Studi Sociali - VIII - n. 6 serie II - 20 set. 1937

Bela-Kun domandava: "Quall saranno nell'avvenire le rela,;ion! !ra I sindacati ed !I partito?" Ed a!ler– mava: "I sindacati devono conservare la loro coe– sione ed !I Joro carattere economico. Il partito è un'organizzazione pol!tica. Il partito deve essere, ra– .vanguardia del social!smo". Questa intenzionata di- scriminazione fra economia e politica nascohdent i! proposito d'Inibire a! sindacati ogni Ingerenza nelle risoluzioni orientatric! della rivoluzione e di sottometlerl! alla dittatura del partito. Per6 tal! pro– ·_positi trovarouo l'opposizione p!u ferma ed ostin,1ta. J. Weltner, !n nome del .sindacato dei -t!pograf!, afferm6 sul "Nezpava" che "i sindacati non si la– scierebbero ridurre al ruolo d'organi puramente consultivi". S. Iunfi, commissario d'istruzione pub– blica, scriveva sulla rivista Az Ember (L'Uomo): ''Si é comprovato che né l'organizzazione del par– tito, né ! consigli di fabbrica (soviet), né altri or– ganismi della classe proletaria furon capaci d'vrga– nizzare l'esercito attuale e ohe solo I sindacati pos– siedono la ,potenza e la capacità 1>er questo grande lavoro". La politica d! Bela-Kun ·cominciava a sca– vare abissi fra i! potere da lui rappresentato ed I sindacali: quei sindacati al cui sforzo le sorti delh rivoluzione erano affidate!... Alla fine di n1aggio (1919) Payer. ra1>presentante del sindacato meta 1- lurgico con oltre 30. 000 aderenti, paes6 all'opposi– zione. Da queste <lissidenze provocate dall'a-jto la Comune non u:sciva ,certamente rinsaldata. I sindacali furono i creatori della nuova ocono– mia. Non rnrono responsabili per6 della crisi da cui essa fu tormentata. Alcune cause di crisi eran estranee al regime. Altre, d'indole interna, furono di diretta responsabilità dello Stato. Cosi come Ka– roly aveva provocato il caos nell'economia aip·ari.1 1 e <resa lnut!le la riforma promulgata dal suo governo, inviando ad applicarla sciami di funzionari, il go– verno d! Bela-Kun pertnrb6 la marcia della rico– struzione Industriale, amministrata da! sindacati e dalle cooperative, tentando d'assoggettarla acj u1H1 nuova burocrazia corrotta ed jnetta. Eugenio Varga 1 il noto economista allora commissario di "produzio– ne ~oclale", confessava il 15 giugno 1919, al Con– gresso Generale dei Soviet: ''Dovemmo creare una hurocrazia per sostituire I 20 o 30. 000 capitalisti che avevano organizzato la produzione. Devo rico– noscere che la nuova burocrazia non é affatto J'or– gano Ideale che auspichiamo''. Incompetenza, vora– cita, lusso, abusi d'ogni .sorta caratterizzavano i nuo– vi rappresentanti dello Stato. Essi furono in gran parte responsabll! della d8J)resslone della produzione e, della scissione fra il campo e la città, .Malgrado c16, e forse perché appena all'inizio, que sti mali non gravarono decisamente sulle sorti della Comune. La situazione interna era eccellente. Lo dimostr6 il rapido soffoca.mento del colpo @ntro– rivoluzionario dei cadetti. Quale fu dunque la vera .aventura della Comune? Fu quella di conferire pieni poteri a Bela-Kun nell'amministrazione della lfUerrn ;, della politica estera. ·' Bela-Kun. onde potenziare lo Stato. volle tfasfor– mare le milizie rivoluzionarie in esercito. Cos~ ebbe 1 distruggere ,l'entusiasmo comunalista, l'idealismo e lo spirito di sacrificio della forza armata, la quale si contaJnin6 d'elementi neutri od apertamenlè con– tro-rivoluzionari. D'altra 11arte, la sorte della Co– mune Ungherese era affidata a quella della rivo– luzione eurJpea. Non dimentichiamo che nel 1919 la rivoluzione 11.