L'Unità - anno VI - n.19 - 10 maggio 1917

1estero, O volete darvi il gusto di consumare so– i~mente concimi nazionali, pagandoli più cari dei concimi esteri ; e allora dovete adattarvi a cnncima:r meno le vostre tene, cioè dovete con– tentarvi ctl una minore prod·uzàone agl'icola; cioè invece di impl)rtar concimi dovrete impo,·– tar più arano e 71iù bestiame: càoè invece di lllandare all'estero 41 milioni, dovrete mandarne molti di più. Ai fab'bricant.i di conoimi questo ,Poco importa: basta ad essi di assicurare ai loro azionisti, me- Lo spauracchio « Dumping » - parola di colore oscuro, che si sente ripetere con voce tremante della paura da lutti coloro, che... non sanno di che si tratta. La politica è pien·a di queste parole magiche desti– nate a suggestionare gl'ingenui: devono essere parole di significato ignoto e aventi un suono piut– tosto cupo: se sono straniere, meglio ancora. SJ)iegnte a un bottegaio che il dum71iny è la svendila dei propri <prodotti, che fa un'impresa, la quale cerca di farne fallire un'altra, costsip– gendola a vendere a prezzi non remùnerativi o a rimanere senza clienti. Il bottegaio vi dirà subilo che questa facce11da si è sempre fatta da che mnn– do è mondo: egli per il primo, quando aprì l<l sua bottega, vendette in perdila per qualche tem– po alcune merci per allargare la clientela, e cosl sbancò il u collega», che ave,·a la bottega cli fron– te e dovè chiuderla: fece ciel dumping. E se fra due fabbriche, le quali producono le merci che egli vende, ce n'è una, che fa il dumping contro l'al– tra, egli si affretta a comprare quanta più merce può da quella che fa il dumping, perchè sa che "il gioco non può durare a lungo: o p1•ima o poi ri– tornerà, in un modo o in un altro, lo stato norma– le, E se voi gli dite che quel che egli fa è u11mn– le, vi ride in faccia. E se gli dite, che la la:bbrica che esercita il dttmpina fa male, egli vi riirà che chi ~i contenta gode; la fabbrica la quel che crede, e lui ci guadagna. Solo se il dttmping fosse fatto contro cli lui da un nuovo bottegaio, che gli aprisse una nuo\'a bottega di fronte, monterebbe in bestia. :\la allora voi lo piantereste in asso, e andreste ad appt·o– fittare ciel dumping del suo avversario. :\la i propagandisti del protezionismo, o nazio– nalismo economico che dir si voglia, non hanno l'abitudine di ra,gionar chiaro, come ragiona un bottegaio, che non sia minacciato dai dumpi11r, di nessun altro bottegaio. Per essi il dt1mping ~ unR nuova colossale, diabolica, mostruosa inven– zione di guerra. Da na <parte esa.ltano i meriti della protezione, i quali, ponendo ogni nazione in grado di fa~e da sè, permettono di far fronte alle necessità della guerra· malgrado la chiusurn di ampi mercati; dall'altra: accennano solennemente alla necessità di prepararsi n resistere ad una oscura minaccia economica, che a !)ace conchiu– sa, la Germania starebbe preparando. La minaccia, per quanto si può rilevare dalle Crasi piuttosto velate e sibilline dei profeti del "più grande protezionismo », si svilup<perebbe con un attacco combinalo. La Germania venderebbe, o per meglio dire svenderebbe immani riserve di prodotti accumulate nei· magazzini durante la guerra, inondandone Tutti i mercati, rovinando le industrie dell'Intesa a colpi di dumping: que– sto 420 tedesco della pace. E nel contempo cree– rebbe una muraglia cinese di dazi insuperabili, dentro cui vivrebbe e crescerebbe un organismo piuttosto ibrido, detto la « Mille! Europa"• il qua– le risolverebbe la quadratura ciel circolo econo– mico, consistente nel vender mollo, ~rnza compe– rare niente. Esam inanelo questo preteso pericolo, iI Ca.bia– li iJ1 un interessante volume I problemi {lnan:ia– ri della atterra, Roma, Athenaeum, 1916, comincia con osservare che non troviamo mai esempio che tutta una industria di una nazione sia stata di– strutta dal "dumping" esercitato contro di essa dall'industria cli un'altra nazione. Qualche fabbrica si chiude, che era male orga– nizzata, in entrambe le nazioni; altre si rinnovano, altre nuove ne sorgono, in entrambe le nazioni. e 1noBianco . L'UNITÀ dianle