L'Unità - anno VII - n.16 - 20 aprile 1918

80 LUNITÀ Le '' ' ' ' ' anticipaterinunzie • • 'iumo lieti di riprodurre dulia Gazzetta del Po– polo quest'articolo, che chiarisce ·ussui bene la pu– si;ioiic del 11ustro yiornule sull'aruo1,,e11to clell'i11- teso italo-juuosluvu. La Gazzella del popolo ci uveva accusati di propuynure " <.111ticiput1· rinun cie, che non conterebbero poi a(futto nel bitmiclù delle conceuioni, da cui qualunque pace decè pure risulture "· L'articolo, che rtproduc,mnu, ri~polt de a quest'<.iccusu. )Il permetter/I l'amica Direzione di prendere la parola o. pro11osito della breve nota da es~a appo– sto. all'articolo del 11rof. Felice )lornigliaoo, pub· blico.lo nelio. Ga;;ettu del Popolo di mercolcd1 ~cor– DO su Le rayioni dell'intesa italo-jugoslat•a. Dico subilo per i lettori che lo ignorino che ho militato e milito .nel grupp11 dei fedeli u.miw del– l'Unit<!, diretta du.ll 'on. De Vili de Marco e da 1 pro!. Salvemini, e che in quella battagliera rivistn e nella Vita ttiternu;onate, sino u poche settimane or sono dircLta dall'illustre e compianto patriota ed amico B. T. \lonela, ho partecipalo alle pole– miche in lavoro dell'accordo italÒ-jugoslavo e con– tro la tendenza a voler dare alla nostra b'llerra dì nazionalità o cli liberazione integrale dei popoli un (;llro.ttere od una '[)Orlala in contraddizione stri– dente coi principi e colle tr~dizioni del nostro Risorgimento nazionale. Perciò, per me e per coloro che come me han– no sino ad ora _pensato ed agito, io ho il diritto di allermare nel modo più reciso che le " rinun– cia " non entro.no per nulla nel programma da noi propugnalo; lo.nlo meno le " anticipale rinun– cie, cho non contino poi affatto nel bilancio doHe concessionl da c.ui qualunque pace deve \>Ure. r1- sultu.re "· Che· cosa s'intende per rinuncia Non mj soflormo neppure un minuto sopra l'ar· gomento derisorio, che non può trovo.re luogo nella Gaz;etta del J'dpolo, ma che è adoperalo 1al\'Olt.a. dai nostd impenitenti neutralisti e no– st.u.lgicl adoratori dell'oppressione teutonica. in Ha.Ila che per rinunciare ad una cosa qualsiasi, occor;e p/imu. averne l'effettivo godimento e che quindi, noi italiani non possiamo più pensare o. fare nostra la Dalmazio., quando abbiamo il ne– mico In casa, nel Friuli ed in una parlo del Ve– neto. Se l'annessione o.ll 'llalio. della Dalmazia faces– se parte integrante del l)Togra.mmu., 1>er il quale il nostro Paese è sceso in guerra a lato del Paesi dell'Inteso., nessun dubbio che, nonostante le dif– ftcolt.ò. e. le asprezze della g.uerra stessa, terribile e sanguinosa, quel programma dowebbe e po– ll'ebbe essere realizzalo per il valore dei nostn soldati e lo. lealtà. dei nostri allea.ti , serupoloba· mente fedeli agli imvegni che essi hanno assunto -.erso di noi. Non quindi, in questo senso e da questo lato, si può parla.re dl rinuncie più o meno u.nticip«te dcli' Italia. )1u. vi è il trattato del 26 aprile 1915, col quale, di accordo Ira i Governi italiano, inglese, fran– oesQ O quello russo di allora, si è convenuto che, in premio del suo inler\'ento nella guerra, l'Haliu. avrebbe avuto nel nuovo asse~lo europeo il pOR· sesso (articolo V) della " provincia della Dalma– zio. nella sua attuale estensione, incluRe Lissarllm e Trebinje a nord, e inclusi a sud tutti i lerrilon fino ad una linea, che parte dal mare vicino "– Capo Planka (fra Traù e Sebenico), ecc. "· Poss~ convenire che, a primo o.spello, semi,rn una rinuncia l'alto per il quale il Governo ita– liano dicesse 'o.i Governi suoi alleati dell'Inghìl– lerru. e dello. Francia, che esso non intende più esigere da essi il pieno e leale adempimento del Patto di Londra per quello che concerne que~ta parte del trattato del 26 aprile 1915. ·11 Governo russo, dopo il tradimento dei bolsce- vichi, non è più in