L'Unità - anno VII - n.5 - 2 febbraio 1918

zione dell'universo: perché sfiderebbe contempo· raneamente il suo vicino dell'Adriatico, e la Fran– cia e l'Inghilterra nel Med'ilel'l'anco, o almeno wia delle due senza essere alleata dell'altra, e si met– terebbe cosi nella necessità di difendere contem– poraneamente tutte le sue coste; inoltre invece di badare ai fatti suoi nei mari vicini, abbando– nando a sè le colonie, manderebbe in giro le ·sue torze navali ad assicurare· le comunicazioni co,1 esse; e come se ciò non bast.asse, manderebbe anche delle squadre di manovra {al plurale) in Oriente! Stabilire una· ipotesi strampalata di que– sto genere per dedurne che l'Ilalià ha bisogno di occupare tutte le coste adriatiche per non dovare più pensare alla ditesa di questo mare, e per poter pensare comodamente a battagliare con trò tutto il resto del mondo, è come buttarsi giù d'.l. un quinto piano con la paura di prendere un9 storta di piede nella caduta. , Quando si dice che l'Italia deve cercare le ga– ram.ie della propria sicurezza s-ulla costa orientale del medio Adriatico, si dice il vero. Ma il medio Adriatico ha tre l'inee di costa: una linea esterna, costituita dalla serie delle isole forane~. una linea interna, costituit.a dalle coste del continen\~: una linea mediana, costituita dalle isole che sono · interposte fra le isole foranee e il continente. LJ garentie neces·sarie all'Ilalia sono nella linea dell~ isole foranee, non nelle linee più interne. Quand•J l'Italia possegga nelle isole foranene le basi :odi spensabili per sorvegliare gli sbocchi dei cana t, e intercett.are dai punti di partenza e costring~rc <· a: battaglia quelle forze che fossero uscite al largn per minacciare le coste e•il movimento maritlim,, italiano, non le sarebbe nè lecito nè necessario chiedere di più. Nè lo Stato dell'altra sponda sarebbe mi11r,,•. ciato, in alcun punto vitale, da queste occupi\• zioni italiane: perchè le basi italiane servirehoero solamente ad impedire al naviglio oriemal~ d~ uscire · dall'aTCipelago per disturbare il medio Adriatico, come .Pola e -Lussino-Chérso garantl– reb-bero la sicurezza dell'Italia· nell'alto Adr'iatico: mentre il dedalo delle isole interne, che rimar1·eb– bero alla Slavia insieme con la costa continentale, costituirebbe sempre un ostacolo insorm!'111ahil" per quelle forze italiane, che pretendessero 1a~– sare dalla difesa all'offesa: e solo un ammiragl•·•, che avesse perduto l'uso della ragione,' o~e-·rbrie arrischiare il suo naviglio in quel lnbiri'lfo i11si– dioso e inespugnabile. Chi sappia leggere certi documenti i:ttlciali .:> ufficiosi, in cui la diplomazia lrn l'abitudir,~ JI lasciar piuttosto nel vago i limiti dei programmi governativi, non può non riconoscere che la let– tera dell'Ammiraglio Thaon di Revel, pubblicntr, nella Renaissance del luglio 1917 e riprodotta sui giornali italiani del 1° agostq, è lutt'a.Uro che 1:1 contra.sto con quanlo noi affennia.mo . li pnss'J cli questa lettera, in cui il problema. milit.are d~I medio Adriatico è trattato, dice precisamente cosi: " Vedete le nostre dreadnoughts! Esse ~ono chiuse a Taranto, poichè noi non possediamo sul– l'Adrintico un porJo a!Joostanzn grande nè abba– stanza profondo per contenervi una forte squa– dra; mentre l'Austria eia Pola esercita il suo im– perio su lutto l'alto Adriatico; da Sebenico e da Spalato su tutto il medio Adriatico; da Cattaro su tutto il basso Adriatico fino a Corfù. Inoltre cia– scun canale, ciascuna isola e, specialmente te Curwlari, posseggono eccellenti poi:ti )per ·unU– numerosa e potente flotta. Così l'Austria è la pa– arona dell'Adriatico, a malgrado l'immensa in– feriorità della sua flotta, se la si paragona ,L quella dell'Italia e delle sue alleate la !Francia e l'Inghilterra. L'Austria 1>uò, in qualunque mo– mento le piaccia, fare uscire le sue navi da qual– siasi punto della costa magnifica, che essa ci ha sirap1> !l.ta : e noi non abbiamo neppure 1.,·!1- p~r/.o solo, noi " un solo porto ", dove porre tn sic1t– re:;a le nostre navi di grande tonnellaggio. Men– tre la costa italiana da Otranto a Venezia è tuttfi. quanta bassa, sen;,.a porti, senza rifugi, esposta a vento del nord, le Curzolari e la Dalmazia - lo ripeto - offrono numero i e vasti punti di ri– fugio, dei porti meravigl_iosi e