>roletariaera, in Europa, all'<Jrdinc del giorno. La Russia si trovava in '[)iena lotta rivo– tuzionaria. ~~iamme di rivoluzione in Austria, Ba– viera, Italia, nella zona danubiana. Per la Comune Magiara non v'era che una politica estera possibile. Era quella di Dauton: ''audacia?". Non v'era pos-si~ billtà di salvezza per ognuno del movimenti rivo– luzionar! agitanti molli paesi In quel periodo, fuor– ché nello sforzo reci"proco d'appoggiarsi, propagarsi ed unificarsi. Bela-Kun, al contrario, non pensava all'aiuto del proletariato; pensava piuttosto all'aiu– to od almeno a,!l'indulgenza degli statisl! "democra– tici" <:oi quali ,procurava e sperava intendersi. Ne– goziava con Clemenceau. mentre Clemonceau cova– va Horty. La Cecoslovacchia proclamava, con Janu– sek alla tesla, la sua propla Comune. Per6 Bela– Kun pugnalava la rivoluzione cecoslovacca con l'or– uine di paralizzazione delle operazioni militari del 17 giugno (ordine fatto consigliare dal "Tigre") nel– lo stesso modo che II bolseevlamo russo aveva pu– gnalato la rivoluzione tedesca col trattato di Brest– Lltwosk. Abbandonata dunque la Comune Unghe– rese alle sue proprie forze, staccata dal proletariato europeo, doveva .soccombere -sotto i colpi degli f'Her– t'iti armati dalla "democrazia alleala". 1~ questa ri– , olnzione, cosi 11iena <li vila e di 11romcsse in quanto STUDI SOCIALI alle sue risorse Interne, fu affogata In un'orgia di sangue e versecuz!onl non terminata n8J)pur oggi dopo quasi quattro lustri! . . •Le conclusioni sono amare, ma •Istruttive. Dando morte alla. Comune Ungherese la Demoerazla dava morte a sé stessa. Da allora in avanti la "demo– crazia" non poteva ehe continuare ad essere pre– fascismo o filo-fascismo. Per6 -la rivoluzione unghe– rese, se non poteva essere salvata dalla democrazia di governo, avrebbe potuto e dovuto essere salvata dal pro1etarlato mondiale. Anche -qut le parole che Pierre Ganlvet dedica a Karo!y si applicano ai "li– ders" della dittatura proletaria e della Socialdemo– crazia che guidavano in quegli anni il proletariato europeo: " ... non volle comprendere che solo 14 1>0- polo é capace di decidere da se stesso la propla ,sorte e <:he In una -rivoluzione solo le misure e– streme danno risultato". L'assenza di "misure estre– me" ci presenta oggi un 1 Europa in cui mo,lti 11opoll soffrono la stessa tragedia del popolo ungherese. Lo spirito di Clemenceau e cli Horty é trionfato In Italia, In Germania, in Austria. Le cause di queste disfatte furono .sempre identiche. Identiche le re,;– ponsab!lltll. Durante vent'anni la "democrazia" ha continuato ad ingannare i popoli, ed i rivoluzionari di Stato hanno continuato a condur!! aJ disastro. Solo oggi un popolo che ha fatto tesoro di tragiche esperienzo tenta riscattarsi dalla lunga catena di disfatte con una "misura estrema". Contempliamo oggi la Spagna In armi, sperando e trepidando. Anche Ii esiste un proletariato eroico, allenato alla seno la delle Idee Ubertarie: un prole– tariato che da solo ha creato contro .le orde della forca un esercito liberatore ed elevato contro un mondo putrefatto un nuovo mondo. Strane analogie vincolano Il proletariato magiaro al