Una città - anno III - n. 19 - gen.-feb. 1993

Democrazia e dlrlHo possono convivere con il principio della rappresentanza etnica? Quale retorica si nasconde dietro la riscoperta delle origini e l'orgoglio razzlale? Ce ne parla Alessandro Carrera Alessandro Carrera, scrittore, attualmente è visitingprofessor presso la McMaster University di Toronto, Canada. Il Canada è, come gli Stati Uniti, un paese democratico e multietnico, ma quali rapporti ci sono fra democrazia e affermazione della etnicità, della razza? E' un luogo comune pensare che razzismo e democrazia siano inconciliabili e che la democrazia, se ben applicata, ci salvi dal razzismo. Io non sono tanto sicuro che sia così. Questo perché non si è chiarito se intendiamo la democrazia come il bene supremo cui riferirsi, astorico, che è stato sempre uguale nei secoli, oppure se anche la democrazia sia un sistema come gli altri, coi suoi limiti, che può nascere e può morire. Dalla non comprensione di questo problema possono emergere delle forme di "razzismo democratico", di discorso razzista che si presenta con tutti i crismi di una scelta democratica.Un razzismo molto difficile da combattere se non si hanno ben chiari i limiti storici e concettuali della democrazia. La democrazia è nata ad Atene come riorganizzazione del territorio, ma non è nata democraticamente, bensì con un colpo di stato per porre fine ad una dittatura. Una delle più potenti famiglie ateniesi, gli Alcmeonidi, ha imposto, con l'aiuto di una consistente parte della popolazione, la fine di una trasmissione del potere. • • no, non siamo etnici, etnici sono sempre gli altrl Da una trasmissione di tipo oligarchico, in cui il potere si trasmetteva in linea verticale per famiglie che guadagnavano la loro autorità dalla discendenza di sangue, si è passati ad una divisione e trasmissione del potere di tipo orizzontale. La città è stata divisa in quartieri artificialmente delimitati, i "demos", che prima non esistevano, e i voti sono stati divisi in base a questi, non più in base alla potenza della famiglia. Con questa riorganizzazione del territorio si è stabilita una partizione per cui ciò che è democratico pertiene ad una orizzontalità, e ad una divisione convenzionale, del territorio: tanti voti in un quartiere, tanti voti per essere eletti. Interrompendo la trasmissione del potere per via familiare, quindi per via etnica, c'è, in un certo senso, un impensato della democrazia, una cosa che non vi può trovare posto, ed è l'autorità che viene dall'essere di una certa famiglia o di una certa etnia. Questo siste.ma ha funzionato, in Occidente, con la repubblica romana, pur con certi limiti, ooi con le democrazie modemè, perché tutte le società europee sono estranee al concetto di· etnia. Noi non pensiamo di essere etnici, per noi "etnici" sono sempre gli altri; negli Stati Uniti o in Canada, che sono paesi di emigranti, gli anglosassoni non considerano se stessi "etnici", tutti gli altri sì e questi altri spesso accettano tale divisione. Finché la società europea si è potuta basare su questa presunzione di non etnicità, la divisione orizzontale del territorio ha potuto funzionare, ma, quando di fronte ad una popolazione che presume di non essere etnica ci sono altri che invece devono definirsi tali per distinguersi dalla popolazione dominante, e per giunta si fanno forti di questo loro essere etnici per rivendicare una posizione sociale, ecco che democrazia ed etnicità entrano in conflitto, ci sono livelli in cui non sono più compatibili. Quando in una società le minoranze etniche chiedono di essere rappresentate in quanto tali, non in quanto cittadini, all'interno delle forme di rappresentanza democratiche, allora si ha la contraddizione fra l'organizzazione convenzionale della trasmissione del potere e quella verticale per linea di sangue. Un esempio molto semplice è dato da un caso che ho seguito quando abitavo a Houston, in Texas. Si trattava di cambiare il sovrintendente scolastico, corrispondente al nostro provveditore agli studi, che negli Stati Uniti è una carica elettiva. Il sovrintendente si occupa delle scuole pubbliche che naturalmente sono scuole povere, frequentate dalle classi meno abbienti, che poi sono le