la. pos_sibilità di navigazione interna al rtparo del cattivo tempo. Dovunque si trovi una nave austriaca nell'Adria– tico, essa può incontrare un rifugio, percorrendo– qualche miglio e raggiungendo i numerosi ca.na11 interni. Invece, dovunque in Adraitico si trovi una nave italiana, essa non può inconti:are altro rifugio, tranne che a Brindisi o a Venezia, nostri soli porti militari naturali. Ma. Brindisi e V~nezia. n neo L'UNITÀ sono separati l'uno dall'altro da 1300 chilometri, e non sono che difficilmente pratica'bili per e grandi navi moderne. Le Cui-wlari coslituisconu, per cosi dire, un ponte di passaggio tra In Dal– mazia e l'Italia, e questo ponte è_ intieramenle in potere del nmnico che a suo r>•acimcnto puo starvi in agguato o tentare un'aggressione. Esso 1>uò scegliere il momento dell'attacco, può sce– gliere il luogo dell'attacco, e ritiral'si prim11 tli essere inseguito perchè da •Bl'indisi o da Venezia noi dob)Jiamo perorrere una ll:istan:ci che 71ennet/.e xem])re agli Austriaci d'eclissarsi ))dm.e, <L'essere rnaaiunt'i. Nelle alte montagne delle isole Curzo– lari ogni cima è, di più, llll eccellente semaforo donde 'si domina il mare. Da.I litorale italiano, al contrario la. vista. non si estende che a qualche miglio di distanza. Cosi per essere informali di quel che avviene in mare, l'lt11lia deve costante– mentè mantenere delle unità in vedetta 11. Quando l'Italja avess-e Pola, Vallona e le isol~ foranee ,convenienti nell'arcipelago dalmata, ,1 problema. delineato dall'ammiraglio 'italiano a· rebbe risoluto. Sarebbe, poi, estremamente desiderabile che i Governi dell'Italia e della Sia.via futura, non sol'l sistemassero i rapporti territoriali, ma proce<les· sero addirittura a una vera e propria alle11ma con annessa. convenzione militare, effetto del\a quale sarebbe che la tutela. dell'Adriatico spe:·.~· rebbe a'1l'Italia, mentre la Sl11via si cl'istribuireblie coll'Italia il compito della difesa della linea delle Alpi e. Ora.va. verso la. Germania. In questo caso, la Slavia rinunzierebbe ad ogni armamento ·sulle sue coste, e l'Italia concentrerebbe le sue precau– :r.ioni militari a Taranto e a Vallona. L'Adriatico diventerebbe una specie di mare noutralizzato, e l'Italia non avrebbe nessun bisogno di forliflcare le posizioni interne. Se, però, il buon accordo frn Italia e Sia.via venisse mai a mancare, allor11 I I– talia si lroverebb~ perfettamente garentita. dal nuovo assetto territoriale. Probabilmente un accordo su questo punto ~ assai meno difficile che a prima visla non si sia portati 11credere. Il Ministro serbo, Signor Pascir., nellà intervista concessa !!I Times del 3 aprile 191G, 1111 eletto esplicitamente che « la Serbia compren'. « dc e accetta la domanda italiana per una , u· « premazia nell'Adriatico~•· E nelle dichiarnzioni fatte al Direttore del Novoe Vremua ciel 16 mag– gio 1917, ha spiegato: « In che consistono i nostl'i " desideri? Nella. Jiiberaz;ione dei nostl'I fratelli " Serbi, Croati e Sloveni. Naturalmente, noi da– " remmo una garanzia ver gli in/eressi prevalenti " dell'Italia nel mare Adriatico. Quali punti, ooi, « in quel mare l'Italia dovrebbe possedere, affln " chè codesta garanzia rie!,Cn efficace, di ciò ~1 « disc1!terà fra noi più tardi 11. E anche il Signor Rislic, ministro serbo a Roma, l111dichiaralo: « Noi certamente, non farnmo questioni di cin quecento chilometri di più o di meno, se il con– flne sia a Trieste, o a Zara, o n Spalato, o a Cattaro, o 11 Durazzo. Importa l'ncco1·cto pc,· la ùifesn contro il comune pericolo 11. Esiste, d11n– q11e, su questo terreno u11a volontà d'intesa. Sla– hilit,, questa volontà volit-ica, il determinarne le condizioni militnri di.venta semplice problema tecnico, su cui deve essere facile venire a unn {·onclu~ione, dato che i tecnici dei due paesi ab– hi11no dai rispettivi governi istruzione di mettersi d'ncrordo in buona fede. C. Maranelli e G. Salvemioi Le spese di ques~ giornale devono essere pagate · interamente dai lettori di esso, affinche risulti, a noi per i primi, che l'opera nostra non è cam– pata in aria, ma risponde a un bieogno reale di gruppi, abbastanza numerosi, del nostro paese. Se il disavanzo fiaanziario ci dimostrasse ,che l'opera nostra non è efficace per man– -canza di una larga base di consensi at– tivi, noi ci rinunzieremo senz'altro. E a -dimostrare questa larghezza di consensi altrui, non c'è che un modo solo: abbo– :narsi e procurare altri abbonati. 