proletariato I– berico .. , Per6 non esistono, ancor oggi, i Clemenceau, i Bela-Kun, i Francy d'Esperey, e tntta la farsa osce– na dellla "democraziau e dell'autoritarismo in ag– guato? E• la storia che si ripete? No. La storia non si ripete mai. Semplicemente, essa risuscita situazioni analoghe, torna a sollevare gli stessi problemi, ai quali si dà una soluzione vecchia o nuova, sbagliata o giusta, secondo ehe le successive generazioni abbian saputo o no trarre profitto dall'esperienza. Il proletariato spagnolo deve oggl risollevare il masso lasciato cadere da altri popoli che furon schiacciali sotto il suo peso. Per6 10 sforzo del proleta,riato spagnolo non sarà l'Inutile lavoro di Sisifo. Il suo occhio é allerta: tesi I suol muscoli. Che il mondo della libertà e della civiltà sappia abbracciarne e difenderne a causa. ALDO AGUZZI. Marzo 1937. (1) Nota. - Il presente scritto é la riproduzione dell'originale italiano del "1,rologo" alla prima ver– sione spagnola del libro di Pierre Ganivet intito– lato "La Comuna HUngara" edito per cura dell'Edit. "Jmftn'' di Buenos Aires. SUI DIVERSI FRONTI l'HflLLO DEUNEÌU - CAULO IWSSELLI LIHERO DATTIS'J'ELLJ Questi tre nomi, questi tre simboli grandiosi e tragici (altri se ne 1>.:>trebbero scegliere, ma questi sono ~,lu vicini nel tempo, specialmente significativi e particolarrgenleJ;ari a_qnesta....i.vista) rlassumon in sé i principali aspetti del dramma angosctoso e complicato che cl tocca vivere. Possiamo fare astrazione per un momento dalle loro idee. Erano tre coscienze, tre uomini liberi. E il poderoso sentimento di libertà che li aveva spinti nel p!u folto della mischia e I! ha fatti morire, a tanta distanza l'uno dall'altro, li rende fratelli. La vita, la vittoria, avrebbero probabilmente fatto di• vergere molto le Jorn strade. La durezza della l.:,tta le ha falle confluire nel sacrificio coscientemente affrontato. La loro morte gloriosa é la sfida dell'Uo– mo al-la Bestia assetata d'oro e di dominio. Le m!– tragliatrlc! cl! Franco, i revolver della controrivo– luzione barcellonese, Il pugnale d! Dumini sono tre aspetti d'una realtà ch'é fondamentalmente la stes– sa. Non é solo la borghesia ohe teme di •perdere i suoi privilegi; é '1o Stato che tende all'assolutismo ed é preso dal 1mnico di fronte allo svegliarsi della coscienza intlividuale che trasforma le masse ht e– serciti di uomini pensanti che vogliono la !!berta. Il bisogno cli sopprimere i ris,yegliatori di coscienze 6 ancora pili forte che la preoccupazione di perpetuare lo sfruttamento economico. Questo ci spiega perché 'la piecola borghesia ca– talana (che aspira a diventar grande) si stia Iden– tificando con il vartito della !alce e del martello, diretto dai funzionari d1tmo stato assoluto; questo ci ISpiega lo scarso entusiasmo de! dirigenti delle grandi organizzazioni oper:1--tedel mondo per la cau– sa dei lavoratori spagnoli, che insegnano come ci si batte quando non si é "massa". Questo ci spiega perché i tre cadaveri di Berneri, Rosselli e Baltl– stelli, calluti su tre fronti lontani e diversi siano ora illuminali dalla Lslessa luce. Simile era Il sogno che abbelli ai loro occhi il sacriUcio. 