questione, e gli Stati Unili, co- 8 CO '' me è nolo, 11611 si sono uupegnnti ron l'Jtaliu por que~lo trntialo speciale, ed essi non hunno nep– pure firnmto il l'alto di Londra, che , ictn !orm,ù– mcnle o.i singoli tali allenti 111co11l'lu,io11e d1 una pace separata con lutti o con alcuni dei loro comuni nemici. Anche qui, JICro, occorre non lermnrsi all,L np– pnrcnrn delle cose. Nella sostan1n, non è possibile <li ((Ualiflcare col nome di rinuncia un allo che nessuno impone nè orn, nè poi, al Go,erno it.a– liuno, e che questo' è lil>ero <li fare nel momento che crede, dopo essersi convinto di interpretare esattamente il _ timento spontaneo dello gra11· dis~ima maggioranza della nazi6'1e italinna per il suo maggior bene e per la più ~o.Ida e sicura ga– ranzia della pace futura. La guerra italiana e lo spirito mazziniano Questo e non altro è lo SCOJIO che si sono pro– posto e che perseguono con ardore e co11 succes– so via via crescente i !autori dell'intesa cordiale italo-jugosla\'8, e che, ,sfidando e sfatando le !alsificu.zionJ in buona od in mala fede, risulta di una evidenza inconfutabile dal recente libro su 1..a questione dell'Adriatico, dei professori C. ~laranelli e G. nlvemini. Noi ablliamo, sl, potuto deplorare che sin dal 1>rincipio della guerra scatenata sull'Europa e su( mondo dall'imperialismo feudale della Germania e dell'Austria-Ungheria il Governo ltulhino non abbia meglio e maggiormente inteso lu necessità di informare la sua politico. allo spirito mazzi- 11iano di riv~ndicazione di tutte le nazionalità. opp1·esse e violate. Con ·umi simile politica, invece che colla affer– mazione del " sacro egoismo nazionule "• l'inter– vento italiano avrebbe signilìcalo veramente un appello vigoroso e rolenne alla in;urrezione dPi 110polischiavi ciel dispotismo austriaco e magiaro. Ed è da credere che a quella invocazione fraterna quei popoli avrebbero risposto con uguale cor– cliaJità., stringendo là mano che ad essi si ollriva e cessando di e sere Yiltime delle astuzie dei loro brutali e gpielali padroni, che sono imece riusciti colla mistilicatricè leggenda dell'imperialismo italiano a rendere accaniti e feroci contro di noi i soldati croati e sloveni, che per contro dise.rta– vano a reggimenti interi colle bandiere St)iegate · quando si trovavano di fronte ai russi nei primi tempi della guerra. Purtroppo, il Governo italiano, ligio alla men– talità ed ai sislémi della vecchia diplomo.zia, non avevo. capilo -sin dal principio il carattere essen· zialmente rivoluzionario della guerra, -alla quale esso si accingeva: guerra non di eserciti soltanto, ma anche e sopratutto di civiltà opposte e coz– zanti diametralmente fra clj loro. Cosi è potuto aV\·enire che, mentre con ~ma con– cezione diverso. della guerra e dei suoi scopi na– zionali noi avremmo avuto la possibilità di de· terminare una crisi cU sfacelo rivoluzionario nella compagine interna dell'Impero u.ustr0-ungu.rico, noi abbia.mo invece permesso alla )lonarchia do.Ila sinistra aquila bicipide di continuare, ai nostri danni, l1. suo. l~adizionale politica d'in– ganni e di divisioni, mandando a combattere con– tro di noi in masse ~errate i boemi, i croati, i serbi, gli sloveni, i' ruleni, i polacchi ed i rumem, che essa era costretto. a ritirare in grau rrella dal fronte russo durante la vittorioso. avanzala dei generali Alexe1eff e Brusiloff, solvò più lardi a so tiluire rapidamente quei soldo.li tedeschi e turchi e bulgari, quando essi avevano, per la vi• cin1tnza delle trincee, comincialo o. simpatizzare coi loro creduti nemici e ad invocare insieme a gran voce la pace liberatrice. Ca poretto:e la nostra diffamazione all' estero Co,, ~ succtlsso che uoi avemmo il danno e m , crgogna di Cuporello, meutre, con una fli>lilica di guerra ispirato. ai principi del nostro grande è<I 11111norlale.