la protezione doganale, un lauto dividen– clv annuo, dopo avere pagati i giornali e i de– rutati che hanno l'ufficio di difendere «i diritti deLl'industria nazionale». :\la agli agricoltori la faccenda deve interes– sare assai. E bisogna che essi si sveglino in tem– po per rnsistere all'assalto, che i !.,riganti del •protezionismo industriale preparano contro la loro borsa e contro il ,vrogresso agricolo ita– liano. del " dumping ,i li «dumping" non è che una delle infinite for– me della concorrenza, e produce tutti i resultati, JHevalentemenle benefici, della concorrenza: pro– gressi tecnici e buon mercato delle merci. Un'in– chiesta ufficiale inglese ha dimostrato che l'im– portazione deprezzata di materiali metailici dal– la Germania e dagli Stati Uniti non aveva clan· neggiato gran fiitto i produttori na2ionali. Ed è naturale che sia così. Un sindacato imlu– striale, che abbia un eccesso di ,produzione, può p'l·oporsi cli vendere all'estero una parte di que– sta sovrapproduzione a prezzi inferiori al costo, ma non può estendere una tale svencUta oltre ad un certo limite per non incorrere, tutto compre– so, in perdita. D'altra parte, tale svendita, determinando una diminuzione dei pirezzi sul mercato, in cui si eser– cita il «dumping», vi eccita anche una maggiore domanda: di fronte a questa chi esercita il « dum– pin\; » non può continuare sempre a svendere, se non vuol fallire, ,ben presto deve ritornare ai prezzi di prima, e cosi si ristabilisce !'equilibrio. Quando giunge ad uno di questi « angoli mo,·– ti " della sua azione, l'industria estera, che eser– rita. la svendita, si accorge che spreca le munizio– ni, e allora I)referisce rinunciare alla lotta e veni- 1·e a palli con l'avversario. La lotta intentata. dal potentissimo sindacato te– desco dei<'acciaio contro l'esigua sideru~•gia ita– liana ce ne dà una riprova. Quel sindacato aveva spinto, tra il 1908 ed il 1912, la sua. lotta a tal 1>unto, da vendere i formeisen e ferro in Italia a 75 marchi la tonnellata mentre ad Anversa li vendeva a 110. Nonostante il continuo e fortissi– mo ribasso dei prezzi, l'esporlazione tedesca di tali prodotti in Italia anelò sempre dimiJrnendo, mentre saliva la produzione conispondenle delle fabbriche italiane, finchè nel 1913 il sindacato te– desco strinse con gl'industriali italiani il noto ac– cordo, col quale si impegnò a non vendere in Ita– lia ad oltre 5 marchi la tonnellata sotto al prezzo che adotta negli altri paesi ed a non espol'larr neJ regno più di 37.000 tonnellate all'anno. L'esP.rcizio del «dumping» non solo trova J,, "" stesso una limitazione della propria efficacia; ma riesce anche pericoloso per chi lo esercita. I pro– dotti, infatti, dei quali più comunemente si ra la svendila sui mercati stranieri, sono i semila– vorati, che servono alla fabbricazione di merci più complesse. Tn lutti questi casi il «dumping" funziono co– me un premio alle iadustrie estere che utilizzano come materia prima i prodotti S\'enduti: cloe que– ste industrie sono messe in singolari condizioni di la,•01·e a tutto sca'pilo delle_ industrie analoghe ciel pae'Se che fa il «dumping"· Così l'industria belga del ferro in flli acquistava prima della guerra l'acciaio tedesco semi-lavorato n 71,marchi la tonnellata; mentre le fabhriche te– desche di fili non poteva.no acquistare l'acciaio che a !JO marchi la tonnellata. La costruzione dei bastimenti per la navigazione sul nena è passata quasi interamente in Olanda, pcrchè le fabbriche tedesche di lamiere pesanti' vendno questo prodotto in Olanda a prezzi più bassi di quelli praticali nell'interno della Ger– mania. :\lentre la Germania sopporta forti sacrifici per creare l'industria delle costruzioni navali, i can– tieri inglesi si avvantaggiano dei prezzi di fa\'ore, a cui la siderurgia t.edesca fornisce loro molte ma– terie prime. 