Studi Sociali - IX - n. 12 serie II - 27 ottobre 1938

STUDI SOCIALI 3 --------------------------------- 00110 domina.ili dai grand-i, anohe se i loro brontolii servono a confondere le cos,e e a dare al fascis,mo une leggerai mano di_ verni,ce rossa. 1Se queste nuov-e forn1e di dittatura trionferanno in tutte le grand-i nazioni, la guerra é fatale. Per non far trionfm·e iJ fas,cismo non c'é che la rivo– luzione liberta:ria. Per evd.,tare la guerra, n-on c'é che l'inteisa rirvoluzionaria de-i po,poili, contro i go– verni. Di queat'intesa ha pau,ra il frusci.sano; ma ne han paura anche i govr:rni democratici e, -in fo11do– anche tutti coloro che, nelle dem ocraz.ie, aerpirano ad arrivare, un giorno o l'altro, al governo. Di que– st'inteaa ha paura il capitaùis,mo, travagliato da una pro.fonda crisi interna di trasformazione. La :r>aura uniace. Questa paura. e non que,lila deilla gur3r1·a, é la causa della cap,itola-z.ione di Monaco, c01n'era sta– ta, pili di due a111niprima, la causa dell'atteggia– mento di Blnm e dehla Russia di fronte alla situa- di Mussolini". E' ancora, -e lo rimarrei, malgrado tutto- il cozzo fra le nuove forze della rivoluzione e tutto il faiScismo europ,eo. Che que.ste forze, nel loro sla,ncio verso l'avvenire abbiano, oltre un ne– mico faacista d,ichiarato di fronte, anche un altro nemico, subdolamente fa.s.cista, alle sipalle, é inne– gaiùile com'é innegabile che sia materialmente im– poss,i,bile c0,m1batter,1i ambedue nello ate~ao tempo. L'·iso,lam-ento in cu•i H pro,letariato continua a la– sciare la Spagna é la causa principale di qu,esto gioco ve,•gognoso. Ma é u.n fatto che, fin da prima ,d,eJla batta1glia di Teruel il goiverno 13pagnolo '3ra pronto all'armistizio (praticamente, alla resa). E non fu l'o•rdine di Stalin, ma la d"cisa volonta del popolo in armi, a spingere il governo a continuare la lotta. E' vero che i nostri c,0111prano le armi indiapen– sa,bili alla loitta e che il prole-ta·riato non ha sa,pwto fornir loro con una continua r,itirata sul front.e in- zione spagnola. terno, mentre sui campi di battaglia danno a,l mondo ISe, poi la guerra fosce s-c0,ppiaA:a (a giocare co,l ] io spettacolo d'un insuperabile eroismo. Ma s'anno fuoco, quailche volta ci Bi brucia). 1-e forze rivolu- che una loro eventuale vittoria salverebbe qua.s.i zionarie ohe avrebbero dovuto parte 1 ciparvi 1 se•condo Damiani. unendo.si alla coalizione coa·iidetta demo– cratica, a:arebbero state per queist'uùtima il pril1•::.i– pale nemico, in assai maggior m1iaura che l'esercito avveraario. L'a,tteggiamento franco - rusao - inglese viarso il popolo spagnolo lo prova a sui'ficenza. E gli accordi d.i Monaco provano che, se queste forze non si fosGero potute distruggere, i governi avreb– bero capitola,to di fronte al nemico, per poterne a– vere a,ppoggio contro d,i loro. Che é quel che é suc– cesBo ora a Monaco, senza g,uerra. Finora queata nota é -piuttoisto una continuazione della mia conversazione con Daim~ani (b-enché, per di,sguido postaàe, non sia arrivato ancora ne.ne mie mani, e -pare- neppure i,n q 1 uierHe degli altr1 let– tori dell',Uruguay, il n. 3-0· dell'·"iA.duna,ta 11 in cui que– sti mi r,iapond•&Va, il ohe m'l obbUga a ri1na1Udare l'eventuale ri,sposta alla rils:poata) che un c01 nu1en.to alil'articolo di Prudiho1nmeaux. Gli é che con queGt'uij– tilno il disaiccordo, benché forse più ,3ostanz,iale. é aasai meno evid.erute. e con'Siate Gopratutto in una diversa valutazione del "fia-nomeno faisoiG.ta da un lato e della situazlone apagno.la da'Waltro. La posizione di Pruidhommeaux (che é qma-Ha del– la maggior paTte dei compagni francesi) é in questo mo1nento uram1ente negartiva, qua-n,cto s'pecia1n1ente oggi, solo avanza ohi pr-oced•e p·er via d'aMerma– zionL Si é d!a-tto: "Non ci batteremo