\Jazz111i, 1101sarcnuno ;.;tali molto pro l.Ju.lnhneme in grado di dclermino.rtl òcn prima tlell'uulunno 1\llì una vasta e !orse <lecisl\ a defe– zione dell'esercito nemico accampato comro di 1101 1,ull'o1>pos1a riva dell'Isonzo già da 1101conqui– stato, quando le , 1ttor1ose 110:,tre u-uppc sì erano u,anzatc t.anl'oltre sulla ,·ia di Trieste. .\la il male non è stato qui tutto. La nostra poliuca 1endemo all'annessione della maggior parte della Uu.lnmzia, e non dei soli tratti di terr1tor10 occu1>al.ida popolazioni 111mag– gioranza jtaltane, e dei punti strategici ind1spen• snbili per la sicura dife!>B dei n°"tri confini no.– turali, in nome di un preteso e fanu,slico diritto storico che nessuno è mui riuscito a precisare io che cosa ragionevolmente consista, ha fallo un danno incalcolabile alla causa delle nostre 'egit– time rivendicazioni nazionali, so1>ralullo in In– ghilterra ed in America, dove non e stato dlflicile alla propaganda germanofilo, nella comprensiJJ· le e scusabile ignoranza dei talli, di intorbi,hre !~ cose e di dipingere il Governo cd il popolo italian > come autentici imperialisti alla muniera tedtl,c., cupidi .soltanto di estendere, per diritto e :>a,·"n ,erso, il loro dominio politico e commercio!.?, a ba.se di privilegio o di monopolio, ed ~ ,1:spe110 delle loro vanta.le origini plebiscitarie, 3:J p:.~,1 , su popoli, i quali, se rosse lascialo ad essi il ,lir•,10 di autodecisione si aflermerobbero In massa com– patto. contro queUc ingiusUlicabili pret-,~•. Fortunatamente, da qualche tempo almer,'>, c., tesla diffa.maziono all'estero dei nostri fini '1i guerra è diventala mollo p;'ù difficile tld •"'S.t s,.r/1, speriamo, presto del tullo impossibile. E' bastalo che la censura, rallent.1.nclo I lr~ni 111aleadoperati, cominciasse col trattare alla. sl•s– sa stregua tutti coloro che nei gior'1-l 1 i 1; :1elle riviste si occupano della questione dcli Ad1iati.! . lo.sciando o.gli assertori del nazionalismo integra• le della buona scuola e tradizione i1ulia11u. ,m poco di quella libertà che tu ,1;mpre la•gamen1e .concessa ai pochi ma rumorosi lautt,r, del 1,el) nazionalismo, che di quello maz:.111:01,0 è :olo la parodia male riuscita, perchè im111><l1atnmente s• stenebru.sse l'orizzonte politico int •rnaziu11ale ~11! le ragioni e sugli scopi della ·10~1r.L !'IMr1·a e pu · chè si producesse in Italia un la• ~o p ~alul'ìre mo\'imento cli opinioni popolari in favor• d, ll.1 nostra cordiale intesa cogli slavi ddl Su 1, 1>er fa– vorire la loro unione no.zionRle e p,'r assic·..rare, mediani.e uccordi informati ui ccm1111iprlnl'ipì di •libertà e cU giustizia, la leco11-i,L e cl>irèvolt con– vivenza delle due nazioni relleme P -r.rellP. sulle opposte rive dell'Adriatico lib1;r,1l'l prr st·m1,,·r dai voli dell'infesta ed esosa n r-1iln bicipite. - La nuova politica italiana Ora.mai il Governo italiano è entrato nella via di queslu. nuova politica, che è la vera e la buona. Ne fanno fede i recenti colloqui del presidente del Consiglio italiano on. Orlando, a Londi·a pn– ma e poi a Roma, col presidente del Co11lit.ato jugo-~avo, dotl. Ante Trumblc. Di cotesti colloqui ci sono ancoro. ignoti i pHr– ticolari ed i 1>recisi risultati, ma sappiamo che es– si sono stati impronto.li o.Ila ipiù grande cordialità o ad un tono· nuovo di reciproca fiducia, il quale ci è garanzia che si arriverò. presto, sollo la prcs sione della volontà. po110lare, ad un'equa e soddi– sfacente soluzione di tulle le questioni le!'l'iloria– li dell'Adriatico, col rispetto del principio di na– zionalità non solo per le maggioranze, ma anchP per i piccoli gruppi di popolazione che, necessa– riamente, dovranno essere inclusi, se 'italiani, nella futura Jugoslavia, e, se slavi, nell'Italia in- •

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