minoranze etniche. A Houston c'è una maggioranza di ispanici, i "chicanos", poi ineri, poi i bianchi meno abbienti. Orbene, al momento dell 'elezione del sovrintendente c'è stata una vera e propria battaglia politica tra chicanos e neri: ogni minoranza etnica voleva essere rappresentata etnicamente in un posto da funzionario. Il principio della rappresentanza per via etnica era quindi passato anche nel caso della elezione di un funzionario pubblico, che invece dovrebbe essere assolutamente indipendente da ogni ragionamento di questo tipo. Alla fine ha avuto il posto un italo-americano, che curiosamente i giornali definivano come anglosassone. il citoyen: né bianco né nero né uomo né donna Questo, fra l'altro, dimostra che l'etnia italo-americana non è più percepita come tale, perché ormai è molto integrata e comunque è di origine europea. L'etnicità è perciò un'idea labile, molto più di quanto non sembri. Questo caso è un esempio del conflitto fra rappresentanza politica, scelta da una certa etnia o da un gruppo sociale in base a suoi criteri di opportunità, e rappresentanza in quanto cittadino a-etnico. Il fatto è che nelle società multietniche è proprio il concetto di "cittadino' ad essere in crisi, perché il "citoyen" della rivoluzione francese è uno e nessuno; astratto, né bianco, né nero, né uomo, né donna. Questa idea del citoyen sta entrando incrisi nella misura in cui le minoranze etniche vogliono accedere alle cariche di una società democratica in nome di principi che democratici non sono. Questo non perché le minoranze etniche siano di per sé antidemocratiche, ma perché vogliono una compenetrazione tra una trasmissione del potere per via tradizionale, arcaica, legata al sangue, ed un'altra che è per via elettiva, democratica, rappresentativa. La collisione di questi due momenti crea situazioni sociali che io definirei postdemocratiche. Con I'" Affermative Action", lequote obbligatoriamente riservate alle minoranze etniche, negli Stati Uniti e nel Canada si avverte un problema a cui non si può trovare soluzione democratica nei termini puramente astratti del "cittadino": occorre inserire nel sistema degli elementi che democratici non sono, ma nel momento in cui riservi una quota di posti di lavoro a una minoranza etnica perché è una minoranza etnica, hai violato i principi del cittadino. Puoi decidere di farlo perché non è stato fatto prima, perché la democrazia non è stata portata a compimento e ha lasciato delle sacche di emarginazione e di discriminazione, però con questo entri, di fatto, in una situazione postdemocratica e devi poi saperla gestire, sapere cosa stai facendo. Va anche sottolineato che in questo tipo di dibattito l'idea di etnicità viene assunta come un dato, raramente viene indagata nella sua genealogia. Questo vuol dire non tanto sapere cosa significa essere italo-americano o ispanico, ma chiedersi fino a che punto l'idea stessa di etnicità come creazione di identità sia contemporaneamente arcaica e asso Iutamente postmoderna. Uno dei maggiori studiosi americani di questi problemi, Werner Sollors, sostiene che si tratta di un'idea postmoderna nel senso che, attualmente, la rivendicazione di etnicità è il risultato della necessità, da parte di una società che sta smarrendo la sua coesione, di trovare un'identità nella disgregazione. Sollors fa anche esempi interessanti, che ho visto anch'io: negli Stati Uniti molta gente letteralmente sceglie la propria appartenenza etnica, esattamente come tu sceglieresti una Chiesa di cui far parte. negli Usa l'appartenenza etnica si sceglie A Houston frequentavo molto la comunità italo-americana, in cui la gente più attiva non necessariamente era di origine italiana, era magari sposata con italiani e diventavano per scelta italo-americani, occupandosi dei problemi della italo-americanità come propri, perché l'importante è far riferimento a un gruppo, non importa quale. Entro certi limiti l'etnicità è una scelta anche per un altro motivo: spesso i comportamenti e le caratteristiche culturali per cui un gruppo sociale decide di definirsi etnico non sono comportamenti e tradizioni importate dal paese d'origine, FRADIZIONI CIRCASI 1a singolare vicenda di Maria rai Wolff, una