25 Il Terrore Quando si studia la gra.nde Rivoluuione fran– cese, si rest.a inorriditi da.van~i al periodo detto del Terrore. Storici come )I Cassagnac e il Taine, lo d,ipingono con tali foschi colori, che ne restiamo oggidì ancora terrifica.ti . .Eppure uno storico e uomo di stato di grande valore, come il Thiers, a mezzo secolo appena dal 'l'errore, scrivendo la celebre Jiistoire e/e la Révo– lution Française, riuscì a giustificarlo. Non par– liamo nè del BJanc, nè del Michelet, nè dell'E– squi1·os, nè dell'Hamel, storici montagnal'Cli, i quali addirittura. lo esaltano, nè del Carducci, che lo ha cantato e decantato. ·Per comprendere certi periodi storici non con– ,viene !)l'endere il ca.nocchiale dalla parte che al– lont.ana. Molte cose si spiegano, mettendoci nei panni degli attori, che non ~bero tempo i più di scrivere le proprie giusliflcazioni, e la. loro storia la. scris.sero i nemici. Bisogna immaginarci che cosa era la Fìrancio. in quei giorni., La testa del re era rotolata sul palco ferale; l'Europa reazionaria si levava tutta in armi contro la rivoluzione; invaso il paese, Bru'hswick minacciava. con un manifesto d'impic– carn ogni ribelle; e i giornali monarchici, coi loro ade1>ti, invocavano lo straniero per rimettere, col– l'ordine, la dinastia.. La.' Francia si vide per un momento perduta.. · Allora ebbe il coragipo della. disperazione, anzi della paura, ed ecco il Terrore. Se Parigi, vedendo il re debole ambiguo con– s1>iratore, era diventata repubblic~na, le pr~vince erano rimaste {perchè lontane) tutta.via monar– chiche. La Bi·etagno., 111Vandea insorgevano, la Gironda.· minacciava. con le sue idee federative di disunire la Francià. r• nobili, fuggendo, insegnavano ai proprii sol– dati (perchè non solo comandavano, ma ero.no padroni dei reggimenti) a non combattere. Il ne.– mico trovava nei firancesi stes.si , come a Li~ne e II Tolone, l'invito a soffoc11re 111Franci11. Dap– pertutto si fiutava il tradimento. Si ha un bel predicare i ,buoni costumi a cento anni di distanza.; ma quando una nazione si trova in consimili disperatissime condizioni, è impos~i– bile che l'istinto della conservazione e lo spirito cli rappresaglia non insorgano. )Iolte teste caddero. Ma il Terrore bianco dei Borbonici tornati nel 1814 - terrore fatto non per salvare la po.tria, bensì per furore di pa;·te - non ne fece cadere meno. ,J .o ,spettacolo da.lo dalla Francia monarchica, nell'invasione del 18H e del 1815, guado non ci fu ba sezzo. che dal rP all'ultimo dei suoi aderenti non si ususFe l'erso lo straniero, non fa tel'rore, fn schifo. ,La rivoluzione itali11no. non hu macchia di san– gue cittadino. Mn però tmppo indulse a tutti i voltacasacca. Quanti nei l81t8, nel 1849, nel 1859. nel 1860, ernno st11ti con gli nust1faci, coi Lorena, coi Borboni, col Pap11, furono, non solo accolti, ma anco1· premiati dal nuovo Regno. Ben pochi erano stati a far l'Italia; i ·più In In ciarono fare; in molti, in troppi però si son trovàli dopo 11 mangiarsela, secondo scrisse Massimo d'Azeglio. Quest'esempio hn dato i suoi frutti; indulge.n1.e di carattere, tolleranze çolposo, che a lungo a,1- clare i .popoli espiano sem1>re. Se non avesse avuto il Terrore, ma. avesse con– segnato se stessa agli emigr11li e n1>orte le oorte all'invasore, il popolo francese non sarebbe quel o che oggidl è ancora: il 1>opolomartire, lott11to•e per ogni ideale, per la libertà del mondo. Il Terrore non~si giustifico., si spiega. Non si npplaude, si comprende. Quando vedelc un11 ctb· bietta, sorda propagand11 ino~ularc il veleno n~ gli animi, suscitando all'interno del p11cse la ri– l'olla, e la fuga all11 frontiera; quando vede~ 1 flgli trafficare l'onla. della propria madre, avete un bel <"pensa.reche siete d'uno stesso sangue· appunto perciò il sangue vi dà un tuffo, e l'a– more si cambia in odio, implacabile, inesorato. Allora quello che non si può ottenere colle buone, i forti, che vogliono salvare gli alhri con sè, lo impongono colla. forza. La paura dei deboli si chiamo. resa a discre– zione. La paura dei forti si chiama Terrore. T aocrcdi Galimberit.

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