per la Ceco– slovacchia", eapre.saione d'inldiUerenza di fronte ad una grande tra,gedia. C.e 1 rto, non bi,sogna battera,i per il Dr. Benes, né per il sistema ch'egli rappre,se11ta, ma va:1a-Ja pena battersi, é ditSll)el'ata,mente ne-•:::es– aario battersi pe•r impedire l'e,sipan..sione del fasci:3mo in atto con la com;p,licita d,el fascismo in potenza. Naturalmente non si pu6 co 1 mbattere il primo con l'aiuto del secondo, come svera;va chi s•in,ceram,ainte si lasci6 prendere dalla tr1Lppola del Fronte Popo- lare. \La fascistizzazione di tutta l'Europa centrale (i audete-n non .sono che un piccolo 1aipisodio) é un .t,enomeno gnwissimo, non per-ché sottrae ana Fran– cia ed aHa Russia il loro pr,in,ci'pa[e punto d'a)ppog– gio strategico, m.a per,ché é un nuovo, enorme oata– colo sulla via della li'berazione dei po,poli d'!IDuro,pa. Le for,z,e proletari·e, a.e nou1 fo1stSe1·0prigio·niere d,el,la -loro burocrazia, avrebbero potuto impedire, pres1Cin- -dendo dai loro governi, che queis.t'oatacolo s'eilevas- ae. E sulla base, non della guerra, ma d·ella fra– ternita d,a,gli sfrutta,ti, rinnegata ora in nome d'un nazionalismo di ,sinistra di nuo,vo conio. Questa fra– ternitA non é un innocuo luogo comune, se é riu– fiCita a suscitar-e contro di sé la lega di tutti gli sfruttatori, uniti in una Santa Alleanza al di solpra di quelle terribili fron.Here in cemento, irte di can– noni e di baionettie. tMa per rendere cosciente questa fraternita, per ilnpedire lo ste1,minio Peciproco di grandi e-serciti l)roletari a cui si arriver,ebbe dOiPO un defin,itivo trionfo fascista, non biBognava dir,e: 11 !Non ci ba t– terelno", ma "Ci batteremo peT la nos,tra guerra, per I.a guerra civile europea, la guerra degli sc'hiavi con– tro i padroni". Questo non pu6, easena- il momento <leirinldif,ferenz.a e troppe poiS,izioni gia si sono re– galate all'avversario. Questa guerra civile, che sola ci pu6 salvare dal– l'altra. é provrio l'allargamento della guerra che si co:mbatte in Spagna, di cui parla, Pru<llhommeaux con tanto orrore. E qn,i giungiamo al punto in oui il dilSaenso si fa angoscioso e il parlarne equivale a !frugare in una piaiga aperta. Il conB!itto spa,g;1mlo, che ha la sua origirne nella re-.sistenz,a d,ei nostri a.I raacismo, non é, no, la gura-r– ra tra "l'esercito rosso di S.taHn e J,e c1Lmdcie nere ce•rrtamente il mondo dal fas'Ciamo e fare,bb,a- preci– pitare la s,ituazione, travolgendo i meschini insidia– tori delle retrovie. Perché han capito ,questo, i gabinetti europei atan– no cer,cando di voendere la Spagna a Hitler ed a Muaaolini. Essi sanno di poter manovrare il governo spagnolo, ma non il popolo. Dicono che, in certa occasione, Eden abbia pronunciato queate parole: "Il pericolo sta nelle masse della C.IN. 'l'. Quel che ,poaaano dire i dirigianti di quest'organizzazione ha poco valore. Un bel ginrno le masse· si svegliano ,ai malumore, fucilano i loro dirigenti e siamo al punto di pri,ma". 1 L'inte·rvento di Stalin é il cancro della S'pagna l"a!.e; non é la Spagna leale. E se questo cancro non si pu6 eistiir,pare. ci6 si deve alla supina ras– tSegna.zione con cui il proletariato de 1 l mondo ha ac– cettato quella curiosa forma d,i non - intervento, in• ventata da Blum contro tutte le regole del diritto intern·azionale borghese, &ella solidarieta umana ed anche del voca bo,lario (gia,cché il bloccare una na– zione non vuol dire precisamente non intervenir.:!). !La solidar,ieta armata con la Spar;na, contro i fasciamo, non bisogna chiederla ai governi che non la possono da.re, ma ai -popoli. E pili la lotta in questo sen.so a'eeteuidera, ·meno correr..