giovane americana di origine cinese diventata ebrea per scelta. Come mai questa conversione all'ebraismo? lo non ho radici ebraiche e solo di recente sono entrata in rapporto con le tradizioni ebraiche e la comunità ebraica. Crescere in California ha significato avere scarsa coscienza di cosa significasse essere ebrei, e solo andando a Yale, all'Università, sulla costa orientale, dove la maggior parte dei miei colleghi erano ebrei, ho cominciato a capire che cosa fossero questa cultura e questa tradizione. A Yale almeno un terzo dei miei compagni di corso erano ebrei. Tutto questo però è rimasto un po' come un'esperienza messa lì in un angolo, finché non ho incontrato quello che poi è diventato mio marito, per il quale la tradizione ebraica, le sue radici ebraiche, sono molto importanti. Essere ebreo è molto importante per Howard, ma non ~n o nei termini di un;.!°ttrina, quanto piuttosto per un modo, un sistema di vita, il modo in cui ti apri agli altri, nell'aiutarli, nel farli entrare nella tua famiglia, nel creare una comunità. Tutto questo mi ha attratta, affascinata. lo, oltre tutto, vengo da una famiglia meno legata agli altri ... Il tuo nome, Maria Tai WolfT, indica origini molto diverse... Penso di venire da due famiglie culturalmente "fuori posto", confuse. Per esempio, da parte di mia madre è una famiglia cinese-americana: arrivarono negli Stati Uniti tra il 191 O e il I920 e avevano una identità culturale cinese, che però diventò presto confusa, in un certo senso, perché vivevano al di fuori della comunità cinese. Erano contadini, vivevano fuori San Francisco, e i loro figli andarono in scuole frequentate in gran parte da bambini bianchi. E questo çbbe un effetto positivo, perché impararono a parlare l'inglese perfettamente, ebbero una buona educazione e la possibilità di una buona carriera professionale. Ma ebbe anche una conseguenza negativa, perché non furono mai sicuri, io credo, di quale fosse il loro stato culturale, la loro identità, la loro appartenenza, se facessero parte oppure no della comunità cinese. E ci furono anche interessanti effetti per così dire sociologici, ad esempio non si sposarono finché non furono troppo vecchi per avere figli o non si sposarono affatto, cose del genere. Penso che si siano trovati ad essere in un certo senso svantaggiati, privati di una lingua, nel senso che non comunicano molto bene tra di loro o con gli altri, sono un gruppo di persone molto chiuse. Così, se la tradizione cinese li aveva fomiti di radici, penso che in qualche modo le abbiaCQ no perse. Dall'altra parte la famiglia di mio padre è di origine tedesca, il mio nonno e il mio bisnonno vennero dalla Germania. Poi mio nonno andò in Guatemala intorno agli anni 'I O e sposò una donna guatemalteca. La portò negli Stati Uniti, ma lei non si integrò mai completamente, per tutta la sua vita non imparò mai l'nglese e non si adattò mai alla vita negli Siati Uniti. Mio padre, così, visse in una sorta di limbo. Lui però si è sempre sentito molto californiano, uno di San Francisco, che significa essere parte di un grande miscuglio di culture. Ma io penso che neanche lui fosse molto sicuro delle sue radici, da dove venisse, in inglese c'è un'espressione molto pregnante, "where I belong". dove, a che cosa appartengo. E alla fine ci sono io, figlia di due persone confuse ... e io ho incontrato qualcuno che è molto sicuro della sua ma sono create o ricreate nel luogo d'immigrazione. In varie città degli Stati Uniti e del Canada c'è, o si sta costruendo, "Piazza d'Italia", che dovrebbe essere un omaggio ali' origine italiana di parte della popolazione, un luogo di cui l'italo-americano possa dire: "Questa è la mia patria; impacchettata, liofilizzata, portata qui e ingrandita". In realtà si tratta di metonimie del paesaggio urbano italiano oleografico, cioè quello della tradizione neoclassica degli arazzi: la "Piazza d'Italia" di New Orleans è composta da un colonnato di ferro, da cui sgorga una sorgente, con uno spazio piastrellato in mezzo al quale si alzano due edifici dall'aria un po' vuota e minacciosa, che sembrano uscire da un quadro di De Chirico; intorno ci sono i grattacieli. L'effetto è un po' assurdo, è molto brutta, ma vi sono