati hanno fatto delegazione dei loro poteri al Governo, e aspettano che questi si decida ad. agire. Cosi si chiude il circolo vizioiO, a rompere il quale - ripeto - occorre la pressione diretta del popolo. Dovete insorgere; d?vete associarvi a tutti coloro che insorgono. Il Go,·erno burocratico è una jattura na– zionale, non solo e non tanto per gli stipendi

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