\ pericolo di deg1anerar,e nel senso che Prudhommeaux teme. ,Gerto, non c'é da farsi HlutSioni. Sfanno in condi– zioni qu.rusi di,s-perate. Pure questa. coBf poco acces– ei,bile, é l'unica atrada che a'bbiaano davanti. In -q11e.sta d.frezione abbiamo, pur ne.Jla noatra debolez– za. due g1Jandi alleruti: la logica ferrea s,econ<lo cui s'avvia al suo punto culminante la crisi d-ella so– cieta attuale e l'istinto di conservazione delrl'uma– nitA, che non pu6 voler morire. Abbia•mo anche, dal– la parte nnstra, la reaita, che parla oggi, anch,e ai ptù. sordi, il lingua,ggio che noi parliamo da anni. Inutile, se non rSono aicc01npagnati dall'az<ione, que-· Bti fattori possono per6 prolungare nei diversi campi e rendere durevoli ed ~fficaci Ire conaeguenze dell'a– zione atessa. In ogni modo, i nostri s,forzi devono tendere a -sa,per ei.saere noi stessi, senza abbando– nar,ci né al-lo s·coraggian1iento, né aiJil'otthniamo. Non dnbbiamo -lo di 1 ceva un anti'co fi,Josofo, ed é buona regola di condotta- essere schia1vi di ci6 che non dipe,nd,e da noi. Quanto sopra ei-a gi:\ co1nposto, quando ho potuto ayer.e in prootito da un a·mico che l'aveva ricevuto. il n. 30, delil'"iA.dunata" con l'articolo di Damiani. Ri– spondo schemarticamenbac, perché lo spazio dis 1 poni– bile é ormai pochissiimo e perché l'essenziale é gia contenuto nelle linee 1prececlenti. nanni,ani non crede che si pocsa arrivare ad un criterio unico sul problema della guerra e forse ha ragione•; non cretde nepipure ohe sia desid•era•bile ar– rivarci e Qui mi .s1annbra che a-bbia torto. Una diret– tiva comune, non "totailitaria", non i,mposta, ma frut– to d,elle cm;d,ia,U e serrene dis,cussioni che sono in corao, dar,ehbe aJl!,a nos,tra azione una forza molto maggiore. 11 problema iSi p-one s·u~ te,neno interna– zionale e si pone nei fatti; i qua:li fatti avranno deHe con,seguenz•e incalcolabili per tutti. Un accordo fra i li-bertaTi d,elle varie tendenze e dei vari paesi di fromte all'eventuailitA d',una guerra, molitipli0h1arre·bbe l'eifificacia dei nostri sforzi. E se non é possibile raggiungerlo com'Pletannente, cerchiamo al,meno di diminuire le distan.z.e. Ln quanto poi ailla tesi che si di,batte, Damiani la chiarisce meglio. Egli dice che, se la guerra sop– ;prirme moHe poa.sibilita rivoluzionaTie, ne crea delle ·altre, dall'do alle masse le armi neces·sarie alla lotta. •Questo punto sarenbe da discutere. Infatti l'ru·ma– mento delle masse é con twbil an,ciato dal controllo ri.gorosi.saimo che Io ,stato• e.se·rcita, in tei1npo di guer– ra, sugli armiaiti (che comvrrern'<:lonola quasi totalita de,g<Ii -uomini validi), controllo che si allenta solo in caso di sconfitta --;che Damiani evidentemente non ai augura- o nel caso in cui l'iniziativa della guerra sia stata presa, come in S 1 pagna, dalle masse stesse. ,DM11iani dinabbe al iSO'ldato·dei paesi "democrati– ci'' "lotta per respingere il fascismo di fuori, per potere ,poi, con 'le ar,mi che t-i 'han da,to, 11iberarti dal fascismo ,di casa, 1 per fare •quella rivoluzione ,per la qua,Je, di f,atto, hai in-teso di 1 comlbaUere". N,a,J 19,14 abbia'ln s•en.tito gi:i un ragionamento si- 1111ile;ed io non mi senrtire,i di rilpeterlo a coloro che devono morire, nel duhbio ohe ancora una volta il loro sacriificio finisca col servire eeclusivamente "agli industriali". La guerra, l'abbiann visto durante l'ultima eaiperienza ancora cosi re-cente, non educa la coacienza rivoluzionaria. Da partea mia io direi al possi,bile soldato altre l)arole. Direi: "Per prevenire la guerra im1perialista, la guerra in cui tu morirai per i tuoi padroni, non c'é che la rivoluzione, ch'é anc;h'essa una guerra, ma una guerra tua, per il benessere dei tuoi figlioti, per la conquista degli s,trumenti e dei frutti del la– voro, per la liberta". E' vero che l'im,pulso rivolu– zionario é :Stato enor,memie-nte indeibolito in Europa dalla politica suicida del sociaJl - comunis1110, ma é arnche vero che l'orrore alla guerra s.'