elementi che non sono neanche quelli del paese d'origine. Allo stesso modo si può ricreare l'Italia ali' estero mettendo alcuni elementi, -"partes pro toto", del paesaggio italiano, come il caffè con la veranda o il gioco delle bocce. spaglteffi con polpeffe: etnicità di riporto Spesso le comunità italo-americane o italo-canadesi si sono creati un insieme di comportamenti spiccioli sul luogo, come la dieta, per cui gli anglosassoni pensano che gli italiani mangino sempre carne e aglio. Questo succede perché agli immigrati, per cui la carne era il simbolo della ricchezza, sembrava straordinario poterla mangiare tutti i giorni; oggi questa passa per una dieta italiana agli occhi della stessa comunità italo-americana e si costruisce un'immagine dell'Italia per cui il piatto italiano tipico, nel nord America, è costituito dagli spaghetti con le polpette, che in Italia non si mangiano da nessuna parte. Questa dieta si è creata per motivi sociali ed etnici ben precisi, ma si tratta appunto di un'etnicità "di riporto", ricostruita sul luogo, che va benissimo in una società come quella americana, in cui ti devi trovare un'identità e non puoi essere solo un "citoyen". Quanidentità, della sua "appartenenza" culturale, ed è parte di un retroterra aperto, disponibile, caloroso ... Come mai questa decisione di diventare ebrea, di abbracciare una religione, di entrare a far parte di una comunità, di un popolo così gravemente discriminato e perseguitato nel corso dei secoli? Io ho avuto una specie di prefigurazione di quello che mi sarebbe accaduto in seguito, quando feci attività didattica come assistente del professor Elie Wiesel, il premio Nobel per la pace, l'uomo che è diventato il portavoce della generazione del l'olocausto. E' una persona meravigliosa: c'è una fotografia di alcuni prigionieri liberati dagli alleati nei campi di sterminio, e lui è lì, alla fine di una delle file ... Wiesel ha scritto molte cose sull'olocausto e sulla tradizione ebraica, che poi penso che in fondo siano un 'unica cosa, e dice che gli ebrei non sono evangelizzatori, non vanno in giro a convertire la gente, e se ti vuoi convertire ti fanno domande molto approfondite: perché lo vuoi fare, eccetera, e vogliono sapere se lo fai per do pensiamo che "democrazia" e "razzismo" siano concetti incompatibili e che una vera società democratica non abbia niente a che fare con comportamenti di tipo razzista, non consideriamo che anche la vera società democratica è un'astrazione. Qual è la vera democrazia? Quella di Atene escludeva gran parte dei cittadini dal voto; quella assolutamente egualitaria della rivoluzione francese ha avuto vita breve perché si è scontrata coi problemi del capitalismo, dell'industrializzazione e della divisione in classi. Anche oggi non esiste una società veramente democratica e comunque, anche se ci fosse, verrebbe messa in crisi immediatamente dalle minoranze etniche che devono essere riconoscibili come tali e non discriminate. Ma, per il ragionamento che dicevamo prima, quando c'è questo conflitto fra etnicità e democrazia bisogna scegliere da che parte stare e può accadere che chi vuole discriminare le minoranze lo faccia in nome di principi assolutamente democratici. Il fatto di essere contro l"'Affermative Action", contro ogni forma di quota, per esempio, può avvenire in nome dei principi della democrazia formale radicalmente intesi: se tutti i cittadini sono uguali non si deve assolutamente permettere che una minoranza abbia accesso a posti di lavoro, o ad altre forme di privilegio o di assistenza, in nome del suo essere minoranza. E' un ragionamento che, dal punto di vista della democrazia della rivoluzione francese, non fa asso Iutamente una grinza, però contrasta con la segregazione di fatto di alcune minoranze. Questo può essere già un livello in cui democrazia e razzismo si trovano quasi alleati; anche se è difficile definire razzista un simile comportamento, può però servire da copertura per un'impostazione di pensiero di carattere razzista. Ma c'è un secondo livello, più rischioso, ed è quello che coincide con l'idea di territorio: in fondo chi dice "io ho diritto di stare nel mio territorio, perché sono nato qui e le minoranze etniche