147 L'industria metallurgica olandese deve tutto li suo s\"iluppo recente ai prezzi bassissimi del ferro e ciel carbone tedesco. Queste conseguenze, che sono state chiamate « la nemesi ciel dumping ", hanno sempre suscitato le più vivaci proteste degli industriali dei paesi, dai quali parte l'esportazione deprezzata delle ma– terie prime e dei prodotti semilavorati. Le richie– ste ufficiali latte in Germania, in Austria, negli Stati Uniti, sono piene di queste lamentele ed ac– cuse de-gli industriali contro i loro connazionali che esercitano il « dumping » sulle materie prime, organizzando « una protezione d_~I lavoro stranie– ro contro il lavoro nazionale ». il' tali. lamentele hanno spesso obbligato i sindacati delle industrie esercitanti il « dumping » a corMpensa.re le indu– strie connazionali danneggiale, istituendo in loro favore dei premi cli esportazione, che pesano gra– \'emente sui loro bilanci, senza ottenere l'effetto \'0luto. :\la non è questo soltaJ1to il pericolo che il « dumping » rappresenta peT l'inl),uslria che lo esercita: un· altro e più grave pericolo è quello della reimporlazione. Nel caso, infl,tti, assai fre– quente in cui Ira i prezzi all'intern.o; ed i prezzi a Il'estero vi siano clif1erenze pari aI zip e al 30 per cento d.el valod·o, può succeçlere ber,i(-Simo che i\ compratore straniero abbia il s;uo tqrnaconto a reimportare nel paese di ong111e i prodotti ac– quistali all'estero sotto costo, facendo concorrenza all'industria esportatrice coi suoi stessi prodotti! Ad evitare un tale pericolo occorre' non solo che il paese esportatore protegga quell'industria con un dnzio pari al 25 e al 30 per cento del valore, ma anche che i prodottori noi1 utilizzino completamen– te questo dazio per aumentare i prezzi di vendila all'interno: cioè viene a mancare loro quel guada– gno, col cui aiuto possono svendere all'estero. A parte il patto, che l'azione del " dumping " trova un limite in sè stessa e molto spesso si ri– torce in danno del l)aese che lo esercita, il Cabia,. ti dimostra come i rimedi, che si propongono con– tro il « dumping " anecano danni permanenti <1ssai più gr:1\'i di quelli che alle vendite sotto– costo vengono attribuiti. I protezionisti propongono un dazio di com– pensazione o cli ritorsione, da stabilirsi caso per caso sui prodotti che vengono importali con lo scopo di svenderli, eguale alla differenza che c'è fra i prezzi cli \'endila nel paese d'importazione, e il prezzo di vendita nel 1>aesedi origine. r-Ia è un espediente, che si può facilmente eludere: basta che l'importatore metta sulle Iatture prezzi -eguali e magari maggiori cli quelli di origine: chi riceve la merce può essere un 11.genleciel produttore, che dopo a\'erla imr)Ortata può venderla a prezzi di– \'ersi da quelli della fattura, e magari regalarla! Più pratico ed anche più efficace potrebbe ap" parire il sistema di stabilire dazi di compensazio– ne permanente e di misura allissima unica, qua. lunque sia la provenienza del prodotto di cui si vuol impedire l'importazione a prezzi di « dum– ping)), :\la un tale dazio, se raggiungerà sull'istante lo scapo cli far cessare quella tale importazione, si trasforma senz'altro in un nuovo dazio protetti \'O, cli cui le industrie protette sono indotte a va– lersi per elevare ulteriormente i loro prezzi. Ed ecco che l'elevamento dei prezzi interni in conse– guenza della protezione permanente, permette al– l'industria estera di ritornare a tentare In sven dita. Per chiarire bene la nostra idea, supponiamo il caso cli due merci che abbiano in llalia e in Germa– nia lo stesso costo di produzione di 100 lire la ton– nellata, e di cui l'industriale germanico voglia fa– vorire l'esportazione in Italia vendendo a 90 lire. Contro questo tentativo un dazio " compensatore » cli 10 lire costituirà. una sufficiente difesa, flnchè i produttori italiani non elevino i prezzi, ma ilgior no in cui essi ne approfittino per vemlere a 110 quello che in Germania costa 100, il produttore tedesco potrà ripetere il tentativo vendendo a 100: il dazio « compensatore " sarebbe stato uti– le proprio a lui! Sarebbe questo appunto il caso del nostro pae– se, dove la dUesa contro il « dumping " è invocata con tante strida con l'unico scopo di 11ltenere per questa via un inasprimento della protezione. g. I, .,

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