é dihn-0strato fortisBimo e anche <linami-co, peinfino- negli stati to– talitari. uegli ultiù11i mesi. !E l'istinto di conserva– zione pu6 rin vigori re, nel modo più inaspettato, le probabilitA d'una rivoluz.ione soci-aJlilSta. Forse questa indeboHrebbe i paesi in cui aco,p– piasae e li laacerebbe a mercé degli Stati totalitari? No. La Cecoslovacchia ha ceduto, noni la Sil)agna. E se la rivoluzione preventiva non avvenis,se e .scoppiasse la g;uerra. io direi al soldato: "Adoipra quelle armi che ti hanno dato per occmpare le terre " le fabbric,he. e poi combatti per difenderle com– batti per liberare il mondo dal fascismo. Ma questo non lo puoi fare agli ordini dei faacisti del tuo paese". A Monaico Mussolini ed Hitler sono stati soste– nuti. nel momento 'Clel pericolo, dai governi demo– cratici deHa Fran 1 cia ie deH'llrughilterra. Uua rivo– luzione ve,raimente soci-alis:ta in qiue:sti paesi sar,ebbe per i. totalitariBmi un coJ-po mortale, amch.e ae d-oose occaa1one, n-el priano ,mo.mento, all'occu.pazione di qualch1a- provincia. Dam~ani. s~rta quest'i,potesi come poco probrubile. ~on discuto 11 grado di possi·biHta di qtrnsta solu– z10ne, ma a.ffe,r,mo ch'essa é la no1Stra e per lei bi– aogna lottaT0 (il che significa tutt'altro che "farai sdegnosa,mente a un lato"; qu-est'ultimo atteggiamen– to s~re?be suicida e in questo sono d'accordo con Dan113:m). In ogni modo meno pro1babile ancora é ?he s~ I?01Ssa conciliare dip10tru.altica1nernte la guerra ~~ 1 t~~~-~~~~eta e la rivoluzione ,espropriatrice e antidH- ,Siamo in un 1J.nomento difficilisefono ed il nemico ha tutte le buone carte in mano. Mia ci6 non deve bastare a condurci sul terreno d,i quel "r,eaJ.ismo•· tanto caro a 'Cha,mberlain ,e a Daladier _1S011_0 invec1a- d'accon:lo con Da·miani ~u quel,Io che d1~e 1nit?r_no a 1 l!a d-01minazione str;am,iera, como fat– to, e. ant~nvoluz1onario. Ma il fatto di combattere il ne 1 m1co, 1nteruo non i1nplica caipitollazio-ne di fronte ~- quel~o esterno, giacché esa•i cotStituiacono per la 11v?~uz 1 •<;me (oh_e. ~enld!a-a Bos,tituire alle frontiere ve1 t1cah una ·d1v1s,1011e oTizzontale) un nemico solo. L. F. Governo e non governo Ora c_he il ministerirulismo spagnolo ha f!Ltt? r1sp~mtare fra noi anarchici ita– h~111 la pianta del "1·evisionismo", cre– d1am_o OJJportt!no pubblicare degli a..p– pui:tt!, tracc1_at1 ln fretta e col lapis da Lwg1 falbbn_ sette od otto anni fa, per– ?hé gh s9:rv1sse_ro cli gukla mnemonica !.~\0Y:/;01~~s~~;s 1 ~I1etei1\ 1 ! s~;?,~~et~1 i]);;~~ chi g1?rm qui a Montevideo ecl a cui !~~i:~:va~~;~o c1frt~ 1 ~~rade!r:i,~:~~ 1~'U~·~= buru (tra gli a.Itri Santillftn) Queste not~ _er3:no destinate a risponde;·e ad un rev1s10nista lo.cale -il compagno l\1.– che sosteneva "che non dobbia1110 sem– pre levare le castagne dal fuoco per conto degJi altri e che, se governo ci ~~~•~_ssere, é meglio che sia governo no- Lo studio che vogliamo fare é: cercare di risolvere i problemi della rivoluzione at– traverso la libert:i. Se cominciamo con l'a– prioristica affermazione che é necessaria: l'autorit:i, peggio la dittatura, diamo per risolto il problema, ammettendo che tali problemi non si possono risoivere con mez– zi e vie di libert:i. Se questo fosse, secondo me sarebbe inutile chiamarsi anarchici. L'anarchia sarebbe una utopia. Ma io non credo questo, perci6 resto a– narchico. Studiamo, dunque, questi problemi: rico– struzione economica, ricostruzione cultura– le, difesa armata della rivoluzione contro i nemici interni ecl esterni. Se il nostro stu– dio ci porter:i a riconoscere che non é pos– sibile avanzare senza l'impiego clell'auto– rit:i, avremo torto. . . Ma questo fino acl oggi non é dimostrato. -Ho sentito parlare cli "dittatura visi-

RkJQdWJsaXNoZXIy