devono togliersi il cappello quando entrano, o non devono entrare affatto, perché io ho il diritto di essere padrone del mio territorio", fa agire la presupposiziodei giusti motivi. E credo che sia così perché, in un certo senso, a loro non sembra una decisione razionale, proprio perché gli ebrei sono passati attraverso secoli di persecuzioni. Perché qualcuno dovrebbe voler entrare a far parte di questa comunità? Quindi la comunità ebraica statunitente costituisce un po' un mondo a parte? In che senso allora è aperta, o sono aperti solo alcuni singoli? Non direi per questo che siano chiusi, che Howard sia cresciuto in un "mondo a parte". anche se penso che ci sia il senso di essere diversi. Ci sono anche delle comunità di ebrei che potremmo definire separate, "a parte", ad esempio alcuni ebrei davvero ortodossi che vivono a New York, e ci sono gruppi di questo genere un po' in tutto il paese. Io credo che la maggior parte degli ebrei, ma ionon ho una grandissima esperienza, devo dire, riconosca di avere qualcosa che li separa. E' stato facile trovare un rabbino che sposasse una persona ebrea e una non ebrea? In effetti di solito questo non avviene, devi essere ebreo per essere sposato da un rabbino, e ne che essere nativi sia, rispetto a chi non lo è, un privilegio. Ma anche questo presupposto può essere smontato e decostruito: chi è nativo? Da quale momento storico facciamo decorrere questa "natività"? Nemmeno gli ateniesi erano nativi del Pireo, erano immigrati dall'est come tutti gli altri, però si costruirono uno straordinario castello mitico per dimostrare il contrario agli altri achei. Questo avvenne perché ad Atene era fondamentale ritenere che la città fosse stata fondata da figure mitiche locali, ma se si smonta il mito del1' autoctonia non si sa più dove cominci l'essere nativo. In Canada, per esempio, il Quebec rivendica l'autonomia proprio in funzione di una più antica presenza dei francesi sul territorio, però anche il loro essere nativi si disgregherebbe una volta messo a confronto con l'essere nativo dell'indiano americano o dell'inuit, gli eschimesi, che sono lì da I0.000 anni. Esiste addirittura un'antropologia "nativista" che sostiene una generazione dell'homo sapiens autonoma dell'America rispetto al1'Africa. Sì, ci sono mitologie incredibili, questo è un momento di grande fervore mitopoietico; le etnie cioè si stanno costruendo i loro miti perché stanno entrando in questa nuova fase in cui l'essere cittadino non basta più ed è inutile rivendicarlo. l'ultimo appiglio del razzista democratico Di fatto si stanno creando a posteriori i loro miti di fondazione. Ma chi è nativo? Solo Adamo ed Eva, nessun altro, siamo tutti discendenti di nomadi. Il mito del territorio è l'ultimo a cui si può aggrappare "il razzista democratico" per poter dire: "lo non sono razzista, io voglio che ognuno stia a casa sua". In Italia questo è il discorso che può fare la Lega. Ma è proprio qui che diventa difficile dire che la democrazia risolverà tutti i problemi. La democrazia non risolve il problema del conflitto con le etnie di recente immigrazione perché si basa sul mito dell' esla maggior parte dei rabbini non avrebbe celebrato iI nostro matrimonio. Credo che sia anche per il tentativo di preservare una cultura. Non è tanto una questione di forma, è un affrontare la realtà. E' diverso, ma a me sembra comunque strano che un prete cattolico celebri un matrimonio tra un cattolico e un non cattolico purché ci si impegni a educare i figli secondo il cattolicesimo. Per quanto riguarda il mio caso, abbiamo trovato l'unico rabbino che in tutta la California del nord fosse disposto a celebrare un matrimonio "misto", per modo di dire, perché mi sono impegnata a convertirmi. Una persona che si converte viene accettata come ebrea da tutta la comunità? Da tutti tranne i più conservatori. Certo non dai rabbini di New York. Forse per essere accettata proprio da tutti dovrei essere convertita da qualcuno molto speciale, importante, e dovrebbe essere un processo molto rigoroso. Ma in ogni caso una volta che sarò convertita i miei figli saranno ebrei. Qual è il tuo rapporto con la religione? Non sembrano

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