1~ la mano ohe li ha colpiti é la st~sa, benché né i confessori della nuova fede. né i lori,) carnefici avessero forse piena coscienza di questa fondamenla1e identit(t. BernerJ si l'aveva. E non trascorrerù molto tempo prima che l'abbiano tutti. Non bisogna farsi illUaSioni; la. lolla aperta/ quel– la it1 cui é morto Battistelll e elle tutti noi sce– glieremmo, non é la sola. Tutto il mondo si va tra– sformando lentamente e occultamente in un im– menso campo di hattag1ia, in cui si decidono i de– sUni dell'umanitfl.. J~ il sacrificio di coloro che cadono non 6 fa laI– mente fecondo. Rimane sterile se quelli che soprav– viv,:rno non ne traggono incitamento alla lotta r una maggiore chiarezza d'idee. Siamo in un mo- mento In cui il falallsmo l!entlmentale dei libri di lettura ("I morti pesano", "i tiranni s'affogano nei ;angue .ie1 martiri, che crea l'a,yvenirr,") o quel!-~ _,i_qi:nlifico <Iatle leggi storiche ("Il de1ftto é seg110 di debolezza". "la libertà non pu6 morire") sono in rea1ta <lei narcotici che 1:>ossono anche essere mor– l&li. Nel bivio in cui ci troviamo é la forza che decide e, più ancora che la forza, la volontà riso– luta, Io spirito d'Iniziativa. rse I nostri caduti c'insegneranno -questo. la loro morte non sara slata inutile. "Studi Sociali" s'occuperà successivamente cli que– ste tre figure che hanno contribuito a dare al mondo cl~i fuorusciti oltre l'impulso a1l'azioue, anche la sua fi~onomla intellettuale. Cam1ll0 Berneri ~- morlo sotto il piombo degli assassini. ncll".Jm– bra. 1" da quell'ombra si diffonde una luce che si va facendo sempre più intensa, a misura che pas– sano i giorni. L 1 hanno ucciso perché era un anar– cl;Iico, perché voleva la libertà e lavorava per la liberta. La sua morte non é diversa da {fttella di Durrulti o di Cieri. di De Rosa o cl'Angeloni. cli Schirru o di Matteotti. Gli assassini. con nomi cli– vérsi. sono sempre g1i stessi. Nella guerra aprrta, nen•aggua to o nel cortile clel1e esecuzioni. sono le forze ancora potenti d'un mondo condannato a mor– te, che cercano di sopprimere i pionieri del moudo uhovo, che vive gic:i nei presr-ntimenti dei pili, nella chiara coscienza delle avanguardie sociali. nelle rea– lizzazioni pill volte tentate e in quelle in atto della più recente storia spagnola. La guerra indurhsce i sentimenti. liJ non si 1rn6 1~gare che, ormai. siamo in guerra. Pure, di fronte alla s.Jppressione atroce di c1uesta mente giovane e vigo1\)sa su cui si basavano tante speranze nostre, di questa mente che s'era anelata maturando nell'a– scetismo della 1,overtà e dello studio. e che al ca– lore de11a rivoluzione stava arriv ando al punto mas– simo di potenza, non possiarno fa.re a. men,> che il nostro dolore si traduca in amarezza e in indigna– zione. Quest'assassinio commesso freddamente e freddamente giustificato come misura d'ordine pub– blico. rivolta la nostra c0scienza, ma rende anche pill chiare le nostre idee e la nostra visione dello cose. I fatti di Barcellona, per quanto molli non se ne accorgano, aprono una nuova epoca nella tor– mentosa storia del proletariato. Ma non di -questo voglio parlare qui. Di IJemeri voglio pal'larc e non dei suoi carnefici. L'UOMO Di STUDIO E L'UOMO D'AZIONE Batlistelli, destinato ad altro martirio, ha detto di Camilla Berneri ch'era un santo. E il suo modo di concepire e di vivere la vita, trasformandola in co11- tinuo sacrificio, in dono totale cli sé, in sforzo dolo– roso ma fecondo, dava infatli al suo spirito ed alla sua persona u11 certo carattere di santita. E chi

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